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Autore: Payton_    09/05/2011    15 recensioni
"Ho provato a dimenticarvi, Salazar, ma in tutto questo tempo sono riuscito solo ad amarvi di più.
So che mi disprezzate, ma non riesco a cancellare i miei sentimenti.
Sono più forti della mia volontà, e finché ci sarà speranza, io lascerò che m’illuda.
Vi amo, anche se non sono riuscito a mettere voi davanti ai miei ideali.
Vi amo, vi amo e questa è la cosa importante. Questo mi ripeto ogni giorno."
Questa storia si è classificata prima al contest Battleship indetto da Fabi_.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'L'hai scelto e lui ha scelto te - Godric e Salazar ♥'
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A Gigettina e Ivana,

come me amati di questa splendida ma snobbata coppia.

 

Questa storia ha partecipato al contest Battleship indetto da Fabi_ classificandosi prima.

 

Tra l'altro, tengo moltissimo a questa storia.

 Prompot scelti:

Ovviamente, sono estremamente soddisfatta del risultato. ♥

I1 – citazione 4: Non sei ancora disposto a fare dei sacrifici, è questo che fa di te un debole! (Magneto, X men)

10I: Oro (colore o qualunque altra cosa ti richiami la parola).

6H: Bacio


 

 

Un tutto caduto nel buio del niente

 

L’imponente orologio che padroneggiava nella stanza scandiva la mezzanotte di quella fredda notte d’autunno. Il cambiamento era nell’aria, si poteva respirarlo ed assaporarlo nel vento che scivolava contro le finestre serrate e spogliava gli alberi, mostrandoli nudi e tristi.

Alla fievole luce di una candela, un uomo occupava in altro modo le ore dedite al sonno. Non aveva più dormito bene, da quando Lui era andato via, molto tempo prima.

Con il volto illuminato dalla tremula fiamma, osservava distratto il foglio di pergamena poggiato sul suo scrittoio. Il calamaio era ancora aperto, tanto che l’inchiostro rischiava di asciugare prematuramente, e la piuma giaceva abbandonata al suo fianco.

Solo due parole, apparentemente ciò che l’uomo osservava, erano state scritte, oramai molte ore

prima.

 

Mi mancate.

 

Dovevano essere l’inizio di una lunga lettera, una delle tante che l’uomo aveva scritto e che aveva spedito senza mai ricevere risposta, ma erano rimaste sole impresse sulla carta. Non c’era altro da aggiungere, in fondo. Gli mancava, più di ogni altra cosa al mondo, e senza di Lui si sentiva nudo e triste come gli alberi fuori dalla finestra della torre che ospitava i suoi alloggi.

Il suo aspetto non tradiva il dolore del suo cuore: il suo sguardo era sempre fiero, brillante, ed il suo portamento regale. I folti capelli rossi e la barba ispida gli concedevano un’aria da leone capace di intimorire chiunque lo incontrasse, nonostante non fosse un uomo prepotente. Era un mago rispettato e famoso all’epoca, insegnante nella scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, da lui fondata con altri tre illustri maghi. Chi lo conosceva bene però, poteva notare delle striature grigie nei suoi capelli, un pallore più accentuato della sua pelle ed una strana ombra nei suoi occhi verdi.

Era spento, il lucente Godric Grifondoro, ma ogni sua azione era mirata a nascondere il suo cambiamento. Nessuno sapeva del suo amore proibito, ora fuggito da lui diretto chissà dove, e nessuno doveva saperlo. Forse Tosca e Cosetta lo sospettavano, ma mai ne avevano fatto parola.

Erano passati due anni, da quando Salazar Serpeverde aveva lasciato Hogwarts, pieno di rabbia nei suoi confronti. Due anni in cui Godric non aveva fatto altro che sperare che tornasse, che capisse la sua posizione. Due anni in cui aveva sentito sempre di più la sua mancanza.

 

Mi mancate.

 

Le due parole attendevano trepidanti sulla carta, pronte ad essere l’inizio della lettera, ma Godric non sapeva più cosa scrivere. Il vuoto di un foglio bianco esprimeva perfettamente il suo stato d’animo, i suoi turbamenti.

In un cassetto della scrivania, rinchiusa in un cofanetto, c’era una chiave che tentava terribilmente Godric quella sera. Era la chiave di uno scrigno che non apriva da tanto tempo, perché ciò che conteneva era troppo doloroso per lui, ma che in quella sera d’autunno era una tentazione enorme. Una tentazione dolce e amara allo stesso tempo, ammaliante come le gocce di rugiada sui fiori.

Dopo aver combattuto contro se stesso, si arrese e prese il cofanetto dove era riposta la chiave. Lo aprì, osservando a lungo il suo contenuto colore dell’oro. La piccola chiave brillava alla luce della candela, rendendo la sua vista ancora più incantevole agli occhi di Godric. Alzatosi, si diresse verso il grande armadio della sua stanza e lo aprì, spostando molti oggetti prima di trovare lo scrigno che cercava. Tornò a sedersi, poggiando lo scrigno davanti a sé e stringendo convulsamente la chiave d’oro nel palmo della mano. Sapeva che se avesse aperto lo scrigno avrebbe sofferto ancora di più, vi aveva rinchiuso i suoi ricordi, tutto ciò che lo legava a Salazar. Aveva fatto fare appositamente lo scrigno dai folletti; era un grande mago, ma sapeva apprezzare la bravura di quelle creature. Nessun incantesimo, infatti, era in grado di aprire lo scrigno, ma solo la sua chiave.

Respirando profondamente, Godric fece scattare la serratura e l’aprì, bloccandosi per un istante ad osservarne il contenuto. Una rosa rossa che non poteva appassire, un braccialetto d’oro con il simbolo di Hogwarts, svariate lettere ed un piccolo ritratto: quello era tutto ciò che gli restava del suo grande amore, ed era ciò che aveva di più prezioso.

Rivedendo il volto di Salazar, rileggendo le sue lettere, Godric si perse nei ricordi passati, belli e dolorosi allo stesso tempo.

«Non capite che sono geloso perché vi amo, Godric?»

Ricordava come fosse ieri il giorno in cui Salazar gli aveva urlato contro d’amarlo. Era oramai convinto di non essere ricambiato, d’essersi perso in un amore impossibile, quando in un caldo pomeriggio, mentre discutevano per via delle attenzioni che Godric sembrava riservare a Cosetta, Salazar aveva esclamato con rabbia quella rivelazione, sputandogli in faccia tutta la sua stupidità.

«Non… non l’avevo capito» aveva risposto, dopo un attimo di silenzio, per poi lasciare che tra loro cadesse un silenzio pensante. Non aveva confessato subito a Salazar il suo amore, per giorni e giorni aveva cercato un po’ del suo famoso coraggio per farlo, fallendo. Era rimasto talmente spiazzato da quella rivelazione da faticare a realizzare che fosse vera. Quando s’era reso conto di quanto stupido fosse il suo comportamento, era corso nelle segrete dove c’erano gli alloggi di Salazar, bussando freneticamente alla sua porta. Quando la porta s’era aperta, aveva iniziato a sbiascicare frasi senza senso.

«Sono uno stolto, Salazar. Io non avevo capito, io credevo che voi… Oh! Salazar, io non mi aspettavo che voi provaste per me… Sono rimasto spiazzato… Io…».

Dopo aver farfugliato per un lungo minuto, aveva utilizzato tutto il suo coraggio, afferrando il volto di Salazar tra le mani e baciandolo. Aveva aspettato così tanto quel bacio che gli tremavano le labbra e le gambe, e quando Salazar l’aveva baciato a sua volta, non era riuscito a non fermarsi e sorridere, fissando negli occhi l’uomo che amava. Ancora oggi, il ricordo di quel bacio sapeva accelerare il suo cuore.

«Vi amo, Salazar Serpeverde» aveva sussurrato ridendo, sperando non fosse un sogno.

Sembrava che fosse successo in un’altra vita, tanto quei ricordi apparivano lontani a Godric. 

Ancora più impresso nella sua mente, era il giorno in cui Salazar se n’era andato. Era una giornata di primavera, di quelle capaci di mettere di buon umore solo per la loro freschezza e bellezza. Erano stati mesi di litigi, per Salazar e Godric, e la primavera, invece di portare un po’ di felicità, aveva portato la rottura finale.

«Da questo giorno, non sentirete più parlare di me. Me ne andrò, Godric»

«Le vostre parole mi feriscono, non arrendetevi, Salazar. Non gettate via quello che abbiamo»

«Noi non abbiamo più nulla, se non l’odio»

«Io non vi odio, Salazar»

«Ma io sì, Godric. I vostri ideali sono più importanti di ogni cosa, per voi. Non siete ancora disposto a fare dei sacrifici, è questo che fa di voi un debole! Questo che non mi permette d’amarvi. Io vi odio, Godric, perché avete infranto il mio cuore»

«Questo, è ciò che provate nei miei confronti?»

«La pura verità»

«Allora non posso imporvi di restare. Addio, Salazar».

Quelle parole facevano ancora male come due anni prima, o forse di più. Salazar aveva espresso tutto il suo disprezzo per Godric, gli aveva riversato il suo odio per lui e per i suoi ideali di uguaglianza tra Maghi e Babbani. Era andato via lasciando una scia amara dietro di sé, una scia che aveva investito Godric, torturandolo ogni giorno.

Dov’era Salazar? Lo pensava ancora? Sarebbe tornato?

Numerose domande lo affliggevano, domande che sarebbero rimaste a lungo senza una risposta.

Dopo aver riletto tutte le vecchie lettere di Salazar - lettere che aveva amato fargli trovare la sera, sul letto, come promemoria del suo amore -, Godric trovò le parole, scrivendo quella lettera con il cuore e non con la mente.

Prese la piuma e la intinse nell’inchiostro, avendo cura di non macchiare la pergamena. Sorrise amaramente, e poi iniziò a scrivere.

 

Mi manca tutto di voi. Mi mancano le vostre mani, i vostri occhi, il vostro sorriso.

Mi manca la vostra voce, che è sempre più lontana nella mia mente. Mi manca parlare con voi, ascoltare le vostre idee. Il vostro ricordo sfuma, ed io mi rammarico, non riuscendo a trattenerlo.

Mi manca litigare con voi. Mi manca perfino sentire il vostro respiro regolare che segnala la vostra presenza.

Vi vorrei qui più di ogni altra cosa. Vorrei stringervi, baciarvi, amarvi. Vorrei voi, mi basterebbe solo quello per ritrovare la serenità.

Mi mancate come il sole nei rigidi inverni, e come la neve nelle torride estati.

Ogni sera spero di trovare una vostra lettera poggiata sul mio cuscino, ma rido della mia stessa illusione.

Ho provato a dimenticarvi, Salazar, ma in tutto questo tempo sono riuscito solo ad amarvi di più.

So che mi disprezzate, ma non riesco a cancellare i miei sentimenti.

Sono più forti della mia volontà, e finché ci sarà speranza, io lascerò che m’illuda.

Vi amo, anche se non sono riuscito a mettere voi davanti ai miei ideali.

Vi amo, vi amo e questa è la cosa importante. Questo mi ripeto ogni giorno.

Mi avete detto che sono un debole, perché non sono stato in grado di fare dei sacrifici, ma sarei debole per l’eternità, se servisse a portare il giusto nel mondo.

Non condividiamo gli stessi ideali, ma credo che amandoci potremmo superare ogni ostacolo. 

Vi vorrei al mio fianco, Salazar, e non riesco a mettervi da parte.

Se i vostri sentimenti verso di me dovessero cambiare, io sarei sempre qui ad attendervi, perché vi amo e vi desidero.

Siete la cosa più importante per me, ed ora che non siete qui l’ho capito come non mai.

Mi mancate, e questa verità, con il mio eterno amore, sono le uniche cose che voglio dirvi e le uniche certezze che potrei darvi. Il vostro ricordo è suggellato nel mio cuore, per sempre.

Mi mancate, e spererò sempre di vedervi tornare.

Vi amo, Salazar. Vi amo.

Con amore, per sempre vostro,

Godric Grifondoro

 

Una volta firmata la lettera, Godric la rilesse più e più volte; aveva deciso che quella sarebbe stata l’ultima che avrebbe scritto, e voleva che i suoi sentimenti fossero chiari a Salazar. Non aveva perso le speranze, ma non voleva inseguire freneticamente qualcosa che correva tanto veloce da sfuggirgli sempre. Godric aveva il coraggio di amare, ma il suo coraggio, da solo, non serviva a nulla.

Chiuse la lettera, e la sigillò con la cera; prese lo spago e la legò alla zampa del suo gufo. Erberto sapeva sempre dove trovare Salazar, e Godric avrebbe voluto quella stessa capacità. Spesso l’avrebbe barattata con i suoi poteri.

Aprì la finestra, sentendo il freddo vento della notte sulla pelle, e fece uscire il gufo, osservandolo fino a quando non sparì nel buio.

«Sei un illuso, Godric» sussurrò al vento, chiudendo la finestra e tornando a sedersi alla scrivania, osservando un punto indefinito con aria malinconica. Probabilmente quella lettera non avrebbe ricevuto risposta, come tutte quelle precedenti, e lui non avrebbe più rivisto Salazar. Era una causa persa, una speranza vana, ma a cui non era in grado di rinunciare.

Sfiorò una ad una le spine della rosa rossa regalatagli da Salazar anni prima, pensando a tutte le volte che una spina s’era conficcata nel suo cuore a causa sua. Nemmeno cento rose, avrebbero avuto abbastanza spine.

Per tutta la vita avrebbe aspettato l’uomo che amava, e per tutta la vita avrebbe continuato ad amarlo. Tutto quel dolore gli aveva insegnato che l’amore è la cosa più importante del mondo, ma che non bisogna divenire cechi a causa sua. Salazar sbagliava, quando parlava della purezza del sangue, Godric ne era convinto, e nonostante l’amasse, non aveva ceduto alle sue folli idee. Non è amore ciò che non vede i difetti, ma lo è ciò che li conosce e li comprende. Amare con tutto se stesso era una cosa che Godric aveva imparato da Salazar, ma amare con il cuore in mano, scoperto e vulnerabile, era una cosa che aveva imparato da solo. Una cosa che Salazar non aveva capito, colpendo quel cuore portato in palmo da Godric.

Non ci sarebbe stato un lieto fine per loro, ma solo due finali ordinari. Due finali diversi, lontani, ma che sarebbero stati entrambi la conclusione di un amore vero e profondo. Un amore per cui Godric aveva combattuto. Un amore a cui non avrebbe mai rinunciato, che sarebbe rimasto sempre con lui. Un amore, però, che non avrebbe trovato la sua via alla fine. Godric e Salazar s’erano amati, ma come spesso accade l’amore da solo non basta. L’amore è tutto, ma un tutto che può cadere nel buio del niente, come un filo d’oro perso in un fascio di foglie velenose. L’amore è tutto e niente, ma Godric aveva fatto anche del niente il suo tutto.

 


 

Prima classificata:

Payton_ - Un tutto caduto nel buio del niente   


Grammatica e sintassi: 14,8/15

Lessico e stile: 10/10

Originalità: 9,5/10

Caratterizzazione dei personaggi: 14,9/15

Sviluppo della trama: 10/10

Gradimento personale: 10/10

Punti per le caselle:        12

Totale:  81,2

 

Un solo errore di grammatica mi impedisce di darti punteggio pieno in questo campo: 'infondo' anziché in fondo. Per il resto non ho davvero niente da dirti.

Lo stile è elegante e adattissimo al contesto temporale che hai scelto. Le parole sono scelte benissimo, il lessico è vario e sempre consono.

Le descrizioni sono ottime, non pesanti ma sempre puntuali. Hai saputo giustificare un amore difficile da rappresentare senza cadere nel banale o senza finire con l'indebolire i personaggi. Hai saputo invece mantenere un'ottima caratterizzazione.

La lettera mi ha commossa, lo ammetto. Leggendo la storia ho avuto modo di affezionarmi ai personaggi e ammetto che non avevo mai pensato a loro come coppia, né avevo mai considerato i fondatori da questo punto di vista. Forse Godric è un po' più romantico di quanto mi sarei aspettata, ma lui è un uomo coraggioso e scoprire i propri sentimenti è una forma di coraggio tra le più forti. Poche persone ne sono capaci.

Si sa che tra loro la storia finì nell'odio, ma questo non mi ha impedito di pensare che forse le cose sarebbero potute andare diversamente. La tua storia fa sospirare.

Complimenti Payton, sia per la cura dei dettagli che hai mostrato di avere, persino nella descrizione di quello scrigno che mi è rimasta impressa proprio per il tuo aver descritto assieme allo scrigno, anche le qualità di Godric: un grande mago che apprezzava il lavoro dei folletti. Hai detto poco, come si dice.

è la dimostrazione che i dettagli siano una parte importante della storia, che a partire da questi si possano raccontare i personaggi con delicatezza e naturalezza.

 

   
 
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