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Autore: Benkei    12/05/2011    4 recensioni
La guerra si avvicina: gli Shinigami della Soul Society contro gli Arrancar del ryoka Sousuke Aizen. Tuttavia il confine apparentemente netto che separa una fazione dall’altra non è mai stato tanto sottile. Fra le mura di Las Noches, infatti, casa delle dieci spade di Aizen, luogo dove cameratismo e solidarietà sono inesistenti e provare sentimenti è vergognoso segno di debolezza, qualcosa cambierà inaspettatamente fra Grimmjow Jeagerjacques e Neliel Tu Oderschvank: non solo la percezione della propria realtà, un’insopportabile destino di solitudine e sottomissione, ma anche quella del rapporto che li lega. Crescerà fra loro un amore imprevisto, maturo ma profondo, che porterà i due Espada a mescolare le parti in gioco nella guerra, all’inseguimento di una libertà mai avuta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Neliel Tu Oderschvank
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nec sine te nec tecum vivere possum.
Non posso vivere né con te, né senza di te.

 
 
CHANGING SEASONS
Chap. 5: How you really are
 
Neliel lo aveva visto.
Aveva visto Grimmjow scagliarsi contro di lei con la spada sguainata. Non le era sfuggita quella rabbia che si agitava nei suoi occhi azzurri come un mare in tempesta: e non le era sfuggito neppure quel barlume di esitazione, minuscolo, fragile ma pur sempre presente, che si era acceso nelle profondità del suo animo.
Anche se ormai aveva preso la sua decisione definitiva, sperava quasi che lui si fermasse… pur conscia che non l’avrebbe mai fatto.
Eppure le andava bene così.
Avrebbe potuto schivare il fendente in qualsiasi momento, con estrema facilità: perfino in quell’istante la spada che si avvicinava sempre di più, le sembrava procedesse al rallentatore. Ma non lo fece.
Chiuse gli occhi e sorrise. 
Se questo poteva dimostrargli ciò che provava… allora andava bene.
Dopotutto lei non sarebbe morta così facilmente.
Poi la spada la trafisse, squarciandole il ventre. Sbarrò gli occhi: il dolore fu insopportabile. Sentiva la lama strusciare contro la sua carne, il sangue che cominciava a sgorgare a fiotti, ma non si permise di emettere neppure un lamento.
In bocca aveva il sapore del ferro.
Non riuscì a trattenersi: tossì e nonostante la vista che si offuscava sempre più velocemente, riuscì a distinguere le macchie rosse che le colavano dalle labbra. Avrebbe voluto dire qualcosa a Grimmjow, o almeno guardarlo ancora una volta prima di perdere i sensi, ma le forze l’abbandonavano in fretta.
Ansimante, raccolse le ultime energie e alzò appena il capo verso di lui. Ma non vide altro che una macchia indistinta di colore azzurro.
Le gambe vacillarono.
Ogni forza l'abbandonò e sentì gli occhi rovesciarsi all'indietro.
Il suo corpo descrisse con grazie un arco a mezz’aria, rimanendo per un attimo come sospeso nel vuoto e infine si afflosciò inerte al suolo, con un lieve tonfo.
Grimmjow non mosse un solo muscolo.
Era immobile, leggermente chinato in avanti, il braccio teso e contratto che sorreggeva la spada, la lama scintillante da cui colavano gocce di sangue, come piccole lacrime scarlatte. Gli occhi azzurri erano spalancati. Fissò a lungo, senza vederlo veramente, il punto in cui la ragazza, un istante prima di toccare il suolo, aveva alzato lo sguardo appannato verso di lui. Nella sua mente era marchiata a fuoco l’immagine del viso di Neliel, chiara ed indelebile: gli occhi annebbiati, come coperti da un velo, il rivolo di sangue che le colava da un angolo della bocca, il pallore innaturale che sempre più velocemente si diffondeva sulle gote.
Aveva vinto.
L’aveva sconfitta.
Era ciò che voleva, no? Vederla crollare ai suoi piedi, dopo averle strappato quella sua vita così insignificante.
La bestia in lui ruggì la sua approvazione, reclamando ancora quel sangue che scorreva sulla lama.
Ora si trattava solamente di darle il colpo di grazia, ma sarebbe stato facile; lei era lì, ai suoi piedi, debole e inerme come non mai: l’occasione perfetta per liberarsi di una palla al piede che continuava a esasperarlo, giorno per giorno, con quel viso gentile, il suo sorriso dolce e l’aspetto così graziosamente delicato.
La bestia al ricordo, improvvisamente si acquietò.
E Grimmjow per la prima, vera volta, pensò a lei sotto una luce diversa… a come lo aveva sempre accettato e sopportato con un sorriso, fin da quando era nata come Cuarta Espada, nonostante lui la trattasse sempre male, le urlasse contro di tutto, si arrabbiasse anche solo quando gli rivolgeva un saluto.
Non era più furioso. Non era più un bel niente. Non sentiva assolutamente nulla. Non aveva neppure la forza o la lucidità di chiedersi perché fosse tanto sconvolto. Abbassò gli occhi a terra, lentamente, perfino con cautela, quasi timoroso di scoprire cosa avrebbe visto, e la guardò.
Neliel era distesa al suolo, in una piccola pozza di sangue, riversa su un fianco. I capelli erano sparpagliati sul terreno, formando piccole onde verde acqua e le coprivano gli occhi, lasciando scoperte le labbra rosse. L’abito era diventato da bianco a scarlatto ed era tutto impolverato.
Il peso della spada divenne insostenibile e si vergognò di avere tra le mani quella lama sporca.
Cos’era quella sensazione?
Si sentiva così sporco… non era solo la spada, tutto lo era! La giacca, i pantaloni, perfino lui stesso… tutto puzzava. Emanava tutto un terribile fetore di colpevolezza.
Si sentì travolgere da un’ondata di disgusto. Ma per se stesso.
Era stato lui.
Lui aveva ridotto Neliel così.
Lanciò via la katana il più lontano possibile, che roteò per una decina di metri prima di conficcarsi nel terreno e corse di fianco a Neliel, inginocchiandosi al suo fianco.
- Neliel…-
Dalla ragazza, naturalmente non arrivò alcuna risposta.
Grimmjow le scostò i capelli dal viso, raggelando nel vedere i suoi occhi vitrei, sbarrati. Le passò un braccio attorno alla vita e la tirò su a sedere, sorreggendola fra le braccia; la testa di Neliel ciondolò all’indietro e le braccia le penzolarono lungo i fianchi, inanimate.
Stava perdendo tempo: doveva fare in fretta qualcosa.
- Neliel… - ripeté e la scosse piano.
La mano destra che sorreggeva il corpo inerte della ragazza era coperta di sangue e ormai qualche goccia cominciava a bagnargli anche i vestiti.
Sentì una disperata ira assalirlo.
- Neliel! Merda, rispondi!- Con la mano libera calò un pugno contro il terreno, alzando una nube di sabbia e polvere. Immediatamente un intrico di venature percorse il suolo che si piegò sotto la forza dell’Espada, spaccandosi in due. Si chinò verso la ragazza, digrignando i denti e la strinse a sé più forte, con rabbia.
Come poteva morire così? Come poteva morire per una simile ferita?
Era la Cuarta Espada, un Hollow fra i più potenti! Un colpo del genere non doveva essere in grado neppure di scalfirla!
Si alzò di colpo, senza curarsi di lasciare la ragazza accasciata a terra, e la guardò dall’alto con le mani che tremavano per la bruciante rabbia.
Certo, aveva vinto, ma nel peggiore dei modi. A bruciargli così tanto, però, era il fatto che fosse stata tutta una sua decisione: per la sua stupida mania di non voler combattere, aveva deciso da sola di chiudere il combattimento in modo così ridicolo.
- Fottiti!- le urlò - Come ti permetti di lasciare incompiuto il nostro scontro? Come osi lasciarmi qui così? Se sei tanto debole da morire per una cosa simile, allora crepa lì dove sei!-
Urlava per sovrastare il caos nella sua testa.
Urlava perché sperava che così facendo, qualcuno sarebbe venuto a risolvere tutto.
Ma appena pronunciò le ultime parole, accorgendosi di quanto fossero sbagliate, si zittì. Lentamente, si tolse la giacca, rimanendo a petto nudo, e la strappò in lunghe strisce di stoffa. Poi si inginocchiò di fianco a lei e fasciò la sua vita con quelle bende improvvisate, stringendo con forza per impedire al sangue di sgorgare in eccesso dalla ferita. Sapeva che non sarebbe servito a molto, ma era conscio anche di non poterla portare subito al castello per farla curare, non finché non si fosse ripresa al punto di poter almeno camminare. A Las Noches la concorrenza era accanita e Grimmjow lo sapeva bene: ogni Arrancar mirava a diventare parte degli Espada, ad ogni costo e il più delle volte vedere uno di loro ferito voleva dire avere più possibilità di farlo fuori senza rischiare di rimetterci la pelle in prima persona. E lui non poteva permettere che accadesse a Neliel.
Lei era sua.
Solo lui poteva sconfiggerla.
Si sedette e attese.
Stette a lungo in silenzio. Aspettava che Neliel si svegliasse da un momento all’altro, balzando in piedi con, stampato sul viso, quel sorriso dolce che lui odiava così tanto. Ma il tempo passava e Neliel rimaneva lì, stesa al suolo senza muoversi. Grimmjow era così confuso che ad un certo punto, non ricordò più dove si trovava, né si accorse dello scorrere del tempo.
Non si era mai comportato così con un avversario, né gli sarebbe mai venuto in mente di farlo, prima. Sentiva solo che con lei era… diverso.
Io non voglio farti del male…”
Al pensiero di quelle parole, chiuse gli occhi e sentì di nuovo il contatto con il suo corpo, la delicatezza della sua presa che gli circondava la vita, la sua voce vellutata ma un po’ tremante… e una parte di lui realizzò di non voler vedere tutto questo finire, di non volerla vedere appassire sotto i suoi occhi.
Ripensò al discorso fra loro due, sulla cupola di Las Noches e lentamente riaprì gli occhi. Forse lei… aveva ragione. L’aveva sempre avuta. Forse combattere non poteva essere lo scopo di una vita, non poteva riempire un’esistenza. Magari le sue motivazioni erano davvero sbagliate: forse avrebbe dovuto impugnare quella spada per proteggere, non per ferire.
Per proteggere qualcosa, o qualcuno di importante per lui… ma cos’era davvero importante per lui? Dopotutto non gli era mai importato di niente, se non di se stesso. Non aveva mai aspirato ad altro, se non ad essere il migliore e quando si ambisce a certe cose bisogna lasciarsi tutti gli altri alle spalle, spazzarli via senza pensarci due volte.
Perché lei non riusciva a lasciarsela alle spalle?
- Forse è lei che devo proteggere. - si disse accigliato. Esitante, le toccò la mano.
Nulla.
Si sentì ridicolo. Cosa si aspettava, un colpo di fulmine?
“Una cosa del genere non può succedere”gli disse qualcosa nascosto dentro di lui“Non se è già accaduta.”
Quella voce gli trapanò il cervello. Si conficcò nei suoi pensieri come un chiodo arrugginito.
- Ma che c…?- brontolò l’Espada, colto all'improvviso. Ma dopo un attimo di smarrimento, digrignò i denti come sempre e scosse la testa - Tsk! Tu guarda quante stronzate mi passano per la testa.-
Eppure, nonostante quelle parole traboccanti di indifferenza, la sua mano strinse più forte quella di Neliel.
*
 
Lungo uno degli innumerevoli corridoi che percorrevano Las Noches, risuonavano nel silenzio dei passi.
La Tercera Espada, Ulquiorra Shiffer camminava svelto, seguito a qualche metro di distanza da uno Szayel Aporro alquanto contrariato.
- Perché ci ha chiamati?- Aporro ruppe il silenzio. A dire il vero non gli importava da chi fosse convocato o perché: detestava essere interrotto mentre conduceva un esperimento importante. Ma mantenne il solito sorriso, innegabilmente falso.
- Aizen- sama vuole parlarci.- rispose Ulquiorra con tono incolore, senza voltarsi né fermarsi. Aporro lo guardò male sottecchi. A questo ci era arrivato.
Logicamente non si piacevano, un sentimento molto comune fra gli Espada, quindi continuarono a camminare in silenzio. Dopo qualche minuto, si fermarono davanti ad una grande porta bianca e Ulquiorra bussò.
- Stiamo entrando, Aizen- sama.- annunciò.
La porta si aprì lentamente e i due Espada entrarono nella sala del trono.
- Venite pure, Ulquiorra, Szayel Aporro.- disse Aizen in tono benevolo.
Era seduto su un trono di pietra, affiancato ai lati da Gin e Tosen. I due avanzarono e, in prossimità dello Shinigami, si inchinarono al suo cospetto. Lui sorrise soddisfatto e dichiarò - Vi ho convocati perché ho degli incarichi da affidare e sono certo che voi potrete portarli a compimento alla perfezione.-
- Lo faremo, Aizen- sama.- cinguettò Szayel Aporro, con un sorriso sadico. Si era improvvisamente risvegliato il suo interesse: i compiti che gli affidava erano sempre estremamente… piacevoli. O almeno, lo erano dal suo punto di vista.
Ulquiorra, che non si sarebbe mai permesso di intervenire se non interpellato, lo fissò per un attimo, gelido, trovando disgustoso il suo cambiamento nell’atteggiamento.
- Ne ero sicuro. - rispose Aizen, senza darci importanza. Alla sua sinistra, il ghigno sul volto di Gin si allargò: era proprio divertente vedere quei tirapiedi affannarsi per conquistare la benevolenza del suo capitano. Quegli Espada alla fine si erano rivelati più divertenti che utili.
- Come ricorderete, alla cena di ieri sera vi ho reso partecipi del mio desiderio di evitare battaglie prive di significato fra voi Espada.-
Ulquiorra e Aporro annuirono.
Aizen proseguì - La mia richiesta non era a caso. Due di voi avevano manifestato l’intenzione, infatti, di scontrarsi proprio oggi e io speravo che vietandolo, non mi avrebbero disubbidito.-
- Ebbene, non è stato così.- il suo tono di voce assunse una nota contrariata.
Aizen si alzò dal trono e si avvicinò alla vetrata alle sue spalle - Grimmjow Jaegerjaquese Neliel Tu Oderschvank, rispettivamente la Quinta e Cuarta Espada, poche ore fa si sono diretti sotto la cupola di Las Noches per combattere, ignorando i miei avvertimenti. Attualmente sono ancora lì, ma Neliel- san è stata ferita al ventre e necessita di cure.-
Perfino nello sguardo neutro di Ulquiorra apparve un barlume di stupore. Come poteva quella bestia di Grimmjow aver battuto Neliel?
- Ulquiorra.- Aizen diede loro le spalle.
- Sì, Aizen- sama?- rispose prontamente.
- Vorrei che tu, quando ti darò l’ordine, ti recassi sul luogo dello scontro e mi portassi Grimmjow e Neliel, se sarà in grado almeno di camminare. Se uno di loro dovesse opporre resistenza, anche se dubito, ti permetto di portarlo fin qui con la forza. Ma preferirei evitarlo.-
Ulquiorra annuì - Va bene, Aizen- sama.-
Aizen si voltò di nuovo e si rivolse ad Aporro: - Veniamo a te, Szayel Aporro… ricordi che di recente mi hai accennato a proposito di un progetto che volevi sperimentare?-
Aporro era eccitato - Intende la cella di blocco della reiatsu, Aizen- sama?-.
Lo Shinigami sorrise - Esattamente. Vorrei che tu la completassi in modo che arrivi al punto di riuscire a prosciugare anche la reiatsu di un Espada e la facessi entrare in funzione il prima possibile.-
- Certamente, Aizen- sama.- esclamò con un sorriso euforico - Sarà perfettamente funzionante entro un’ora al massimo.-
- Molto bene. Allora puoi andare.-
Aporro si inchinò un’ultima volta prima di precipitarsi, ebbro di contentezza, verso la porta e attraversarla.
Aizen lo seguì con lo sguardo, da sopra la spalla. - Puoi andare anche tu, Ulquiorra. Puoi già dirigerti sotto la cupola, ma non intervenire subito.- lo congedò.
Ulquiorra annuì e seguì l’esempio del compagno, andando ad eseguire quegli ordini alquanto inusuali. Mentre attraversava la soglia si chiese perché darsi tanta pena per un insignificante scontro tra Espada. Aizen- sama era una persona pratica, che sapeva lasciar correre tranquillamente certe piccolezze: eppure ora convocava ben due membri dell’élite degli Arrancar per compiti che chiunque avrebbe potuto svolgere con facilità. Eppure… aveva detto che loro due erano sicuramente i più adatti per portarli a termine.
La faccenda puzzava.
Ma Ulquiorra era ben lungi dal permettere a se stesso di mettere in discussione il volere di Aizen, quindi si limitò ad eseguire, come faceva sempre. In fondo non gli dispiaceva affatto che Grimmjow si prendesse una bella strigliata.
Chiuse la porta alle sue spalle e, diligentemente si diresse verso il campo di battaglia. 
Rimasto solo con i suoi sottoposti più fidati, Aizen si sedette sul suo trono di marmo, lasciandosi andare ad un sorriso di soddisfazione. Tutta quella faccenda era un po’ uno spreco di energie, ma in fondo ne valeva la pena. Dopotutto la battaglia contro il Gotei 13 non era ancora così imminente come aveva lasciato credere e lì all’Hueco Mundo non esistevano svaghi per spazzare via la noia. Giocare con i subordinati era un ottimo metodo per riempire tutto quel tempo libero, tanto più se due di loro provavano sentimenti con cui potevano facilmente essere ingannati.
Una voce beffarda interruppe i suoi pensieri.
-… Aizen- taichou?-
Aizen assunse subito quel suo irritante tono paterno - Cosa c’è, Gin?-
Gin si avvicinò allo shinigami con uno svolazzo della veste bianca e allargò il suo sorriso da volpe - Mi scusi taichou, ma mi chiedevo perché darsi tanta pena per una faccenda di così poca importanza.- disse, schietto.
- Gin!- lo riprese Tosen, corrugando la fronte.
- No, Kaname, lascialo parlare. - Aizen alzò la mano, per fargli segno di calmarsi. A lui piaceva la schiettezza, a volte quasi crudele di Gin, a contrario di Tosen, che non la sopportava.
- Gin, come tutti voi, è libero di esprimere la propria opinione in qualsiasi momento.-
- Grazie, taichou, ma non intendevo mancare di rispetto.- Gin rise sotto i baffi, guardando sottecchi Tosen.
- Ne sono conscio. Procedi pure, Gin.-
Lo Shinigami si portò con un passo leggero di fianco al suo capitano e senza cambiare espressione, ghignò - Ma nulla! Semplicemente mi domandavo se non sarebbe parso strano agli occhi degli altri Arrancar, arrivare addirittura a coinvolgere altri due Espada solo per punire Grimmjow- kun e Neliel- san.-
Aizen chiuse pazientemente gli occhi e sorrise benevolo, come se stesse per spiegare un argomento particolarmente banale ad un bambino molto ottuso. Ma in fondo adorava spiegare a quei limitati dei suoi sottoposti, tutte le cose che loro, a contrario di lui, non riuscivano a capire: far sentire gli altri inferiori era per lui un vero piacere. E anche se sapeva che con ogni probabilità Gin ci arrivava tanto quanto lui, in tutta sincerità non gli interessava affatto. A lui bastava avere il suo momento in cui far risplendere tutta la sua brillante intelligenza superiore, senza nessuno che gli rubasse la scena, anzi, che lo ponesse sotto i riflettori: e in questo Gin era molto bravo.
- Vedi, la risposta è molto semplice. A questo punto, non posso permettere di avere fra i miei migliori sottoposti, due Espada rammolliti dai sentimenti. Perciò sto solo cercando di capire se possono ancora essermi utili in qualche altro modo o se sarebbe meglio disfarsi di loro.-.
Gin osservò il suo capitano: aveva intuito quella risposta.
- Oltretutto ho coinvolto Ulquiorra e Szayel Aporro perché sono sicuro che con le loro personalità molto colorite…- Gin non riuscì a trattenersi dal sogghignare, pensando alla suddetta “colorita” personalità di Ulquiorra. - Riusciranno a movimentare la situazione.-
- E oltretutto…- proseguì Aizen. Il suo tono era cambiato all’improvviso.
Aprì lentamente gli occhi in cui si accese una scintilla di spietatezza.
- E’ divertente vedere come quei due si affannano per salvarsi a vicenda, anche quando non ci sono più speranze, diventando sempre più ridicolmente deboli e stupidi. E’ estremamente divertente.-
Cadde il silenzio.
Tosen rivolgeva le spalle ad Aizen, la fronte corrugata e la bocca contratta in una smorfia. Il sorriso di Gin, invece, era ancora più largo. Ma, per un momento solo, un’ombra fuggevole gli aveva attraversato il volto.
Questa volta, Aizen non se ne accorse. Era preso unicamente da se stesso.
 
*
 
Un’enorme distesa di sabbia.
Folgoranti lampi di luce verde e rossa.
Una ragazza cadde a terra e lì rimase, tremante. Le ciglia scure erano bagnate di lacrime.
Stava sognando?
- Grimmjow…-
Di chi era quella voce?
Sentì che lo chiamava più sonoramente, ma con dolcezza.
Qualcosa di freddo gli sfiorò la guancia.
- Grimmjow!-
Grimmjow aprì gli occhi di colpo e la luce lo accecò. Chiuse e riaprì le palpebre un paio di volte, frastornato. Con gli occhi socchiusi riuscì a distinguere una macchia indistinta di fronte a lui, verde e bianca.
Quella si chinò verso di lui e Grimmjow sentì una mano fresca che si appoggiava sulla sua fronte, scostando con delicatezza i ciuffi di capelli che gli cadevano sul viso. Poi la sua vista si abituò e Grimmjow vide Neliel.
Il profilo delicato delle sue labbra non era più bagnato di sangue, gli occhi erano spalancati di preoccupazione ma pieni di vita e aveva i capelli un po’ scompigliati. Era ancora pallida, ma sembrava stare meglio. Sembrava non le fosse mai successo nulla, che fosse stato tutto un brutto sogno, se non fosse stato per la veste insanguinata e strappata.
Era la solita Neliel.  
E… era a pochi centimetri dal suo viso.
Grimmjow sussultò, alzandosi in piedi all’improvviso e Neliel, che era in ginocchio, china su di lui, perse l’equilibrio cadendo sulla sabbia. Lui le voltò di scatto le spalle, terribilmente imbarazzato dalla propria reazione.
Ma sentì anche crescere il sollievo. Pian piano, il nodo che aveva alla gola, si allentò.
- Grimmjow! Tutto bene?- esclamò Neliel con stupore. Grimmjow si ricompose: per nulla al mondo le avrebbe mostrato quanto sollevato si sentisse. Si girò per fronteggiarla con l’orgoglio del vincitore e le rispose bruscamente - Questo dovrei chiedertelo io. Come hai fatto a riprenderti così in fretta?-.
Si sforzò di ignorare le lunghe gambe che la gonna strappata di Neliel lasciava intravedere, concentrando tutti i propri sforzi per mantenere l’espressione disgustata.
La ragazza portò una mano dietro alla testa, imbarazzata - Non ti ricordi, eh? Una certa parte di me ha dei poteri curativi, diciamo…-
Grimmjow corrugò la fronte - Intendi la tua bava? Non ti sarai mica sbavata addosso?-
- Ma certo che no! Senti, tralasciamo…- la risposta era molto ambigua. Neliel si affrettò a cambiare argomento - Piuttosto, non avrai creduto di avermi uccisa così facilmente.-
Grimmjow si zittì. Si mise a fissare un punto distante da lei, per evitare di doverla guardare negli occhi. Doveva andarsene. Doveva prendere la sua spada e andarsene da lì, lontano chilometri da lei. Si sentiva troppo esposto, e questo lo irritava.
- Non rispondi? Eri forse… preoccupato?- incalzò Neliel.
Grimmjow irrigidì la mascella.
“ L’ha capito.” Pensò involontariamente. E subito se ne pentì.
“ Non ha capito un bel niente, perché non ero affatto preoccupato.”. Insistette dentro di sé. Un milione di voci gli risuonarono nella mente. Ma era solo terribilmente irritato.
Perché quello non era lui.
Lui non pensava quelle cose. Stava perdendo se stesso.
- Io, preoccupato per una nullità come te?- le rivolse uno sguardo pieno di repulsione - Non dire cazzate. Non ti esaltare solo perché non ti ho ammazzata. E’ solo che non mi piace vincere facile.-
Neliel si imbronciò - Allora spiegami perché sei rimasto qui di fianco a me. O perché mi hai fasciato la ferita.-
La QuintaEspadala fronteggiò a testa alta. Puntò gli occhi in quelli della ragazza, con crudeltà - Ti ho detto: a me non piace vincere facile. Non hai combattuto come volevo, ti sei comportata da debole. Non è nella mia natura accettare di vincere perché l’avversario ha deciso di farsi abbattere senza fare resistenza. Non posso sopportarlo.-
- Stai mentendo.-
Grimmjow digrignò i denti.
Gli occhi grigi di Neliel erano decisi. Perché lei aveva capito. L’aveva capito una volta svegliatasi, quando aveva visto Grimmjow seduto di fianco a lei con il capo chino, assopito. O quando aveva notato i brandelli della sua giacca che le cingevano il ventre a mo’ di fasciatura. Ma soprattutto, aveva compreso ogni cosa, quando si era accorta di una mano posata sopra la sua. La mano di Grimmjow.
Neliel si alzò con cautela, la ferita le procurava ancora qualche leggero capogiro, e mosse un passo verso di lui.
- Stammi lontana.- s’innervosì Grimmjow. D’istinto portò la mano al fianco per afferrare la spada, ma le sue dita strinsero il vuoto. Il suo sguardo guizzò nervosamente alla sua destra dove, decine di metri più in là, la sua katana era ancora conficcata nel terreno e imprecò.
- Perché la mia vicinanza ti rende nervoso? Perché ti sei preso cura di me? Rispondimi sinceramente. I veri deboli non sono quelli che su un campo di battaglia cadono, sconfitti, ma sono coloro che rifiutano i propri sentimenti invece di accettarli, convinti così di diventare più forti. E tu sei un debole.-
Non voleva più ascoltarla. Avrebbe voluto che stesse zitta. Quelle parole lo facevano impazzire: cosa diavolo voleva ottenere? Cosa voleva che le dicesse? Lui non aveva niente da nascondere. Lui era un guerriero, era il più forte e non si sarebbe mai lasciato sopraffare da quei sentimenti schifosi che stavano cominciando ad infettarlo.
- Smettila di mentire a te stesso, Grimmjow!- esclamò Neliel.
Voleva che lo ammettesse. Lei lo aveva fatto, ora era il suo turno.
- Se ti ostini ad ignorare cosa provi, sei solo un debo…-
- STAI ZITTA!- ruggì Grimmjow - Non osare definirmi con quella parola, tu… proprio tu…-
Neliel si zittì. La sua bocca si contrasse in una smorfia e i suoi occhi si intristirono.
- Non ti sopporto! Sei solo una stupida debole! Non hai il coraggio di batterti perché sei una schifosa codarda e allora cerchi di indebolirmi con questi stupidi teatrini!-.
Un brivido percorse la ragazza dalla testa ai piedi.
Le mani presero a tremarle.
Poi Neliel alzò di scatto il capo, con uno sguardo sconsolato e furioso insieme e gridò con tutte le sue forze.
-Tu… l’idiota sei TU!-
Grimmjow restò per un attimo basito: non l’aveva mai vista arrabbiata.
- Sei solo un animale, che non sa fare altro se non ringhiare in faccia a chiunque, combattere e distruggere! Non capisci nient’altro perché sei ottuso! E sei così vigliacco e debole che non hai neppure il coraggio di ammettere i tuoi sentimenti!-
Delle gocce cristalline caddero al suolo. Neliel tenne la testa bassa e si asciugò all'istante le lacrime che involontariamente le erano sgorgate dagli occhi: non voleva che lui se ne accorgesse.
- Bastarda…- ringhiò Grimmjow, furioso.
Neliel strinse i pugni.
- Io ci ho provato… ho tentato di fartelo capire, ma sei così stupido!
Entrambi ribollivano di rabbia.
- Io…- mormorò la ragazza.
- Io…- ringhiò Grimmjow.
- IO TI ODIO!- gridarono all’unisono.
Le urla risuonarono nel silenzio del deserto. Si propagarono da un capo all’altro della cupola e infine, si spensero.
Rimase solo il rumore del vento, che sferzava i loro visi.
Grimmjow era sbigottito. Non aveva mai visto Neliel, la dolce, gentile Neliel, arrabbiarsi fino a quel punto. Durante tutti gli anni in cui erano stati compagni, lei non aveva mai alzato la voce, non si era mai scomposta o aveva risposto in malo modo a qualcuno.
E ora gli aveva urlato che lo odiava. Lei non mentiva, quindi lo detestava veramente. Al pensiero si sentì… strano. Si sentì male. Certo, l’aveva detto anche lui, ma era scontato che non dicesse sul serio.
Non avrebbe mai potuto… odiarla veramente.
Neliel ansimava, tenendo lo sguardo basso e il capo chino. Le braccia erano rigide lungo i fianchi e teneva i pugni stretti. I capelli le caddero sul viso, mentre lei cercava di calmarsi: non capiva cosa le era preso, non si era mai comportata così.
Si sentiva solo… frustrata. E rifiutata. Lei aveva rischiato, aveva ammesso di fronte a lui cosa provava, arrivando al punto di lasciarsi trafiggere per dimostrarlo. Ma ora che era il turno di Grimmjow di mettere da parte la codardia… niente.
Si prendeva solo insulti.
Come sempre.
- Io… scusami.- mormorò a testa bassa.
- Che? -
Neliel si morse il labbro - Scusami. Io… ho detto delle cose cattive.-
Sembrava una bambina pentita.
Grimmjow non rispose. Se aspettava delle scuse anche da parte sua, bè, poteva aspettare per sempre.
- Non hai proprio nulla da dirmi?- incalzò lei.
- Cosa dovrei dirti?- sbuffò lui - Se ti aspetti delle scuse, farai in tempo a crepare di vecchiaia.-
Neliel scosse la testa, rassegnata - Mi chiedo, quando imparerai a mettere da parte l’orgoglio…-.
- Quando sarò morto, forse.-
La ragazza rimase in silenzio. Poi si girò per metà nella direzione opposta - Ho capito. Me ne vado, torno al castello. Ulquiorra- kun, Aizen- sama e gli altri probabilmente si staranno domandando dove siamo.-
Gli voltò del tutto le spalle - Tanto è inutile, Grimmjow. Tu… non capirai mai.-
E prese a camminare verso una torre, da cui risalire fino a Las Noches.
Grimmjow la seguì con lo sguardo, irritato.
Anche stavolta aveva menzionato persone che non centravano un bel niente. Perché accennare a quell’ameba di Ulquiorra o quel bastardo di Aizen? Era una faccenda fra loro due, Grimmjow e Neliel, che non comprendeva quei due fastidiosi soggetti.
E poi, cosa avrebbe dovuto capire?
Continuava ad insistere con questa storia.
Ma lei non era un bel niente per lui, ed era ora che fosse messo in chiaro.
Se fosse stato così, la sua vicinanza l’avrebbe innervosito.
Il suo sorriso dolce l’avrebbe scombussolato.
Al solo pensiero di sfiorarla si sarebbe imbarazzato.
E solo il fatto che nominasse qualcun altro avrebbe dovuto irritarlo.
Naturalmente non era così.
Ma chissà perché aveva buttato lì quei due nomi. Certamente l’aveva fatto apposta, perché sapeva che lo avrebbero infastidito. Ma cosa diavolo centrava lei con loro due?
Era geloso.
Non se ne rendeva conto, ma tutti quei morbosi pensieri erano frutto della terribile gelosia che provava.
In quel momento avrebbe fatto di tutto.
Avrebbe scuoiato chiunque l’avesse sfiorata con un dito.
Avrebbe ucciso chiunque si fosse avvicinato troppo a lei.
Già perché Neliel era…
- SOLO MIA!-
Urlò queste parole al vento, le urlò con rabbia.
L’aveva ammesso. Non a lei, ma, cosa più importante, l’aveva ammesso a se stesso.
Guardò la ragazza, che non aveva ancora raggiunto la torre.
E con grandi falcate, prese a inseguirla.
Neliel sentì dei passi decisi che si avvicinavano e credette che Grimmjow volesse aggredirla di nuovo.
Ma prima che potesse voltarsi per difendersi, qualcosa le afferrò il polso con una presa d’acciaio.
Grimmjow ghermì il braccio della ragazza e la costrinse bruscamente a girarsi verso di lui. Si trovarono faccia a faccia, lui che non mollava la stretta al suo polso.
Si alzò un forte vento. I loro abiti svolazzavano in tutte le direzioni, perdendosi nella tempesta di sabbia che le folate avevano provocato, mentre i lunghi capelli di Neliel volavano dappertutto, sferzandole il volto e la schiena e coprendo il suo viso.
Per una frazione di secondo si guardarono negli occhi.
La ragazza lo fissava sbalordita e un po’ spaventata. Aveva notato qualcosa ribollire negli occhi di Grimmjow, qualcosa che non riusciva a capire.
Poi lui digrignò i denti, gli occhi ardenti di rabbia.
- Tu. - gridò con rabbia - Sei solo mia.-
Neliel spalancò gli occhi, scioccata.
- Cos…-
Ma prima che la domanda potesse uscire dalle sue labbra, Grimmjow la trasse a sé con violenza, trascinandola fra le sue braccia senza darle la possibilità di porre resistenza.
Le parole le si soffocarono in gola.
E Grimmjow posò con prepotenza le labbra sulle sue.
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
Salve a tutti e grazie di aver letto la mia storia! :)
Ok, questo è stato un capitolo impegnativo da scrivere. L’avrò riscritto duemila volte e non mi va ancora totalmente a genio… oltretutto mi vergogno del finale (neanche fosse chissà quale oscenità lo so, ma sono fatta così) perché non mi sembra una cosa da Grimmjow. Ma in fondo e una fiction a “sfondo romantico” quindi prima o poi una cosa così doveva succedere ^^
Ok. Basta vaneggiare.
Questa volta ho provato a rendere i pensieri di Grimmjow ancora più sconclusionati (“La amo! No, la odio! Insomma muoriiii”) così che alla fine si è rotto le balle e ha fatto il primo passo, per farla breve xD Ho anche voluto far incavolare Nel perché era troppo stile “dolce e carina”. E ho galoppato un po’ con la fantasia inventandomi la suddetta “cella di blocco della reiatsu” di Szayel Aporro che naturalmente non esiste, ma l’ho inserita comunque per movimentare i capitoli dopo. La sua funzione è intuibile, ma in ogni caso la chiarirò meglio in futuro :)
Grazie ancora di aver letto questo capitolo!
 
PS Ci sono persone che seguono la mia storia, ma non recensiscono mai O.o Mi piacerebbe sapere se i capitoli vi piacciono o no così mi faccio un’idea di cosa dovrei migliorare. Ma la scelta sta a voi e comunque vi ringrazio già per il fatto che mi seguite :) 
 

  
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