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Autore: ailinon    28/05/2011    2 recensioni
Se avete letto "Lex", e trovate che quella sia la vera fine delle leggende arturiane, ebbene ecco cosa successe alla corte di Camelot, mentre il prode Lancillotto e il grande re Artù, erano spariti nel nulla...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Gawain, Kai, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lex'
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CAPITOLO 20 – JEUX ENTRE LES CHEVALIERS

CAPITOLO 20 – JEUX ENTRE LES CHEVALIERS

 

Mordred si raddrizzò bilanciandosi sui talloni e lo fissò a lungo. Lo fissò trattenendo il fiato, mentre Galahad lo scrutava con i suoi occhi limpidi. Lo scrutava mentre avvicinava il viso al suo.

Il naso scivolò sul naso. La pelle sulla pelle mentre Galahad respirava sulla sua bocca.

«Io e te…» annuì Galahad, accarezzandogli i capelli neri. Adorava i suoi capelli.

Caball sbuffò quando la mano di Galahad scorse lungo il profilo dell’altro, tremante, poi scivolò dietro al collo di Mordred.

Il principe lo studiava da sotto le ciglia nere, senza un movimento. In attesa, come per scoprire fin dove osava spingersi.

Delicatamente Galahad gli sfiorò le labbra con le sue. Unendo le loro bocche in un casto bacio, leggero e tremante come un alito di vento primaverile.

Mordred rimase immobile per qualche istante poi esplose.

Racchiudendo il volto del francese fra le sue mani lo obbligò a un bacio più intimo ed appassionato.

Ansimò nella sua bocca quando si separarono, restando però abbracciati.

Lui fece scorrere le mani sulle sue guance candide, per poi affondarle nei suoi capelli, così dorati e soffici da sembrare onde di grano maturo.

«Galahad…» ansimò Mordred: «Galahad… Come sei finito qui, con me?» domandò con la voce spezzata.

Galahad parve sorpreso: «Come?Ecco ho detto agli altri che avevo bisogno del bagno…» mormorò in imbarazzo, lasciandosi accarezzare ancora.

Mordred alzò gli occhi nei suoi: «Hai anche mentito? Vuoi dire che santo Galahad ha mentito per fuggire qui da me?» e scoppiò a ridere, crollando sul suo petto.

 «Non sono santo…» borbottò il giovinetto.

«No, forse no. Forse hai scoperto che sei più uomo di quel che vogliono farti essere» e rise ancora come un pazzo, abbracciandogli il torace mentre l’altro arrossiva.

«Si… Temo che mi dovrò confessare» mormorò contrito.

«O per l’amor del tuo Dio, fai un conto unico alla fine e per ora resta qui con me!»

Esclamò il moro, cercando ancora i suoi baci.

Galahad gli cinse le spalle e fece per rispondere alle sue richieste quando una goccia di pioggia gli colpì il naso. Poi ne cadde un'altra e un’altra ancora, trasformandosi in un temporale in piena regola.

Mordred balzò in piedi e prese per mano Galahad, tirandolo con sé.

«Diavolo come è suscettibile il tuo Dio! Non ti si può toccare un po’» scherzò, correndo al castello dopo aver chiuso i cani al riparo.

 «Ma veramente è solo pioggia» commentò Galahad correndo dietro a lui. «Qui da voi il tempo è così instabile…»

Mordred rise, rovesciando indietro la testa: «Gia!» ghignò, bagnato come un pulcino sotto il forte scroscio di pioggia.

Galahad pensò che forse teneva la mano a un pazzo ma, non era mai stato così felice che qualcuno gli stringesse le mani.

***

I due entrarono di corsa nella loro stanza calda. Poi, ridendo, si lanciarono verso la panca dove erano stipati i teli di lino per asciugarsi dopo il bagno.

Li trassero fuori, spogliandosi e asciugandosi velocemente. Si sfregarono a vicenda i capelli bagnati, ridendo come due bambini dopo una marachella.

Galahad si rilassò tra le sue braccia mentre Mordred gli lasciava i capelli biondi.

Di colpo il celta lo baciò e lo guardò cercando la sua complicità.

Mordred ricambiò il suo bacio. Poi un altro ancora e un altro, fin che non lo sollevò e lo buttò di peso sul letto. Lui e il telo insieme.

Galahad rotolò sul letto ridendo come un bambino, mentre Mordred lo afferrava per la calza braca e gliela sfilava nella loro, breve, gioiosa lotta.

Rimasto nudo, il ragazzino si rannicchiò dentro al suo telo, fissandolo: «Che vuoi fare ora?»

 «Credo che non mi scapperai oggi. E allora si che dovrai confessarti, mio caro ragazzino» ghignò il moro, a carponi sul letto.

Arrivò vicino a Galahad e gli baciò le spalle nude, abbassandogli il telo che lo copriva.

 «Cosa vuoi dire?» insisté il francese: «Che peccato potremmo commettere?»

Mordred divorò la sua pelle con i suoi occhi brillanti, stendendolo sotto di sé: «Nessun peccato. Eppure ti diranno che c’è stato perché io ti ho sedotto…»

Galahad disegnò il profilo delle spalle del compagno mentre parlava. La linea del suo collo esile. «Il Signore dice che non c’è peccato se c’è l’amore»

 «E lo stesso dice la Dea ma, i tuoi preti chiederanno chi ti ha sedotto e reso impuro»

Perplesso l’altro lo guardò, sgranando i grandi occhi azzurri.

Mordred si morse un labbro e si maledì per l’idea che gli era venuta in mente.

«Al diavolo! Tu hai rischiato il tuo corpo per il mio quindi, posso anche donartelo (Ti avrei dato anche la mia corona!) per salvare la tua preziosa anima»

 «Io non capisco di che parli, Mordred» dichiarò il diciassettenne accarezzandogli i capelli e il viso.

Mordred sbuffò e si piegò sul suo torace: «Lo vedrai tra poco… Ora vediamo di farti scoprire qualche altro desiderio…» e il suo sorriso perfido non rassicurò molto Galahad.

Un attimo dopo lui sentì la bocca dell’altro posarsi sul suo cuore, sulla pelle nuda del suo torace, come a divorarlo. Le dita scivolargli lungo il profilo dei suoi fianchi. La lingua eseguire curve armoniose sul suo ventre e le labbra chiudersi sul suo collo e sui capezzoli.

Il suo corpo, seppure inesperto, reagì da solo, inarcandosi e protendendosi verso quello del compagno.

Il principe ne sorrise soddisfatto.

 «Cosa…» balbettò Galahad, nascondendo il viso acceso dal piacere dietro le mani fredde.

 «Un jeu mon cher ami» gli sussurrò lui, mordicchiandogli le orecchie e togliendogli le mani dal viso.

Lo voleva  vedere mentre si accendeva, per la prima volta, per il piacere che gli donava.

“Casto Galahad” pensò cercando un suo bacio: “Così puro…” poi gli posò la mano all’altezza del suo petto, mentre si sfilava in qualche modo il resto del suo vestiario.

Galahad riaprì gli occhi e lo guardò solo quando comprese cos’era il forte tamburellare sotto le sue dita. Il cuore di Mordred che gli batteva forte nel petto. Come il suo.

I due si guardarono poi, lui imitò il suo gesto. Prendendo la mano di Mordred se la posò sul torace. Sorrise timidamente. Gli occhi brillanti, il respiro accelerato fra le labbra tumide per i baci. Le guance rosse come pesche vellutate.

Mordred ebbe voglia di mangiarle di baci.

Spinse la mano di Galahad, che tratteneva, giù, lungo il suo torace muscoloso. Gli fece disegnare la linea del suo ventre mentre il francese tratteneva il fiato.

 «Un jeu…Qu’ils fassent tous les chevaliers» bisbigliò, quando le dita di Galahad s’insinuarono tra i peli del suo inguine.

Il fiato del compagno si bloccò quando comprese cosa stava toccando. Un’eccitazione simile alla sua.

Chiuse gli occhi e voltò il capo sentendosi bruciare il viso, ma Mordred non gli permise di isolarsi da lui.

Cercò ancora la sua bocca e gli impose la sua presenza. La lingua varcò la soglia delle sue labbra, per scoprire il vellutato miele di quella del compagno.

Il francese si riscosse e rispose al suo bacio, tornando a guardarlo.

Si aggrappò a lui, alle sue solide spalle, quando fur la mano dell’altro a insinuarsi tra le sue cosce.

Un ghigno da lupo brillò tra i denti del principe quando comprese di non  avere davanti che un ragazzo che lo desiderava. Solo un ragazzino francese che lo desiderava. Il suo dannato ragazzino.

Con le dita lo sfiorò e lo accarezzò, strappandogli gemiti di sconosciuto piacere.

 «Ma non è finita qui, mon beau ami…» gli ansimò nell’alito caldo del desiderio: «Questo è solo l’inizio…»

Spingendolo  contro i morbidi materassi, salì a cavalcioni del suo ventre e lo fissò, penetrante.

«Solo perché sei tu, ragazzino, ricordalo» dichiarò mentre Galahad lo scrutava perplesso tra le ciglia d’oro. Poi lo sentì.

Il suo corpo scivolò in quello del compagno, unendosi in un gemito spezzato.

Mordred rimase piegato su di lui per qualche istante, il tempo di un secondo. Il tempo che posasse le mani sulle sue braccia.

 «Mord…?»

«Oh sta zitto!» ringhiò il figlio di Artù, e si mosse.

Galahad pensò di impazzire. Avvertì il sangue caldo scorrergli lungo le vane e scendere lungo tutte le sue membra, fino al suo ventre. Unito al corpo di Mordred.

Lui e il suo amico. Una sola cosa.

Ecco cosa siginificava… Una sola cosa che desiderava follemente.

Mordred agitò il bacino, muovendosi ancora e ancora, con spinte ondulatorie. Il volto, stravolto da quella unione, era rosso e congestionato, mentre i capelli gli cadevano come una cascata nera sugli occhi.

Glahad pensò che era bellissimo. Ancora più bello del solito. E si mosse. O meglio il suo corpo denttò da solo i suoi ordini perentori.

Facendo forza sui muscoli delle natiche e delle cosce, si spinse in alto, seguendo il corpo del compagno, praticamente seduto su di lui.

Mordred aprì la bocca, senza emettere un suono, tranne che un fiato spezzato. Poi… Sorrise.

Di nuovo quel suo ghigno, come un lampo possessivo nei suoi occhi blu. «Ti sei deciso…» disse, serrando i denti e poi ondeggiando ancora: «Fammi vedere cosa sai fare… Cavallerizzo»

Non seppe perché ma Galahad raccolse la sua sfida. Scorrendogli le mani sul torace liscio, scese alla vita e gli afferrò saldamente i fianchi aiutandolo nel movimento. Obbligandolo al movimento che lui voleva. Quello che dava più piacere a Mordred. Al suo Mordred.

Beh non era così difficile. Sembrava davvero cavalcare. Serrare i muscoli delle cosce e seguire il movimento dell’animale…

Era lui l’animale o Mordred?

Gli venne da ridere e l’avrebbe fatto se avesse ancora avuto fiato.

Non era certo che il suo Mordred avrebbe apprezzato di essere chiamato animale…

Nemmeno se paragonato a un essere nobile e libero come un cavallo. Uno stallone nero e solitario nella brughiera, pensò, sentendolo sbuffare e ansimare, senza però mai smettere di seguire il suo passo.

Quello era più un loro duello personale che altro. Lui non voleva far  altro che perdersi tra le sue braccia dopo avergli donato tutto il piacere possibile.

Piacere. Quello che aveva promesso Mordred e lui… non l’aveva mai deluso, pensò, rovesciando indietro il capo mentre il respiro si spezzava in un ultimo gemito sommesso.

Ricadde sui cuscini con i capelli bagnati di sudore e il corpo del compagno che crollava sul suo. Madido ed esausto quanto lui.

Con l’ultima scintilla di forza, alzò il braccio e racchiuse lui e Mordred sotto una calda coltre di lenzuola.

Lui e l’uomo con cui aveva condiviso il suo amore.

***

 

   
 
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