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Autore: ornylumi    06/05/2011    8 recensioni
Nel quinto libro, la notte in cui Bellatrix e gli altri Mangiamorte fuggono da Azkaban, Harry sente un dolore forte alla cicatrice e sa che Voldemort, in quel momento, è felice. Questa one shot prova - senza troppe pretese - a interpretare le ragioni di quella gioia, un sentimento forse "strano" per uno come lui. Il contesto della fuga è lo stesso di "Storia di una Mangiamorte", in modo da dare anche il punto di vista di Voldemort sulla vicenda.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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È successo di nuovo. Ieri sera, dopo tanto tempo. Ho sentito la gioia e l’euforia invadermi, quando ho saputo che il piano era andato a buon fine. Prima ancora di esserne informato, l’ho percepito. Il vento era cambiato, e questo voleva dire una cosa sola: i miei servitori erano liberi. E tornavano da me, per continuare a compiere il mio volere.

Ho riso. Del mio potere, che ha infine sottomesso anche i Dissennatori, le creature tra le più temute del mondo magico; e della stoltezza di chi si crede forte, fingendo che io non sia tornato, come se negarlo potesse salvarli da una misera fine. Come se non potessi, da un momento all’altro, schiacciarli come insetti; perché mi è utile, o solo perché mi va. Ma in fondo, il loro atteggiamento mi favorisce: non fa che rendermi più facile agire nell’ombra. Perciò che continuino a chiudere gli occhi, finché possono; presto mi rivelerò e sarà nel modo più terribile, quello che non potranno ignorare. E coloro che oggi credono di avere il potere, domani s’inchineranno a me, Lord Voldemort, il solo che riporterà l’ordine in questa terra contaminata.

È stata la stessa gioia di quattordici anni fa, quando tutto questo era già nelle mie mani e non avevo bisogno di riconquistarlo a fatica. Un’esultanza forte, dirompente. Forse troppo. Incontrollabile, e questo non mi piaceva. Non mi è mai piaciuto essere dominato da qualcosa, neppure da una sensazione positiva.

Avrei dovuto ricacciarla indietro. Adesso lo so, so di aver commesso un errore. Dovevo restare a riflettere, lasciare che i miei Mangiamorte se la cavassero da soli fino alla fine, e richiamarli solo quando avessi avuto bisogno di loro. Ma non l’ho fatto; volevo rivederla.

Volevo rivedere lei, più di tutti gli altri. La mia allieva, la mia serva più fedele. So che è stata lei a guidare l’ultima missione, quella che l’ha portata ad Azkaban, e che l’ha fatto per trovarmi. E’ un gesto forte, più di quanto mi aspettassi. Non lo posso ignorare.

E poi ero curioso. Di come era diventata, dopo tutti gli anni rinchiusa lì dentro. Se la sua magia era la stessa di un tempo, se era ancora dotata abbastanza da servirmi. E anche di come avrebbe reagito, nel rivedermi.

Ha un modo di guardarmi tutto suo, quella strega. Gli occhi neri le brillano di adorazione e di desiderio. Non ha mai paura; risponde ai miei ordini senza esitare, come se fosse il solo scopo della sua vita. È mia, lo è più di tutti. E vuole esserlo, non chiede altro.

Volevo provare di nuovo la sensazione di possesso assoluto che ho su di lei, ogni volta che mi sta davanti. Per questo, e solo per questo, sono andato nel bosco, dove sapevo che sarebbe arrivata. L’ho sentita camminare a passo svelto nel buio, superare Lestrange e ridere, gioire di quella libertà che aveva di nuovo, grazie a me. Allora ho voluto che mi vedesse. Scoprire se, per una volta, avrebbe avuto paura.

Ma non era cambiata. Mi stava davanti con tutto il suo potere intatto, con tutta la sua antica adorazione. L’ho capito mentre mi puntava contro la bacchetta, prima che la luce le rivelasse chi ero. Il suo sguardo di rabbia si è trasformato all’istante, è diventato esattamente quello che volevo rivedere.

Era ancora bella. È stato quello il mio pensiero successivo, quando l’ho guardata attraverso la luce magica. Anche se i segni della prigionia erano evidenti, nascondevano la stessa donna che avevo conosciuto, seppure più adulta e con quattordici anni d’inferno alle spalle. Le ho guardato gli occhi, il petto palpitante, la mano che tremava stringendo la bacchetta. E le labbra. Socchiuse in quel modo sensuale, lascivo, che mi hanno riportato alla mente tanti ricordi.

Non ho parlato, non subito. Volevo lasciarla così, preda di quelle emozioni che la sconvolgevano. Volevo vedere fin dove sarebbe arrivata, quanto avrebbe osato. Ma alla fine, è tornata al posto che le spettava, l’unico che poteva occupare. L’ho vista chinarsi e inginocchiarsi ai miei piedi, baciare la mia veste.

Non mi delude mai, almeno nelle azioni. Sa cosa voglio da lei, e soprattutto sa cosa non voglio. Per questo ho tollerato anche le sue lacrime, il suo corpo scosso dai singhiozzi. Solo qualche istante dopo ho fatto caso a suo marito, che l’aveva raggiunta e si era chinato accanto a lei. Non ho pensato alla sua fedeltà in quel momento, agli onori che meritava tanto quanto la moglie. Ho visto solo lei, Bellatrix, e per un ultimo istante mi sono lasciato andare a quell’euforia.

La voglio così – ho pensato – come in questo momento. Ai miei piedi, in mio totale possesso. Voglio che torni a uccidere, a distruggere, con quella violenza che le appartiene da sempre e che l’ha portata fino a me. Deve tornare a essere mia.

Ma questo è sciocco, inutile anche da pensare: lei è già mia.

   
 
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