Amici
come prima.
Ti
bacia.
Senti il suo cuore battere sopra al tuo, veloce quanto il tuo, nonostante le sue promesse ad
un’altra, promesse che
presto, troppo presto
farà davvero.
Ti guarda negli occhi ma non capisce, crede che quelle lacrime siano
dovute al
dolore e rallenta il ritmo delle spinte.
Ma non è questo.
Lui non capisce.
Scuoti la testa mentre ti avvicini al Royal. Watson e Mary hanno deciso
che
terranno lì la cena prima delle nozze e tu, non sai
perché, ci stai andando. Ti
eri promesso di no, che non avresti messo piede né li
né nella cattedrale ma
vai perché sai che la tua assenza lo ferirebbe.
Ti stampi in faccia il tuo miglior sorriso quando lo vedi venirti
incontro.
Sorride anche lui, ma lo faceva già prima che ti vedesse,
quel sorriso non è
per te.
“Holmes!” ti stringe la mano come se davvero tra
voi non ci fosse mai stato
niente più dell’amicizia “Non ci speravo
che sarebbe venuto!”
Continui a sorridere, fingi per rendere bello il suo mondo mentre il
tuo va in
pezzi.
“Non avevo niente di meglio da fare”
Lui la prende come uno scherzo e ridacchia, trascinandoti tra i suoi
vecchi
commilitoni per presentarti, non capisce che hai sperato fino
all’ultimo che ti
si presentasse un caso all’improvviso o qualunque altra cosa
che ti avrebbe
potuto tenere lontano da Londra in quei giorni.
Tutti ti stringono la mano, congratulandosi per il servizio che rendi
allo
Stato, contenti di conoscere il migliore amico dello sposo e un uomo di
fama
internazionale e tu continui a dispensare sorrisi, intrattenendoli con
la tua
solita ironia, mente in realtà guardi Watson, il tuo Watson allontanarsi dal gruppo per
andare incontro alla sua
Mary che scende dalla carrozza.
Entrate tutti dentro e tu sei costretto a sedere di fianco a lui in
qualità di
suo testimone.
Anche tuo fratello è invitato e ti guarda storto
dall’altra parte del tavolo. A
lui ne hai parlato, Mycroft sa cosa c’è stato tra
te e il Dottore prima che lui
incontrasse Miss Mortstan, lui è l’unico in grado
di capire come ti senti e
cerca di darti il suo sostegno con lo sguardo, non potendo avvicinarsi
senza
destare sospetti, sguardo che tu distogli, volendo tenere tutto quello
che
senti per te.
Scusa
So che è soltanto un’altra scusa.
Ti siedo di fianco ed è come se non fossi qui.
E parli.
Non riesco a sentirti ma tu parli.
Non presta particolare attenzione se non alla sua futura sposa,
stringendole la
mano in bella vista sul tavolo, parla un po’ con tutti, ride
e scherza, forse
ha bevuto troppo.
E tu ti eri illuso che, per l’ultima volta, ti avrebbe
dedicato quell’attenzione
particolare che era solito riservare solo a te, ti eri illuso che
avrebbe dato
le spalle alla sua donna per parlarti.
Invece adesso è seduto lì, a capotavola, con le
spalle appoggiate allo
schienale della sedia, mentre si tappa la bocca con una mano per
impedire ad
una risata forse troppo forte di uscire, sarebbe una cosa troppo
maleducata per
un gentiluomo come lui.
Continua a ridere per quella battuta detta da chissà chi al
tavolo, poi inizia
a parlare, scatenando la risata argentina della sua dolce
metà.
Parla, parla, parla, ma non riesci neanche a distinguere le sue parole,
non
capisci quello che dice. Senti solo un fischio continuo che annulla
tutti gli
altri suoni, lo guardi con aria confusa come se davvero fosse
incomprensibile
quello che dice, ma nessuno lo nota.
Non rientri minimamente tra le sue attenzioni, adesso, lui guarda solo
Mary. E’
giusto così, infondo. Adesso a lei e voi avevate sempre
detto che quello che c’era
tra di voi non era serio. Un gioco.
Sei stato tu a dirlo e lui ha annuito. Adesso ha lei e tutto
è tornato alla
normalità. Forse.
Non se ne accorgerebbe neanche se tu te ne andassi.
Non se ne accorgerebbe nessuno e tu stai davvero valutando la
possibilità di
farlo.
Basta.
Amici come prima,
Mi costa una fortuna riuscire ad ammettere che
E’ stato solo un gioco, un affare da poco.
Ma sono innamorato di te.
Nascondi le mani sotto il tavolo per assicurarti che nessuno ti veda
mentre
distruggi il tovagliolo per il nervosismo.
Dicesti che era un gioco perché non riuscivi ad immaginarti
un futuro diverso
da quello che era il vostro presente, credevi che niente sarebbe potuto
cambiare, credevi che sarebbe rimasto lì con te a Baker
Street per sempre. Ti sembrava
già di vedervi, vecchi, ma ancora insieme.
Non era necessario dire la verità, non credevi
che fosse necessario dirgli che era riuscito a sciogliere quella gelida
morsa
sul tuo cuore.
Sarebbe stato ridicolo, tu saresti
stato ridicolo. Il grande Sherlock Holmes così
sentimentale.. credevi che si
sarebbe preso gioco di te tutta la vita per mera vendetta ma adesso ti
penti di
non averlo fatto.
Forse avresti dovuto davvero.
Magari adesso sarebbe diverso. Magari adesso non ti avrebbe lasciato o,
semplicemente, avrebbe avuto abbastanza rispetto per il tuo dolore da
non
invitarti.
E’ tardi.
Per tornare indietro adesso è tardi.
Vorrei riempire il vuoto
Che ora lasci qui dentro di me.
Deglutisci, ma nessuno ti sente in mezzo a quel chiasso.
Tutti ridono,
scherzano, si divertano, c’è perfino chi, nei
tavoli vicini, sente qualche
battuta e cerca di non ridere o chi si lamenta per il chiasso. Tutti si
divertono tranne te e tuo fratello, che passa la serata ad osservati,
senza mai
perderti d’occhio in caso tu abbia bisogno di aiuto. Lui sa
che sei innamorato
di Watson.
Ti dispiace per lui, gli sta rovinando la serata.
Sistemi silenziosamente le tue cose e ti prepari a metterti il cappotto
per
andartene il prima possibile. Non vuoi rimanere, vuoi tornare a casa.
Quella stessa casa che un tempo rappresentava la vostra segretezza, il
vostro
rapporto, e che adesso non farà che ricordarti quanto in
realtà tu sia solo.
Watson continua a parlare e tu non capti che poche parole.
“Da domani si cambia vita!” dice sorridendo,
alzando il bicchiere per un
brindisi.
No.
Questo è troppo.
E’ felice di cambiare vita, è felice di andarsene
da te quindi.
Mi alzo da questa sedia, vado via di qui.
Non mi volto mentre dici così.
Appena dopo queste parole, si volta verso Mary e la bacia. Ne
approfitti,
adesso che non guarda, per alzarti e dirigerti verso
l’uscita. Sei anche
abbastanza sicuro che Mycroft ti raggiungerà.
Ma lui non si accorgerà che te ne sei andato.
Sfortunatamente, però, incroci lo
sguardo di Mary, quando ti alzi, quindi affretti il passo, andandotene.
Lei di sicuro dirà a Watson che te ne stai andando e lui
cercherà di fermarti. Non
se ne sarebbe accorto neanche da solo.
Ti metti il cappotto senza fermarti quando sei già fuori,
l’aria fredda ti
investe ma la ignori, continui per la tua strada, con la testa bassa e
lo
sguardo sulla strada. Andrai a piedi, hai bisogno di respirare.
“Holmes!”
Ti fermi quando senti la sua voce. Sapevi che sarebbe venuto ma non eri
abbastanza pronto. Quasi speravi che ti avrebbe lasciato andare via.
Non ti volti neanche, non vuoi vedere il suo viso. Vedere la sua
espressione, sai
che, nonostante sia stata Mary a dirgli che te ne stavi andando, gli
dispiace.
“Perché?” chiede, rimanendoti qualche
passo dietro.
Non capisce, non capisce, non capisce. Lui non capisce.
“Non ce la faccio” rispondi.
Lui non capisce.
“Holmes, ne abbiamo già parlato fin troppe volte,
perché non vuole capire che-”
“Capisco invece” lo interrompi, mentendo. Non vuoi
sentire altro, non vuoi
sentirlo dire ancora una volta che non hai alcuna autorità
sulla sua vita. Questa
volta ti volti verso di lui, quando parli e Watson sembra rimanere
paralizzato
nel vedere quanto i tuoi occhi siano spenti adesso.
“Semplicemente… non ce la
faccio”
Rimane a guardarti qualche istante, ogni traccia della gioia di quella
sera
scomparsa dal suo volto. Non riesci neanche a sentirti in colpa. Non lo
merita
neanche.
“Torni dentro per favore”
Ti limiti a scuotere la testa.
“Non ci sarò, domani” rispondi invece.
Mi chiedi di capirti e non è facile
dire
di sì.
Mandi in pezzi il mio cuore e pretendi di
Di potertela cavare così?
Sta per dire qualcosa, si avvicina di qualche passo, tendendo una mano
verso di
te, che rifugi le tue nelle tasche del cappotto, dove non
può raggiungerle.
Non dice niente.
Non capisce.
Sposti lo sguardo oltre la sua spalla, sulla porta del ristorante, da
cui vedi
uscire Mycroft in tutta fretta. Supera il medico senza dirgli una
parola,
neanche un saluto, mantenendo forse un distacco per rispetto verso di
te.
Ti raggiunge, ti afferra per un braccio ma sempre con quella certa
delicatezza
che si riserva solo ai fratelli e cerca di portarti via.
“Andiamo, Sherlock” ti dice con tono dolce.
Lanci un ultimo sguardo al Dottore. Sembra che stia per piangere.
Forse ha capito.
Ti volti e ti lasci portare via da tuo fratello.
Amici
come
prima,
Non vale più la
pena
Considerando il fatto che è stato
solo un gioco
Ti sarai divertito,
Ma ti amo e non so neanche
perché.
[NdA]
La canzone è "Amici come prima" ma non so di chi sia O.o Io, nell'iPod, ce l'ho cantata da Max Pezzali, ma non so di chi sia originariamente.
La canzone è stata smantellata per adeguarla alla fic.