Eccola.
La casa era quella. Non la ricordava ma qualcosa di familiare albergava tra le
quattro mura intonacate.
Il giardino era incolto, era disabitata da parecchio tempo.
A quanto dicevano la vicina e nonno J, i proprietari l'avevano lasciata diversi
anni prima, in seguito ad un tracollo finanziario.
L'uomo aveva perso interesse per il lavoro, era stato licenziato e dopo... si
era sparato. A freddo. Dicendo di essere stanco della vita.
E la donna era partita, andata chissà dove.
Forse tentando di lasciarsi alle spalle i ricordi.
Ma non si possono dimenticare certe cose...
Ed è meglio non farlo mai...
*°*Qualche tempo prima*°*
L'aereo era in volo verso Tokio.
Mancava poco all'arrivo, ne era certa. Aveva sempre odiato l'aereo...
-Yuri... Quant'è che manca...- si lamentò Ayumi passandosi una mano sulla
fronte, premendo sopra le sopracciglia.
Ma Yuri dormiva della grossa.
-Grandioso... Io sto soffrendo e questo dorme come se niente fosse...- sbuffò la
ragazza incrociando le braccia al petto.
-Non te la prendere Ayu... Non è stata una sua decisione venire a Tokyo! Anzi, a
dirla tutta neanche mia...- aggiunse Boris, girandosi e guardando divertito
Ayumi.
-Ma l'abbiamo deciso di comune accordo! Sia io, che tu, Yuri, Ivan e Sergej
abbiamo deciso di...- ma Boris scosse il dito
-No, no... Tu hai deciso di andare a Tokio con loro- indicò con la testa sei
persone sedute poco più in là -e noi ti abbiamo seguito perchè, in pratica, ci
hai obbligato...- puntualizzò il ragazzo.
-Piantatela di bisticciare voi due...- intervenne Takao.
Era seduto di fianco a Kei, che fissava imperterrito fuori dal finestrino,
appoggiando il mento alla mano.
-Stavo solamente dicendo che...- cominciò Ayumi ma fu interrotta dalla voce
dell'altoparlante
-Informiamo i gentili passeggeri che il volo Mosca/Tokyo è giunto a
destinazione. Si prega di allacciarsi le cinture e restare seduti. Stiamo per
atterrare-
Ayumi si gelò
-Oddio... Speriamo...- pensò mentre si allacciava la cintura e stringeva
i braccioli della poltroncina.
-Eh? S-siamo arrivati?- sbadigliò Yuri svegliandosi. Alzò le braccia in aria,
tirandosi i muscoli.
Ayumi gli scoccò uno sguardo di fuoco
-Ero tentata di non svegliarti...- borbottò senza farsi sentire.
-Ahhhhhh! Casa dolce casa...- sorrise Takao entrando nell'aereoporto e
appoggiando la valigia.
I russi si guardarono intorno.
-Wow... Non ero mai stato a Tokyo...- sussurrò sorpreso Ivan, guardando l'alto
soffitto dell'edificio.
Sergej ammirava interessato un gruppo di ragazze, insieme a Boris.
Kei si era già avviato, con il borsone sulla spalla, verso l'uscita dell'aereoporto.
Dopo tutto, restava sempre lo stesso lupo solitario de sempre.
-Guardate, là si vede la torre di Tokyo!- fece notare Kappa, indicando fuori
dalla vetrata.
-E là c'è il centro commerciale...- aggiunse Hilary.
-Aspettate di vedere il centro!- fecero notare Rei e Max.
Facevano da ciceroni agli amici appena arrivati.
Ayumi stava in disparte.
Quanto tempo era passato... Da dieci anni non metteva piede in quella città.
E pensare che un tempo lì aveva tutto.
Gli amici, la famiglia... La vita...
Non ricordava dove abitasse all'epoca e probabilmente avevano già traslocato da
tempo.
-Ehi Ayu? Vieni o no?- le chiese Yuri girandosi, notando la ragazza dietro di
se, immobile.
Si riscosse dai pensieri e raggiunse l'amico.
-Ecco, questa è casa mia!- esclamò contento Takao.
I russi entrarono guardinghi nell'edificio.
-Tuo nonno fa kendo?- chiese Boris posando a terra il borsone.
Takao annuì
-Anch'io me la cavo...- aggiunse orgoglioso.
Rei e Max si schiarirono la gola, simulando un verso di scherno. Hilary
ridacchiò.
-Allora possiamo stare qua? Naturalmente è una sistemazione temporanea...-
chiese Yuri al ragazzo.
-Ma certo, non c'è problema! Gli amici di Takao sono sempre i benvenuti!-
Nonno J spuntò dalla porta, facendo trasalire il nipote.
-Oddio... Ti prego nonno, non fare niente di imbarazzante...- pregò borbottando
Takao.
L'uomo si avvicinò ai cinque russi
-Oh, bene... C'è anche una ragazza vedo...- notò vedendo Ayumi, che sorrise
leggermente -Come vi chiamate?-
Yuri fece un passo avanti
-Io sono Yuri Ivanov! E quello è Boris...- Boris fece un cenno con la mano -Ivan
e Sergej- e questi scattarono sull'attenti.
-Siete russi, quindi? E... la signorina?-
Ayumi si inchinò leggermente
-Mi chiamo Ayumi...- disse la ragazza.
Nonno J era perplesso
-Tu non sei russa, vero?-
-Beh, in effetti no... Sono nata in Giappone e i miei... genitori erano di
qui...-
L'uomo si accarezzò la barba
-Ayumi... Come fai di cognome?-
-Kiyo, signore... Perchè?-
Quello scosse la testa
-E' solo che ricordavo un giovane venuto qua una volta... Con sua moglie e aveva
una bella bambina in braccio, avrà avuto si e no 2 anni... Mi sembra che l'uomo
si chiamasse Hiroyuchi Kiyo...-
Ayumi sgranò gli occhi. Non era possibile...
Quest'uomo conosceva suo padre!
-Ma da quel che ne so io si è suicidato... Non so bene in che contesto, forse
non c'entra niente... Ma dove va?-
Ayumi era corsa fuori dalla palestra, lasciando tutti di stucco.
-Ayu, dove corri?!- esclamò Yuri cercando di seguirla.
Kei gli si parò davanti, scuotendo la testa
-Lasciala fare... Non ti preoccupare...-
La guardarono svoltare l'angolo, correndo a perdifiato, scomparendo nella via.
*
Ansimava pesantemente.
Correva già da qualche minuto, era arrivata al centro, vicino alla stazione.
Si fermò, appoggiandosi alle ginocchia, riprendo fiato. Alzò la testa di scatto
guardandosi attorno.
Era così strana quella città...
Senza neve, senza le immense steppe punteggiate da foreste di betulle. Solo
edifici alti e imponenti, uomini e donne che correvano frenetici da una parte
all'altra, come un formicaio gremito e sempre al lavoro.
-E adesso dove accidenti vado...- pensò entrando nella stazione.
Anche quella era piena di gente. Il chiacchiericcio si diffondeva tra le pareti.
Senza pensare si mise in fila per acquistare un biglietto.
-Per dove prego?- chiese fredda la bigliettaia. Le unghie laccate di rosso
tamburellavano sul tavolo e scrutava Ayumi al di là dello spesso vetro, da
dietro gli occhiali squadrati.
Ayumi sussultò
-Emh... Dove mi consiglia?-
-Senti tesoro non ho tempo per scherzare... Se non sai dove andare, meglio che
fai passare un altro...- sbuffò la donna.
Un mormorio di impazienza si diffuse alla spalle di Ayumi.
-Senta, mi dia un biglietto a caso... Quello meno caro...-
La donna si sistemò gli occhiali, staccando un biglietto e passandolo al di là
del vetro. Ayumi pagò e se ne andò.
-Binario 5...- lesse sul foglietto.
Scese nel sottopasso e raggiunse il binario, attendendo il treno. Si sedette su
una panchina, allungando le gambe e incrociando le braccia dietro la testa.
Non aveva idea di dove stesse andando. Si affidava all'istinto.
-Ma non andrò da nessuna parte se continuo in questo modo...- pensò,
chiudendo gli occhi.
Pochi minuti dopo sentì lo sferragliare del treno e il sibilo delle porte che si
aprivano. Salì e si aggrappò ad una maniglia del soffitto, proprio davanti alle
porte scorrevoli.
Passarono tante fermate, ma Ayumi non scendeva a nessuna.
Vide l'ultimo uomo sul treno scendere davanti a lei.
-Ultima fermata. Si prega di scendere- disse la voce metallica del treno.
La ragazza uscì dalle porte, trovandosi davanti un quartiere residenziale,
piuttosto in periferia.
Il pallido sole di marzo stava tramontando dietro l'alta torre di Tokyo,
tingendo di rosso gli stracci di nuvole nel cielo.
Riprese a camminare, le mani in tasca, lo sguardo basso.
-E ora dove sono finita...- si guardò attorno, attraversando un parchetto.
Sospirando si sedette su un'altalena.
-Cosa hai concluso, eh Ayu?- si rimproverò da sola -E ora non hai neanche i
soldi per il ritorno...- pestò un piede a terra, alzando la sabbia sotto le
suole delle scarpe.
Poi, inconsciamente, prese a dondolarsi.
Spingeva le gambe avanti e indietro, sollevandosi e riabbassandosi con
l'altalena. Ogni volta che ricadeva verso il basso sentiva un formicolio allo
stomaco.
Quanto le piaceva avvertire l'aria scompigliarle i capelli...
-Più veloce papà...-
Una bambina rideva di gusto.
-Ti piace?-
-Si tanto! Sembra di volare, posso quasi toccare le nuvole!-
Anche l'uomo sorrideva felice, continuando a spingere la bambina.
Il cigolio ritmico delle catene dell'altalena.
-Papà...-
-Dimmi tesoro...-
La bambina strinse più forte le catene.
-Mi prometti che ci giocheremo sempre?-
L'uomo la spinse ancora
-Sempre...-
-Si! Promesso, sempre semprissimo^^-
Ayumi si bloccò di botto.
Frenò di colpo, affondando le scarpe nella sabbia. Giocava sempre con suo padre
all'altalena. Era una delle cose che ricordava benissimo...
A volte nella memoria, anche se il resto è confuso, hai dei fotogrammi di eventi
passati. Come se fosse successo poco prima.
Una della cose preferite di Ayumi era proprio... farsi spingere da suo padre
sull'altalena, nel parchetto dietro casa.
-E se... No, assurdo!- esclamò alzandosi e uscendo di corsa dal parco.
Percorse la via guardando a destra a sinistra delle case, controllando i nomi
sui citofoni. Si bloccò davanti ad una casa tinteggiata di rosa chiaro, dal
tetto di tegole color rosso scuro.
-Kiyo...- lesse la targhetta fuori dal cancelletto bianco. (Che botta di culo...
OO'' NdAyu) (Effettivamente^^''... NdMe) (Ma se l'hai scritto tu -.-? ndAyu)
(Oh, insomma è_é ndMe).
Eccola.
Allora c'era riuscita. La casa della sua infanzia era li davanti a lei...
Ma sembrava disabitata. Il giardino era incolto, le aiuole di fiori rovinate e
la casa piuttosto cadente. La porta di legno scuro era rovinata e il pomello di
bronzo stava perdendo la placcatura.
Sfiorò il metallo della targhetta rugginosa con la punta delle dita, sentendo la
superficie scabrosa.
-Cerchi qualcuno, ragazza?- chiese una voce gentile.
Ayumi si girò, fissando una signora piuttosto anziana che portava una borsa
della spesa e le sorrideva.
-Emh...Mi chiedevo...Che fine hanno fatto i signori Kiyo?- chiese indicando la
casa.
La donna sospirò
-Si vede che non gli fai visita da tanto...- disse la vecchia.
-Perchè che... Che è successo?- chiese.
In cuor suo temeva di sapere la verità. Ma la parte conscia urlava a gran voce
una spiegazione.
-Guarda, io abito laggiù...- indicò una casa poco distante, intonacata di bianco
panna -E conoscevo i signori Kiyo... Gran bella famiglia, felici e allegri.
Soprattutto dopo la nascita di una bambina... Ayumi, mi sembra si chiamasse...-
continuò la signora.
Ayumi strinse i pugni.
-Andava tutto bene fino a quando... Beh, non ho mai capito sul serio ma un
giorno sentì il signor Hiroyuchi litigare con sua moglie, per qualcosa chiamato
bey, se non mi sbaglio... E dopo vidi l'uomo correre fuori da casa con la bimba
in braccio... Poverina, aveva solo quattro anni...- disse tristemente.
Ayumi trattenne a stento un gemito
-Che cosa... Che successe dopo?- la esortò a continuare.
La signora tirò fuori un fazzoletto di stoffa e lo porse alla ragazza
-Dopo solo un anno, la signora Mako e suo marito portarono la bimba in Russia,
non so bene dove... Ma da quel giorno non l'ho mai più vista...- concluse la
signora.
Ayumi era sconvolta. Ricordava bene quel giorno...
-Ma la storia non è finita qua... L'anno dopo il povero Hiroyuchi... si suicidò,
sparandosi alla testa... Andai anche al funerale e feci le condoglianze alla
moglie ma... a Mako sembrò non importare della misera sorte di suo marito... E
poco tempo dopo partì. Da allora quella casa è rimasta vuota- la signora si
asciugò una lacrima -Pover'uomo... E povera bambina... Si dice che il fantasma
di quella ragazzina vaghi ancora per le mura... Cercando la pace e l'amore che
non ha mai ricevuto dalla madre...-
La donna riprese la sua borsa
-E' stato un piacere conoscerti-
-Grazie... Signora...- aggiunse Ayumi, inchinandosi leggermente.
La vecchia si allontanò.
Ayumi tornò a girarsi verso la casa
-Il fantasma... Bah, storielle! Io sono viva e vegeta...- minimizzò, scavalcando
il cancelletto. Afferrò il pomello della porta e lo girò decisa. La porta era
aperta...
Si aprì con un cigolio, sollevando nuvolette di polvere dal pavimento.
Ayumi entrò guardinga e si chiuse la porta alle spalle.
Lì era vissuta.
Lì aveva passato solo cinque anni della sua vita.
Lì aveva avuto un padre che le voleva bene, lì aveva una...vera famiglia...
Percorse l'ingresso, lasciando le sue impronte nel fitto strato di polvere. Non
c'erano mobili. Arrivò in una stanza vuota, probabilmente la cucina...
Decise di salire le scale. I gradini scricchiolavano ad ogni pressione della
suola.
Arrivata di sopra vide solo tre stanze.
Una piuttosto piccola, pensò che fosse il bagno, un'altra leggermente più
grande, la camera dei suoi genitori e... un'altra.
La SUA stanza.
Emozionata decise di entrare.
Era vuota, naturalmente, ma vedendola... Ayumi si ricordò l'aspetto che aveva.
Un altro di quei fotogrammi nella memoria, così netti, così...vivi!
In fondo alla parete c'era una grande finestra, il vetro sporco di nero impediva
la vista del cielo che lentamente si tingeva di blu.
C'erano appesa al muro tre mensole e sotto di esse...
Ayumi si ricordò il suo letto.
Quel letto da bambina, con i pupazzi e le lenzuola profumate di bucato appena
fatto...
-Non è bellissima?-
La bambina alzò le manine, nel tentativo di afferrare un pupazzo.
-Si...- disse freddamente una donna.
L'uomo continuò a guardare la bimba felice.
-Pa...Papa...- sillabò stentata.
Un sorriso ancora più ampio illuminò il volto dell'uomo.
-Hai visto Mako? Mi ha chiamato... Papà!-
-Suvvia Hiroyuchi... E' soltanto una mocciosa...- lo freddò la donna.
Hiroyuchi la ignorò.
Prese in braccio la bambina.
Mako uscì dalla stanza, senza degnare di uno sguardo la sua creatura.
-Già 1 anno... Sei grande, è?- disse dolcemente il padre.
-Gande! Gande!- ribadì la piccola tirando le ciocche di capelli neri dell'uomo.
Quello rise
-Mia piccola dolce Ayu...-
-Mia piccola dolce Ayu...- ripetè
sussurrando la ragazza.
Suo padre le voleva bene.
Era stato l'unico che avesse cercato di impedire a Mako di portare la loro
figlia a quel luogo di orrore. L'unico che le avesse voluto bene.
L'unico...
La ragazza andò alla finestra, passando la mano sullo strato nero, aprendo uno
spiraglio per guardare fuori. La via era deserta e la città cominciava a
riempirsi di luci dei lampioni e del neon delle insegne.
-Forse è meglio cercare il modo per tornare...- si disse Ayumi.
Si girò e si diresse verso l'uscita dalla stanza. Ma sulla porta...
Nell'angolo estremo della stanza vide un oggetto. Perplessa si chinò per
osservarlo meglio.
Era un pupazzo. Un cagnolino di peluche impolverato e rovinato.
Ayumi lo prese, facendolo squittire. Il fischietto probabilmente era rotto.
Un'ondata di nostalgia la prese, strisciando sotto la pelle, raggiungendo il
cuore.
Un lacrima le rigò la guancia, scendendo sulle lentiggini e cadendo sul
pavimento polveroso.
-Papà...- sussurrò.
Non uscì da quella casa.
Non uscì dai suoi ricordi. Rimase lì, per tutta la notte...
Fregandosene delle vita reale.
Degli amici in pensiero per lei.
Di tutto...
Perchè quella notte era la sua.
Sua e della famiglia che le sarebbe tanto piaciuto avere.
E che invece le fu tolta ingiustamente...