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Autore: war    08/05/2011    9 recensioni
Una sola è la legge che permette l'esisistenza dell'Universo come lo conosciamo: l'equilibrio. Esiste una casta di guerrieri che su di esso vigila e si adopera affinche esso resti immutato nel corso degli eoni. Il compito affidato a Niane è semplice; normale routine di controllo per un post Hades. Ma qualcosa non va come dovrebbe andare e il Santuario sarà di nuovo teatro di scontri...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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If you just look past your scars
You will see it's not that far
Don't close your mind
Let God inside
Begin to breathe, Start to fly
Start to fly

- Start to Fly – Plus One -
-



L’ultimo accordo di chitarra si spegne.
Non sono tornata nel mio vecchio appartamento.
Non sono nemmeno rimasta nel palazzo che avevo quando appartenevo alle forze di Lui.
Ho preso una nuova casa.
Tutta mia.
A Saga ho lasciato la mia vecchia mansarda, ma lui è tornato al Santuario.
Non so se definitivamente o meno.
Sono trascorsi sei mesi da quando vi è andato.
Non è certo la scelta che mi ero augurata che facesse.
Però è la sua scelta e io la rispetterò.
Anche se vuol dire vivere in due mondi diversi.
Due mondi che raramente si incroceranno di nuovo.
Dopotutto è quello che molti volevano, no?
Riavere il loro Saga.
Il Sanit di Athena.
Il compagno d’arme.
Forse Kanon è il solo ad essere scontento quanto me di questa cosa.
Ma per motivi diversi.
Ad ogni modo non interferirà.
Per ora, so da Milo e Shaina che il Cloth dei Gemelli rifiuta di essere indossato sia da Kanon che da Saga.
Ho detto loro che il Cloth fa i capricci perché non vi è alcuna minaccia, ma che se le cose dovessero cambiare, allora farà la sua scelta.
Ma questo genere di cosa non mi interessa e non mi riguarda più.
Ho deciso di vivere come un essere umano qualsiasi.



- Ti piace qui? – chiede Kiefer voltandosi a fissarmi.
- Si. – ammetto sorridendo.
- Lo immaginavo. Questo posto… Sa di te, più di tutti gli altri in cui hai vissuto. –
Mi volto un attimo.
Siamo su quello che è il balcone dell’attico dei poveri.
E’ ampio, circa venti metri quadri.
Lui siede sull’angolo di cemento, con i piedi a penzoloni nel vuoto.
Per fortuna non soffre di vertigini.
Siamo al trentesimo piano.
E’ uno dei grattacieli più vecchi della città e per questo anche uno dei più bassi.
Le mattonelle di cotto del balcone sono di un azzurro intenso.
Fanno pensare al cielo sereno di Grecia.
Ma qui non siamo in Grecia.
Siamo alla fine dell’estate e l’aria inizia ad essere piacevolmente fresca.
Non ci sono fiori veri.
Non ho mai avuto il pollice verde.
Solo qualche pianta di plastica a dare un po’ di colore.
Dentro, la casa, è di un bianco totale e assoluto.
Dieci centimetri sotto il soffitto c’è un bordo, nero con ghirigori argento.
I mobili sono tutti in venghè, nero e cristallo, le maniglia in acciaio.
Il divano è di pelle nera.
Uno schifo nelle giornate afose, la pelle delle gambe si appiccica ai cuscini.
La camera da letto ha il soffitto blu, dipinte a mano con vernice bianca fluorescente, delle stelle.
Una riproduzione del cielo.
Il bagno è piccolo e molto moderno, con acciaio e bianco.
Il pavimento grigio chiaro e le pareti color tortora glitterato.
Le tende della cucina sono bordeaux scuro.
Quelle della sala non ci sono.
Un’ ampia vetrata composta da otto vetri riflettenti non ha bisogno di ulteriori decori.
La tv da cinquantacinque pollici occupa mezza parete davanti al divano.
Non ho tavolo e sedie per le cene con gli amici.



- Quattro di Quattro si sta riabituando alla sua forma umana? – chiedo divertita.
- Migliora, anche se ulula ancora alla luna e mangia carne cruda, strappandola a morsi. –
- Almeno non alza la gamba per pisciare su ogni albero che incontra per strada… -
Sorrido immaginandomi le reazioni di disapprovazione di Iris, per tutte le cose che Ryan faceva e avrebbe continuato a fare per qualche tempo
- So perché ghigni in quel modo. A volte vorrei chiuderli nello sgabuzzini tutti e due insieme e lasciarceli per ore. Ma credo si scannerebbero dopo i primi dieci minuti. –
- Pensavo che Kanon l’avesse ammorbidita… - ammetto.
- Non necessariamente innamorarsi vuol dire diventare budini. –
Mi stringo nelle spalle.
Da tutta questa storia ho solo avuto la conferma che l’amore è una merda.
Ma come ho detto, lo sapevo già.
MA spero che per Iris e Kanon sia diverso, meglio.
- Nathaniel come se la passa? – chiedo.
Il mio ex capo è terrorizzato da me e dal mio potere. O dal potere che mi ha attribuito.
Dopo la battaglia per la distruzione della scacchiera non ho più tentato nulla, ma se sono davvero la reincarnazione di una Dea, credo che nella gerarchia sopra di me ci siano solo Lui e Lei. E il Fato.
Ma a quello siamo tutti assoggettati, in un modo o nell’altro.
E’ la clausola a cui si deve sottostare per vivere in questo mondo.
- Sta addestrando il potenziale prossimo Uno di Quattro. E sta dando di matto. Ha perfino detto che preferiva riavere Te a ricoprire quella carica. –
- Allora è del tutto esaurito. Quanti ne ha da ‘educare’? – chiedo incuriosita.
- Tre – ammette Kiefer di malavoglia.
- Non sono molti… - realizzo perplessa.
- Forse, ma se presi singolarmente sono già delle catastrofi, puoi immaginarti cosa siano messi tutti insieme? – ghigna lui soddisfatissimo.
Non ha mai sopportato Nath.
- E tu? – chiedo seria.
- Sto bene. – ammette accarezzando di nuovo le corde della chitarra.
- No, non stai bene. Tiri a campare, ma non stai bene. – non sono una stupida e lo conosco.
Nei suoi occhi ho letto molte più cose di quelle che mi ha detto.
- Yezebel… Non mi disturba, davvero. – ammette interrompendo gli accordi che stava facendo.
No, non lo disturba. Lo fa soffrire. Perché Yezebel è stato il suo gerofante prima di tradire, ma è stato anche il suo primo e forse unico amore. Anche se Yezebel amava qualcun altro… O forse no? Ad ogni modo, è Kiefer che dovrebbe porre le domande, ma non a me.
- Yezebel… Ti piace? – chiedo diretta.
Lui si aggrappa al bordo di cemento.
La Chitarra scivola dal suo grembo alle sue spalle.
Per qualche istante la sua figura trema poi crolla all’interno, sul balcone.
- Che cazzo di domande fai?!? Potevo precipitare di sotto! – ringhia mettendosi seduto. Sorrido.
- L’amore è una merda. – dichiaro.
- Un autentico schifo. Ti fa fare solo follie. – ammette.
- Già. –
- Sei ancora innamorata anche tu? –
- Lo sono e lo sarò sempre. Ma vado avanti. E qualche volta faccio follie. Come stasera. – ammetto.
Lui corruga la fronte. Certo di ricorda di Exilya e di quello che ha detto, ma sa per certo che non ci proverei mai con lui. Non perchè non ne sia stata infatuata, ma perché quel tempo è passato ed è così lontano…
Il sole è tramontato.
Il cielo è ancora azzurro scuro e le stelle sono poco luminose.
Indosso dei pantaloncini di Jeans sfilacciati e una maglietta a quadretti bianchi e blu e azzurri piuttosto fini che mi lascia tutta la schiena scoperta.
Basta che io mi concentri un attimo e…
Sento l’esclamazione di stupore di Kiefer.
Le mie ali, sono lucide e nere. Le piume della parte superiore sono d’argento, come una lama che fende la notte, le piume primarie sono blu elettrico.
Sfiorano quasi terra.
Sono ali adatte alla notte.
- Hai le lai? – il fiato di Kiefer è mozzo.
- Già. Vuoi toccarle? – chiedo.
Le ho scoperte per caso, una notte mentre in preda agli incubi devo aver attivato qualcosa del mio potere.
Ho chiesto a Yezebel se c’era un modo per sigillare tutto ma lui ha detto di no.
Siamo quello che siamo.
Ma possiamo scegliere che maschera indossare.
Ha detto esattamente questo.
Forse Saga lo ha capito prima di me, per questo è tornato al Santuario.
Forse per tutto questo tempo non ho fatto altro che rinnegare me stessa…
So che non è così.
E’ che per ora siamo in pace.
Non ho bisogno di interferire e di agire.
Posso vivere come desidero.
Ma so, che davanti alla prossima minaccia sarò lì.
Dove devo essere.
Farò quello che dovrò fare.
Quello che solo io potrò fare.



Salgo con un balzo sul cemento del parapetto.
E’ alto.
Non ho mai avuto paura dell’altezza.
L’aria si è raffreddata di più ancora.
Il cielo si è fatto più scuro.
Le stelle più brillanti.
L’aria attraversa le mie piume facendole frusciare come seta.
Apro le braccia e mi lascio cadere nel vuoto.
- NIANE!!!! – strilla Kiefer precipitandosi contro il bordo del balcone.
Vedo il suo viso sconvolto sopra di me.
Le ali si sono già allargate, prendendo il vento, interrompendo la caduta.
Basta un paio di colpi con esse e sono di nuovo al livello del ragazzo.
Resto in stallo davanti a lui.
Allungo una mano nella sua direzione.
- Vieni? – chiedo sorridendo.
- Sei sicura di sapere come si vola? Sei sicura di poter portare anche me? –
- Paura? – lo provoco.
La sua mano afferra saldamente la mia.
Non devo nemmeno strattonarlo oltre il balcone: Kiefer ha saltato da solo.
Per qualche attimo sbando, priva di equilibrio e precipitiamo di qualche piano, ma poi mi assesto e inizio davvero a volare.
La mia coscienza sa come fare.
Basta non pensare e il corpo fa tutto da solo.
Sorvoliamo la città.
Facciamo tre ampi cerchi sopra di essa, poi torniamo a quello che è il mio attico.
Rotoliamo sul pavimento azzurro e ci fermiamo contro il muro, in un groviglio di braccia e gambe.
- Manovra perfetta – mi prende per il culo Kiefer.
- Senti, è la prima volta che atterro… E che volo con le mie ali in genere… - ammetto.
- Niane… Mi hai fatto fare la cavia!? Avremmo davvero potuto sfracellarci a terra?!?! – sbotta lui rosso di rabbia.
- Siamo sopravvissuti, no? – sorrido.
- Vaffanculo! – ribadisce lui.
- Mi stai schiacciando l’ala. – ammetto.
Lui si irrigidisce, schizza di lato ma poi si concede una lunga e lenta carezza.
E’ piacevole.
Come l’abbraccio di un amico.
- Sembrano seta. –
- Sono piume –
- Già. Ma sono Ali della Notte. –
Non ci siamo mai potuti permettere di combattere nella Luce, non potevano che essere così. Sorrido di nuovo
- Siamo nati nella luce ma siamo immersi nelle Tenebre. Abbiamo stretto un patto. Un patto insanguinato per guadagnarci il nostro Paradiso. –
- Mi hai fatto il verso, Niane? – Sorride anche Kiefer.



Qualcuno suona al mio campanello.
Io e Due di Quattro ci fissiamo perplessi.
Non aspetto visite.
Non dopo le dieci di sera, almeno.
Le ali sono sparite.
Apro la porta di casa.
Un mazzo di rose.
Bianche.
Una sola rosso intenso, vellutato.
Quasi il colore del sangue.
Due occhi violetto mi fissano seri e decisi.
Il mio cuore minaccia di saltellare giù dalle scale.
Saga.
Il suo sopracciglio si inarca.
Mi faccio di lato per farlo entrare.
E mentre lui entra in sala, Kiefer rientra dal Balcone chiedendo
- Chi è? –
I due ragazzi si fissano seri.
Saga si fa più cupo e fissa di nuovo me, poi lui, con aria dura e severa.
- Che avete fatto? – chiede.
Noi ci fissiamo perplessi e solo allora lo realizzo.
Kiefer sbarluccica.
Mi guardo le gambe e le braccia nude.
Sbarluccico anche io.
- Non dirmelo! – esclama il rosso precipitandosi davanti allo specchio.
La mascella gli tocca terra.
- Puoi farti una doccia… - azzardo.
- Se non tornerò come prima… Giuro che ti spenno come un pollo! – ringhia il ragazzo infilandosi nel mio bagno.
Guardo Saga.
Ha molte domande sulla punta della lingua, sta solo organizzando le idee in merito a quale fare per prime ma io lo distraggo.
- Per me? – chiedo indicando i fiori.
Me li porge.
- Oh, al Diavolo! – borbotta lui sedendosi sul divano. – Volevo farti una sorpresa, ma forse avrei dovuto telefonare prima… -
- Sei sempre il benvenuto, te l’ho già detto. –
- Pensavo fosse una frase di circostanza… Sai… Credevo tu fossi furiosa e delusa. –
- Perché? –
- Per… Bhe, io lo sarei stato… -
- Hai fatto la tua scelta. E l’hai fatta liberamente. Non avrei mai potuto essere arrabbiata con te. Certo non è quello che mi ero augurata tu scegliessi… Ma… -
- Aspetta. Non è come credi… Ho preso degli impegni con il Santuario. Non posso e nemmeno voglio venirci meno. –
- Lo so, lo capisco. –
- No, non lo sai. – mi interrompe brusco lui. E’ molto serio e continua - Non mi piace sapere che sei in casa da sola con un uomo che non sono io. Non mi piace non sapere niente di quello che fai. Non mi piace starti lontano. Non mi piace andare avanti senza di te. Posso farlo, me lo sono dimostrato, ma non mi piace. – Le gote di Saga sono un po’ più rosee.
I suoi occhi brillano ma forse è solo l’effetto dei faretti che ho acceso e che si riflettono sul violetto delle sue iridi.
Indossa pantaloni neri dal taglio elegante, e una camicia grigia.
E’ più uomo, meno ragazzo e meno guerriero.
- Sai che voglio vivere come Niane. Sai che vivo qui. Hai il mio numero di cellulare e il mio indirizzo mail. Sai che per te quella porta non sarà mai chiusa… Ma credimi, questo è tutto quello che posso darti. Non sono…. Il Santuario non è casa mia. Non è il mio posto. –
- Lo so. Non è nemmeno il mio. L’ho detto a tutti. Anche Athena ha dovuto ammettere che è vero, io non appartengo più a quel luogo. Questo però non significa che non combatterò più per la Dea in cui ho deciso di credere. Due anni. E’ il tempo che mi occorre e che occorre ad Athena per avere un nuovo Gran Sacerdote che possa guidare i suoi Saint. Dopodichè sarò libero. Me li puoi dare altri due anni? –
- Sono parecchi. – ammetto – E di cose ne possono cambiare tante. –
- Lo so. Dammi la mano –
Magicamente nella sua mano appare qualcosa e poi, scivola sul mio dito.
Le sue dita sono lunghe e calde.
Quando mi lascia andare, con una languida carezza noto l’anello al dito.
Resto a bocca aperta.
- Vorrei tu lo indossassi. Se prima dello scadere dei due anni, me lo restituirai, capirò. Ma se lo terrai… Vorrei che poi diventasse una fede. –
Adesso sbatto fuori Kiefer dal bagno e mi faccio una doccia gelata…
Credo di aver preso un colpo di sole.
O sono effetti collaterali del volo…
- Saga… Puoi darmi uno schiaffo? – chiedo. Giusto per essere certa di non essere addormentata o chiassà dove.
- Preferirei baciarti. – ammette lui alzandosi in piedi.
Le sua braccia mi circondano…
- Aspetta! – sbotto fermando le sue labbra che sono vicinissime alle mie.
- Cosa? – lui pare contrariato.
- C’è una cosa che devi… Emh… Vedere… - azzardo.
- Cosa? –
- Seguimi –
Lo trascino fuori, sul bordo del balcone.
Siamo sospesi sull’abisso.
- Ti fidi di me? –
- Certo. Ma non mi pare il caso di fare conversazione in un luogo così… Poco sicuro. – ammette lui
- Salta, Saga. –
Lui mi fissa come se fossi scema.
Sotto di noi la strada è un serpente maculato di oro e rosso che si snoda tra le case.
I palazzi di vetro sono lucide superfici nere che riflettono violenti azzurri, viola, verdi e rossi.
Le luci sono aloni che cambiano e ridefiniscono i contorni delle cose.
E’ un bello spettacolo.
Macchie di colori pulsanti che si sovrappongono nello sfondo nero.
Una creatura astratta, pulsante di vita e di mistero.
- Senti, posso darti una diversa prova d’amore… - riconosce.
- Mi chiedi due anni di vita in attesa Saga, e poi tutti quelli che restano. Te li ho concessi ma… Salta –
I suoi occhi sono pieni di gioia. Mi accarezza il volto e poi fissa l’abisso.
Non ha paura, non l’aveva nemmeno prima.
Non per se stesso, ad ogni modo.
L’aria accarezza le mie ali.
Lui sta per saltare, lo so.
Crede nella causa di Athena, ma crede in me come persona.
Le mie dita si intrecciano alle sue.
Il baratro ci accoglie.
Cadiamo per qualche metro, poi restiamo sospesi.
Saga non ha mai lasciato i miei occhi con i suoi.
- Ma…. Cosa…?! –
So osserva attorno, e le vede. Le sue pupille si dilatano dallo stupore.
- Anche se vivo come da umana, resto una Dea. E ti amo. –
Lui ride, getta indietro la testa e ride.
Sincero, spontaneo, di gusto.
- Ti amo. Voglio il mio bacio, adesso. –
Le mie ali che si muovono nell’aria lo stanno riempiendo di quella polverina luminosa.
Atterriamo sul balcone con molta grazia, ormai so come funziona. Le ali restano avvolte attorno a noi, a creare un bozzolo protettivo.
Il bacio non accenna a interrompersi o a raffreddarsi.
Due anni…
Sono tanti.
Ma so che creeremo occasioni di vederci piuttosto spesso.
Occasioni come questa, e anche di migliori.
Due anni.
Forse non sono così tanti…
Dopotutto se posso volare io, perché non potrebbe farlo anche il tempo?



- Fine -



  
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