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Autore: ailinon    15/05/2011    3 recensioni
Se avete letto "Lex", e trovate che quella sia la vera fine delle leggende arturiane, ebbene ecco cosa successe alla corte di Camelot, mentre il prode Lancillotto e il grande re Artù, erano spariti nel nulla...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Gawain, Kai, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lex'
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CAPITOLO 10 – LA MORTE DI MORDRED

CAPITOLO 10 – LA MORTE DI MORDRED

 

 La torma di cavalieri avanzò al piccolo trotto lungo le strade che uscivano dal contado del pullulante borgo di Camelot.

Era la prima volta che i due reggenti uscivano per il paese, e la popolazione li aveva accolti con una strana curiosità.

Nessuno di loro era re Artù, era chiaro, quindi niente applausi ed acclamazioni ma, non era andata comunque così male.

Nessuno gli aveva tirato delle sassate, aveva pensato Mordred rassicurato.

Rallentò la corsa quando ser Griflet indicò alcuni edifici.

 «Quello è il mulino. E’ lì che viene macinato la maggior parte del grano per la città. E come vede, ser Galahad, è alimentato dalla corrente del fiume»

 Mordred nascose l’aria infastidita e richiamò i cani che lo seguivano per la battuta di caccia.

Se ser Griflet e la scorta di francesini di Galahad insistevano ad ignorarlo, avrebbe fatto anche lui lo stesso.

Dei suoi, solo il fratello Gareth l’aveva accompagnato e lui era troppo buono per pensare di tirare il collo a qualche gallo.

 «E’ un’opera ingegnosa» commentò Galahad entusiasta, andando a sporgersi sopra l’argine del fiume dove girava pigramente le pale di legno.

La cavalcata gli aveva colorato le guance rendendolo meno eburneo del solito.

I capelli biondi erano scarmigliati mentre tratteneva su un braccio un falcone per la caccia. Era un animale splendido dalle penne lucide come seta. Gliel’aveva regalato ser Bors che, per fortuna, non li aveva seguiti.

 «Davvero Galahad» annuì il cugino Lionel, affiancandolo.

I francesi non persero l’occasione per dilungarsi in chiacchiere, ovviamente nella loro lingua, così Mordred, fingendo di non capire, seguì i suoi cani lungo l’argine del sentiero fino a un vecchio pontile sul fiume.

Scendendo da cavallo si piegò ad accarezzare i suoi i suoi tre bracchi da caccia dal pelo maculato.

Trovava fedeltà solo nei cani. Esseri decisamente migliori dell’uomo.

Si raddrizzò e salì sul vecchio molo, guardandosi attorno.

I francesi ridevano dietro di lui.

Gareth si era offerto silenziosamente di tenergli il cavallo.

Sarebbe stato un buon siniscalco se Kay se ne fosse andato, pensò vagamente. Conosceva anche bene le cucine.

E Gawain sarebbe stato il suo maresciallo, certo sempre se fosse rimasto anche lui.

Doveva rafforzare le difese. Far sposare qualche fratello con qualche principessa, per tenere buoni i nemici. Doveva rinsaldare i confini. Sempre se fosse riuscito a convincerli…

Galahad si voltò a cercare l’opinione di Mordred ma, non vedendolo più accanto a sé, si sporse di sella per vedere oltre le facce amiche della sua gente. Fra tutti quei capelli chiari, notò subito la testa mora ferma sul pontile.

«Mordred!» lo richiamò, facendolo voltare: «Non la trovi un’ottima invenzione?!» sorrise tentando di crearsi uno spazio per raggiungere il co-reggente.

Mordred smise di accarezzare il pelo fulvo di uno dei suoi cani e lo guardò, senza una parola. Fissò Galahad mentre gli trotterellava incontro, sul suo cavallo bianco.

“Un vero principe delle fiabe” mugugnò, storcendo la bocca ironico.

D’improvviso s’udì solo un CRACK e il principe sprofondò nell’acqua.

Galahad vide il pontile di legno marcio sfasciarsi sotto i piedi di Mordred e il principe sprofondare nell’acqua con un tonfo sordo.

«Mordred!!» urlò Gareth spaventato, vedendo il fratello affondare nell’acqua melmosa del fiume.

 «Aiuto! Presto, prendete una corda! Bisogna tirarlo fuori da lì!» esclamò scendendo da cavallo e correndo alla riva: «Mordred!» urlò vedendo solo i suoi cani sguazzare nel limo.

Mordred indossava un’armatura di cuoio borchiato anche per la caccia, e se non lo aiutavano subito sarebbe annegato malamente.

Si voltò in cerca di soccorso ma, vide che nessuno dei francesi aveva intenzione di muovere un muscolo.

Se Mordred fosse morto, molte cose sarebbero cambiate a Camelot. Ad iniziare dalla unica reggenza celta, intuì Gareth.  Ed impallidì. Nessuno di loro l’avrebbe aiutato. Ragionò velocemente tutte queste cose, quindi fece per spogliarsi della sua armatura per tuffarsi in aiuto del fratello.

Qualcun altro però lo anticipò.

Galahad liberò il falcone e si gettò, con un balzo, nell’acquitrino senza passare al rischio. Senza riflettere.

In un attimo era sparito sotto i flutti scuri come Mordred.

«Mio Dio… E’ morto anche lui…» gemette il giovane Gareth, passandosi le mani t ra i capelli.

Due re morti in cinque minuti sotto i suoi occhi per di più! Aveva raggiunto un vero record!

Stavolta però, anche i francesi di mossero. Preoccupati per la salute del loro prezioso santo, si precipitarono alla riva con corde e bastoni. Ma il diciassettenne non riemerse. Non riemerse fin quando non ebbe tra le braccia il corpo esanime di Mordred.

 «Prendi la corda Galahad!» urlarono Lionel e ser Griflet, trascinandolo a riva, sudicio e ammaccato.

Dai capelli biondi grondavano anche fili di alghe quando l’adolescente, tossendo, si piegò sul corpo di Mordred.

Il bastardo di Camelot non si muoveva, ne pareva respirare.

Spaventato Galahad cercò lo sguardo dei suoi poi tolse alcune fradice ciocche nere dal viso di Mordred e protese le orecchie sulla sua bocca. Non percepì respiro. Nulla.

 «aiuto…» gemette: «Prendete qualcosa per asciugarlo, scaldarlo!» poi si chinò di nuovo sulla sua bocca.

«Forse ha dell’acqua nei polmoni» suggerì Gareth, accanto a lui: «Bisogna fargliela uscire»

Galahad annuì e, aprendo la bocca del principe, vi infilò due dita come uomo costretto a vomitare.

Non vi fu reazione.

Galahad cercò ancora l’aiuto di Gareth e questi disse: «Aria! Ha bisogno d’aria»

Senza riflettere il giovane Galahad inspirò profondamente poi poggiò la bocca su quella di Mordred e vi insufflò aria.

La vita.

«Vivi. Vivi. Vivi!» implorò, soffianco ancora e ancora; ma senza avere nessuna reazione.

 «Lascialo morto, Galahad. E’ meglio per tutti» disse qualcuno dei suoi.

Sconvolto Galahad si voltò a guardarli con rabbia. Come potevano pensare una cosa simile?

Le lacrime gli rigavano gli occhi quando urlò: «Non morire Mordred! Non te lo permetto!» e gli batté un pugno sul petto: «non te lo permetto, mi senti!?Non è questo il tuo destino, Mordred!Mi senti?! Non te lo permetto» urlò ancora, tra le lacrime.

Singhiozzando si piegò sul corpo del suo migliore amico, implorando il suo Dio di aiutarlo. Implorando un qualsiasi Dio più misericordioso dei cavalieri con lui.

Silenziosi i cani di Mordred andarono ad accucciarsi accanto al corpo del padrone, mogi, guaendo e leccandogli il volto e le mani.

Galahad non riuscì a trattenere il dolore e poggiò la testa sul suo petto.

Anche Gareth si voltò per nascondere le lacrime.

Dopo i dolori che gli aveva riservato la vita, non avrebbe mai creduto che suo fratello potesse morire così… In un incidente, solo, e senza l’onore di una grande battaglia.

Un silenzio cupo scese sul gruppo mentre i cani guaivano inquieti.

Non uno osò parlare, per non rompere quel cupo dolore, fin quando…

 «Che principe azzurro sei…» bisbigliò una voce roca, aggiungendo: «Hai salvato la damigella in pericolo, come sempre» ridacchiò, poi scoppiò in colpi di tosse accesi e profondi che gli squassarono il petto.

Incredulo Galahad alzò il viso e si trovò a guardare Mordred che tossiva piegato su fianco. Tossiva violentemente, sputando acqua ma, era vivo!

E quando alzò il viso, si trovò a fissare gli occhi blu più belli che avesse mai visto. Occhi come il mare burrascoso della costiera settentrionale. Il mare delle Orcadi.

 «Mordred!» urlò felice, gettandogli le braccia al collo.

Il figlio bastardo di Artù si afflosciò sotto il suo peso, incredibilmente felice di sentire quell’abraccio. Era un abbraccio caldo, come di qualcuno che gli voleva bene. Che provava affetto per lui, e lo faceva sentire vivo. Tremendamente vivo.

Posò il capo contro la dura terra, chiudendo gli occhi. Diede dei colpetti sul braccio di Galahad, mormorando: «Ragazzino, il mio destino lo posso decidere solo io»

Galahad si tirò in disparte e sorrise. Sorrise come fosse la persona più felice del mondo. Gli brillavano gli occhi quando posò una mano sulla guancia dell’altro, esclamando: «Va bene ma, non osare mai più farmi scherzi simili! Non voglio governare questo paese da solo, hai capito?!» minacciò, scherzoso.

Mordred avvertì quella delicata carezza al viso, come una scossa in tutto il corpo.

Assentì, per una volta senza parole.

Un timido sorriso sincero fu la sua risposta.

***

 

   
 
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