Ciao a tutti! (:
Dunque, sono andata in vacanza in Toscana la scorsa settimana e alloggiavo in una villetta in mezzo alla campagna; un pomeriggio mi sono messa a guardare il paesaggio e mi ha ispirato una one-shot tra il descrittivo e il riflessivo. Spero vi piaccia!
La ragazza camminava sul pendio scosceso
coperto d’erba più o meno alta, piegando i fili verdi con la suola delle scarpe
da ginnastica; inaspettata disturbatrice, faceva ronzare via gli insetti,
indispettiti dall’intrusione. Stava bene attenta, però, a non incrociare le
api: le odiava, le facevano paura, non sapeva bene perché; forse a causa
dell’invidia per quella loro abitudine di volare di fiore in fiore, senza
curarsi né di quel che si lasciavano dietro né di quel che potevano trovare nel
prossimo, l’esatto opposto di quello che lei era solita fare.
Camminando, si rese conto che, sola com’era in
quel momento, riusciva a focalizzarsi sui più piccoli dettagli del luogo che
stava esplorando, ma allo stesso tempo collocarli in un insieme più grande; era
in grado di orchestrarli in un’armonia di suoni, colori, luci e profumi che
quasi la stordivano, non essendo abituata a simili sensazioni, che in una città
come quella in cui lei viveva si perdevano nelle pieghe della grigia routine
quotidiana.
Il colore del prato su cui camminava non era
uniforme: il verde brillante che gocciolava di dorata luce pomeridiana era
talvolta interrotto da vari tipi di fiori di campo, bizzarramente raggruppati
nello stesso posto, ma allo stesso tempo distanti tra loro, come se essi stessi
si rendessero conto della loro ineluttabile diversità. Folti cespugli verde
cupo macchiati dallo sporadico lilla della lavanda, strani boccioli chiusi in
bilico su un gambo troppo lungo, margheritine di campo e piccoli fiori dalle
corolle gialle così piccoli da sembrare figli dell’erba, minuscoli
nontiscordardimé color del cielo e buffi, teneri fiorellini dai petali
appuntiti bianchi e rosa; poi, ancora soffioni, grandi e piccoli, col gambo
ricoperto da una leggera peluria soffice al tatto, e addirittura sporadici rametti
di malva, con boccioli rosa ancora semichiusi e ispide foglie dai contorni
irregolari, quasi fossero tagliuzzati.
Risalendo il pendio, alzò lo sguardo e
incontrò la schiera di alti alberi che separavano quel luogo dalla strada
principale: cipressi asciutti e grossi abeti che, impettiti come seri soldati,
stavano schierati, pronti a proteggere quello che circondavano: il fragile confine
tra un Eden e una sua corrotta, squallida imitazione di asfalto e cemento.
Rallentando l’andatura, si concentrò su quello
che udiva: si rese conto che, anche in un simile luogo di quiete, così diverso
dalla chiassosa, monotona città, era impossibile ottenere il silenzio perfetto:
nella sua completa solitudine, riusciva a sentire il fruscio dell’erba spostata
dai suoi passi indelicati, il frinire ininterrotto delle invisibili cicale, il
cinguettare rumoroso e sconnesso degli uccellini seminascosti dalle fronde, il
sommesso ronzare degli insetti e il ciarlare allegro dei bambini che giocavano
nel giardino della casa poco distante.
Si appoggiò a un albero spoglio, interrompendo
il suo vagare sul prato e nei pensieri, alzò distrattamente lo sguardo e le si
spalancò dinanzi il panorama mozzafiato della campagna circostante.
Talvolta vi erano dolci pendii, altre volte
piatti terreni; talvolta il tragitto era ininterrotto, altre volte era sbarrato
da file di alberi, altre volte ancora nel terreno si aprivano tortuosi sentieri
color del grano o si innalzavano modesti casolari di mattoni.
Allargando ancora di più lo sguardo, riusciva
a scorgere il profilo irregolare dei monti, stagliato contro il cielo dal
colore slavato di quando il sole non è né alto, né sta tramontando; le creste
erano addolcite da una rigogliosa, seppur inegualmente distribuita,
vegetazione, di colore tanto più scuro quanto più era vicina al disco solare,
mezzo nascosto dietro le cime.
Il sole stava lentamente calando, infatti
l’odore penetrante dell’umidità rilasciato dall’erba ai suoi piedi cominciava a
raggiungerle le narici e a pizzicarle.
Iniziava anche a far freddo: si strinse le
braccia intorno al busto, coperto solo da una leggera maglietta bianca, e pensò
che era ora di rientrare in casa e prendere una giacca.
Le venne in mente, tornando, che quel che
stava facendo era paradossalmente simile all’egoismo di tutti gli uomini che, schiavi
dei propri bisogni e desideri, abbandonano a se stessi dei luoghi meravigliosi,
per mettere se stessi sopra di tutto.