L
a ragazza appoggiò il capo nel canale che si formava tra la parete dell'auto e il poggiatesta; accanto a lei, un ragazzo parlava di calcio con una sua compagna, qualcosa a proposito di partite vendute e campionati.
Guardò l'orologio, l'una e quarantadue; il mare sfrecciava insieme al guardrail, ma, a differenza di questo, con una lentezza quasi estenuante. Il vetro non rifletteva niente, neanche il suo viso, tanta era poca la luce - ogni tanto un'auto passava, con i suoi fari gialli, superandoli nella corsia destra dell'autostrada. Era ferma a guardare tutto quello, inebetita, le orecchie ancora ronzanti per la musica di discoteca e la mente sconquassata dalle luci alternate, forti, colorate. Il suo sguardo catturò una fugace sagoma muoversi, fuori il finestrino; stanchezza, si disse. Non ci fece caso. Una seconda volta, e poi una terza, e una quarta freccia, che andava man a mano ingrandendosi insieme le sbarre della fine carreggiata, mentre il nero del mare diventava un viso, e l'argento delle barriere di contemimento dei lunghi capelli quasi bianchi.
La ragazza rabbrividì, mentre una vocina impaurita nella sua testa urlava "è solo stanchezza! Sei solo stanca, ti fanno male i piedi, sei un po' brilla e hai mangiato pesante...tutto qui!". Ma quando la figura scomparve, per poi formarsi di nuovo, e di nuovo, e ancora, ancora, ancora, come una pellicola cinematografica che avanza a fotogrammi, sempre più veloci, fino a quando non si visualizza la pellicola scorrere fluida. L'apparizione le sorrise, con le sue labbra nere come il carbone e la pelle tesa e lucida come pece, le sorrise, e due dentini affilati vennero fuori dalle labbra carnose. Scomparve, e riapparve, sempre sorridendo; e poi,le labbra si aprirono, e ne uscì solo una frase: Non fidarti di lui.