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Autore: Clappy    01/05/2011    2 recensioni
Eccoci qui con la terza serie di "Ricordati di me" Cosa è successo alla vita dei nostri protagonisti dopo la seconda serie? Lizzy è una specializzanda del Hartford Hospital, continua a vivere la sua storia d'amore con Riley, convivono insieme e si amano ogni giorno di più... ma se all'improvviso tornasse qualcuno dal passato a scambussolare la sua vita?
Invece Nick, il ragazzo timido e chiuso, sempre più simile a suo padre, soprattutto in amore, sarà riuscito a dimenticare la ragazza che ha stregato il suo cuore di adolescente? E il suo sogno di diventare un cuoco famoso diventerrà finalmente realtà?
Se siete curiosi non vi resta che leggere questa nuova, avvincente e conclusiva terza serie. :D
Buona lettura e spero vi possa piacere!
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricordati di me'
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CAPITOLO QUATTORDICI – IN ASSENZA DI TE
 
Lizzy’s POV
 
È passato un mese da quando Riley se ne è andato e io sono riuscita nel mio intento.
Grazie al matrimonio di Nick, a cui ho partecipato attivamente con i preparativi, e al mio lavoro, non ho più pensato al mio dolore.
Sono quattro giorni che non dormo. Non ho più osato mettere piede a casa mia da quando Riley se ne è andato, stare a casa di Nick ora non mi pare proprio il caso, Stars Hollow è troppo lontana e i nonni non sanno che mi sono lasciata con Riley, della sua assenza al matrimonio mi sono giustificato con: impegno importante sul lavoro, ora ha una filiale a Londra.
Ci hanno creduto, il che in parte è vero.
Ho dormito in ospedale per tutto questo tempo prendendomi i casi migliori per la mia puntualità e migliorando come chirurgo in vista dell’esame. Ma questi ultimi quattro giorni non ho chiuso occhio e so bene da cosa dipende, solo che non voglio mollare, non ora. Non posso permettermelo.
Christian è ancora in città, sa solo che Riley si è trasferito a Londra, non gli ho detto la mia scelta, non so perché. Per questo motivo è ancora a Hartford.
Stiamo insieme, se così posso dire.
Ci siamo scambiati un solo bacio, nemmeno troppo appassionato, o meglio lo è stato, ma io non pensavo a lui.
L’altra sera mi ha portato nell’albergo in cui alloggia, abbiamo passato una piacevole serata insieme, abbiamo riso e parlato, ma al momento di fare l’amore con lui, mi sono tirata indietro scappando dalla stanza con la velocità di un fulmine.
Non posso fare l’amore con lui, non posso e non voglio.
L’ultimo volta che ho fatto l’amore è stato con Riley e come dice una famosa canzone: “Perché io da quella sera non ho fatto più l’amore senza te e non me ne frega niente senza te…” ed è quello che provo io.
Ora cerco di evitarlo per non dovergli dare spiegazioni, per non dovermi trovare di nuovo nella situazione della scorsa sera.
No perché non desidero Christian, lui mi piace, mi attrae, ma non è Riley.
Ecco uno dei motivi del perché non dormo, per questo sto coprendo tutti i turni dei miei colleghi, per questo mi offro volontaria per fare qualsiasi cosa.
Sono alle prese con un caso strano, un uomo con dei sintomi comuni, ma una diagnosi ignara a tutti. Non si riesce a capire cosa abbia e perciò lo stiamo sottoponendo a diversi controlli.
Sono in sala mensa per pranzo, parlando con i miei colleghi del mio caso strano, se non parliamo di sesso, parliamo di chirurgia; quando arriva Christian arrabbiatissimo verso di me. È veramente furioso. Non lo biasimo.
Con tono duro mi chiede una spiegazione, io gli chiedo se possiamo uscire dall’ospedale ma questa mia proposta lo fa infuriare ancora di più.
«Non mi importa niente che tutti mi sentono, voglio urlare al mondo che ti amo. Ma tu non provi lo stesso per me giusto? Tu ami Riley, sempre e solo Riley. Ma che ha lui che io non ho? Cosa? Sa fare l’amore meglio di me? Forse è per questo che non sei venuta a letto con me l’altra sera.» dice urlando.
Tutto l’ospedale è girato verso di noi, Geller, i miei capi e il primario compresi.
Ora tutti sono a conoscenza della mia vita privata, ora tutti avranno un argomento di cui parlare per le prossime settimane.
«Vattene, vattene, non hai nessun diritto di venire qui e umiliarmi davanti a tutti, sono cose solo nostre. Ora vai via.» dico con le lacrime agli occhi.
Tutto lo stress e il sonno perso accumulati all’improvviso si fanno sentire.
Lui fa quello che gli ho chiesto e io lascio subito dopo la mensa anch’io. È troppo affollata e non voglio farmi vedere fragile.
Finita la pausa pranzo torno a lavoro e tutti gli sguardi sono puntati su di me, tutti parlano di me.
Il mio cercapersone prende a squillare e vedo che a chiamarmi è il primario. Mi dirigo nel suo ufficio già sapendo di cosa mi vuol parlare.
Lo saluto e mi dice di accomodarmi.
«Quello che è successo oggi in mensa è stato scandaloso.» e fa una pausa, forse per aspettare una mia risposta.
«Lo so capo, mi dispiace, non si ripeterà più.» ribadisco io convinta.
No, non si ripeterò più.
Con lo sguardo triste e da gatto con gli stivali lo guardo, spero di non avere punizioni, non è positivo avere due note disciplinari in così poco tempo tra loro.
«Lo spero bene. Senti Elizabeth, ti paro come… un nonno, visto la mia età, e non come primario. Tu sei una delle migliori specializzande, se non la migliore, sei determinata, competente, professionale, ma devi prenderti una pausa, sei stanca, è da un po’ che ti ho osservo e ho notato che qualcosa dentro di te si è rotto, la scenata di oggi ne è la dimostrazione. Da quanto che non dormi?» mi chiede comprensivo e con tono dolce.
Rispondo mentendo, non posso cero dirgli che non dormo da quattro giorni, dico semplicemente due.
«Prenditi una pausa, tra un po’ avrai l’esame riposati e studia per quello.»
«Ma io…» cerco di contro battere, lui mi interrompe.
«Questo non è un consiglio, è un ordine.» con un tono che non ammette repliche.
Annuisco e vado a casa, nella mia casa per la prima volta da quando Riley se ne è andato.
Ogni angolo del palazzo, le scale, l’ascensore, la porta di casa, mi ricordano lui.
Tante volte ci siamo scambiati tenerezze sul pianerottolo e alcune volte abbiamo suonato al nostro vicino antipatico e siamo scappati ridendo come due scemi, come due adolescenti. Scemi ma felici.
Scaccio via quei ricordi ed entro dentro casa, mi immagino lui ad aspettarmi seduto sul divano, con il suo sorriso raggiante. Immagino lui che con entusiasmo nel vedermi mi bacia. Sento l’odorino provenire dalla cucina… sento ogni cosa come se lui fosse qui, ma è tutto frutto della mia fantasia, perché la realtà è che lui non c’è più.
In camera da letto non ci sono più le sue cose, l’armadio è talmente vuoto da sentire il cuore stringermi in una morsa. Mi viene da dar di stomaco e corro in bagno, ma ciò che vedo mi fa stare ancora più male.
Riley ha lasciato qui il suo spazzolino e il suo profumo. Se ne sarà dimenticato.
Piango, piango copiosamente e con rabbia scaravento le sue cose in terra, facendo rompere la boccetta di profumo, invadendo tutta la stanza del suo profumo.
Piango ancora più forte.
Mi dirigo in salone con la speranza di calmarmi un po’, ma ogni mio tentativo di non ricordare è vano, vedo Riley ovunque, vedo i momenti passati insieme attraverso lo schermo della tv, nonostante questa sia spenta.
Lui è qui, è qui anche se non c’è.
Lui è nella mia mente, nel mio cuore.
Lui è presente nella mia anima.
Sento la sua mancanza.
In assenza di te Riley, mi sento persa, vuota, spenta. In assenza di te non sono capace di niente. In assenza di te io non posso vivere.
Non posso continuare a stare in questa casa, così prendo i libri per studiare, le dispense datomi dai miei superiori e vado a casa dei miei. Dovrò spiegarli molte cose, ma è tempo di dire la verità. È tempo di ammettere la dura e cruda realtà: Riley mi ha lasciato davvero.
E devo abituarmi alla sua assenza, devo andare avanti senza il suo sorriso, la sua allegria, i nostri scherzi, la nostra complicità, i nostri baci passionali… senza di lui.
Non ce la faccio, ma devo. Devo a ogni costo.

   
 
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