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CAPITOLO
La gola dove la
battaglia infuriava era stretta e lunga, sul margine di destra scorgevo la
massiccia figura del Forte, su quello di sinistra nient’altro che un brulli scogli
rocciosi. Per le forze degli Orchi in procinto di arrivare sarebbe stato facile
stringere i Cavalieri in mezzo a loro e trucidarli tutti.
Udivo il clangore
delle armi, nitriti di cavalli, urla di Uomini e Orchi. L’incendio era stato
appiccato alla sterpaglia che circondava il Forte di Léofa, in modo che fosse
arduo per coloro che erano all’interno prestare soccorso ai combattenti; mi
sembrava di rivivere il mio pauroso incubo.
Come sarei riuscita
a trovare Éomer in quel delirio?
Smontai da cavallo
quando giunsi all’imboccatura della gola e tirai giù Elfkral, che non dava più
segni di vita. Lo adagiai sull’erba dietro una grossa roccia, sperando che gli
Orchi non lo trovassero: non potevo certo portarlo con me in mezzo allo
scontro.
“Sarà ancora vivo?”
mi chiesi, preoccupata. Non avrei potuto sopportare la sua morte: avevo
promesso a Merodor che l’avrei salvato. Pensare a Merodor mi fece piangere.
“Andiamo, Stellagrigia.”
Sguainai Crëwine e mi lanciai giù per il ripido pendio
al galoppo, senza incontrare altri ostacoli che qualche cadavere di Orco. La
battaglia infuriava nella gola, i Cavalieri e gli Orchi confusi in una
rossastra massa indistinta. A causa del giuramento, non potevo attraversare la
gola alla ricerca di mio marito, anche se così sarebbe stato molto più veloce
trovarlo, ma dovevo aggirare il nucleo del combattimento cavalcando sulla
ripide pendici. Spronai avanti Stellagrigia, cercando di confondermi tra le
ombre, sforzandomi di evitare i drappelli di Orchi che si aggiravano ai margini
della battaglia: evidentemente avevano il compito di impedire che qualcuno,
allontanandosi dallo scontro, si accorgesse dell’armata sopraggiungente.
Mi costrinsi a non pensare a niente, ad
andare avanti in cerca della bianca criniera sull’elmo di Éomer.
Impaurita dagli
Orchi che pattugliavano il ciglio della gola, mi diressi sempre più verso il
cuore della battaglia, senza neanche accorgemene: quando lo feci, era troppo
tardi, ormai ero invischiata nello scontro. Gli Orchi menavano fendenti
all’impazzata, fui sfiorata dalle loro lame più volte, sebbene Stellagrigia,
scartando e impennandosi abilmente, mi evitasse le ferite peggiori. I Cavalieri
che incontravano si accorgevano a malapena che non ero uno di loro: la mia
veste era talmente lacera e sporca di sangue e i miei capelli tanto arruffati
che sembravo un Rohirrim senza armatura, nella notte era difficile distinguere
persino amico e nemico, la rossa luce dell’incendio illuminava tutto di una
sfumatura crudele.
“Éomer!” chiamavo,
ma nella confusione non riuscivo a sentirmi nemmeno io. “Éomer! Via, schifosa
creatura…Éomer! Éomer! ”
Finalmente riuscii
ad accostarmi ad un Cavaliere, mentre gli Orchi arretravano momentaneamente.
“Dov’è Éomer?” ansimai.
“Verso il Forte,
sta mettendo in fuga gli Orchi da lì. Presto la battaglia sarà finita, ragazzo,
il nemico sta cedendo” poi si volse verso di me e spalancò gli occhi. “Mia
signora! Voi! Che fate qui?! Dov’è la vostra scorta?”
“Non c’è tempo per
parlare. Un drappello di circa quattrocento Orchi si dirige qui e presto saremo
chiusi nella gola fra l’incudine e il martello. Fallo sapere a coloro che sono
qui vicino! Io vado da Éomer!”
“Mia signora,
fermatevi!”
Ma ero già
galoppata via. Io e Stellagrigia eravamo esauste, non reagivamo più agli
attacchi degli Orchi. Tre volte le loro spade ricurve mi lacerarono la carne,
tre volte sangue zampillò dalla mia pelle, tre volte scoppiai in lacrime mentre
spronavo Stellagrigia. Ma non mi fermai, e infine lo vidi. In groppa a
Zoccofuoco, guidava l’assalto che spingeva gli Orchi via dal Forte, nella gola
dove venivano uccisi dagli altri Cavalieri.
“Éomer!”
Si voltò, e
impallidì.
“Lothi!” volse le
spalle ai suoi guerrieri e galoppò verso di me, seguito da uno dei Cavalieri.
“Lothi! Lothi, come sei tu giunta sin qui? Quale follia o diabolico artifizio è
questo?”* mi strinse fra le braccia e poi, prendendomi per le spalle, mi
allontanò per controllare le mie condizioni. Ero tentata di buttarmi sul suo
petto a piangere tutta la notte, ma mi costrinsi a parlare.
“Éomer, ascolta.
Almeno quattrocento Orchi marciano verso la gola, sarete chiusi qui dentro se
non vi rifugiate su uno dei pendii.”
“Maledizione! Come
lo sai?”
“Li ho visti.”
“I ragazzi della
tua scorta?” non risposi subito.
“Oroven è corso ad aiutarvi quando ha visto il divampare delle fiamme. Elfkral
è moribondo” singhiozzai.
“E Merodor?”
“Merodor è caduto
per difendermi dagli Orchi.” Vidi il viso di Éomer contrarsi per la sorpresa ed
il dolore.
“Orchi? Com’è
possibile?” Tacque per qualche istante; poi ordinò al suo compagno: “Un’armata
si dirige verso di noi da sud. Di’ a Elfhelm di spostare tutte le truppe più in
alto possibile sui crinali di est e ovest, dev’essere lasciato solo un piccolo
contigente all’estremità nord. La gola dev’essere sgombra, capito? Gli Orchi devono
pensare che sia una ritirata. Le bestiacce devono credere di star vincendo, e
scagliarsi, con i rinforzi, sui difensori del lato nord. A quel punto caleremo
al galoppo e li distruggeremo.”
“Subito, sire” il
Cavaliere galoppò via.
“Oh, Lothíriel!” gemette mio marito. “Sei ferita.
Avrei preferito perire per mano degli Orchi che stanno arrivando piuttosto che
vederti ridotta così! E in più…” lanciò un’occhiata significativa verso la mia
pancia.
“Sta bene, almeno
credo” cercai di tranquillizzarlo.
“Vattene subito da
qui. Se non fosse stato per te probabilmente saremmo morti tutti, ma forse
sarebbe stato meglio. Guarda come sanguini! Ti scorterò al Forte, ma promettimi
che rimarrai là dentro.”
“Va bene.”
Éomer era illeso,
così mi prese su Zoccofuoco e aggirò il Forte fino a un’entrata segreta.
Stellagrigia ci seguì trottando. Chiamò ad alta voce nella lingua del Mark e
presto la porticina si aprì. La testa di un ragazzo si affacciò e Éomer gli
diede qualche veloce ordine nella sua lingua. Quindi mi fece scendere da
cavallo e mi depose a terra. Stavo per svenire, non ebbi neanche la forza di
tenermi in piedi mentre Éomer mi faceva smontare.
“Sta’ attento” ebbi
la forza di dire.
“Non stare in pena
per me. Dopo essere scappata dall’accampamento disobbediendomi, meriti una
bella predica: non morirò certo prima di fartela.” Sorrise da sotto l’elmo e io
gli sorrisi stancamente di rimando. Poi voltò Zoccofuoco e cavalcò via verso la
battaglia.
Spesso avevo
sentito dire che ti accorgi del valore di una cosa che hai solo quando la
perdi, e in quel momento mi accorsi che erano parole veritiere. Sentii qualcosa
strapparsi e sciogliersi dentro il cuore quando Éomer voltò il cavallo e
galoppò via sotto le stelle, simile a Oromë il Grande durante la Battaglia dei Valar.
Non avevo temuto
mai di perderlo, nemmeno quando mi aveva lasciato quella mattina: sentivo che
avrei dovuto fare qualcosa, che era in mio potere impedire che la falce di
Mandos si abbattesse su di lui. E adesso, invece, che ero debole e incapace di
fare alcunchè, lui cavalcava verso il pericolo, per difendere me, nostro figlio
e tutte le mogli e i figli della sua terra.
Immaginai per un
secondo che Éomer fosse morto; non sentire più la sua voce brusca, non più il
suo calore al mattino, i suoi capelli biondi e i suoi insopportabili
rimproveri: mi invase il cuore un tale dolore, che mi portai le mani al petto
artigliando la pelle.
Io non potevo vivere senza Éomer.
Perché io amavo Éomer.
Lasciai che il
ragazzo mi trascinasse dentro, fino a un giaciglio militaresco in una spoglia
camera di pietra. Stellagrigia era stata portata nelle stalle da un altro
sguattero.
“Riposate, mia
signora. Non abbiamo comodità degne di voi qui, ma presto il nostro medico
verrà a visitarvi. Dormite.”
“Aspetta” dissi “Sul
poggio opposto della gola, dietro la più grande delle punte rocciose sul
crinale sud, c’è un ragazzo ferito forse a morte. Desidero che sia portato qui
e curato prima di me: le sue ferite sono molto più gravi delle mie. Se dovesse
essere…morto” la mia voce tremò e si ruppe in un singhiozzo “Dategli onorevole
sepoltura.”
“Sarà fatto, mia
signora. Dormite, adesso.”
Chiusi gli occhi
per fuggire al dolore del corpo e dell’anima, e spronfondai in un cupo sonno
denso di incubi. Solo alla fine, la luce sanguigna che aveva sinistramente
illuminato tutte quelle visioni terribili si schiarì in un’alba bianca e
tiepida. Éomer mi veniva incontro su di un prato dove spuntavano a guisa di
fiori candidi pennacchi di elmi. Mio marito aveva sulle spalle un bambino biondo
e sorridente, che si stringeva al capo dell’uomo con affetto. Quando Éomer mi
fu vicino, il piccolo allungò una mano per sfiorarmi i capelli e disse: “Hai
vinto, mamma.”
Suonate le trombe! Appendete le bandiere alle finestre! La svogliatissima, prigrissima, stupidissima e incasinatissima Elothiriel si è decisa a scrivere e pubblicare un altro capitolo!
Mie carissime,
potete picchiarmi e insultarmi quanto volete, perchè il mio comportamento è
inaccettabile.
Sono stata
inattiva per più o meno tremila anni, per una svariata serie di motivi, fra
cui, last but not least, la mia totale perdita di ispirazione. Comunque non ho
scusanti, e se volete, siete liberissime di mollarmi qui e non farvi più
sentire, come ho fatto io.
Vi chiedo
umilmente scusa e perdono.
Passando ad
argomenti meno dolorosi per me (ma per la povera Lothi no davvero) come vi è
sembrato questo capitolo? Avete visto, alla fine tutto, più o meno, si è
risolto, anche se non per il giovane Merodor (lacrime di rimorso).
Come sempre,
ringrazio (questa volta con anni luce di ritardo) tutte le fantastiche persone
che mi recensiscono o mi seguono in qualche modo, anche solo leggendo.
Specialmente, un bacio a Arwins, Sesshy94, Arena, Elfa, _Gilestel_,
Ariel_Malfoy, Xxbrokenrose, Cassiana.
A presto (questa
volta per davvero!)
Un bacio
Elothiriel