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Autore: TooSixy    02/05/2011    2 recensioni
Una spietata entità senza nome si aggira per Hueco Mundo, trucidando un Hollow dietro l'altro e lasciando dietro di sé solo una scia di morte e disperazione. Tra i deceduti non mancano nemmeno gli Espada, e persino Aizen sembra cominciare a temere il potenziale del misterioso assassino. L'unico indizio per fronteggiare questa nuova minaccia sembra essere racchiuso nei Focus, enigmatiche visioni che mostrano sprazzi di futuro visibili solo a Rayen Fie Oneiron, una ragazza Arrancar con lo straordinario dono della profezia. Ma decifrare i Focus non è mai facile, e Rayen si ritrova invischiata in problemi più grandi di lei tra vicoli ciechi, boss megalomani e un certo Espada panterino tanto odioso quanto maledettamente sexy. Se vogliamo aggiungere anche un bizzarro, inaspettato legame tra Rayen e Kurosaki Ichigo, il guazzabuglio di caos mentale della ragazza può forse dirsi completo.
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Kurosaki Isshin
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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seenoevil In principio fu solo una scintilla… una scintilla che lentamente si propagò, irradiando e bruciando il buio fino a trasformarlo in un inferno di luce. Il nero cadeva a brandelli, come carne carbonizzata, dilaniato da un bianco sempre più intenso e abbagliante, da cui scaturivano migliaia di gelidi vortici luminosi che si contorcevano nelle tenebre come dragoni incandescenti.
E insieme all’oscurità si dissolveva anche lei: uno spettro diafano, simile al riverbero di uno specchio distorto, il ricordo più fragile e più follemente umano che si fosse mai affacciato nella sua memoria. Sì, Raiha era lì di fronte a lei, a una distanza talmente ravvicinata che avrebbe potuto toccarla semplicemente tendendo la mano. Così vicina, e al tempo stesso così lontana.
L’immagine della giovane contadina dalle chiome ramate tremolò impercettibilmente, il viso dai tratti ancora morbidi e infantili appariva e spariva a scatti. Il suo sguardo era perso del vuoto, spento e offuscato da un velo di tristezza, mentre sua pelle olivastra si scuriva di secondo  in secondo divorata da ombre sempre più pressanti.
Rayen la guardò, guardò se stessa. E fu come implodere, precipitare dentro di sé, scaraventata da una forza oscura in abissi senza nome.


XVIII. Awaking

And I'd walk through hell and high water.
Wash away with the tide.
I can lose a damn war all by myself,
if you were on the other side.
So, in the morning when the rooster crows,
pack your bags and get ready to go.
If you're walkin' through hell and high water, please don't do it alone.

Hell and High Water – Black Stone Cherry


“… Non me ne frega se tutti gli altri ti considerano un genio, Aporro, per me sei e rimarrai solo un’emerita testa di cazzo.”
“Fossi in te presterei più attenzione al lessico, Jaeguerjacquez. Finché grufoli con la tua plebaglia è un conto, ma ti consiglio calorosamente di esprimerti con maggiore rispetto quando parli con me.”
“Azzardati a rifare una cosa del genere e so io dove ficcartelo, quel tuo rispetto!”
Le palpebre le sembravano pesanti come il piombo, ma sebbene con una certa fatica Rayen riuscì ad aprire gli occhi. Era distesa su una superficie dura e levigata, fredda come una lastra di ghiaccio. Tutto attorno a sé palpitava una specie di schermo ambrato, luminescente, che avvolgeva il suo corpo come un guscio che avvolga un mollusco.
E questo che diavolo è?
Fu allora che la vide. Attraverso la dorata trasparenza dello schermo, la sua esile figura tremolava leggermente, come un riflesso sull’acqua. Era inginocchiata accanto a lei, abbigliata con una lunga tunica bianca di foggia Arrancar. Questa le copriva pudicamente ogni centimetro di pelle dal collo in giù, come cercando di nascondere quel corpo aggraziato e tentatore, le cui curve generose premevano contro la stoffa. Le piccole mani affusolate della giovane parevano sostenere lo schermo, come quelle di un burattinaio impegnato a sostenere le sue marionette, i grandi occhi scuri ridotti a fessure per lo sforzo di alimentarlo.
La spina dorsale di Rayen fu scossa da un lungo brivido. “K-Kaoru…?”
La ragazza le rivolse una brevissima occhiata. Il suo sguardo era vitreo e malinconico, ma non privo di una certa dolcezza.
“No, Orihime” mormorò. “Mi chiamo Inoue Orihime.”
“Orihime…”
Osservandola meglio, Rayen notò che il suo bel viso di porcellana era sì molto simile a quello dell’amica, ma con zigomi meno pronunciati e labbra un poco meno piene. Ma a saltare all’occhio erano senza dubbio i capelli, non del nero lucente delle piume dei corvi, bensì di un caldo castano ramato che ricordava una colata di metallo fuso. Rayen ne rimase sorpresa: era un colore piuttosto insolito, soprattutto tra i giapponesi, e lei l’aveva visto in testa solo a se stessa, a Ichigo… e a Shin.
Oh.
Un timido presentimento fece capolino in Rayen, presentimento che nel giro di pochi istanti si tramutò in una stupefacente certezza. Prima che potesse dirla ad alta voce, tuttavia, lo schermo attorno a lei s’infiammò di un bagliore più intenso e una meravigliosa corrente di energia benefica la attraversò da capo a piedi, riversandosi come acqua calda sulle sue carni ghiacciate. La reiatsu che fluiva da quello strano schermo era tiepida e delicata: faceva pensare al calore del sole, ai campi indorati di spighe. Più che vedere, Rayen percepiva che il suo corpo stava cambiando, anzi, rinascendo: i lividi si schiarivano e scomparivano, le cicatrici si richiudevano, e tutto ciò che rimaneva era una pelle rosea e fresca come quella di un neonato, perfettamente intatta. Persino la grossa bruciatura circolare sull’addome, quella del Bala che Grimmjow le aveva sferrato alcuni giorni prima, si dissolse poco a poco fino a svanire del tutto.
“Grazie” disse Rayen. L’unico segno che era rimasto addosso era il 5 nero tatuato sul suo polso, il Contacto di Nnoitra. Lo mostrò ad Orihime. “Questo non si può proprio rimuovere, vero?”
Orihime scosse la testa. “Mi dispiace, è stato tracciato con una reiatsu troppo forte per me.”
“Non importa” replicò Rayen, nascondendo una punta di delusione. “Suppongo che non sia così facile sfuggire all’avvoltoio. Piuttosto, chi sei tu realmente? Non ho mai visto un’umana con un potere simile.”
“Non so perché ho lo Shun Shun Rikka, credo che sia un dono naturale.” Orihime chinò il capo, a disagio. “Aizen-sama lo trova interessante.”
Rayen s’accigliò. L’umana parlava in tono inespressivo, quasi senza guardarla, con i lineamenti aggraziati sgualciti dall’infelicità. Conoscendo Aizen, sicuramente non l’aveva rapita a viva forza: era più probabile che le avesse promesso qualcosa, o forse avesse tentato di ricattarla. Ma a quale scopo? Rayen dubitava che fosse solo per i suoi poteri curativi: Aizen non si sarebbe esposto in quel modo per una semplice guaritrice. Doveva esserci qualcos’altro, sotto, qualcosa di grosso.
E di colpo, ricordò: Aizen aveva inviato Ulquiorra in persona a prelevarla. Glielo aveva detto Loly Aivirrne quello che le pareva due secoli prima.
“Togliti di mezzo, donna!”
Una grande mano callosa afferrò la spalla minuta di Orihime, allontanando rudemente la ragazza dallo schermo. Lo scudo vacillò e si spense come la fiamma di una candela. Rayen si sentì improvvisamente debole e indifesa: cercò istintivamente Trèbol, per poi ricordarsi che la Zanpakuto le era stata sottratta da Grantz. Era distesa a terra e disarmata, niente più che uno scricciolo rispetto all’enorme sagoma che torreggiava sopra di lei. Spalle larghe, muscoli guizzanti, lineamenti da falco in cui brillavano occhi simili a selvagge fiamme azzurre: nel riconoscerlo, lo stomaco di Rayen si contrasse, mentre un misto di timore, sollievo, felicità e vergogna le faceva ribollire il sangue.
“Ciao, Grimmjow” mormorò.
Grimmjow la fissò. “Fie” disse, asciutto. “Lo sai, vero, che sei nella merda fino al collo.”
“Sì, lo immaginavo.”
Dietro di lui apparve Grantz, con un sorriso sgradevole stampato in volto. “Bene, bene, vedo che la cavia è ancora viva e senziente, il che significa che nonostante l’interferenza di questo primate” e lanciò un’occhiataccia a Grimmjow “l’esperimento è stato un successo. Aizen-sama potrà ritenersi più che soddisfatto dei risultati. Suppongo che presto vorrà scambiare due chiacchiere con te, Fie Oneiron.”
Rayen si rialzò lentamente in piedi. Le girava un poco la testa, ma a parte quello era tutto sotto controllo: ciò che invece non lo era affatto era la sua prossima mossa. Le riusciva difficile credere che un tempo aveva amato quello psicopatico di Urahara. Cosa ancor più sorprendente, era stata amata a sua volta: un dato, questo, che avrebbe potuto destare l’interesse di Aizen.
Se scopre della nostra vecchia relazione, è finita, pensò disperatamente Rayen. Potrebbe decidere che sono la pedina perfetta e ordinarmi di ucciderlo. Dubito che lui si lascerà semplicemente ammazzare senza opporre resistenza, ma di sicuro nemmeno mi combatterebbe come farebbe con qualsiasi altro Arrancar.
Non voleva uccidere Urahara. Anzi, avrebbe voluto che nessuno lo uccidesse. Il rigeneratore mnemonico non aveva riportato a galla solo un pugno di vecchi ricordi, ma anche tutto l’affetto e l’ammirazione che un tempo aveva nutrito per lo Shinigami. La sua memoria ebbe un fremito, e per un attimo fu illuminata da altri sprazzi – immagini intime ed intense, così intense da far passare la sua silenziosa infatuazione per Grimmjow come la stupida cotta di un’adolescente alle prime armi. Rammentava di avere accolto Urahara dentro di sé, e a tre anni dal loro primo incontro gli aveva persino dato un figlio... una testolina nera come il carbone, identica a quella del padre della ragazza. Una testolina ribattezzata Isshin, in onore di suo fratello.
Nessuno ucciderà Kisuke... Nessuno. Anche se appartiene ad una vita precedente, è pur sempre il padre di mio figlio.
“Ridatemi Trèbol” disse Rayen, laconica, non senza una certa asprezza. 
Grantz batté due volte le mani, ed uno dei suoi zelanti servetti strisciò verso Rayen porgendole ossequiosamente la Zanpakuto. La ragazza gliela strappò di mano e la rinfoderò senza una parola.
Doveva inventarsi una storia plausibile, e doveva farlo adesso.
“Grimmjow, saresti così cortese da riportare l’umana alle sue stanze? Temo che Ulquiorra sia stato convocato da Aizen-sama, e non posso permettermi di sprecare tempo prezioso per tenerla d’occhio.”
La voce untuosa di Grantz le giunse alle orecchie in un’eco vagamente distorta. Rayen s'irrigidì: per un attimo, giusto un attimo, le era sembrato di sentire un odore di fresco e di selvatico e…
Una sonora detonazione fece tremare il laboratorio di Grantz, mentre il muro alle spalle di Grimmjow esplodeva in una pioggia di schegge e calcinacci. Sbalordita, Rayen fece un balzo all’indietro, evitando per un soffio di essere colpita da un mattone, e si ritrovò accanto ad Orihime, che si era rannicchiata a terra e ora si premeva le mani sul viso, i grandi occhi sgranati che sbirciavano tra le dita semiaperte. Stavolta non le parve una marionetta triste e malinconica, bensì un qualsiasi essere vivente terrorizzato dall’idea di morire. L’eco della detonazione si affievolì poco a poco, e anche le dense nubi biancastre provocate dal crollo cominciarono a dissiparsi. L’unico rumore che restò era il piagnucolio incessante degli assistenti deformi di Grantz.
“Silenzio!” ordinò lo scienziato, con una nota di tensione.
Il piagnucolio tacque subito.
L’attenzione di tutti i presenti si levò sulla figura appena comparsa tra i resti della parete distrutta. Era molto alta, quasi quanto Grimmjow, e tanto magra che le si potevano contare le costole. Un logoro paio di hakama erano il suo unico capo di vestiario; per il resto, l’apparizione era addobbata solo delle ali, immense e bellissime, spalancate verso l’alto come mani piumate pronte a chiudersi attorno alla gola dei nemici. I capelli dell’angelo, di un rosso impossibile, svolazzavano per le correnti d’aria che lui stesso aveva creato.
Era il Necroforo, la creatura che aveva seminato il panico a Las Noches, l’assassino del Decimo Espada Indar Oroitz. Ma non era solo quello, ora Rayen lo vedeva: il significato del suo primo Focus le appariva chiaro come il sole.
Una falce, un salmone, una corona.

Una falce, perché la persona che rappresentava aveva portato sia salvezza che distruzione: molte volte le sue lame di contadino avevano tagliato e raccolto il frutto del suo stesso lavoro, e altrettante volte le sue lame di guerriero avevano spezzato le vite di Arrancar come lei. Il freddo omicida che aveva assassinato il suo maestro e l’energico coltivatore che l'aveva nutrita erano fusi nella stessa persona, insieme, innegabilmente.
Un salmone perché, per quanto umile, quel pesce alla fine della sua vita tornava verso il luogo natio, le acque in cui era venuto alla luce. I rischi che il viaggio imponeva non lo preoccupavano: era pronto ad affrontare ogni pericolo pur di raggiungere la sua prima casa.
E la tua vera casa non è formata da pareti… la tua vera casa è la persona per cui daresti la vita.
Le mancava solo la corona, ma anche senza quella non faticò ad intuire chi si celava dietro l’identità del Necroforo.
Rayen alzò il mento, incrociando gli occhi scuri e brucianti dell’angelo.
“Ciao, Shin” sussurrò.
Un fremito percorse gli angoli della bocca dell’uomo alato, un qualcosa di molto simile ad un sorriso. L’infinita malinconia che spirava dalla sua figura si stemperò impercettibilmente.
Ciao, Raiha.” Non lo pronunciò ad alta voce: fu piuttosto come se un pensiero con il sapore di Shin le si insinuasse gentilmente in testa. Rayen ricacciò indietro le lacrime: vedere suo fratello in quelle condizioni la tormentava, ma quelle non erano certo le circostanze più adatte per mettersi a frignare.
“Come…” cominciò lei, ma lui subito la zittì: “Non possiamo permetterci di sprecare un solo istante, sorella. Lui sarà qui a momenti, e io non sono ancora in grado di contrastare il potere dell’Hokyoku. Vieni con me, ti porterò dove sarai al sicuro.”
Rayen rimase immobile, ma lo sguardo di Shin era un vortice senza fondo, nere oscurità in cui l’anima poteva affogare. Vacuamente, quasi involontariamente, il corpo della ragazza Arrancar mosse un passo in avanti, ma prima che potesse fare altro una stretta improvvisa la paralizzò.
“Razza di idiota, firmerai la tua stessa condanna a morte” sibilò Grimmjow, vicinissimo al suo orecchio. Le sue braccia – entrambe le braccia, notò lei con una certa sorpresa, anche l’arto mutilato da Tousen – le serravano la vita come serpenti d’acciaio.
Un leggero lampo di fastidio lampeggiò nel volto di Shin. “Raiha-chan, presumo che sia tuo amico e che sia mosso solo dalle migliori intenzioni, ma se non si toglie di mezzo lo ucciderò. La tua sopravvivenza è primaria, la sua no.”
“Non ci provare!” protestò Rayen. “Tu non faresti mai una cosa del genere, e lo sai! Lo Shin che conoscevo non avrebbe torto un capello a nessuno, men che mai a sangue freddo e senza ragione.”
“Si può sapere che cazzo stai dicendo?” grugnì Grimmjow.
Allora convincilo a lasciarti andare.
Rayen prese un grosso respiro. “Mi sta parlando. Dice che se andrò con lui vi lascerà stare, ma se mi oppongo vi ucciderà tutti.”
Grantz serrò la mascella. Un altro motivo di interesse per Aizen-sama, ma probabilmente Rayen non sarebbe sopravvissuta abbastanza a lungo per essere interrogata.
“E dove ti vorrebbe portare?” replicò freddamente Grimmjow.
“Questo non lo so.” Rivolse a Shin uno sguardo interrogativo.
Al sicuro” tagliò corto lui. Tese lentamente una mano davanti a sé, le dita lunghe e pallide simili alle zampe di un ragno. “Vieni, Raiha-chan. Non abbiamo molto tempo.”
“Lasciami, Grimmjow” disse Rayen a malincuore, ma la presa dell’Espada non fece che rafforzarsi. 
Raiha-chan, è l’ultimo avvertimento.” Shin ripiegò le ali contro la schiena e s’accucciò, pronto all’attacco. Con la sua incredibile velocità, gli sarebbe bastato un decimo di secondo ad atterrare Grimmjow. Rayen si stampò in testa l’immagine del Sesto Espada riverso a terra, col cranio perforato, e, odiandosi profondamente per quanto stava facendo, sguainò Trèbol e schizzò un leggero graffio sull’avambraccio destro di Grimmjow.
Grimmjow allentò istintivamente la presa. Rayen non aspettava altro: scattò in avanti con un sonido e raggiunse Shin, afferrando la sua mano. Un piccolo vortice apparve alle spalle dell’angelo, trasparente, ma il pezzo di muro ancora integro dietro di lui appariva distorto, come visto attraverso un caleidoscopio. Doveva essere una sorta di Gargantua, ma al suo interno non vi era alcuna traccia d’oscurità.
Lo chiamiamo Derech” spiegò Shin. “Ovvero, ‘la Via’.”
“Fie!” esplose Grimmjow.
Rayen si girò. Orihime era accoccolata nel suo angolo, spaventata, e vicino a lei c’era Grantz, che stringeva i pugni con tanta forza da sembrare lì lì per spezzarsi un dito da solo. Arti scomposti di due assistenti dello scienziato si dimenavano debolmente sotto le macerie.
Davanti a tutti incombeva Grimmjow: la fissava, furibondo, incurante delle goccioline di sangue che gli solcavano l’avambraccio.
La tua collezione di ottimi motivi per farmi fuori si sta allargando, Grim, pensò amaramente Rayen.
“Non azzardarti ad andartene!” ruggì l’Espada. “Te lo impedirò, dovessi tagliare personalmente la gola a quel maledetto bastardo!” Snudò la Zanpakuto. “Kishire…”
Uno strappo all’altezza delle viscere trafisse Rayen. La ragazza si sentì catapultata all’indietro da una forza irresistibile, e ben presto le figure di Grimmjow e degli altri rimpicciolirono fino a sparire del tutto in un turbine di luce bianchissima. Rayen perse ogni contatto con la realtà: si ritrovò a galleggiare in quel candore senza fine, aggrappata all’unica cosa ancora concreta, la mano ossuta di Shin.
Poi, improvvisamente, il bianco si dissolse. Non appena Rayen si sentì ricadere verso il basso, si diede una spinta coi reni e ruotò su se stessa con una prontezza tutta Arrancar, atterrando in piedi come un gatto. I suoi stivaletti neri non emisero il più piccolo suono nel toccare un suolo incredibilmente morbido, setoso.
Benvenuta a Eden” l’accolse la voce silenziosa di Shin.

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ATTENZIONE: AIZEN-SAMA NON VUOLE CHE QUESTA FICTION PROSEGUA.

Altrimenti non saprei proprio spiegarmi perché batteria e caricabatteria del Mac decidano di andarsene insieme al diavolo nell’arco di due ore l’una dall’altra -.- Aizen, per punirti in questa fiction morirai.

* un kido supersonico di potenza allucinante si abbatte su Sixy e la scaraventa fuori scena *

* Rayen sgattaiola sul palco e s’impossessa del microfono *

Rayen: che dire? A volte ritornano. E dopo ben diciassette capitoli e un anno e mezzo di attesa, forse quella sciagurata della mia scrittrice è riuscita a spiegare il significato del mio primo Focus. Ne vedremo delle belle :) oltretutto, Sixy, in che diavolo di posto mi hai buttato?
Shin: un posto stupendo, garantisco io! *.*
Rayen: e tu da dove salti fuori?
Shin: da dietro le quinte, no?

* Sixy torna in scena con la testa bendata e un braccio appeso al collo, arrancando su una gruccia *

Sixy: questa me la paghi -.-

..:: Garconne: grazie mille, sono felice che tu abbia gradito il capitolo ^^ sono indecisa se aggiungere altri pezzi di flashback nei prossimi capitoli, ma è improbabile, perché già aggiorno lentamente e non vorrei che si perdesse il filo della storia. Credo che andrò quatta quatta verso il finale xD

..:: Exodus: be’, mi fa piacere che almeno in parte l’abbia apprezzato :) mi sto sforzando di regolarmi e rendere al massimo il racconto, ma la strada è ancora lunga!

Per quanto riguarda Urahara… inizialmente al suo posto doveva esserci mr Zaraki, ma poi sarebbe venuto un casino per il tempo e lo spazio – in altre parole, mi era più facile giustificare la presenza di Urahara a Karakura che non quella di Kenpachi. Oltretutto, Ura è anche più vicino al progetto dell’Honkyoku.

La canzone Hell & High Water dei Black Stone Cherry mi sembra perfetta per il legame tra Shin e Rayen. Se Shin dovesse avere una theme song, per me sarebbe quella.
  
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