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Autore: Martin Eden    25/05/2011    1 recensioni
Seguito di Compagni di Sventura - Across Middle-Earth. Continuano le avventure dei nostri eroi in compagnia di Lilian, la ragazza che ha scombussolato i loro piani ma che sembra acquistare sempre più importanza nella loro storia...e in particolare di uno di loro... :)) Per chi conosce il primo episodio di questa mia serie, e per chi invece non ancora, l'invito a leggere è rinnovato!! Spero vi piaccia...aspetto i vostri commenti e recensioni! Nel bene e nel male.. :)) Ciaoo
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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6 - GUERRA

 
 Per quel che riguardava Aragorn, entrambi lo videro poche volte quella sera, e anche il giorno seguente: sembrava li evitasse.
- Prima Lilian, poi Aragorn...mi chiedo se mai riuscirò ad aprire bocca senza cau-sare guai.- disse sospirando Legolas, dopo un giorno pieno di rimorso.
- La colpa non è stata solo tua, lo sai bene...- cercò di tranquillizzarlo Gimli.
- Sarà anche così, ma adesso siamo divisi più che mai, proprio alla vigilia della battaglia!-
L'elfo sospirò di nuovo: nel suo cuore combattuto, si stava svolgendo un conflitto ben più grande di quello imminente.
Dopo alcuni minuti, inspiegabilmente, si voltò e si diresse verso la stanza dove aveva visto scomparire Aragorn, poche ore prima:
- Dove stai andando?- gli urlò Gimli, atterrito.
- A fare pace con almeno uno dei due!-
Legolas scese le scale, e l'ultima risposta del nano si perse nell'aria sempre più cupa della notte: arrivò a una porta, ma si guardò bene dall'entrare così di botto.
Aprì un piccolo spiraglio, disegnando sul pavimento una striscia tremolante di calda luce: Aragorn era dentro, stava indossando la cotta di maglia che l'avrebbe protetto da molti attacchi nemici.
In quel momento parve un uomo così perfetto, così ideale...: oh, come aveva potuto dubitare di un guerriero così forte ed onesto?
Legolas entrò di soppiatto nella stanza, e con altrettanto silenzio afferrò la spada che trovò poco lontano da Aragorn: quest'ultimo, quando si girò, lo vide che gli porgeva l'arma.
- Che c'è? Sei venuto ad avvertirmi dell'arrivo degli orchi?- gli chiese asciutto mentre si saldava il fodero e la spada alla cintura.
- No. Non sono ancora giunti qui.- gli rispose Legolas- Sono venuto per altre cose...-
Aragorn lo guardò sorpreso, scrutandolo attentamente, nel tentativo di indovina-re il perchè di quel tono altrettanto serio:
- Per me e per gli uomini di queste contrade, tu sei stato una guida, e non ci hai mai traditi, e non penso che tu voglia farlo ora....perdonami, Aragorn...ho..sbagliato...-
L'elfo chinò la testa, trovandosi a fissare un immenso pavimento sgretolato: non era sicuro che il suo amico comprendesse quello che cercava di dirgli.
Quando passò qualche minuto, Legolas perse ogni speranza di riappacificarsi: stava per fare dietrofront e andarsene, con il cuore pesante e sconfitto, ma una mano sulla sua spalla lo trattenne: alzò di nuovo gli occhi.
- Non c'è nulla da perdonare, Legolas...- gli sussurrò Aragorn, commosso dalle parole dell'amico   - è facile perdere la testa in questi tempi bui..-
Si sorrisero a vicenda. E in quel momento l'aria si riempì di un suono che fece allarmare entrambi: non erano corni di orchi...
Istintivamente si precipitarono fuori dalla stanza e salirono a capofitto le scale, rischiando più volte di inciampare e rompersi l'osso del collo: videro Gimli che correva come un ossesso verso il cortile della roccaforte, e capirono che qualcosa di strano era in atto, là fuori.
Il re era già davanti al portone principale, aveva appena dato l'ordine di aprire il cancello: in quel momento, nello spazio ristretto appena oltre le mura si riversò una valanga di quelli che sembravano uomini incappucciati.
Nè Aragorn nè Legolas capivano chi fossero quegli inattesi ospiti: si avvicinaro-no un poco, curiosi di scoprire chi si celava sotto quelle mentite spoglie.
Qualcuno si staccò dalla massa confusa e diede ordine agli altri di girarsi: im-provvisamente, dai mantelli che portavano gli stranieri scaturirono armature d'o-ro, lunghi archi e faretre colme di frecce: evidentemente erano amici, anzi, era-no elfi.
- Salve a voi, re di Rohan....- salutò cordialmente Haldir, togliendosi il cappuccio.
Aragorn non si era mai dimenticato di lui, quell'elfo benefico che li aveva condot-ti a Lòrien senza pericoli:
- Salve a te, Haldir!- disse, e senza tanti preamboli lo abbracciò.
- Giungete proprio nel momento del bisogno, amici.- esordì Théoden- Come ave-te intuito che eravamo quasi nel pieno di una battaglia? Credevo che nemmeno voi vi rammentaste delle vecchie alleanze.-
- Una brava ragazza è venuta a ricordarcele...-
A quella risposta, il cuore di Legolas si riempì di gioia: c'era solo una persona che poteva aver recato il messaggio d'aiuto a Lòrien, e quella persona era Lilian.
Lilian...era tornata.
- E dov'è ora questa ragazza?- chiese Legolas, agitato più che mai.
- Guarda, è proprio là..- Haldir si voltò e indicò con un dito una meta imprecisa-ta: ma in quel punto non c'era niente di niente.
- Come è possibile, era lì un minuto fa! Ci ha accompagnato sin qui!!- balbettò Haldir, non credendo ai suoi occhi.
In quel momento, dal nulla giunse un soldato, che riferì al re la notizia che un cavallo era fuggito e a chiedere se dovevano tentare di riprenderlo: il sovrano rispose di no, gli uomini gli servivano alla roccaforte.
La speranza che aveva provato Legolas in quei pochi secondi si tramutò in un'e-norme delusione: era stato un sogno, solo un bellissimo sogno.
Lei se n'era andata di nuovo.
Abbassò la testa, rattristato:
- Fa lo stesso...- sussurrò, ma Haldir non udì quelle parole: le udì Aragorn.
In quel tono sconfitto riconobbe l'amara verità che stava spezzando il cuore a Legolas, ma capì anche che non poteva farci niente: poggiò una mano sulla spalla dell'elfo, senza riuscirgli a dare un po' di conforto.
Il cielo aveva preso a rannuvolarsi.
 
Non erano passate molte ore dall'arrivo di Haldir quando pesanti passi rimbom-barono nelle spoglie pianure davanti alla roccaforte: elfi e uomini si misero ai posti di combattimento, in file compatte sulle mura, archi tesi.
Infine erano giunti: diecimila orchi come minimo si erano schierati davanti al Fosso di Helm, pronti a portare la vittoria a Isengard.
Era un esercito immenso.
Diecimila contro settecento: come avrebbe potuto vincere, re Théoden?
Il cielo, che fino ad allora era stato coperto, rovesciò di nuovo la sua ira sull'arso terreno: Legolas, con l'arco appoggiato a una spalla, si rammentò della brutta notte in cui aveva creduto che Lilian fosse morta.
Anche allora pioveva, anche allora i lampi avevano squarciato la cupa volta del cielo, anche allora i tuoni avevano segnato il destino.
- Alla fine..ci siamo.- sentenziò Aragorn, sopraggiungendo alle spalle dell'elfo.
- Qualunque sia la nostra sorte, che superi questa notte!- gli augurò Gimli, pochi passi più in là.
- I tuoi amici sono con te, Aragorn...anche se non tutti...- disse Legolas sovrap-pensiero: si stava riferendo a Lilian.
- Che anche loro superino questa notte.- bofonchiò il nano.
- Lei è con noi, Legolas...- sussurrò Aragorn, dando una stretta affettuosa alla spalla dell'elfo.
Poi se ne andò, per controllare meglio la parte di esercito che gli era stata asse-gnata: in quel momento, gli orchi al di là delle mura presero a pestare furiosa-mente le lance e i piedi, gettando gli uomini nell'incertezza.
- Potevi scegliere un posto migliore!-Gimli cominciò a saltellare, nel tentativo di vedere oltre il muretto che lo sovrastava di una decina di centimetri- Che sta succedendo? Che diamine sta succedendo??-
- Vuoi che te lo descriva...- disse Legolas, ma non fece in tempo a completare l'ironica battuta: qualcuno lo precedette.
-...o preferisci avere un rialzo?-
L'elfo rimase impietrito: qualcosa gli era scivolato silenziosamente alle spalle, e come un ombra si era posizionato accanto a lui.
Si voltò lentamente, non sapendo chi avrebbe trovato dinnanzi ai suoi occhi: non era certo Aragorn....
- Lilian?- domandò stupefatto appena mise a fuoco la figura al suo fianco- Sei tu?-
- Perchè, non dovrei esserlo?- gli rispose aspra la ragazza, voltandosi verso l'e-sercito di Isengard.
- Io...io credevo non mi volessi più vedere..-
- Infatti...-
Si capiva perfettamente che Lilian non aveva ancora sbollito la rabbia: Gimli se ne guardò bene dal parlare di quel fatto, e cercò anche di farlo capire a Legolas.
Ma questi non sembrava intenzionato a lasciar perdere la faccenda:
- Allora..perchè sei tornata?- le chiese.
- La guerra incombe, e sorvola ogni altra cosa: è troppo importante per essere lasciata al secondo posto, dopo i nostri affari..-
- Sei stata tu a chiamare in nostro aiuto Haldir, vero?-
- Grazie a un sogno di re Celeborn..altrimenti dubito che mi avrebbero creduto.-
Il martellare degli orchi impazienti riempì il breve vuoto:
- Visto che sei qui, Lilian, io...volevo chiederti scusa: non volevo obbligarti a farci da messaggero, cercavo solo un modo per tirarci fuori dai guai..-
- Lo so.-
La risposta fece rimanere Legolas di stucco, ma non demorse nella sua confes-sione:
- Mi dispiace di averti ferita...credimi, non volevo..-
- Lo so.-
-..allora....pace?-
Le tese la mano con espressione afflitta; Lilian indugiò per alcuni interminabili minuti, ma alla fine la strinse:
- Guai a te se mi fai altri scherzi del genere!- ammonì.
- Non li farò...-
Si guardarono, convinti di avere trovato nell'altro un perdono: era strano tro-varsi lì, in mezzo a tutte quelle armi, e a tutti quegli uomini, e avere una gran voglia di....
Intuendo che stava per succedere, Gimli s'intromise bruscamente fra i due a-mici, facendo loro staccare le mani e distanziandoli di qualche centimentro:
- Permesso, permesso: si vede meglio da questa parte?- chiese tranquillamente.
Ma poichè non riusciva a guardare niente di niente si vide costretto a ritornare sui suoi passi, alla sua prima postazione: ora, anche se Legolas e Lilian erano tornati vicini, li teneva d'occhio.
Loro non si guardarono per molto tempo, concentrati com'erano e impazienti di cominciare e finire, una volta per tutte.
Lilian, nonostante fosse abituata a quel genere di cose, si sentiva troppo nervo-sa: le battevano debolmente i denti, ma non era paura, bensì tensione: che a-spettavano quei mostri a fare il primo passo?
Incapace di trattenere i suoi sentimenti, strappò bruscamente una piantina cre-sciuta tra le fila di pietre del muretto: con mani tremanti iniziò a sminuzzarla, rendendola poltiglia in pochi secondi.
Non sapeva più come scaricare la tensione che le logorava i nervi: tentava di pensare alla vittoria, a quando sarebbe stata la fine, ma nemmeno la sorte più rosea che la potesse venire in mente riuscì a rasserenarla.
La verità era che in ogni momento anche la vittoria sembrava ottenebrata dalla notte incombente.
Legolas, adocchiando il lavorìo sommesso delle dita di Lilian, spostò lo sguardo su di lei, per vedere che stava combinando in un momento simile: la sorprese mentre stava ancora martirizzando quella povera pianticella che aveva trovato, e capì che evidentemente essere abituati a una vita dura non serviva per quel ge- nere di occasioni.
Lo sguardo della ragazza era fisso sull'esercito, ancora lì a scalpitare in attesa dell'inizio, e lei era rigida, quasi quanto l'asta che teneva nella sua faretra: anco-ra poco e le sarebbe venuta una crisi di nervi.
Volendo regalarle un momento di tranquillità, forse l'ultimo che avrebbe potuto godere, Legolas allungò la mano e con decisione ne afferrò una della ragazza, incrociando le sue dita sottili con quelle di lei: la trasse a sè.
- Andrà tutto bene...- le sussurrò a un orecchio, assaporando il dolce profumo dei suoi capelli.
- Se lo dici tu...- si limitò a dire Lilian: benchè intuisse le buone intenzioni di Le-golas, non si sentiva affatto tranquilla. Gli strinse la mano, mentre Gimli si mor-deva le nocche per non avere un eccesso di rabbia.
Ad un tratto, come un fulmine che attraversa il cielo, una freccia partì pochi me-tri più in là, andandosi a conficcare nel collo di un grosso uruk-hai: la creatura emise un gemito soffocato, prima di crollare per non rialzarsi mai più.
Fu quella la miccia che bastò a far esplodere l'odio fra i mostri di Isengard, che in quel momento gridarono di eccitazione e di rabbia, scagliandosi contro le mu-ra del Fosso di Helm.
Aragorn diede ordine di scagliare frecce a volontà, e la maestria degli elfi di Hal-dir servì a far cadere molti nemici: ma la marea nera si muoveva ancora inces-santemente, addossandosi alle pareti della roccaforte e spingendo poderose scale contro le mura.
Lilian e Legolas si misero subito all'opera per far cadere quei trabiccoli, con orchi compresi, sulle fila nemiche, ottenendo risultati che però non si mostrarono ri-levanti: i mostri continuavano a salire, e ben presto i due amici si videro costret-ti a usare ben più di un misero arco.
Gimli, dal canto suo, essendo piccolo e non visibile da oltre le mura, abbatteva i nemici semplicemente quando gli arrivavano sopra, nel tentativo di entrare:
- Sono già a due!- dichiarò contento mentre finiva un grosso uruk-hai: lui e l'elfo avevano fatto una scommessa su chi ne avrebbe uccisi di più.
- Io sono a diciassette!- gli urlò Legolas di rimando- Anzi, diciannove!- aggiunse ammazzandone altri due.
Per l'orgoglio del nano, quello fu un grave colpo:
- Non permetterò che Orecchie a Punta mi batta!- si disse e prese ad agitare l'a-scia in ogni direzione.
Lilian era poco più in alto, e per pura casualità, mentre stendeva un orco con il suo dolce peso, capitò vicino a Legolas:
- Quanti ne hai uccisi?- le chiese lui appena ne abbe l'occasione.
- Dunque...dovrebbero essere... Abbassati!!-
Legolas ubbidì e Lilian potè abbattere un uruk-hai che incombeva dietro al suo amico, pronto a fare da boia:
- Trentuno!- esclamò trionfante.
Quella volta fu Legolas ad avvertire un grave colpo al suo orgoglio.
 
Poche ore dopo, la situazione era in uno stato di traballante stallo.
Gli orchi sembravano non finire mai, mentre invece il numero degli uomini e de-gli elfi si andava via via assotigliando: non potevano resisitere ancora per molto sulle mura.
Aragorn ordinò la ritirata entro la seconda cerchia di protezione, e i pochi rimasti ancora in vita abbandonarono i posti d'avanguardia e si diressero verso il cuore della roccaforte: anche Lilian lo fece, sebbene non fosse la sua abituale strate-gia.
Stava correndo in direzione di Aragorn, quando, ad un tratto, ebbe l'atroce so-spetto che le stesse sfuggendo di mano la situazione: aveva come l'impressione che un invisibile occhio le stesse girando attorno, ma non era l'Occhio di Sauron, l'oscuro signore, bensì qualcosa che stava cercando di avvertirla.
Non di un pericolo, però.
Lilian s'immobilizzò ad ascoltare il vento fischiarle nelle orecchie e respirò...tal-mente piano.....
Sopra di lei un ascia di Isengard si abbattè pesantemente su un fragile corpo in-difeso e indebolito, ma fu proprio quel rauco crocchiare di ossa che riportò la ra-gazza alla realtà, inducendola, istintivamente, a scoccare una freccia sopra la sua testa: un uruk-hai stramazzò a terra.
Ma anche qualcun'altro cadde in ginocchio, afflitto da qualcosa che avrebbe per sempre distrutto il suo ritorno a casa.
Lilian si precipitò su per le vicine scale e corse più veloce che le permisero le gambe per raggiungere in tempo l'uomo che, a parer suo, era stato ferito gra-vemente: appena si avvicinò abbastanza, tanto quasi a toccarlo, si rese conto che chi stava cercando di salvare non era un uomo, bensì un elfo.
E più precisamente..:
- HALDIR!!- urlò sorreggendolo.
La testa del generale le ricadde pesantemente sulla spalla:
- Lilian...- sussurrò quasi impercittibilmente lui- ....scusa...- e con un ultimo re-spiro roco spirò.
Guardando sconvolta i vitrei occhi azzurri di Haldir, la ragazza capì che non c'era più nulla da fare: l'aveva perso, seppur per un misero soffio.
Trovarsi così faccia a faccia con la morte la fece capitombolare in un indicibile turbinìo di emozioni: di solito Lilian non si commuoveva facilmente, ma ora, chiusa come in un proprio mondo, le veniva da piangere.
Non osava pensare a quante lacrime avrebbero versato gli amici di Haldir, non vedendolo tornare dalla guerra, non osava pensare quanti eventuali figli sareb-bero rimasti privati di una parte del loro cuore.
Nè osava pensare alle loro fragili vite sull'orlo del crollo per una vita che si era spezzata.
Un altro mezzano, al posto di Lilian, non si sarebbe nemmeno fermato un minuto a perdere tempo con quella salma rigida e sanguinante, che solo pochi secondi prima (pochi secondi pochi secondi!) era viva, nella Terra-di-Mezzo.
Forse Legolas non aveva del tutto torto quando diceva che lei non era un mezzano come tutti gli altri...
La battaglia che infuriava pericolosamente sulle mura riportò la ragazza alla real-tà: si alzò in uno scatto, evitando la pesante ascia di un uruk-hai, e si diresse verso il salone principale.
Immaginava che avrebbe trovato il portone chiuso: e a giudicare dall'ammasso di fetide creature che spingevano contro le dure assi di legno, doveva avere ragione.
Si arrampicò su per il muro, cercando di evitare le frecce che le sibilavano ac-canto, incastrandosi a pochi centimetri dal suo viso: poco più in alto c'era una piccola finestra.
Più o meno doveva essere l'alba; Lilian raggiunse l'apertura nel muro e si lasciò cadere all'interno del salone: si aggrappò ai drappi raffiguranti i cavalli bianchi di Rohan, e scese.
I suoi amici erano intenti a bloccare il portone principale, mentre il re sembrava riflettere: udì Aragorn parlare di un'ultima possibilità, di sbaragliare gli avversari, di cavalcar....cavalcare??
- Aragorn, sei sicuro che sia una buona idea?- chiese la ragazza appena ebbe trovato conferma ai suoi sospetti.
- Perlomeno è l'unica: dobbiamo farlo!!-
- Ma io....-
- Verrai con me...-
Qualcuno sopraggiunse alle spalle della ragazza, che si voltò incuriosita: Legolas le tendeva la mano, dall'alto di un destriero dal baluginante pelo bianco.
A dire la verità, sembrava molto più il famoso principe delle favole che un sem-plice elfo vestito di verde: aveva...come dire...un certo fascino.
Lilian gli afferrò la mano e si issò sul suo cavallo, dietro la sella: il posto era un po' scomodo, ma valeva davvero la pena soffrire un pochino...
- Sei pronta?- le chiese Legolas, voltandosi: i loro visi parvero toccarsi.
- Credo di sì....- mormorò incerta Lilian, ma continuò a fissarlo: anche lui, in ef-fetti, non sembrava avesse intenzione di girarsi.
Così li sorprese Gimli:
- Goditela finchè puoi, amico, perchè prima o dopo cadrà in mano mia!- gracchiò beffardo a Legolas: l'elfo, colto sul fatto, si voltò di scatto e arrossì.
- Cosa voleva dire?- chiese Lilian, non sicura del tutto di aver capito.
- Niente...lascia perdere.-
 
Pochi minuti più tardi Aragorn e la cavalleria di re Théoden era pronta per fare l'ultimo, disperato tentativo di resisitenza: tutti s'immaginavano che cosa li a-spettasse al di là del pesante portone della sala, eppure la loro paura era in-credibilmente soppressa.
Alcuni riuscivano addirittura a pensare ad altro: fra quelli c'era Legolas.
La frase di Gimli gli rimbombava ancora in testa come i tuoni nella notte, rabbio-sa, restìa ad andarsene una volta per tutte: si vergognava di pensare a quelle frivolezze in un simile frangente, ma non ne poteva fare a meno.
Era fin troppo chiaro a che cosa alludeva: una sfida.
In cuor suo Legolas era contento che Lilian non avesse capito l'antifona e che non si fosse nemmeno imposta di scoprirlo: a lui bastava sentirla respirare agita-ta dietro la sua schiena, avvertire il calore delle sue mani sulle spalle.
Non chiedeva di più, a parte che quel momento durasse per sempre.
Se solo pensava che in un momento avrebbe potuto perderla, perderla davvero s'intende, la testa gli partiva e nemmeno la forte volontà di cui era dotato riusci-va a farla tornare.
- Stanno entrando!- urlò reThéoden- Fatevi valere! VIVA ROHAN!!-
Subito dopo il fragore del portone spezzato invase il salone: Aragorn ordinò la carica, e Legolas spronò il cavallo.
In un attimo si ritrovò in mezzo alla mischia di Isengard, a decapitare orchi su orchi, nemici su nemici, mentre Lilian, dal suo posto, dava il suo notevole con-tributo.
In pochi minuti si aprì un varco che permise a Théoden di andare verso l'uscita della roccaforte e poi sul ponte: la marmaglia di Isengard si squarciò al suo pas-saggio, fino a lasciarlo confondersi in mezzo agli uruk-hai.
Era ovvio che non avrebbe resistito per molto, senonchè, all'alba di un sole do-rato, giunse finalmente un aiuto: in cima a una collina poco distante comparve Gandalf, il mago, accompagnato da quel cavaliere che Aragorn aveva incontrato sulla strada per Edoras.
Lui e l'esercito che aveva raccolto si scagliarono sulle creature di Isengard che, straziate dalla battaglia contro Théoden e accecate dal sole, non resistettero.
Bastò poco tempo per battere del tutto gli uruk-hai.
Bastò poco tempo per proclamare la vittoria di Rohan.
E bastò anche poco tempo per capire che comunque non era finita.   
    
       
                                                                     FINE (per ora...) 

  
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