Ep. 4x18, POV Chuck. OneShot.
You can't kiss Him
"Tu non puoi
baciare lui" avevo ribattuto tradito e infantile, mentre i muscoli del
viso mi si contraevano in una smorfia di puro disgusto. Mi sentivo un bambino
capriccioso, uno di quelli che non vuole capire. La sua sicurezza mi spiazzava:
vestita di scuro, con degli spruzzi rossi, mi stava davanti con un’espressione
seria e amareggiata, senza un rimpianto, senza quel leggero imbarazzo che mi
sarei aspettato di trovare sul suo viso. Sapevo cosa aveva fatto, si era fatta
mettere le mani addosso dal ragazzo di Brooklyn, indegno di lei in modo assoluto,
ma continuava lo stesso a guardarmi negli occhi, senza la minima esitazione o
vergogna.
Mi aveva rincorso,
barcollando su quelle scarpe scarlatte, e poi gridato contro, mentre Dan le
stava alle calcagna. Quel rosso mi inquietava, perché tanto colore? Perché
tanta spavalderia? Una volta ci avremmo riso sopra… C'era
qualcosa che mi creava fastidio, che mi provocava uno strano dolore: era il
rosso Parigi e del suo bugiardo “Non ti
amo più”. Anche se non ero vestito di stracci, mi sentivo un miserabile e mi
sembrava che Blair fosse lontana da me come quel giorno: parole semplici, che
negavano il suo amore, continuavano a risuonarmi nella testa come una
maledizione, mentre il tono della sua voce si alzava, diventando stridulo e
spuntandomi in faccia l’esatto opposto: che lei - invece - voleva stare con me. Ero talmente destabilizzato che quasi
non le credetti. Lanciai cauto uno sguardo a Dan: due
basette appena regolate e un Hugo Boss non troppo pretenzioso... mi nauseavano,
come la sua presenza fastidiosa e superflua. Era lì per spalleggiarla:
qualsiasi cosa avesse detto Blair lui avrebbe annuito, riconoscevo
quell'atteggiamento da fedele cagnolino.
Ne avevo abbastanza di
lui.
Quella mattina mi ero
presentato addirittura nel suo loft. Sapevo che Humphrey ne sarebbe rimasto
sorpreso, infatti mi aprì la porta con un’orribile camicia a quadri di un
colore indefinibile - che mi sembrava di aver già visto nell'armadio di Nathaniel - e un’espressione di disagio. Sull'uscio,
impalato, era esageratamente in difficoltà, sembrava colto da un singolare
nervosismo che lo faceva blaterare e respirare a sobbalzi. Tipico di Humphrey:
la sua impacciataggine si palesava senza fatica.
Mentre spiegavo lo scopo della mia visita, ero sospettoso, ma non volevo
credere a quel tragico quadro che solo la mia patologica gelosia avrebbe potuto
dipingermi nella mente. Subito dopo però arrivò la schiacciante conferma: dalla
sua bocca uscì una versione edulcorata e illusoria di Blair, che mi tolse ogni
dubbio.
Era lui.
Le banalità, che mi
arrivarono all'orecchio, offendevano la complessità di Blair: che fosse
intelligente e sensibile era una delle peggiori ovvietà che si potesse dire. E
menomale che Dan voleva diventare uno scrittore…
Ridicolo da parte sua insistere che non fosse attratta dai complotti e dalle
cospirazioni, al contrario era la più esperta, incondizionatamente sedotta dal
lato oscuro, dal mio lato oscuro. Siamo fatti per stare insieme, siamo
entrambi malati e perversi. Così mi aveva detto al matrimonio di Dorota: una pugnalata che mi aveva ferito e fatto infuriare
perché non era quello ciò che volevo per noi. Ora invece quelle parole mi erano
quasi di consolazione: Blair non era quella ragazza che felicemente piangeva davanti ad un film sottotitolato, non era la
Blair che conoscevo io.
Il fatto che potesse
averla vista piangere mi mandava in bestia, chissà quante volte era successo...
Probabilmente molte, visto con quanta sicurezza Dan ne parlava. Nella mia mente
già si erano affollate terrificanti scene di lui che le accarezzava la testa o le
sfiorava una mano.
Davanti a questo suo
fare disinvolto, mi ero ammutolito, se non per una retorica domanda che mi era
uscita indagatrice: “E tu come lo sai?”,
mentre il mio cervello andava avanti velocissimo a piccole congetture. Non
avevo bisogno di altre conferme. Mi prudevano le mani mentre mi ripetevo
mentalmente di stare calmo e mi obbligavo ad avviarmi fuori dal loft: in uno
scontro a mani nude ci avrei rimesso – alla meglio - il cappotto e di sicuro
qualche bottone della camicia... e il pavimento non sembrava molto pulito.
Dovevo invece elaborare un piano perché venisse umiliato, ma senza sporcarmi le
mani.
Volevo che Blair fosse
al mio fianco, in quella foto. Quale miglior pretesto? Lei era la mia famiglia,
ricordo ancora quando me lo disse: io guardavo davanti a me, come se non
volessi ascoltare nulla, spezzato dal dolore, mentre lei - con le labbra
piegate, in un adorabile e triste broncio - pronunciava con voce rotta quelle
confortanti parole. Io stavo troppo male per risponderle che sì, lei era la mia unica famiglia e il
suo bacio, morbido sulla mia guancia, era bastato per sancire quel patto.
Da una parte ero sicuro
che non sarebbe venuta meno a quell'impegno, io avrei dovuto solo assicurarmi
che avesse un vestito da principessa. Ero andato a sceglierlo di persona, scuro,
regale, gonfio e satinato, le sarebbe stato d’incanto! Mentre lo sfioravo con
le dita, già pregustavo il momento in cui avrei visto quel liscio tessuto scivolarle
addosso e contrastare con il biancore della sua pelle delicata... avrei potuto
spiarla da dietro il separé... finché un ombra mi invase la mente, cancellando
ogni mia rosea fantasia: incattivito pensai a Dan che aveva osato avvicinarsi a
lei. Non sapevo con quale scusa l'avesse convinta, ma ci era riuscito: l'aveva
baciata, aveva inalato il suo odore, quello dolciastro che punge le narici sempre
mischiato a profumi costosi, solo suo e di nessun altra. Tante volte l'avevo
ricercato nelle altre donne, senza mai darmi pace. Immaginai che Dan doveva
averle assaggiato la saliva, magari toccatole i capelli o la spalla nuda. No,
non potevo sopportare di condividere quelle sensazioni con Humphrey.
Sperai fino all'ultimo
che Blair cambiasse idea, mentre i flash mi colpivano il viso. A testimoniare
l’onore dei Bass rimase solo la mia espressione più dura, immortalata da quegli
scatti, mentre le parole di Blair, severe e lapidarie, mi facevano stringere la
mascella. Per lei non ero pronto e ci sarebbe voluto ancora molto tempo. Odiavo
aspettare per averla, ero da sempre stato impaziente e avido, di tutto, ma
soprattutto di lei. Avevo bisogno di averla con me, anche al costo di essere la
parte triste della storia, di essere una macchia nera, l’ultima possibilità,
una consolazione. Non sarei stato solo all’inferno…
di questo ero convinto, saremo bruciati insieme, così.. come lei mi aveva
promesso.