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Autore: samy_97_    25/05/2011    1 recensioni
[Due sorelle venute dall'Italia, una rossa tutta pepe, tre bellissimi ragazzi conosciuti nella nuova scuola. Mescolate tre etti di amicizia, due d'amore, un pizzico di gelosia, e...] "La storia che mi appresto a narrarvi inizia dopo cinque anni di assoluta “sorellanza” tra me e mia sorella, precisamente il 9 Giugno dei nostri 17 anni. Destinazione Fell's Church." AGGIUNTO IL PROLOGO AL PRIMO CAPITOLO
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao =)

Beh, come sempre sono in ritardo, causa esami. E, tra parentesi, è da un mese che non prendo in mano questa storia, ho rifinito solo ora questo capitolo.

E' comunque un poco più lungo del solito e ammetto che era dall'inizio della storia che non vedevo l'ora di scrivere questo chappy =) Beh, buona lettura!


10.

Allora, tanto per ricapitolare.

Stavo camminando in un tunnel semibuio, alla ricerca del ragazzo che amo, che era richiuso in una cella alla mercé di una vampira psicopatica, e probabilmente lo avrei trovato mezzo mummificato.

Quindi evitiamo di prenderci un colpo se assomiglierà a Ramses II, ok Kathy?

Annuii da sola alla mia domanda mentale e continuai a camminare guardandomi convulsamente in giro.

Non ero pentita di quello che avevo fatto, ma avevo veramente paura, anzi ero terrorizzata.

Solo la prospettiva di vedere Damon, di sapere che con lui sarei stata al sicuro mi facevano stare meglio. Per lui avrei sopportato questo e altro.

Mentre camminavo, lentamente, pensavo che avrei finalmente posto fine al tormento che da qualche giorno a quella parte mi immergeva. Non vederlo, non sentirlo parlare, sapere che stava soffrendo non mi faceva dormire la notte. Mi rigiravo nel letto senza trovare pace, e mi addormentavo solo poco prima dell'alba dormendo così fino al pomeriggio.

Mi struggevo, immaginando a quello che...

Oddio, no, non dovevo pensarci

E, cosa che mi faceva a dir poco incazzare, era che Violet avesse potuto per quanto poco parlare con lui, avere solo un minimo contatto, mentre io per una settimana avevo potuto solo rimpiangerlo.

Lei non lo amava come lo amavo io.

Mi montò ad un tratto rabbia che venne subito spazzata via dall'angoscia, quando le lanterne poste sulla parete fecero vedere un'ombra nera che si stagliava verso di me.

Il cuore cominciò a battere furiosamente, e dimenticai completamente la rabbia verso una delle mie più care amiche.

Temevo che fosse un vampiro con un'irrefrenabile sete e che scegliesse me come prossimo pasto.

Tirai un enorme sospiro di sollievo quando vidi che era una ragazza, umana con lo sguardo basso che camminava veloce, come se stesse cercando di scappare da qualcosa.

La guardai passarmi accanto e decisi di imitarla.

Camminai veloce per il tunnel a senso unico, e quasi mi bloccai quando vidi una figura avvicinarsi con passo spedito. Era parecchio vicina, ma a causa del buio non l’avevo vista prima.

O meglio visto. Un vampiro, non potevo sbagliarmi.

Continuai a camminare con lo sguardo basso pregando, pregando, che passasse avanti senza dare segno di essersi accorto di me.

Purtroppo la mia buona stella pareva che si fosse andata a fare una vacanza perché il vampiro mi si parò di fronte, e quando alzai lo sguardo terrorizzata lo vidi che sorrideva felice.

Iniziai a sudare freddo, quando mi prese per un braccio e a velocità vampiresca mi sbatté addosso al muro.

-Ma bene bene, guarda chi abbiamo qui! Non mi sembra di averti mai vista qui. Sei nuova? Hai perso la lingua?- aggiunse divertito quando non risposi.

-Beh, allora direi che potrei “inaugurarti”…-

No, no, no, no, oh ti prego Dio no!

Iniziai a tremare violentemente, anche se cercavo di non darlo a vedere.

Sentii il cuore battere perfino nelle orecchie, mentre continuavo a pregare in tutte le lingue che conoscevo.

Ma dovevo sapere di non avere speranza.

Il vampiro mi prese per i capelli e mi piegò la testa all’indietro, poi affondò i suoi denti nel mio collo.

Un dolore cento, mille volte più forte dell’ultima volta si propagò dal collo in tutte le altre direzioni.

Non urlai a voce alta, facendo solo dei rantolii di dolore, ma nella mia mente stavo gridando come un’ossessa.

Damon, Damon, aiutami, ti prego! Damon, aiuto, ti prego fa male… DAMON! Ti prego Damon, ti prego, basta basta! Per favore Damon, ti prego, ti prego…

Dopo quella che mi parve un’infinità il vampiro si staccò e mi lasciò andare.

Mi accasci a terra, conscia solo in quel momento che calde lacrime mi correvano giù per le guance.

Il vampiro si asciugò gli ultimi rivoli di sangue e sorrise ancora di più.

-Adesso vai sempre dritta per il corridoio e troverai una porta chiusa. La apri e entri nelle prigioni. Nella seconda cella a destra c’è Damon Salvatore, un prigioniero molto speciale. Voglio che tu vada davanti alla sua cella e gli mostri il collo insanguinato. Devi far si che si stagli sulle sbarre, ma che non abbia neanche una goccia del tuo delizioso sangue. Sono stato chiaro.-

Annuii e lo guardai allontanarsi.

Ancora tremante mi alzai e provai a muovere qualche passo ma ricaddi rovinosamente a terra.

Aspettai qualche secondo seduta e mi provai a tamponare il sangue con il mantello combinando un macello.

Così, dopo molti tentativi, mi alzai e ripresi a camminare, da una parte felice per aver saputo dove era Damon.

Andai sempre dritta per un bel pezzo e poi trovai una porta massiccia in legno.

Ignorando i giramenti di testa cercai di aprire quella porta. Era molto pesante, e di sicuro la perdita di sangue non aiutava per niente.

Tirai la maniglia più forte che potevo puntandomi con i piedi e quella, con un po’ di sforzo si aprì.

Ci scivolai dentro e la lasciai chiudere dentro di me con un tonfo.

E ora cosa avrei detto?

Ehilà, Damon, sono venuta qui per liberarti! E tranquillo per il sangue, è che un vampiro tanto simpatico aveva una leggera sete, ma tanto tu puoi tapparti il naso e venire via, no?

Se quel bastardo mi aveva mandata li c’era pur un motivo, no? Povero Damon, chissà quante ne aveva dovute sopportare.

Senza perdere altro tempo prezioso e pregando, per la terza volta nel giro di poco, che stesse decentemente, cercai la seconda porta a destra.

Non ho mai pregato così tanto in vita mia pensai distrattamente controllando che nella cella ci fosse veramente Damon.

-Vattene, mocciosa. Se ti avvicini di più ti uccido. E dì a quegli schifosi bastardi dei tuoi padroni che se proprio vogliono vedermi morto mi devono infilare un paletto nel cuore.-

Non lo stetti ad ascoltare, e non provai nemmeno a farmi riconoscere. Cercavo qualcosa con cui aprire la serratura: dovevo entrare lì.

Non so come, ma vidi un mazzo di chiavi poco distanti. Corsi a prenderle e incominciai velocemente a provarle tutte finché non trovai quella giusta.

La girai nella serratura e con un sonoro schiocco la porta si aprì. Entrai velocemente e la chiusi dietro di me, ma non feci in tempo a rigirarmi che mi ritrovai inchiodata al muro con la mano di Damon che mi stringeva il collo.

Per un attimo trattenetti il respiro, troppo felice di vederlo. Notai subito che era pallido come un cadavere e che aveva le guance incavate. Stava malissimo e faceva fatica a reggersi in piedi.

Ma mi guardava con un’aria minacciosa che mai gli avevo visto nel suo bellissimo volto, se non quando aveva attaccato quel vampiro nella mia stanza, quello che mi sembrava un sacco di tempo prima.

Un’eternità senza di lui.

Ritornai alla realtà quando sentii un dolore allucinante alla parte destra del collo, dove quel vampiro mi aveva morsa poco prima, e quando mi accorsi di non riuscire più a respirare.

Quando cercai di proferire parola vidi il volto del ragazzo davanti a me cambiare, trasformarsi in una smorfia di pura minaccia. Cambiarono i suoi occhi e i canini si allungarono e lo vidi puntare lo sguardo al mio collo.

Poi parlò: -Sprovveduta, adesso sarò costretto ad ucciderti, e a prosciugarti di tutto quel delizioso sangue…-

-Damon, fermo… sono Katherine! E non riesco a respi…rare…-

Lo vidi sgranare gli occhi e allentare la presa, così potei prendere una bella boccata d’aria e cercare di calmare il dolore al collo.

Damon si guardò la mano insanguinata e chiuse gli occhi, pulendosela nei pantaloni logori, poi ripuntò gli occhi su di me e sembrò indeciso su quale domanda farmi per prima.

Ma non fece in tempo a farne nessuna perché le sue gambe cedettero e mi cadde addosso. Nel tentativo di tenerlo in piedi caddi anch’io, così mi ritrovai seduta con le spalle al muro e Damon accovacciato malamente addosso a me, con la tesa poggiata accanto alla ferita sanguinante.

Cercò di trattenersi, anche se sapevo che stava morendo di sete, così gli spostai la testa dall’altra parte, sperando di alleviare un po’ la sua sofferenza e lo sentii rilassarsi impercettibilmente, ma sentivo che era ancora affamato.

Era strano, ma lo sentivo come se lui fosse parte di me. Una volta Elena mi aveva parlato di aure. Non sapevo se fosse quello e in quel momento non me ne importava.

Cominciai ad accarezzargli i capelli, volevo lenire quel dolore anche se sapevo che in parte era la mia presenza a causarlo. Mi odiai per questo.

-Cosa… cosa fai qui?- chiese e la sua voce era molto diversa da prima. Era stanca e sofferente.

-Io e gli altri siamo venuti a prenderti.- evitai tutti gli altri particolari per non preoccuparlo troppo.

-Cosa hai sul collo?-

-Un vampiro, mentre venivo qui, ha pensato che fossi una delle schiavette di Gisèle e si è sentito libero di mordermi.- dissi con disgusto, ma sempre con voce bassa.

-Brutto… brutto bastardo schifoso, giuro che lo ammazzo.-

Lo strinsi di più a me. Aveva bisogno di sangue, e lo spostai dall’altra parte, nuovamente.

-Che fai?-

-Devi… nutrirti. Adesso. E non obiettare.-

-No.- disse fermo, mentre girava la testa dall’altra parte.

-Damon, ti prego, ne hai bisogno. E poi non farà male. Elena mi ha detto che se offri il sangue, quella che senti è una sensazione bellissima. E poi starai meglio, così potremmo uscire di qui, e poi andremo a casa a dormire e domani mattina a scuola e…- mi bloccai perché ero scossa dai singhiozzi.

-Damon, ti scongiuro. Non devi morire.- dissi pregandolo nuovamente tra le lacrime.

Lo sentì sciogliersi e sapevo che si era arreso.

Si sedette un po’ meglio e mi circondò i fianchi con le braccia.

Inutile dire che arrossii e il cuore iniziò a galoppare in un modo alquanto vergognoso, considerando che lui poteva sentirlo benissimo.

Sorrise, non lo vidi ma ero certa che lo stesse facendo, e mi baciò il lembo di pelle, poi mi morse.

Subito mi sentii catapultata in paradiso.

Non c’era stato dolore e adesso, avvolta da quel piacere che faceva mozzare il fiato, sentivo che era valsa la pena andare fino a là, stare male, soffrire, tutto per quel singolo momento.

Sentivo quello che provava lui, e non era possibile descriverlo a parole. Sentivo che il mio sangue lo dissetava e percepivo, come se fosse mio, l’enorme piacere che provava a bere il mio sangue, dolce nettare che lo rigenerava.

Avevo ragione: quando si staccò da me, con grande dispiacere da parte mia, era più roseo e i suoi occhi avevano preso vitalità.

Mi si riempiva il cuore di gioia nel vederlo così, quasi come prima che sparisse, quasi come il Damon che conoscevo io.

Ma sapevo che non era così. Dopo giorni e giorni di astinenza, per fino io me ne rendevo conto, serviva molto più di un po’ di sangue per rigenerarsi, e lui, ovviamente, aveva evitato di dissanguarmi.

Tornai alla realtà, e ci misi un po’ per capire esattamente dov’ero. Mi sembrava di essermi appena ripresa da una bellissima sbronza.

Constatai, subito, che Elena aveva perfettamente ragione: scambiare il sangue con la persona che amavi era la cosa più paradisiaca che si possa immaginare.

Damon mi fissò negli occhi, scrutandomi per vedere la mia reazione.

-Cazzo!- sbottò un attimo dopo. Sussultai per il rumore improvviso e gli chiesi con lo sguardo cosa fosse successo.

-Damon?- pigolai quando non mi rispose.

-Sei pallidissima. Non avrei dovuto prendere così tanto sangue, non ho preso in considerazione… l’altro.-

Gli posai la mano nella guancia e piegai leggermente la testa da un lato.

-Fa niente, sto benissimo, vedi?-

-No! Ma non ti senti? Cazzo…-

Scossi la testa. In effetti mi sentivo debole, ma credo che non mi importasse. Insomma… lui era lì! Con me! Nient’altro importava.

Ad un certo punto lo vidi che prendeva un pezzo di metallo da terra e che si tagliava la base del collo.

Trattenni il fiato, finché non capì dove volesse arrivare, ma anche in quel momento esitai.

-Due vampiri, o coppia vampiro/umano, si scambiano il sangue solo quando si amano.-

Mi tornarono in mente le parole di Elena. Quindi voleva dire che…?

No, non dovevo illudermi per niente. Il sangue di vampiro mi avrebbe fatta stare meglio e se non volevo svenire dovevo bere. Non che mi facesse schifo, eh…

Poggiai le labbra sul taglio e cominciai a bere come aveva fatto lui.

Sentii che sospirava estasiato e che mi stringeva di più a lui. Dio, quanto l’amavo.

Nuovamente le nostre emozioni e le nostre sensazioni si mischiarono, e nessuno dei due capiva quali fossero le proprie.

Sentivo che era così perfetto, così giusto che fossimo uniti in quel momento che quasi non mi sembrava vero.

Quando mi staccai vidi che il vampiro davanti a me mi scrutava soddisfatto e non potei fare a meno di arrossire, causandogli un risolino.

Poi, senza togliere il braccio dalla mia vita, si avvicinò al mio viso posandomi un leggero bacio sulla guancia. Poi, sfiorandomi la pelle, arrivò sulle mie labbra e lì premette un po’ di più, stando fermo per qualche secondo. Il mio cuore perse qualche battito, ma stetti ferma a godermi quelle nuove emozioni che la sua presenza e il suo gesto mi stavano causando.

Poi mi ritrovai a viaggiare in un verde bosco, che assomigliava a quello di Fell’s Church, ma prima ancora di chiedermi dove fossi il paesaggio cambiò e ebbi la sensazione di essere dentro ad una scatola nera, tanto era buio.

Non mi accorsi subito di una cosa, però: il mio corpo risplendeva di luce propria facendomi assomigliare a una stella.

Mi guardai intorno, spaventandomi e aprendo la bocca per gridare, ma dalle mie labbra non uscì neppure un suono. Poi sentii un pianto in lontananza e, senza pensarci mi diressi verso di esso.

Mi saltò subito all’occhio l’enorme macigno nero come la pece che c’era dentro quel mondo altrettanto nero.

Al macigno era legato con delle catene un bambino, era raggomitolato su se stesso, ma riuscivo a vedere la sua chioma nera, che spuntava dalle magre braccine.

Mi avvicinai un po’, chiamandolo con la voce della mente.

-Ciao.-

-Vai via!- Mi stupii non poco del tono di quel bimbo.

-Ma io voglio solo aiutarti. Dimmi chi sei.-

-No! Poi mi lascerai qui, come l'ultima, e te ne andrai per sempre. E lui allora mi legherà ancora di più, e non mi lascerà più entrare nella radura...-

Non sapevo che cosa dire. Ma pensai che, forse, la strada migliore era fargli capire che non gli avrei fatto del male. O fatto in modo che gliene facessero.

Mi avvicinai un po’ di più, e mi inginocchiai alla sua altezza, togliendo le braccine dalle gambe e facendogli alzare la testa. Rabbrividii quando sentii il gelo della sua pelle.

-Ma io non sono l'altra persona. Guardami: sono diversa, e non farò quello che ha fatto lei. Però perché riesca ad aiutarti ti devi fidare di me.-

Il bambino mi guardò e, arresosi, caldi lacrimoni scesero dai suoi occhi azzurri come il mare.

Corsi ad abbracciarlo cercando di scaldarlo.

-Chi è che ti fa del male?-

-Lui... Damon!-

Damon!?! Come poteva lui fare del male ad un bambino innocente? Ma sopratutto... Dove accidenti eravamo?

-Come fa a farti del male? Dove siamo? Chi sei?-

-Io sono Damon! E siamo nella sua anima. Lui mi lega, e chiude sempre di più quel macigno, legandomi fuori e non facendomi entrare. Lei era riuscita ad aprirlo, ma poi è finito tutto ed è andata con suo fratello e lui ha messo un altro strato a quello... alla sua anima.-

Ma cosa... Lei?

Elena! Certo, lei!

Riuscì a collegare tutti i pezzi, ma mi sentì trascinare via dal bambino.

-Tornerò!- urlai prima di ritrovarmi, nuovamente, nella cella del covo di Gisèle. Con Damon.

Mi guardai intorno, spaesata, aspettandomi di trovare il grosso macigno e il bambino.

Ma non c’era niente di tutto questo, solo le luride mura delle celle e, grazie a Dio, Damon, davanti a me che mi fissava con uno sguardo impenetrabile.

Si doveva essere reso conto di quello che aveva fatto. Dentro di me sospirai amareggiata, ma cosa mi aspettavo?

Decisi che non era il momento per seghe mentali e, scacciando l’imbarazzo, feci come se non fosse successo nulla e guardai Damon, con il pensiero martellante di quel bambino in testa.

-Quindi adesso che facciamo?-

-Usciamo di qui, è ovvio. Hai ancora le chiavi?-

Gli posi il mazzo di chiavi, indicandogli quella della cella.

-E con Gisèle?-

-E andata a Parigi per qualche settimana, quindi se eliminiamo i suoi scagnozzi possiamo uscire. Del resto ci occuperemo più tardi.-

-Ma sei sicuro di stare bene?-

Non ottenni risposta.

Grazie per la considerazione, eh…

Damon aprì la porta della cella e dopo essersi guardato intorno e mi prese per mano, trascinandomi fuori. Quando lo toccai sentì una piccola scossa e probabilmente doveva essersene accorto anche lui, perché mi fissò per qualche secondo.

-Pronta?- mi chiese

-Per cosa?-

Alzò un sopracciglio e mi guardò stralunato.

-Spero tu non pensa che ce ne andremo di qui camminando, vero?-

-Oh…-

Scosse la testa e mi squadrò un secondo. Poi senza chiedere nulla mi prese in braccio.

Rabbrividii quando fui tra le sue braccia calde e quando partì mi strinsi di più a lui e nascosi il viso tra il suo collo e la spalla.

Quando arrivammo sotto la botola mi lasciai mettere giù. Vidi subito che Damon stava crollando dalla stanchezza e dubitavo che sarebbe riuscito ad inviare un richiamo mentale.

Presi il ramoscello di verbena che avevo in tasca e lo buttai a terra, poi iniziai a chiamarlo.

Stefan? Stefaaan?... Stefan??? STEFAN!

Si si, ci sono. Dove sei?

Siamo sotto la botola, ma non credo che Damon riesca ad arrivare fino a su, sta malissimo.

Ok, arriviamo subito.

Ce la posso fare anche da solo!

Zitto, Damon! Dicemmo io e Stafan nello stesso momento.

Sorrisi un poco e andai vicino a lui, prendendogli il braccio per evitare che cadesse a terra.

Finchè aspettavamo i nostri due amici, cercai di far chiaro nella mia testa.

Insomma, Damon si era comportato molto dolcemente con me, e di sicuro non avrebbe bevuto il mio sangue se non l’avessi costretto io, e quindi sarebbe allegramente morto, o rinsecchito, che dir si voglia.

Bah…

Buona sera, signore e signori, rieccoci a una nuova puntata di Mistero, oggi parleremo di Ramses II, famosissima mummia mummificata dell’epoca egiziana…

Sentì una risata sopra di me e un attimo dopo vidi Stefan che, con un salto, scendeva nel tunnel, guardandomi con occhi pieni di ilarità.

Se leggi ancora i miei pensieri ti mastico.

Alzò le mani in segno di resa ridendo ancora più forte e andò ad abbracciare suo fratello, il quale, stranamente, ricambiò lasciandosi sorreggere.

Stefan, con un salto portò su Damon e poi scese a prendere anche me.

Dopo dieci minuti di protesta su chi dovesse andare a casa a piedi (Damon insisteva a causa dell’orgoglio) Elena saltò fuori con un: -E porca miseria! Ci stiamo tutti, tranquilli! E al massimo ci mettiamo nel bagagliaio, d’accordo?-

Noi annuimmo e ci nascondemmo in macchina, stringendoci più che potevamo.

Alla fine mi trovai spiaccicata al finestrino, a guardare la Luna che si distingueva a mala pena tra gli alberi e, come immaginato, mi misi a pensare.

Pensai a tutto quello che era successo quella sera, poi mi ricordai che non avevo la verbena.

Così mi misi a canticchiare come una cretina.


"I don't wanna hear, I don't wanna know

Please don't say you're sorry

I've heard it all before

And I can take care of myself

I don't wanna hear, I don't wanna know

Please don't say 'Forgive me'

I've seen it all before

And I can't take it anymore"


Buon Dio, adesso potevano tranquillamente mandarmi al manicomio. Mi sentivo veramente cretina e Stefan tutto allegro se la rideva.
Ah-ah-ah Stefan, sto morendo dal ridere. Ci dai un taglio? Veramente Salvatore, Vàccagare!
Dissi in italiano quando vidi che non smetteva di ridere.

-Kathy, tutto bene?-

Mi chiede Alyssa, non sapendo delle mie scemate mentali. In quei momenti ringraziavo che fosse solo una comune mortale.

-Uh? Si, tranquilla. Sono solo stanca.- cercai di convincerla. Cercavo di non pensare a niente, perché cavolo non avevo dato a mia sorella un rametto di verbena in più?

Mi sarei volentieri presa a morsi. Poggiai la testa sul finestrino e chiusi gli occhi.

Ad un tratto Stefan si girò e mi guardò fisso. Poi lo vidi che arrossiva senza motivo e sorrideva sornione.

Quando provai a chiedergli cosa aveva lui iniziò a ridere e a singhiozzare.

-Allooooora Katherine, coooosa fai lììì tuuuuutta sola??? Hic...- spalancai gli occhi terrorizzata.

Oh, ma 'sto qua è ubriaco?

Con un sussulto aprii gli occhi e mi guardai attorno, scoprendo che Stefan era perfettamente sobrio. Mi ero addormentata.

Sospirai mentalmente e vidi Stefan lanciarmi un'occhiataccia e gli sorrisi di rimando.

-Stai facendo tutto da solo, sai?- dissi in italiano.

Violet mi guardò stranita, cercando di capire cosa stavo dicendo, ma non le spiegai niente. E non per ripicca, eh!

-Non dovresti prendertela con lei, non è colpa sua.-

-Certo che no...- borbottai. Sapevo che aveva ragione...

E poi io avevo avuto molto di più di lei...


"Do you ever feel like breaking down?

Do you ever feel out of place?

Like somehow you just don’t belong

And no one understands youuuuuuuuu ♪"


Continuai così fino al nostro arrivo alla pensione, cambiando canzone quando non ricordavo più le parole.

Quando arrivammo alla pensione ci fiondammo dentro e Stefan portò Damon in camera. Con la luce elettrica sembrava ancora più spettrale e mi faceva male guardarlo in quel modo.

Elena fece un paio di giri con delle sacche di sangue, ma mi parve di capire che non bastavano. Dissi che se ne avevano bisogno io avrei potuto dissanguarmi un altro po’, ma mi guardarono male e mi spinsero a farmi la doccia.

Ammetto che quella doccia fu rigenerante, e mi lavai via tutto il sangue che mi era rimasto sul corpo. Poi mi misi una camicia da notte blu che Elena ci aveva prestato e accompagnai Violet e Alyssa nella loro camera da letto provvisoria. Io non avevo mai notato quanto il divano in soggiorno fosse comodo.

Sorrisi alle due e le baciai sulla guancia augurando loro la buona notte. Erano molto provate, e preferii non pressarle. Anche perché avevano combattuto anche loro con qualche allegro vampiro.

Personalmente tutto il sonno che mi aveva colta in auto era scivolato nello scarico insieme all’acqua sporca.

Andai da Elena e pensai di parlarle del bambino, ma lei mi mise in mano una bottiglia contenente un liquido rossastro - nero prima che potessi aprire bocca.

-E’ vino Black Magic, l’unico che bevono i vampiri. Portalo a Damon, allevia la sete.-

Presi la bottiglia e, frenando i battiti del mio cuore, andai nella camera di Damon e bussai piano.


Spero vi sia piaciuto!

Comq sempre ringrazio chi ha messo tra preferiti, seguite e ricordate e chi ha recensito =)

Un grazie infinite a tutti =)

°°Samirina°°

  
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