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Autore: Kuchiki Chan    26/05/2011    8 recensioni
C’era stato un tempo, prima della fondazione dei Deathberries, in cui per Kurosaki Ichigo il momento migliore della giornata consisteva nel prendere in mano la sua chitarra.
Ora, le cose erano cambiate.
O almeno, si erano modificate.
Sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo solo quando poteva suonare accompagnando la voce di Kuchiki Rukia, e quando cantava mescolando la propria voce a quella di lei. Anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a qualcuno, nemmeno sotto tortura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Deathberries...Live in Karakura!


5) How I fell when I’m around you

- Kyoraku-san ci ha dato il permesso di suonare?! Ma mi stai prendendo per il culo, Rukia?-

Ichigo era completamente incredulo. Fissava la sua chitarra riposta nella custodia come imbambolato, credendo che da un momento all’altro la voce che gli parlava attraverso il cellulare si mettesse a ridere e dicesse che si trattava tutto di uno scherzo, o di una trovata inventata da quella nana malefica per incitarlo ad esercitarsi di più.

- Se non vuoi crederci sono affari tuoi, stolto. Kyoraku-san ha chiamato al mio Onii-sama ieri sera. Un direttore di una casa discografica, un certo Aizen, ha organizzato un contest per le band emergenti di Karakura, che avrà luogo al Black Moon sabato prossimo. Kyoraku-san è stato tanto gentile da ricordarsi della nostra chiamata ed avvertirci - spiegò invece Rukia, con voce scocciata.

Ma era facile intuire che anche lei era emozionata.

- Un contest per le migliori band emergenti?! - ripeté Ichigo a pappagallo -  Ma saranno tutti più grandi e più bravi di noi! Siamo sicuri di volerlo fare?-

- Non mi dire che te la stai già facendo sotto per la paura! Non me ne frega niente del giudizio della gente, per me possiamo anche perdere alla grande. L’importante è partecipare, in modo da iniziare a farsi conoscere. E poi potremo invitare tutti i nostri amici! Sarà fantastico, Ichigo! - disse Rukia con voce sognante.

Ichigo se ne stupì, raramente l’aveva sentita così emozionata per qualcosa. Si pentì delle parole che aveva detto prima, e ringraziò il cielo per non essere riuscito a raffreddare l’entusiasmo di Rukia. Per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto farle perdere quel tono allegro: avrebbe suonato, avrebbe affrontato anche questa sfida.

- Era solo un avvertimento, nana, per prepararti nel caso sabato dovessimo perdere alla grande. Secondo te riuscirei davvero a farmela sotto, in un momento del genere? E’ uno dei sogni della mia vita che si realizza! - disse Ichigo con un nuovo sorriso deciso sul volto.

 Si guardò le mani, ruvide e callose a furia di suonare le corde della chitarra. Presto, avrebbe potuto mettere a frutto anni di studio e passione. Presto, sarebbe riuscito a realizzare uno dei sogni di Rukia, uno dei propri sogni.

Non poteva vederla, ma sarebbe stato pronto a giurare che la compagna, dall’altra parte della città, stava sorridendo.

- Non mi sarei aspettata niente di meno da te, Ichigo. Ora ti saluto, devo avvertire anche Renji e Sado. Spero che il Live ti dia le motivazioni necessarie per esercitarti di più. Non azzardarti a battere la fiacca, stolto!- disse Rukia, e chiuse la chiamata.

Il ragazzo dai capelli arancioni ripose il cellulare in tasca, con un sorriso sghembo stampato sul volto.

Come può quella stupida nana azzardarsi a pensare che batterò la fiacca? Evidentemente non mi conosce bene pensò, divertito.
Proiettò i suoi pensieri al sabato della settimana dopo: immaginò il palco, le luci, i suoi amici che urlavano i loro nomi.
Immaginò la chitarra ruggire sotto le sue dita, la musica rimbombare sulle pareti della sala.
Immaginò la voce di Rukia che piano piano riempiva quell’ambiente e ammutoliva gli spettatori.

Quel pensiero lo caricò dell’energia necessaria, e subito, andò a prendere in mano la chitarra, tirandola fuori dalla custodia.

Voglio assolutamente che questo sogno diventi realtà. Te lo prometto, Rukia: sarà una delle serate più belle delle nostre vite! pensò, mentre accarezzava le corde del suo strumento con fare paterno.
 

******


- Ma che cazzo fai, Ulquiorra?! Davvero ci hai scritto a quel contest per sfigati?!- urlò Grimmjow in faccia al compagno, avvicinandosi minacciosamente.

Ulquiorra si allontanò di istinto: l’alito del ragazzo dai capelli azzurri puzzava di birra e i suoi occhi erano stranamente lucidi.
Deve essere di nuovo ubriaco pensò il ragazzo, notando la lattina di birra che Grimmjow teneva in mano. E per lui, che beveva vodka e rum come acqua fresca, significava aver bevuto davvero tantissimo, per essere diventato sbronzo solo con della birra.

Davvero un ragazzo problematico pensò Ulquiorra Se non cantasse così bene e non fosse così bravo a trascinare le folle l’avrei sbattuto fuori all’istante!

Ma stavolta non aveva tempo per ascoltare le sue lamentele. L’organizzatore del contest era Aizen Sosuke in persona, il grande direttore della casa discografica più importante di Karakura, e avrebbero potuto vincere un contratto. Dopotutto, loro erano i Black Wings, la band emergente più famosa della città. Gli altri partecipanti non avrebbero avuto alcuna chance contro di loro.

Ulquiorra, freddo e calcolatore com’era, non avrebbe mai potuto farsi sfuggire una tale opportunità.

Aveva dato al signor Kyoraku la conferma della loro presenza solo qualche ora prima. Dopotutto, era il leader indiscusso del gruppo, e le sue decisioni erano legge: i suoi compagni si fidavano ciecamente di lui.

Tutti, eccetto il teppista dai capelli tinti che gli stava davanti in quel momento.

Appena Ulquiorra era tornato nell’appartamento fatiscente alle periferie di Karakura che condivideva con Grimmjow, era subito andato nella sua stanza per avvertirlo.
Non che fosse un gesto di premura, sia ben chiaro: doveva comunicarglielo per necessità, non voleva che il cantante arrivasse al concerto senza aver imparato i pezzi.

Ma scene come quella a cui stava assistendo in quel momento rischiavano seriamente di mettere a dura prova la sua pazienza.

Grimmjow lo scrutava, ansimando. Un rivolo di birra gli colava dalle labbra, ed era a petto nudo, con solo un paio di jeans stracciati addosso. Ulquiorra poteva benissimo vedere le varie cicatrici che gli solcavano il torace, così come i muscoli innaturali che aveva sviluppato: regali di una vita da gatto randagio, prove di quanto fosse stata solitaria e difficile la sua vita.

Il ragazzo dagli occhi verdi si passò una mano sul volto, rassegnato.

- E’ inutile che ti spieghi la situazione ora, non sei per niente in condizione di ascoltarmi. Domani mattina, dopo che avrai messo la testa sotto l’acqua e fatto passare la sbornia, ti dirò quello che devi fare e i
titoli delle canzoni che devi imparare - disse Ulquiorra, apprestandosi ad uscire dalla stanza del compagno.

Ma una mano aggressiva lo bloccò, trattenendolo per una spalla.

- Dove stai andando, pezzo di merda?! Ti diverti così tanto a prendermi per il culo?!- urlò Grimmjow, con una tale rabbia che avrebbe fatto tremare anche gli uomini più coraggiosi.

Il compagno però, non batté ciglio. Girò di poco la testa verso il ragazzo dai capelli azzurri, abbastanza per poterlo guardare negli occhi con il suo sguardo verde cupo.
Abbastanza perché il suo freddo sguardo paralizzasse il ragazzo arrabbiato che lo stava importunando.

- Se non vuoi restare mutilato, hai esattamente tre secondi per togliermi la mano di dosso, Grimmjow - disse Ulquiorra con un sussurro minaccioso.

Se la rabbia dimostrata dal cantante faceva paura, la fredda calma del bassista generava un terrore gelido, che entrò letteralmente nelle ossa del compagno, paralizzandolo.

Un barlume di lucidità brillò negli occhi del ragazzo ubriaco, che ritirò la mano con una scrollata di spalle e si ributtò sul letto lurido della sua stanza, con le mani incrociate dietro la testa.
Il giovane dagli occhi verdi  uscì, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.

Era assolutamente impossibile sfidare Ulquiorra, ubriaco o no Grimmjow doveva farsene una ragione. Perché, benché la sua vita fosse stata sicuramente difficile, quella del compagno era stata molto più dura della sua.


******


Now, what do you own the world?
How do you own disorder, disorder?
Now somewhere between the sacred silence
Sacred silence and sleep
Somewhere, between the sacred silence and sleep
Disorder, disorder, disorder!


Abarai Renji cantava a squarciagola nella sua stanza, strimpellando con forza la chitarra. Era certo che qualcuno sarebbe venuto a lamentarsi: dopotutto, era mezzanotte.
Ma non gliene importava, in fondo quello era l’unico metodo che conosceva per scacciare tutte le preoccupazioni e sentirsi un pò in pace con sé stesso.

Con l’arrivo dell’assolo, Renji iniziò a strusciare il plettro sulle corde sempre con più violenza, muovendo la testa a tempo di musica.
Così andava molto meglio.
Quelle fastidiose emozioni che durante la giornata si agitavano dentro di lui rendendolo terribilmente debole ed ansioso, in quel momento tacevano.

Esisteva solo il peso rassicurante della chitarra sulla spalla, la musica così forte da far tremare i vetri delle finestre e la sua voce che, stonata, l’accompagnava.  

When I became the sun
I shone life into the man's hearts
When I became the sun
I shone life into the man's hearts!


La canzone finì, e il silenzio si occupò svelto di riempire quel vuoto.

Dopo tutto questo casino, c’è troppo silenzio, cazzo! pensò Renji  infastidito, riponendo la chitarra nella custodia.
Era sudato dalla testa ai piedi, e le orecchie gli ronzavano anche troppo, ma non avrebbe rinunciato per niente al mondo a quei piccoli momenti di sfogo. C’era anche una ragione pratica: avrebbe dovuto suonare al suo primo Live il sabato seguente, e non si sentiva per niente pronto.

Si buttò a peso morto sul letto e si sistemò supino con le braccia dietro la testa, sbadigliando sonoramente. Svelto, sciolse la coda alta e disordinata che portava durante il giorno e si tolse la camicia, preparandosi ad andare a dormire. C’era davvero troppo caldo, in quel periodo dell’anno, e l’afa lo stancava e gli faceva venire sonno.

Decise di andare subito a letto, e si alzò per andare a spegnere la luce.
Nel farlo, passò davanti al piccolo specchio incollato all’anta dell’armadio. Renji, si girò, voltandosi a guardare un ragazzo diciottenne alto e ben piazzato. Aveva i capelli lunghi e rossi, e strani tatuaggi che gli decoravano le sopracciglia, la fronte e il petto muscoloso.

Un ragazzo che incuteva un po’ di timore, ma con un bel sorriso rassicurante.

Peccato fosse anche il riflesso di una persona che non riusciva mai ad essere abbastanza brava, di qualcuno destinato a venire sempre dopo gli altri, ad essere solamente una figura di contorno, messo sempre in ombra da qualcuno più luminoso di lui.

Abarai Renji ebbe un fortissimo impulso di rompere in mille pezzi quello stupido pezzo di vetro.

Li aveva sempre odiati, gli specchi. Riflettevano sempre tutti i suoi difetti e le sue mancanze, per lui specchiarsi era come fare una radiografia alla propria anima.
Forse, il suo odio per gli specchi derivava solamente dall’avversione che provava per sé stesso.

Fece una smorfia sarcastica, intercettata subito dallo specchio traditore. Quando i suoi capelli erano sciolti, riuscivano almeno un po’ a coprire quegli strani tatuaggi che lo facevano passare come un poco di buono davanti agli occhi dei perbenisti. A lui invece piacevano un sacco, perché lo distinguevano totalmente dagli altri.
Erano le sopracciglia per cui Rukia lo aveva tanto preso in giro.

Rukia…

Quel pensiero gli fece male come una pugnalata al cuore. E pensare che quella sera si era messo a suonare come un pazzo per evitare di pensare a lei, e c’era quasi riuscito. Ma era inutile, il suo viso riempiva continuamente la sua testa. Anche senza esserne cosciente, non poteva evitare di tirarla in ballo per ogni minima cazzata.

Rukia era in assoluto la persona più importante della sua vita. La conosceva fin da quando era bambino, quando facevano il bagno insieme nello stagno senza imbarazzo, con l’innocenza tipica dei bambini. Lei era stata l’unico raggio di sole della sua infanzia: Renji aveva vissuto con due genitori che litigavano continuamente e che spesso si dimenticavano di avere un figlio.
Per questo, il ragazzo era scappato di casa quando ne aveva avuto l’opportunità e in quel momento viveva da solo.

Lui e Rukia erano sempre stati molto vicini. Anche prima di suonare nella stessa band, lei era la sua migliore amica, l’unica persona in assoluto per cui provasse interesse, la ragazza di cui era innamorato follemente da tempo immemore.
Poco importava che Rukia non fosse una bellezza, che avesse un carattere da maschiaccio e che molto spesso fosse scontrosa con lui. Dopotutto, quello era il suo modo di essere.  

Ma come al solito, lui non era all’altezza di amare una come lei, una stella che splende ai confini del cielo.
No, lui era solo un povero cane randagio che poteva solo limitarsi ad ululare al firmamento scaricando tutta la sua frustrazione.
Un po’ come faceva quando suonava la chitarra.

Sentendo che pensieri autodistruttivi stavano nuovamente per assalirlo, Renji tirò svelto un pugno sul muro, ferendosi le nocche. Il dolore lo colpiva come aghi acuminati sulla pelle, mentre il sangue colava lento lungo il polso.

Perfetto, almeno la sofferenza fisica avrebbe attenuato per un po’ quella psicologica.

Il ragazzo spense la luce, e si affrettò a mettersi sotto le coperte.

Tuttavia, non riusciva a prendere sonno.

La mano ferita stava macchiando le lenzuola di sangue, ma Renji non sembrava farci caso. Si limitava a guardare la luna piena fuori dalla propria finestra, come imbambolato. Era così bello, quel disco luminoso, e così elegante.
Gli ricordava troppo una certa nanetta dagli occhi blu, profondi come il cielo notturno.

Avrebbe davvero dato l’anima per lei, avrebbe fatto l’impossibile per renderla felice.
Ma, in fondo, era solo inutile, sia come amico e come persona.
L’unica cosa che sapeva fare, era essere sorpassato in tutto dal suo amico Ichigo.
Renji sarebbe stato pronto a scommettere che persino nel cuore di Rukia, Ichigo occupava una posizione più importante della sua.

Il ragazzo morse le lenzuola sporche di sangue, con rabbia, e il suo sapore metallico gli riempì la gola.

Il Live è la mia ultima tappa, Rukia. Mi impegnerò sul serio, in modo che tu possa essere fiera di me. Te lo giuro, farò l’impossibile per renderla una delle serate più belle della tua vita.


Angolo dell'autrice:

Sono tornata *-*
Credo di aver aggiornato abbastanza regolarmente stavolta, ho cercato di fare più in fretta che ho potuto perchè avevo un sacco di idee in testa!
Vi è piaciuto il capitolo? Ormai le emozioni dei nostri personaggi sono state chiarite quasi tutte, ma non possiamo ancora dire cosa succederà ù.ù
Ah, la canzone che Renji sta suonando è ovviamente Toxicity, dei System Of A Down :D Non so perchè lo scelta, mi sembrava molto....da Renji, ecco xD
Anche il titolo è ispirato ad una canzone dei System, cioè Roulette.

Mille grazie a: valez, Sarugaki145, Senna_ per aver recensito *-*
Ringrazio anche valez per averla inserita tra le preferite :D

Inoltre, come al solito un bacio a tutti quelli che si sono presi la briga di leggere ^^
Alla prossima ^^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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