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Autore: MelanieCullenThorne    08/05/2011    2 recensioni
Se ci penso, mi sembra ancora così strano.
Fino a pochi anni fa Jacob saliva ogni notte in camera mia per darmi il bacio della buona notte, facendo tantissimi chilometri da Forks fino alla città in cui abitavamo; che cambiava quasi ogni anno.Mi rimboccava le coperte e a volte mi leggeva delle storie, nonostante lo annoiasse molto leggere.
Non ha mai allungato le mani su di me, neanche per gioco.Ma, a pochi anni di distanza da quelle notti dolci e serene, sembrava strano ritrovarmi sotto lui, abbracciati, contorti tra le lenzuola nel più dolce e sensuale dei riti d'amore.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Quei vampiri dai lunghi mantelli neri e grigi apparivano spesso nei miei sogni.Ma erano così reali, stavolta.

Di nuovo in quella raduna fiorita, essi avanzavano verso di me con gli occhi assetati di sangue e brutalità.

Ma io ero tranquilla.

Sapevo che c'era la mia famiglia accanto a me.Come la prima volta.Come in tutti i sogni.

Ma non trovai nessuno accanto a me.I miei occhi cominciarono a cercare, ma non trovarono nulla.

Poi la mia vista fu attirata su un punto poco lontano da dove mi trovavo.

Ero carcasse di uomini morti e mi sembravano molto famigliari.

Mi avvicinai lentamente, tenendo sempre gli occhi sui i vampiri incappucciati e dagli occhi color cremisi.

Avevo ragione.Conoscevo quelle persone.

Quei cadaveri appartenevano ai componenti della mia famiglia.

C'erano tutti: i miei nonni paterni, le mie zie i miei zii.

C'erano anche i miei genitori.

Tutti bellissimi.Nonostante la morte si sia appropriata di loro.

Non riscì a trattenere le lacrime.

E' solo un sogno, ripetei a me stessa.Ma non riuscivo a smettere di piangere.

Perché a noi?Cosa avevamo fatto di male?

La mia famiglia non aveva fatto niente.Quei vampiri volevano me.

Uno di loro, un ragazzone alto e bruno, cominciò a correre verso di me.Io indietreggiai.Doveva essere Felix.

Nonostante fossero passati quasi 7 anni dalla prima volta che li vidi, avevo memorizzato i loro nomi e i loro aspetti.

Con un movimento quasi invisibile mi bloccò con le sue forti braccia, immobilizzandomi.

Gli altri avanzarono verso di me.Sapevo che stavo per morire, eppure, per qualche strana circostanza, ero tranquilla.

Il vampiro dai capelli neri e lunghi, il loro capo Aro, alzò le mani e le appoggiò al mio collo, strise un po la presa.

Stringeva sempre di più cominciava a mancarmi l'aria.

All'improvviso, la stretta non faceva più male e quella mani si allontanarono dal mio collo.I vampiri indietreggiarono, spaventati.Persino quello più grosso, Felix, era terrorizzato dalla paura.

Erano spaventati da qualcosa dietro di me.Raccolsi tutto il coraggio che avevo e mi girai.Alle mie spalle trovai un enorme lupo dal pelo rossiccio con i denti scoperti.Ringhiava pronto all'attacco.

Il lupo balzò verso i nemici e cominciò a rincorrerli.

Dietro di lui arrivarono altri lupi enormi come lui, pronti a seguire il loro capo.

Sentì urla strazzianti di dolore, poi il silenzio.

Ma quel silenzio fu interrotto da un ululato.Vittoria, poteva significare.

Il lupo rossiccio torno a grandi passi da me.Dopo un momento di esitazione alzai la mano per accarezzarlo, lui accettò l mio gesto.

Mi scappò un sorriso.

Quel lupo mi aveva salvato la vita.

 

La sveglia suonò all'improvviso interrompendo il mio sogno.

Tirai fuori la mano dalla coperta e la spensi.

Bussarono alla porta.

«Avanti!»

Ogni mattina uno dei miei genitori veniva a svegliarmi.Chi era dei due, oggi?

«Buongiorno, tesoro.» disse una voce dolce e serena.

Mia madre.Con me era sempre molto protettiva, essendo la sua unica figlia.Ha sempre cercato di non viziarmi, a differenza di quello che faceva mio padre.

«Dormito bene, amore?» disse.

«Abbastanza.» risposi, ancora un pò assonnata.

«Sono le 6.15 in punto.Hai 30 minuti per lavarti, vestirti e prepararti per andare a scuola.»

Cominciò a rovistare nel mio armadio enorme alla ricerca di vestiti per me.Tirò fuori un paio di jeans e una maglietta bianca.

«Perché tutta questa fretta, mamma.Non arriveremo in ritardo.»

Non arriviamo mai in ritardo, pensai.Beh, con quelle macchine che avevamo era impossibile che arrivassimo in ritardo.

«Lo so.Ma oggi dobbiamo arrivare prima a scuola.»

Restai perplessa. «Perch...»

Senza neanche lasciarmi il tempo di parlare uscì dalla porta.

Aveva in mente qualcosa, senza dubbio.

Mi alzai e andai in bagno e aprì il rubinetto della doccia.

Come voleva mia madre ci stesi 30 minuti esatti a lavarmi e vestirmi.

E avevo 5 minuti per fare colazione.

E io ero sempre più perplessa.Entro la fine della giornata mi avrebbe detto il motivo di tutta questa fretta, no?

Ci dirigemmo verso l'uscita della casa.

Ma c'era qualcosa di strano.Dov'era papà?

«Mamma, dov'è papà?»

Non lo vedevo da ieri pomeriggio quindi avevo ipotizzato che fosse andato a caccia.Ma era strano che non fosse ancora tornato a casa.

«Tuo padre ieri pomeriggio è andato in Italia.»

Cosa?In Italia?

«Cosa è andato a fare in Italia?»

«Tra poco lo scoprirai.»

Arrivate nel garage di casa Cullen c'erano gia il nonni, Carlisle e Esme e la zia Rosalie.

Una voce squillante attirò la mia attenzione

«Buongiorno, dolcezza!» mi salutò la zia Rose.

«Buongiorno, zia.Buongiorno, nonno, buongiorno nonna.»

«Buongiorno, piccola.» risposero insieme.

Tutti ridevano.E non sapevo perché.

Questo mi dava un pò fastidio.

«Perché quel sorrisetto?E' successo qualcosa?»

«No, niente.» risposerò contemporaneamente.

Qualcosa non quadrava.

Il rumore assordante di un motore che si arrestava attirò l'attenzione di tutti.

Corsi fuori dal garage.Era mio padre con lo zio Emmett.

«Papà?»

«Buongiorno, principessa!»

Si avvicinò a me e mi diede un bacio sulla fronte, come ogni mattina.

«La mamma mi ha detto che sei andato in Italia.Perché non mi hai detto niente?Cosa mi state nascondendo?»

«Ora lo scoprirai.Prima di tutto, buon compleanno!»

Buon compleanno?

Non dirmi che oggi è 10 settembre, pensai.

Oh, no!

Alla fine quel maledetto giorno arrivò.

«Ehm, grazie papà.»

Mi guardò in faccia.

«Avevi dimenticato che oggi era il tuo compleanno?»

Cominciai ad arrossire e tutti scoppiarono a ridere.

Ecco perché tutti ridevano.

L'unico a non ridere fu mio padre.

«Tranquilla, principessa.Può capitare.»

Poi si staccò da me e andò a salutare mia madre, con un bacio talmente focoso che dovetti abbassare lo sguardo dall'imbarazzo.

Si salutavano sempre così, e non solo per salutarsi.

Poi il baciò finì e mio padre parlò.

«Allora, ti piace?»

Lo guardai accigliata.

«Cosa?»

«La tua nuova auto.» rispose, orgoglioso.

Capì a cosa si riferiva.Dietro di lui c'era una grande, sportiva, accessoriata...Porsche nera.

«Oh, mio Dio!Ma è bellissima.» urlai.

Il volto dei miei genitori si riempii di un sorriso allegro e compiaciuto.

«Siamo contenti che ti piaccia, piccola.» disse mia madre.

«In realtà l'idea della Porsche è venuta a Alice.» intervenne mio padre.

«Io sono solo andato a comprarla fino in Italia.Non c'è voluto molto per portarla fuori dalla concessionaria.E' facile fregare i proprietari delle concessionarie quando vedono che hai un bel gruzzolo di soldi in mano.Ma ho dovuto portare con me Emmett.Avevo bisogno di qualcuno che dimostrasse di essere maggiorenne a tutti gli effetti.» concluse.

«E' perfetta!Grazie.» dissi, correndo verso i miei genitori.

Li abbracciai forte.La Porsche mi piaceva davvero tanto.

«Posso usarla per andare a scuola?» chiesi, impaziente.

«Ma certo, principessa.E' tua.»

«Grazie!»

Poi mio padre interruppe la mia felicità.

«Però ti raccomando una cosa: non voglio che ogni settimana arrivino multe per eccesso di velocità.Chiaro?»

«Ma devi stare tranquillo, papà.»

«Certo, questa l'ho già sentita quando ti ho regalato la tua vecchia auto.»

Arrossì.Avevo ereditato da mio padre la passione per la velocità.

«Cercherò di stare attenta, papà.Te lo prometto.»

Mio padre annuì.

Mi diede le chiavi della auto e gliele strappai di mano.La aprì e saltai a bordo.Misi in moto e mi emozionai quando sentì quel motore ruggire.

Abbassai il finestrino. «Facciamo una gara di velocità.Ti va, papà?»

Mio padre accettò la sfida e salì nella sua Volvo nera.

Con quelle auto arrivammo a scuola in meno di 15 minuti.

Dopo esserci trasferiti da Forks, luogo della mia nascita a tantissime altre cittadine, alla fine siamo arrivati a Bellevue, piccola cittadina dello Stato di Washington, Sorta come sobborgo di Seattle.La popolazione è di circa 121.347 che continua ad aumentare.Non è una cittadina ne troppo grande ne troppo piccola, non ha nessuna attrazione che possa attirare i turisti.

A me, sinceramente, non piaceva per niente.

Ho sofferto molto l'allontanamento da Forks.Dover lasciare lì tutti i miei primi ricordi, mio nonno materno Charlie e tutti i nostri amici.

Ovunque andassimo mi trovavo male.Perché io volevo tornare a Forks.

La distanza fra Bellevue e Forks non era tanta.Ci potevo arrivare in mezz'ora di macchina.Ma io volevo tornare a Forks.

Forse ci torneremo, mi disse una volta mia madre.Ma bisognava far passare tantissimi anni.Lì c'era troppa gente che poteva riconoscere mia madre e la mia famiglia.

Dopo la sua trasformazione in vampiro, mia madre non è più invecchiata; manteneva l'aspetto di una ragazza di 18 anni.L'età che aveva quando aveva quando aveva lasciato Forks.E non potevamo rischiare che qualcuno la vedesse.

Come potevamo spiegare il fatto che dopo 7 anni fosse rimasta ancora una giovane donna?

Era meglio non rischiare.

Per non parlare di mio padre.Sempre bellissimo con il suo aspetto da 17enne eterno.

Era una delle cose che invidiavo loro.

C'era poca gente davanti alla scuola.Arrivammo lì alle 7.00 in punto.Scesi dalla macchina e aspettai che i miei facessero lo stesso.Mi raggiunsero con passo veloce.

«Allora ti piace la tua nuova auto?» chiese mio padre.

«Oh, sì.Tantissimo, papà.Grazie ancora.»

Mi sorrise.

Poi parlai io. «Ormai ci conviene entrare.Siamo un pò troppo in anticipo.»

«Aspetta un attimo!» mi fermò mio padre, afferrandomi per il braccio.

«Qualcuno vuole vederti.»

Incuriosita cercai di leggere nei suoi occhi.

Poi qualcuno mi chiamò.

«Nessie?»

Capì chi era e mi girai, felice.

«Jacob!»

Si, era lui.Quegli occhi marroni mi guardarono.

Jacob era cresciuto tantissimo durante gli ultimi 7 anni.Non era più un ragazzino, ma un uomo.

Mi rivolse un sorriso che mi illuminò il volto e io lo ricambiai.

Mio padre mi fece cadere dalle nuvole.

«Vi lasciamo soli.»

Altra caratteristica di mio padre: sa quando sparire di scena.

«Ciao, lupetto.O sono io che ho problemi di vista o i tuoi muscoli diventano sempre più grossi?»

Rise.

«Beh, o sono io che ho problemi di vista o tu diventi ogni giorno più bella?»

Arrossì.Era sempre super gentile e cortese con me.

«Comunque, buon compleanno.»

«Grazie, Jacob.»

I suoi auguri li accettavo sempre volentieri.

Lui era uno dei motivi per cui volevo tornare a Forks.

Lui era dei miei primi ricordi.Dopo mio padre fu che il primo che mi ricordassi.Dopo di lui la zia Rose e gli altri.

Fin dalla mia nascita è sempre stato con me.Ma perché?Cos'è che lo legava a me?Non capivo perché un essere così bello, gentile, dolce e simpatico mi stesse sempre vicino.

Non che mi dispiacesse.

Mia madre poi parlò.

«Jacob è il motivo per cui ti ho svegliata presto, tesoro.»

La guardai in cerca di una migliore spiegazione.

«Jacob non sarebbe potuto venire tra un'ora.Conosco il desiderio di Jacob di essere fra i primi che ti fanno gli auguri e quindi ci siamo messi d'accordo.Spero mi perdonerai di non averti fatto dormire di più.»

Finalmente capì.

«Gia perdonata.Grazie.»

Poi Jacob cominciò a cercare qualcosa nella sua tasca dei jeans.

Mi prese il polso e ci attaccò un braccialetto.In quel braccialetto vi era attaccato un ciondolo a forma di lupo.

«Tua madre ne ha uno identico.Glielo regalato per il suo primo diploma.»

«E' davvero bello.Grazie, Jacob.»

Sorrise e mostrò i suoi bellissimi denti.

Suonò la prima campanella della scuola.

«Sarà meglio entrare, pincipessa.» mi disse mio padre.

«Sì, va bene.»

Jacob mi strinse in un forte abbraccio.Io ricambiai.

Poi mi sussurrò all'orecchio.

«Ci vediamo dopo.»

Dopo?

L'abbraccio finì e mi rivolsi a Jacob.

«Aspetta che significa do...»

Ma era gia sparito.

«Andiamo, Renesmee.» disse mia madre.

Insieme ai miei genitori mi diressi dentro la scuola.

C'erano gia gli zii Alice e Jasper.

La zia Alice mi corse incontro.

«Buon compleanno!»

I regali della zia Alice erano sempre molto appariscenti.

Speriamo in bene quest'anno, pensai.

«Che cos'è, zia?»

«Un vestito e ti farà impazzire.E questa sera lo metterai alla festa che abbiamo organizzato a La Push!» concluse.

Ecco cosa intendeva prima Jacob con quel "Ci vediamo dopo".

Che Dio mi aiuti, pensai.Sarà un disastro.

Avrei voluto rifiutare ma avrei guastato le feste alla zia Alice.

«Ok, va bene.»

«Evviva.Allora ci vediamo a casa tua per prepararti.»

«Buon compleanno, piccola.»

«Grazie, zio Jasper.»

Poi la zia Alice si allontanò, felice, con lo zio Jasper e ci salutò con un cenno di mano.

«Voi lo sapevate, vero?» chiesi ai miei genitori, con aria sospetta.

«Sì.Ma tranquilla, principessa.Ti divertirai.»

Lo spero, pensai, sbuffando.

Questa sarebbe stata una giornata movimentata.

Solo al pensiero che sarei stata la festeggiata di una festa piena di invitati che guarderanno solo me mi innervosiva e mi faceva sudare.

Per giunta la zia Alice aveva detto che sarebbe venuta a casa mia per prepararmi.Quindi mi avrebbe di certo chiusa in camera mia e avrebbe passato ore, insieme alla zia Rose, a truccarmi e lavorare sui miei capelli.

Aiuto!, pensai, spaventata.

L'unica cosa che mi faceva stare tranquilla era il fatto che avrei rivisto Jacob.Questo era più che bello.

Avrei rivisto il mio Jacob.

  
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