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Autore: Scath Panther    31/05/2011    3 recensioni
Un'amicizia, un'intesa, un sodalizio di anime che crescono, maturano e vivono insieme... tanto da doversi unire per sentirsi complete e assolute. Alex e Phai, i protagonisti, la vicinda è la più banale del mondo, da amici ad amanti il passo è breve.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Compagno...'
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Personaggi:  Alessandro (Alex, Xandre, Aquila)  e Efestione (Phai, pantera)
Contesto: Fra i banchi di scuola, nella cameretta, in giro per la città, Milano fa da sfondo, ma potrebbe essere qualsiasi città, ai giorni nostri.
Generi: Commedia, Romantico, Sentimentale, un po' Introspettivo, ma sicuramente coinvolgente e a Lieto Fine!!!
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot, Slash, Yaoi
Introduzione/Presentazione: Un'amicizia, un'intesa, un sodalizio di anime che crescono, maturano e vivono insieme... tanto da doversi unire per sentirsi complete e assolute. Alex e Phai, i protagonisti, la vicinda è la più banale del mondo, da amici ad amanti il passo è breve. 



 

La storia è autoconclusiva, è un originale, quindi vicende e personaggi sono tutti miei! La scuola semidescritta è l'istituto che frequentavo alcuni anni fa, e una volta ho visto davvero una limo, non era lunghissima e nera, era bianca  più piccola. Alex e Phai fanno parte di un gruppo di personaggi creati per una storia maggiore, molto più lunga e complessa, quindi sono molto affezionata e gelosa di loro due.
 

Raiting: PG
 



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COMPAGNO...




Oggi è la giornata più noiosa mai trascorsa in queste quattro mura.  Fuori, l’atmosfera lugubre di una Milano uggiosa e dentro, le facce assonnate e intorpidite dei miei compagni non danno un gran sostentamento, qualche chiacchiera, rimprovero o battute poco ironiche di solito fanno evitare di sprofondare completamente nel banco. Solo passate solo due ore dall’inizio delle lezioni, ma la noia è già scesa su tutti noi, sembra che nessuno riesca a liberarsi da questa maglia sottile, invisibile, ma grave come un macigno. La sfortuna vuole che oggi il mio compagno di banco non c’è, credo sia a letto con 40 di febbre, e il mio migliore amico sembra essersi dileguato, lo avevo intravisto all’entrata, nel cortile della scuola, una volta salite le scale per arrivare in classe è sparito. Non che questa situazione mi desti troppa preoccupazione, è un ragazzo di 19 anni, in gamba che sa badare a se, è cintura marrone di judo, prossimo alla nera, faceva palestra, è allenato e sa districarsi da qualsiasi situazione. Sono stranito dalla situazione perché di solito il mio migliore amico salta solo i giorni con più ore e solo in situazioni particolari, ovvero quando c'è una bella ragazza disposta a bighellonare con lui e a passare del tempo, a fare attività piacevole, per così dire. Il problema è che proprio ieri mi ha chiamato, dopo un paio di minuti a dir cavolate, si ferma prende un bel respiro e mi dice "Ho lasciato l’arpia e ho deciso che per un po' non voglio avere a che fare con le donne”.
Con questo dubbio ora me ne sto spaparanzato sul banco, il prof che ora è in classe ha perso le speranze con la maggior parte della classe. Io sono “Mister diligente” sono il più “secchione” qui dentro, sono un tipo a posto, preciso, ordinato e silenzioso. Il professore è occupato a calmare due ragazzi che continuano a lanciarsi palline di carte, sempre se prima riesce a far smettere quelle due che stano fumando, io come sempre non faccio la differenza se dormo o meno. Sono calmo, ma non ho ne gli occhiali ne l’aria da super genio, sono un po' imbranato, qualcuno dice che è per questo che alcune ragazze si invaghiscono di me, mi vedono come un cucciolo bisognoso di coccole.

E' esilarante vedere che poi ognuna di quelle ragazze, dopo che io presento loro il mio migliore amico, dimenticano completamente me e la mia aria da cucciolo e si avvinghiano (anche letteralmente) al teppista, scapigliato e un po’ stronzo del mio amico. Obiettivamente devo ammettere che è bello, anche se io non mi intendo di questo argomento, ma certe cose sono palesi. Lui non è il classico belloccio, non veste sempre all'ultima moda, ne i capelli sempre ingellati e ordinati, ma ha uno charme tutto suo. I lunghi capelli biondi che per ragioni di sport ultimamente sono corti, incorniciano un viso dai lineamenti forti, marcati ma mai duri. La fossetta sul mento, la fronte larga al punto giusto e la guance leggermente paffute sugli zigomi gli donano un espressione senza tempo. Il suo viso è un misto tra oriente e occidente. Capelli chiari, occhi blu intensi e una struttura fisica slanciata. Ma anche la carnagione tipica del mediterraneo, ampie spalle, grande prestanza fisica e un magnifico taglio degli occhi leggermente schiacciato e allungato ai lati, che gli conferisce un tocco asiatico. Un mix travolgente che affascina, intriga, e nella mie compagne di classe fa breccia nei cuori. È logico che nel vedere che nessuna sta bisbigliando indicando una certa persona, niente bigliettini di carta in giro per la classe, e nessuna che mi chiede se per caso posso dargli il numero del mio amico, è palese pensare che è proprio evidente che non c’è “lui”. Sorrido appena, come possono due persone così diverse essere amiche? Io spesso schivo, riservato, ma dolce e paziente che riesce sempre a dire qualcosa anche nei momenti peggiori, ma che al minimo accennare di situazione imbarazzante arrossisce. Sono timido e taciturno per la maggior parte del tempo, non mi piace la confusione, odio ballare, diciamo pure che non sono amante del contatto fisico, sono un tipo da libri e video games, che guarda il mondo attraverso il filtro della propria insicurezza.

 

Lui invece è quasi esattamente il mio contrario: è il classico esempio dell’animale da festa, casinista, pronto sempre a far caciara, spiritoso e ironico. Ma non solo, irruente e intollerante, raramente riesce a confrontarsi con gli altri senza insultare o farsi insultare, non si imbarazza per nulla, l’episodio per antonomasia: ha guardato un film hard mentre i suoi stavano discutendo nella stanza accanto. È davvero spregiudicato, non ha pudore, parla con chiunque e fa conoscenza in cinque minuti, adora il baccano, fa il Dj in una nota discoteca milanese tre volte a settimana ed è un discreto ballerino di Hip Pop. Dopo queste descrizioni sembra impossibile un’amicizia tra loro, e forse in altra situazione sarebbe stato così. Ma la nostra storia s’intreccia nell’età infantile. Potremmo dire che siamo come fratelli. Beh c’è chi ci definirebbe una vecchia coppia sposata.  Terminiamo le frasi dell’altro, a volte quando uno sta per chiedere qualcosa a l’altro quest’ultimo lo intuisce prima e risponde, senza la domanda, un solo sguardo ci fa intendere molto.

 

I miei pensieri sono catalizzati su di lui oggi, sarà perché in questo momento la classe è più silenziosa del solito, fin troppo anche per me, oppure perché non ci sono materie che mi interessano oggi, o solamente perché tra clima, noia e la solita vecchia Milano le prospettive per la giornata mi sembrano davvero piatte, e così m’imbarco in uno dei miei soliti film, cerco un mistero da risolvere. In questo momento c’è lezione d’inglese, la prof si sta dedicando a correggere i nostri compiti in classe di settimana scorsa, dato che dopo aver provato a interrogare tre dei miei compagni ha dovuto desistere, l’ora dopo dovrebbe esserci educazione fisica, insomma sono venuto a scuola solo per non avere un’assenza in più sul libretto. Mi guardo intorno notando che è iniziata la terza ora da soli dieci minuti. Ci sono molti banchi vuoti, forse Alex ha la febbre. Alex, il mio amico, migliore amico, direi unico.

 

E io... io sono Phai, il nome non è inglese, neanche francese,  non pachistano ne iracheno. È di origine Greca, per l’esattezza.  Io sono italiano a tutti gli effetti. Il mio nome, è strano ed ha tutta una sua storia, troppo complessa.  Ho una sorella più grande, che da anni spasima per il migliore amico, la cosa mi ha sempre dato molto fastidio, ha ventitre anni, e studia all’università, manca da casa da quattro anni più o meno, eppure trova sempre modo e tempo per tornare e corteggiare Alex. I miei genitori: mia madre è sparita poco dopo la mia nascita; mio padre invece è un mito. Ha cresciuto me, mia sorella e i figli del suo migliore amico da solo. Ed è questo il nodo che intreccia la mia storia con quella di Alex. Il migliore amico di mio padre è capo di una grande industria internazione nel settore dei trasporti. Per anni ha tenuto in piedi un matrimonio fallito pochissimo tempo dopo il suo inizio, tutto stava andando a rotoli e pochi mesi dopo che mia madre se n’era andata anche sua moglie lo ha lasciato. Lei ha chiesto il divorzio e si è risposata, ma non ha voluto l’onere dell’affidamento dei figli. Dato di fatto che da piccolo in casa vivevo con tre persone in più: Alex e le sue due sorelle, la più grande ha l’età di mia sorella, la più piccola un anno in meno di me. La nostra amicizia è nata così, per la convivenza. Abbiamo smesso di  abitare nella stessa casa quando io avevo otto anni cioè circa otto anni fa. Siamo rimasti molto uniti, anzi ci siamo avvicinati ancora di più. Ora che siamo adolescenti, io ho quindici anni e diciannovenne, ci vediamo in pratica quasi per 18 ore al giorno, se non parliamo dei giorni in cui si accampa a casa mia perché il padre lo ha cacciato, e in questi due mesi è capitato spesso.

Passiamo le ore di scuola insieme, quando è presente, mangiamo spesso insieme sia a casa che per ristoranti o fast food, alcune volte andiamo in ufficio da mio padre, o meglio nella rosticceria che c’è sotto il suo ufficio; quando ci sono i suoi allenamenti io studio, sugli spalti perché quando il signorino ha finito cerca sempre di copiare i miei compiti, lui non li avrebbe comunque fatti quindi quasi sempre gli lascio trascrivere tutto. Se poi non ci sono allenamenti io lo costringo per almeno due ore a studiare seriamente e ogni tanto questa cosa succede; la sera poi usciamo, e questo è il suo campo, decide sempre dove, con qui, per quanto. La maggior parte delle serate però non trascorre solo fra noi due, anzi, intorno Alex c’è un intero alveare.  Lui dice che siamo una “compagnia” ma io non sono affatto d’accordo. Conosco a malapena i nomi, ci sono una decina di ragazzi grandi quanto Alex, se non di più e altrettante ragazze sempre di quell’età, alcune volte mi domando perché li frequento ancora anche se sappiamo benissimo che non ci sopportiamo e che vorremo evitarci. È ovvio che quando il mio migliore amico mi chiede, con insistenza di assecondarlo, e fa gli occhi da cucciolo, e dice che ha bisogno di me, allora… cedo sempre.
 
Nelle ultime due settimane ho battuto tutti i miei record.                   

Sono rientrato a casa alle 04.30, mi sono svegliato di conseguenza alle 10.00 e la stessa sera sono uscito alle 19.00 per poi rientrare alle 03.00 circa. La nostra è un’amicizia strana, particolare, unica. Quando lui ha un problema non chiama le oche che gli starnazzano intorno, ne tanto i machi, finti palestrati, che si atteggiano sempre ad amiconi.

No lui viene da me, in lacrime, con una smorfia al posto del viso, con un ghigno diabolico presagio di vendetta, sorridendo come uno scemo perché ha combinato qualche colossale cavolata, lui viene da me e si rintana. 
Alcune volte lo striglio, gli dico che ha sbagliato, altre lo abbraccio e gli dico che andrà tutto bene, altre ancora gli do qualche pacca sulla spalla, per non farlo sentire compatito, ma solo compreso. E poi ci sono i suoi momenti felici, i momenti che lo fanno gioire e che lui condivide con me. Sì, siamo amici.

Siamo compagni di classe da ormai due anni, frequentiamo un corso dove la provenienza scolastica dei ragazzi è molto differente, proprio come l’età dei vari studenti e in questi due anni lui mai una volta si è seduto accanto a me, quindi la cosa mi sembra curiosa. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che è lui, chiamatelo sesto senso, ma io so quando è presente in una stanza! Rialzo leggermente il capo e osservo la borsa che ha appena posato sul banco, da questo capisco che c’è qualcosa che non va.  
Bisogna subito chiarire
 che il mio caro vecchio amico Alex si professa, da diversi anni, un hippy dei giorni nostri, non solo un tipo new age, ma proprio un figlio dei fiori del ventunesimo secolo.

  

“Visto! Parli del diavolo e spuntano le corna! È arrivato un mex” nella mia tasca con violenza ha vibrato il mio caro compagno di avventure, è un cellulare che ha così tante funzioni che a volte dimentico sia un apparecchio per chiamare, lettore mp3, palmare, agenda, calcolatrice, registratore, video e fotocamera e molto altro, me lo ha regalato proprio il diavolo di cui sto parlando. Prendo l’aggeggio che continua a vibrare e lo fisso.

Ciao panterina, come va? Io male. Sono in presidenza da un’ora, mio padre vuole che migliori i voti e oggi è venuto di persona. Scusa se non ti ho avvertito prima. Dopo stiamo da te?

Rileggo una volta, due, tre. No non ho letto male.  Cerco di fermare nella memoria ogni parola. Non ci credo.
Cioè ci credo perché tanto sta diventando un’abitudine.
Mi volto a guardare la prof che ormai è immersa nel registro e decido di leggere il messaggino. Il mio caro amico si diverte a comportarsi in modo apertamente ambiguo e il messaggio non è da meno!  No dico “panterina” “dopo stiamo da te”. Sorridendo metto via l’aggeggio e mi appresto a riaddormentarmi o meglio a perdermi di nuovo nei miei pensieri.
Stavo parlando di me e invece sono finito a lui. Sono alto circa uno e sessantasei. Peso si e no cinquantacinque chili, anche se dubito di arrivarci, come direbbe Alex sono troppo magro. Non ho grandi spalle ne' bicipiti scolpiti, ho un vita stretta e fianchi pronunciati. Il viso ha lineamenti morbidi, ancora acerbi. Non mi piace allenarmi, l’unico sport che ho praticato è stato tiro con l’arco, ma dopo una brutta stiratura ai muscoli del collo ho dovuto smettere. Crogiolandomi in pensieri vaporosi come nuvole non mi rendo condo di nulla fino a che non succede qualcosa. Non noto subito la porta aperta, chiusa e che qualcuno è entrato ed ha parlato con la professoressa, mi ridesto solo quando quel qualcuno si siede accanto a me. È un anarchico che si veste un po’ trasandato, con quella specie di sciarpa a quadrettoni sempre intorno al collo, a che serva non l’ho mai capito, i pantaloni larghi in un tessuto che non conosco, anche perché io non li ho mai portati, se indossa jeans sono rotti, stracciati con grandi tasche e quintali di spille o scritte, la stella anarchica ovunque, teschi, le foglie di “Marijuana” e cose simili. Non so se avete presente i ragazzi dei centri sociali, lui ne ha l’aspetto. Naturalmente la borsa e tutti gli accessori sono uguali a lui, le scarpe hanno stringhe colorate, per me inguardabili, spillette, slogan scritti a matita, penne, pennarelli, adesivi, anche la borsa aveva questo aspetto, se non fosse con l’aggiunta di alcuni graffiti creati da un suo amico di vecchia data. Nonostante tutto piace, e anche molto alle ragazze sue coetanee, più piccole e più grandi. Mi sento un po’ confuso perché sul banco non c’è la solita borsa verdastra con una firma nel mezzo Aquila” bensì c’è un composto e serio zaino nero. Dalla forma è un modello sportivo, pratico certo, ma pur sempre sobrio privo di qualsiasi scritta, disegno o scarabocchio.  Incuriosito alzo di più lo sguardo. Ho imparato negli anni a conoscere e riconoscere i suoi sbalzi di umore e le sue manie di grandezza. So che a volte cambia modo di vestire giusto per attirare ancora più attenzione, questa situazione infatti mi sembra una cosa molto diversa.  

Accanto a me siede un ragazzo biondo, che non è assolutamente simile al mio amico, non quello che fumava canne tracannando un gin lemon dietro l’altro, o che dimenticava di essere uscito con il motorino, e tornava a casa senza, dimenticandosi poi dove lo aveva parcheggiato. Al mio fianco sede un bellissimo angelo: capelli dorati lucenti, come se fossero stati appena lavati, e non impiastrati da quintali e quintali di gel; il viso non è nascosto da alcuna bandana, capello e maschere nere spacciate per occhiali da sole. L’abbigliamento è il particolare più insolito.
Una semplice maglietta azzurro chiaro, jeans neri, cintura e scarpe bianche e un anonimo polsino. Non aveva alcuna traccia del suo look stravagante, particolari bizzarri o che volessero attrarre l’attenzione. Il mio biondo amico si è seduto nel silenzio generale della classe, ha cominciato a togliere i libri dalla borsa per poter arrivare al quaderno degli appunti e ha preso un paio di penne. Non sta prestando alcuna attenzione al resto della classe, cosa ancora più strana, lui è uno spaccone di professione, e se non si comporta da tale non si sente in pace con se stesso o almeno così mi ha sempre fatto intendere. Preso il quaderno sistema la giacca nera sulla spalliera della sedia, poi torna a voltarsi sistemando meglio la sedia sotto al banco, posizionandosi correttamente. Poi nulla, rimase in quella posizione così. Lì immobile con lo sguardo sul quaderno e il viso concentrato. E' silenzioso, fermo, quasi rigido, con il capo leggermente chino a destra. Questo particolare mi sta spaventando, Alex che rimane fermo per così tanto tempo?! Ok, è un alieno!
               
<< Ehm, scusa? >> mormora qualcuno come se volesse attirare l’attenzione del biondo che però non si mosse, il silenzio era davvero profondo.  Mi volto verso la classe e noto che due ragazze stanno per svenire e che un paio di ragazzi hanno sbarrato gli occhi guardando con sgomento nella mia direzione, li ha decisamente colpiti, questo almeno è parte integrante della sua personalità, almeno qualcosa di solito c’è!  Peccato che non ha colpito me, o almeno non così tanto. Torno a osservare il mio amico, sono incuriosito e vorrei capire di più, però poi mi ricordo le sue parole di un pomeriggio di tre anni fa. Il padre lo aveva letteralmente sbattuto fuori, per una settimana era stato a casa mia, anche se mio padre quella volta non era stato molto d’accordo. Trovai Alex che piangeva in camera mia, era un pomeriggio assolato, tempo mite e l’indomani non ci sarebbe stata scuola, l’ideale per un’uscita pomeridiana, invece lui era sparito e io l’avevo visto dopo ore lì. Appena percepì la mia presenza mi fissò con astio e mi disse sibilando.

<< Se voglio il tuo aiuto te lo chiederò >>  in quello sguardo e nella voce capì, non era solo orgoglio, quello che il mio amico stava provando in quel momento, mentre lo scoprivo nella sua debolezza. Era paura, pura e semplice, paura di essere deriso, di essere ferito. Paura, sentimento che piega quanto se non più dell’amore.
Da allora imparai ad aspettare, e ci sono stati i lunghi giorni di attesa dopo delle violente scazzottate con delle bande, Alex all’inizio non voleva raccontarmi nulla di ciò era accaduto, ma dopo, dopo alcuni giorni era lui a venire da me per parlare, chiedere consiglio, o anche solo per scaricarsi la coscienza. Ci sono state le liti con il padre, con la sorella o le delusioni a scuola, il mio atteggiamento è sempre stato lo stesso, attendere che fosse lui il primo a chiedere la mia attenzione e il mio aiuto. Ora mi comporto in questo modo. Mi volto di nuovo verso la porta e la osservo, come se lei mi potesse dire qualcosa su chi era appena entrato.
 
<< Senti, Phai ti va di venire da me? >>  cos’è gli trema la voce? No, mi devo essere sbagliato, non può essere.
<<  Come scusa? >>  chiedo d’istinto meravigliandomi di ciò che ho appena sentito, forse ho bisogno di un apparecchio acustico.
<<  Mio padre non c’è e Bery è al campus, Selene è da un’amica >>  spiega con voce calma, devo aver sentito male prima, chissà << ti va di venire da me? >>  chiede ancora e non lo sento tremare, anzi alza lo sguardo e lo punta sul mio e noto solo ora i suoi occhi così liquidi e profondi, avrò bisogno anche di un paio di occhiali?  Scuoto con violenza il capo e mi affretto a distogliere lo sguardo.
 
<< Ok, se non vuoi lascia stare non c’è problema >>  ma che ha capito? Deve aver frainteso il mio gesto.
<< Ma che hai capito? No, cioè sì ci vengo. Ero solo un po’ intontito, credo di aver un po’ di mal di testa >>   e non mento nel dirlo, sono davvero intontito, direi meglio confuso, forse dovrei andare da un medico.
<< Ah! Bene, serata film? >>  ok, ora davvero mi preoccupo, che ha detto? Non credo alle mie orecchie, io conosco questa testa calda, quasi meglio di me stesso, quindi ripeto la cosa non mi sembra sensata. Ha detto serata film?  Mi volgo sconvolto e punto il mio sguardo nel suo, lui con un sorrido cangiante inclina il capo in quella maniera che mi smonta sempre.
<< Che… che hai detto? >>  chiedo perdendomi ancora per alcuni attimi in quel profondo sguardo marino, come se non avessi mai visto quegli occhi, quel viso e quell’intensità.
<< Dicevo solo che... oggi non ho allenamenti, domani non ci sono verifiche, interrogazioni o alcun compito e si entra alle nove e mezza. Ti ho chiesto se vuoi passare la sera con me e un cofanetto di film. Avevo pensato al Padrino o l’Esorcista, qualcosa che abbia più volumi per poterli vederli tutti e poi commentare i cambiamenti da un volume all’altro >>  non finisce la fra e io lo guardo esterrefatto spalancando la bocca. Devo davvero aver qualcosa che m’impedisce di sentire. Lui ha detto che ha pensato al “Padrino”. Lui non sa cos’è il “Padrino”, ne sono più che sicuro, e avrei scommesso qualsiasi cosa che odiasse gli horror. Dunque l’idea dell’Esorcista da dove salta fuori?! Mi acciglio un secondo, pensando a tutti i possibili motivi di questo suo cambiamento così radicale e repentino: droga pesante? Un nuovo cocktail alcolico, qualcosa che ha respirato, una febbre che colpisce solo il cervello?! Mentre faccio gli elenchi delle possibili cause mi viene in mente un altro particolare.
<< Ma non lavori oggi? >>  lui alza un attimo lo sguardo e ci pensa su, ci pensa su?!
<< Naa... cambio il turno con Jay J mi deve un paio di favori. Allora, dimmi, ci stai? Io te.., film a non finire, schifezze a volontà e il nuovo divano-letto che ha comprato mio padre >>  lo fisso sconcertato, ma che gli prende?! Lui che passa un’intera serata in casa, a guardare film e a  rimpinzarsi di robaccia?!
D’accordo, questo non è il mio Alex, cioè non è il mio amico Alex. Lo guardo ancora e vedo attesa nel suo sguardo, non ho voglia di prenderlo in giro qui davanti a tutti, non mi va di dividere questo magico momento con altri.
Se davvero è convinto di ciò che dice voglio punzecchiarlo un po’, almeno per ripagarmi di tutte le battutine subite negli anni per il mio continuo imbarazzarmi!
L’ultima volta che l'ho fatto arrossire è stato quando gli ho detto che Selene era dolorante perché aveva le mestruazioni, capite quindi che occasioni così non ricapitano. Non è perché sono sadico, ma un paio di risate alle sue spalle me le voglio proprio fare.



 
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Stiamo uscendo da scuola, sono stato gentilmente informato dal mio amico che da oggi cominciava la nostra convivenza anche in classe, ovvero saremo diventati compagni di banco. Io ho scrollato le spalle e ho continuato e fissar altro, è fin troppo strano, però non è ancora il momento di chiedere vedo troppa incertezza in lui, come se quando parlasse, pensasse e sorridesse avesse un fine che ancora non conosco. Ci lasciamo alle spalle il cancello e solo ora noto un altro particolare. Una cosa che mi fa venire quasi da piangere, dalla commozione intendo.
Descrivendo il suo modo di vestire, non ho sottolineato che non mi è mai andato molto a genio, però lo rispettavo e così una volta mentre ero in vacanza, lontano da lui per due intere settimane, ho comprato una collana, la catenina è in oro bianco, molto brillante, il ciondolo invece è sottile ed è impresso nel metallo, delineando le forme di una foglia di Marijuana, intorno ad essa poi è stato aggiunto un serpente che si attorciglia. Proprio questa collana rimane ora del suo vecchio look, qualcosa di mio. Che strano! Sorrido come una ragazzina, sono emozionato e non capisco perché.
 
<< Che ore sono? >>  mi chiede lui con un tiepido sorrido sul viso, non ha ancora le cuffiette nelle orecchie e non sta sbuffando come fa al solito per strada prima di arrivare a casa.
<< Le due… perché? >>  chiedo d’istinto.
<< Vieni, oggi abbiamo il passaggio >>  mi prende per il polso con delicatezza, altra cosa insolita.
 
<< Voilà, per noi >> mi volto a guardalo e lui sorride senza scomporsi. È anche più ambiguo del solito oggi!
<< Oh, uau! Ok, andiamo! >>  annuisco e torno a guardare la limousine che ferma davanti a noi ci attende. Lui si muove prima di me mi apre la portiera? Lo squadro malamente, ma poi entro senza dire nulla, magari voleva solo essere gentile. Non ricordo l’ultima volta che ha fatto una gentilezza gratuita, in modo così plateale, ma forse sarà il tempo che lo influenza, chissà. La macchina non  una novità per me, mio padre soprattutto quando c’è mal tempo la invia per farmi prelevare e portarmi a casa sano e salvo, però Alex non l’aveva mai fatta venire, non gli piace sfoggiare quel genere di lusso davanti ai compagni, mostrarsi superiore perché possiede soldi non è il suo stile. Quindi sono sempre più sospettoso!  Continuando a perdermi fra i miei ragionamenti neanche mi accorgo che anche lui è salito e ora siede accanto a me. L’interno della limosine è magnifico, elegante e sofisticato, la pelle nere si staglia contro il rivestimento bianco. Osservo incantato tutto e solo quando sento la sua mano sulla mia spalla mi ricordo che c’è ed è seduto molto vicino.

<< Si? >>  chiedo non riuscendo a capire che gli frulla in mente.
<< L’ho mollata davvero >>  dice solo con la sua voce calda.
<< Beh, sì me lo avevi già detto, ti credo. E poi lo sa già tutto l’istituto. Sei tornato ad essere lo Scapolo D’Oro >>  sghignazzo senza guardarlo, ho come l’impressione che ora mi risponderà in una maniera che mi spiazzerà.
<< Hm sì, hai ragione. Sai, non devresti ascoltare le voci che girano. Non ho nessuna storia. Ne flirt, ne relazione>> sottolinea lui serio. Sta diventando un vero enigma, è sempre stato un libro aperto, non poteva nascondermi nulla e invece ora?! Perché non riesco ad interpretare i suoi gesti, pensieri, e parole?
<< Posso… chiederti qualcosa? >>  chiedo un po’ impacciato, non so davvero che fare con mister sorriso.
<< A casa, voglio parlarti a casa >>  dice spostando lo sguardo e puntandolo il più lontano possibile da me.
<< Ok amico, ma se continui così mi spaventi >>  lo punzecchio solo per farlo sorridere, ottengo però la reazione opposta.
 << Il mondo può cambiare ed io NO? >>  nella sua voce c’è una nota di tristezza, ma lui non è mai triste, se non per cose molto serie, non si lascia irretire da malinconia o cattivi pensieri. Mi acciglio angosciato, ma non dico nulla. Non voglio ferirlo, una lite in questo momento non la desidero, e sentire ancora la tristezza nella sua voce farebbe a me del male quindi mi ammutolisco.
 

 
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Sono passati all’incirca venti minuti, sovrappensiero non ho seguito il percorso seguito dall’auto, quando ci fermiamo quasi sobbalzo. Esco riparandomi gli occhi dal sole, non mi è mai piaciuta un gran che quella rossa sfera di fuoco, io decisamente preferisco la luna. Con le palpebre leggermente chiuse inspiro l’aria finalmente pulita, siamo a pochi chilometri da Milano, è una zona residenziale composta in maggioranza da palazzi alti massimo 5 piani e villette bifamigliari o piccole cascine. Salgo sul marciapiede e osservo il palazzo, non siamo nella villa del padre, ma nell’appartamento della sorella di Alex che in questi mesi è utilizzato da tutta la famiglia, perché nelle altre proprietà ci sono lavori in corso, questi sono i pochi particolari che mi ha detto il mio amico fino ad ora.
 
<< Andiamo a comprarci la cena? >> mi chiede con il solito mezzo sorriso sul volto, non sorridere come fa sempre, sembra quasi si stia trattenendo. Dopo il mio piccolo sobbalzo, dato che era comparso dal nulla, mi volgo e lo vedo al mio fianco, ha le nostre borse in mano e come se nulla fosse guarda il palazzo.
 << Lewis puoi andare >>  dice all’autista che ci saluta alzando il capello, l’auto sparisce dopo pochi minuti in fondo alla via.
<< Senti... io >>  cerco di dire ma il suo sorriso mi blocca, che avrà in mente?
<< Saliamo, posiamo le borse e poi... ti porto! >>  un posto? Perché non finisce la frase? E ora neanche mi parla? Si avvia sul sentiero in pietre grezze, arriva al portico del palazzo e cerca le chiavi. Senza dire altro lo seguo.  Di solito è misterioso, non si fa scoprire e tende a sbandierare solo ciò che gli fa comodo, eppure lo vedo proprio “oscuro” oggi, ma non mi so spiegare il motivo. Prendo il cellulare e compongo il numero del cellulare di mio padre.

 
<< Oh si certo ma, che cavolo ALESSANDRO SMETTILA! >>  sbarro gli occhi e mi guardo intorno come se una volante della polizia mi avesse intimato di alzare le mani e buttare la pistola.  E io che credevo di aver chiamato mio padre! Guardo il display, riprendendo il controllo e noto che il numero è davvero quello di mio padre. Dubbioso riappoggio l’orecchio all’apparecchio.
<< Oh, ehm, scusa figliolo. Ci sono molti INCIVILI, in questo ufficio! Allora, dimmi pure perché hai chiamato >>  fisso un secondo le mie scarpe e sospirando collego il nome, l’urlo e la nota leggermente imbarazzata della voce di mio padre.
<< Rimango da Alex oggi, sai il padre non c’è >> sorrido un attimo sentendo che mio padre ha cominciato a battere le dita, lo fa sempre quando è nervoso, credo di averlo messo un po’ in imbarazzo.
<< Comunque volevo dirtelo così non ti preoccupi, e se rimanessi a dormire qui >> 

 
<< Efestione ti vogliono in sala riunione, il CAPO sta impazzendo, dice che la filiale di Sidney non lo riconosce perché sei stato tu a contrattare con loro nella scorsa riunione >>  la voce della vecchia segretaria di mio padre lo distrae dalle mie parole.
 
 
<< Umh, ok. Cheris arrivo subito. E TU, caro il mio ragazzo! Non avevamo detto niente venerdì fuori per un mese, fino a che i voti in Educazione Fisica non miglioravano? >>  d’oh! Caspita, credevo l’avesse dimenticato. Questa è l’unica punizione della mia vita e lui… lui me la fa pesare in questo modo!
<< Papà ascolta, io >>  faccio per dire, ma una voce lontana dal telefono mi zittisce.
 
<<
 EFESTIONE!! >>
 
<< Ok, ok. Phai… senti ti voglio bene e sai che ti ho sempre lasciato gestire da solo i tuoi impegni e occupazioni, sai badare a te, ma vedi... sono tuo padre e >>  tituba un attimo, chissà a che cosa sta pensando << puoi rimanere da Alex ma non voglio che usciate. Mi è bastata una volta vederti sbronzo in giro per casa che vomitavi! >>  e che cavolo, ma proprio ora mi deve ricordare queste cose!
<< Ora vado. Ti voglio bene, ciao. Oh, mi raccomando, fai il bravo ometto!!  >> 
<< Sì papà anch’io ti voglio bene e comunque anche tu fai il bravo ometto! >> sorridendo chiudo la conversazione riprendendo a camminare più velocemente. Il rapporto con mio padre è a dir poco ottimo, è il mio punto di riferimento, la persona a cui mi ispiro, la mia guida e la mia roccia.
 
Raggiungo in fretta Alex, lo vedo un po’ troppo crucciato per i miei gusti, che ha questo tornado umano dalla chioma bionda? 
<< Hey… Alex ho fatto qualcosa che >>
<< Ti chiama Phai  >>  mi dice voltandosi e sorridendomi.
<< Sì, già. Ha ripreso a chiamarmi Phai  >>  rispondo io sorridendo a mia volta. Dopo una brutta litigata mio padre aveva cominciato a chiamami con il mio secondo nome, che io odio con tutto me stesso, Christopher. Non posso neanche pensarci che mi irrito. È il nome che ha scelto mia madre, o almeno così dice mia sorella. Oggi però mio padre mi ha chiamato Phai, quindi vuol dire che non è più arrabbiato.
<< Mi è dispiaciuto quando, tu e lui... beh lo sai no? Ti deve far male sentire quel nome >>  mi dice all’improvviso mentre entriamo nell’ascensore.
<< Un po’ >>  rispondo io a voce bassa.
 
Il rumore dei freni dell’ascensore, e la musichetta irritante che risuona al suo interno mi avevano distratto, ora me lo ritrovo vicino, molto vicino e… le sue braccia mi avvolgono, piano, senza violenza, con delicatezza. Mi strige con decisione per infiniti secondi. È giusto chiedersi che c’è di strano, beh lui ha sempre pensato che abbracciarsi sia da perdenti, o ci si “fa” dopo un abbraccio o è un gesto inutile che fanno le ragazze perché loro sono deboli. Questo è il riassunto del suo pensiero quindi non mi spiego questo gesto.  Sento il suo petto contro il mio, anche se mi sorpassa di alcuni centimetri in altezza, sento il suo respiro caldo sulla mia guancia, sento le sue mani sulla mia schiena. Io mi irrigidisco per reazione e lui percependo il mio disagio si allontana subito voltandomi le spalle.
 
<< No, Alex, anzi Xandre. Scusa >>  lui si volta e con gli occhi spalancati mi guarda sorpreso.
<< Senti, è vero che sei strano oggi. E mi fai un po’ paura, lo ammetto, ma io non ti respingerei mai. Sei il mio migliore amico!!  >>  abbasso un secondo il viso lasciando che le ciocche della frangetta mi coprano il gli occhi.
<< Umh bene, buono a sapersi  >>  non faccio in tempo a controbattere perché l’ascensore si ferma, lui come se nulla fosse si sistema la borsa sulle spalle e dopo avermi candidamente sorriso esce dal vano un secondo dopo l’apertura delle porte.
<< Come scusa? >>  chiedo intontito, ma qualcuno vuole dirmi che prende al mio migliore amico?! La mia però è una domanda che sfuma nell’aria. Prima si è illuminato perché l’ho chiamato con il nomignolo che usavo da piccolo, è vero che lui ha sempre adorato questo nome, ma mai avrei pensato che gli facesse di nuovo piacere essere chiamato così, a saperlo, ora esclama questa specie di frase, spero solo che mi dica tutto quanto una volta dentro casa. Ho troppi punti di domanda che mi frullano per la mente!! L’appartamento è più o meno come me lo ricordavo. Stranamente da quanto stabilito, Xandre mi dice che sarebbe meglio andare in camera da lui, la televisione ha una definizione più alta e lì c’è l’impianto acustico migliore della casa. Lo seguo senza aggiungere commenti,  prima di entrare però perché una volta messo piede non posso far a meno di dire.
 
<< Porca misera, ma che hai fatto?! >> mi scappa questa esclamazione d'istinto.
 
La sua bellissima camera ricolma di poster di basket man, stangone tutte curve e auto ora non è più lei! Il colore delle parete è un tenue blu, una tonalità avvolgente, ma troppo intima. Il letto è nell’angolo ed è rotondo, quando lo avrebbe comprato?!  La parete di fronte è dedicata al cinema, lo schermo gigante, le casse, montagne di dvd di cui ignora la provenienza! Non parliamo di uno o due dvd, ma di centinaia. Lui non sa cosa sono i dvd, lui diceva di esserne allergico, tutto ciò che è tecnologico lo ha sempre infastidito. Questa deve essere un’allucinazione!! Non parliamo dei particolari degni di un’alcova: lenzuola rosse, cuscini porpora, centrini sui comodini bordeaux, tende vermiglio, insomma ogni cosa aveva sfumature del rosso.  Inclino il capo verso destra e fisso il mio amico che come risposta sorride silenziosamente, poi di nuovo con nonchalance posa le borse nel guardaroba e mi dice che lui sta andando in bagno. Mi vuole lasciare solo in questa camera, e perché?!  Un’ondata di panico mi travolge, mi sento in subbuglio e di sicuro non voglio rimanere qui dentro, mi sento a disagio. Lui sparisce prima di una mia qualsiasi risposta. Rimango immobile sulla soglia, un gradevole odore mi pervade, mi sembra sia il profumo degli iris, anche questo non può essere vero. Ora basta! Il signorino mi deve delle spiegazioni! Lui ha sempre detestato i fiori, in particolare gli iris, quindi perché in camera sua c’è questo profumo! perché mi sta facendo impazzire?! Devo saperlo! E subito, non posso attendere! Veloce arrivo al bagno e senza pensarci spalanco la porta.
 
<< Mi vuoi dire che stai facendo?  >>  gracchio innervosito entrando nella stanza.
<< Ehm...non si vede? Non è che potresti aspettare qualche secondo per >> 
<< No! Tu ora mi ascolti e mi dai delle risposte precise e chiare! >>  strido io puntandogli addosso lo sguardo, peccato che lui sia di spalle... di spalle? Davanti al water, sono in bagno.
 
<< Eh… beh allora parla? >> controbatte lui trattenendo un risata.
<< Uhm, beh credo che ti aspetterò fuori >>  dico io, mentre le mie guance diventano due pomodori.
<< Ok, però per me potevi anche rimanere >>  asserisce lui con un velo di malizia.
<< Hn >>  soffio io invece uscendo, sentendomi andare a fuoco. Che figuraccia! È sempre colpa sua. Sento l’acqua del rubinetto scorrere, ha finito e sta per uscire, bene, finalmente potrò avere le miei risposte. 
 
 
<< Andiamo, ti porto nel negozio all’angolo. Ti devo far assaggiare delle ali di pollo, uhm al bacio >>  mi ignora volutamente passandomi davanti.
<< Ehhy, ma io volevo... parlare! >> cerco di fermarlo, ma lui è più veloce e sveglio, in questa occasione, così non posso continuare il mio discorso. 

<<  Tu va pure in bagno io chiamo Bery, muoviti però >>  e scompare nel corridoio. Io sto ribollendo di rabbia, ho come l’impressione che se lo inchiodassi al muro e pretendessi la verità sentirei un mucchio di frottole, lascio perdere e mi vado a sciacquare la faccia, almeno mi rilasso un po’.  Ha appena finito di telefonare. Io sono appoggiato alla porta d’ingresso e lo osservo muoversi nel soggiorno, siamo entrambi più silenziosi del solito oggi, non che mi dia molto fastidio, ma ci sono fin troppi campanelli di allarme per ignorarli. 

 
<< Tieni  >>  si è avvicinato ed io di nuovo non me ne sono reso conto.
<< Cos'è? >>  guardo il pacchetto e poi lui.
<< Ieri l’ho visto in vetrina... l’ho visto e lo ho comprato >>  mi sorride e mi fa cenno di uscire.
<< Ah >> esclamo togliendo il fiocco dal regalo, uscendo sul pianerottolo, cosa si sarà inventato questa volta?
Scarto la carta e deglutisco: una, due, tre volte. No, non respiro!
<< Xa..xa..xand XANDRE >>  biascico con il fiato mozzato.
<< Siii? Ah entra che se no facciamo tardi >> lui come se nulla fosse mi prende per la manica e mi porta nell’ascensore.
<< Ma… ma… come, cosa, quando… ma! >>
<< Ehy Phai! Riusciamo a formare parole sensate? >>  scherza lui battendomi una mano sulla spalla. Non si può comprendere il mio stupore!  Ho tra le mani il singolo di “Attack”, praticamente introvabile qui in Italia. E lui dice che lo ha visto. E dove?! Quando? Come?!  Questa è la cosa più bella che potesse regolarmi, e penso lui lo sappia quanto tenessi a questo singolo.  Non resisto mi avvicino per prendergli la spalla come di solito fa lui per salutarmi e invece lui si volta verso di me ci riabbracciamo. Ok, io davvero non capisco più nulla!


 
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Sono le 18.30 circa.
Il pomeriggio è volato, tra episodi ambigui e imbarazzanti, risatine per battute inusuali e sguardi dubbiosi nei confronti di un super sorridente Xandre. Xandre, ho preso di nuovo a chiamarlo così accantonando il diminutivo Alex, chissà perché! Il mio amico diventa ogni minuto più strano, mi ha aperto la porta per uscire dallo stabile, mi ha aperto quella del negozio, ha preteso di portare lui le buste, cosa mi ha dato leggermente fastidio, e quando gliel’ho fatto presente lui ha esclamato convinto “sei mio ospite”. Sto cercando un modo per metterlo alle strette, ma il signorino è intelligente ed evita accuratamente ogni discorso dove potrebbe svelarsi. Siamo tornati nell’appartamento da pochi minuti, si è fiondato in cucina per sistemare la nostra cena, mangeremo in camera sua, cosa che prima era assolutamente vietato. Io sono sul divano e penso. Domani è sabato e abbiamo scuola dalle dieci all’una e mezza, non faremo molto, ma di assenze ne ho fatte parecchie il mese scorso; quindi possiamo fare le ore piccole oggi, nonostante questa situazione ottimale non posso fare a meno di essere in ansia, voglio sapere il perché di questa assurda giornata.
 
<< Ti va un bacio? >>
<< Eh? >>  salto sul posto, devo avere sentito malissimo.
Guardandomi intorno mi accordo si essere caduto sul pavimento.
<< Phai! >>  mi richiama lui avvicinandosi al divano con una scatola di “Baci Perugina”.
<< Ah! Ehm, oh >>  lo guardo e sbuffo mentre arrossisco miseramente, mi sta facendo impazzire!
 
Sono le sette e mezza, chioma d’oro ha messo vicino al letto un tavolino dove ha sistemato tutte le sue deliziose cibarie, patatine di ogni genere, salatini, tramezzini, stuzzichini, ma soprattutto salse, ci sono decine di salse diverse, varie lattine di coca, sprit e birra. I dvd sono già nel lettore, Xandre ne ha fatto istallare uno di nuova generazione che può leggere in consecuzione tre dvd, basta metterli nell’apposito vano, ogni volta che ne finisce uno il disco gira e si passa al dvd successivo.  Io sto osservando con attenzione l’inizio del film e non ho ancora cominciato a mangiucchiare, non ricordavo che mettesse così tanta angoscia. Stiamo guardando l’Esorcista, forse guardarlo al buio in una giornata come questa non è stata un’ottima idea. La mia mano scatta alla ricerca della ciotola per prendere le patatine distraendomi così almeno per qualche attimo, non mi piace farmi vedere impaurito. 
 
<< Se non ti va  >>  gli sento dire a voce bassa, forse ha capito che ho un po’ di paura, la mia mano è sul bordo della ciotola e la stringe con troppo vigore, se n’è accorto così visto che fissa la mano, poi me.
<< No, no. Va bene  >>  rispondo mollando la presa e tornando a guardare lo schermo.
Il film procede, le scene successive le ricordo perfettamente e non mi fanno impressione, così comincio anch’io a mangiare con un po’ più di tranquillità. Le immagini scorrono senza che accada molto. Mi sto abituando ora, era solo il residuo delle sensazioni di confusione e ansia, tutto qui. Ho anche smesso di tremare. E sono rilassato.  Sospiro e mi sporgo per prendere un tramezzino ma proprio mentre rialzo il volto succede qualcosa.
<< Ah >>  scatto all’indietro e finisco addosso a qualcosa di caldo e molto consistente, due braccia mi sollevano leggermente e passando sotto le mie braccia avvolge il mio petto. Mi sta abbracciando?! La mia schiena è a contatto con il suo petto. Ma che cosa sta succedendo?!
 
<< Ehy, io non sono un orsacchiotto >>  scatto in avanti e mi alzo in piedi, un po’ troppo velocemente perché mi gira la testa, la mia forza di volontà è maggiore quindi prendo un bel respiro e punto gli occhi su di lui: VOGLIO SPIEGAZIONI!
<< Uhm? >>  lui fa l’ignaro continuando a guardare il film.
 
Un attimo, mi prende in giro?! Voglio picchiarlo! Beh lo so che lui è più forte, anche se non ci siamo mai scontrati seriamente, data la prestanza fisica immagino che il risultato sarebbe a favore di Xandre, eppure vorrei riempirlo di schiaffi! E se va avanti a fare quel sorriso da ingenuo lo scopriremo molto presto!
 
<< ALEX >>  sibilo incrociando le braccia al petto.
<< Uhm? Beh... che ho fatto ancora ? >>  ma cos’è quell’aria da ingenuo? Che mi sia sognato tutto? No!! Cavolo, pure questo ora?! Mi do del visionario? 
<< Avanti Phai vieni qui, ora arriva la parte migliore e poi al cambio disco parliamo, ok? >>  dice lui tranquillo. 
<< Hn >>  soffio imbronciato. Gattono sul letto e mi siedo. Il più lontano possibile da lui. Qualsiasi cosa lui abbia, voglio davvero saperlo. Forse queste sono le ultime parole famose…
 
 
 
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....il primo film è finito, io sbadiglio, non per la noia, ne per il sonno, ho fame. Non mi sono più avvicinato al cibo, non ne ho il coraggio. Non ho paura, non voglio altri “incidenti”. Mi guardo lo stomaco e poi i tramezzini. Che prelibate delizie! Con l’acquolina in bocca deglutisco a fatica.
 
<< Tieni >>  salto letteralmente, nel buio più totale vai a capire dov’è quell’impiastro che mi sta porgendo un tramezzino, stavolta non ha fatto niente di strano. 
<< Hm >>  rispondo afferrandolo dalle sua mani. Non mi va di ringraziarlo, dopo tutto è lui che sta facendo tutto questo. Lo sento di nuovo ora, si sta avvicinando. 
<< Ti va... di.. cambiare? >>
<< Eh? >>  mi volto e cerco il suo sguardo, mi scontro con i suoi occhi più vicini di quanto immaginassi.
<< Il film, parlo del film >>  risponde lui muovendosi ancora arrivandomi quasi addosso.
<< Ok >>  rispondo squadrandolo prima di appoggiarmi ai cuscini e tornare a guardare lo schermo. Comincia un altro film ed io mi concentro nel guardarlo, infondo a me i film piacciono, quindi una serata un po’ agitata non mi toglierà il piacere di vedere una bella pellicola.  Il tempo è passato in modo piacevole e sereno. Ora siamo in una strana situazione.  Xandre ha appoggiato la testa contro la mia spalla, forse ha esagerato con le lattine di birra, poggia la mano sul mio braccio quasi come se volesse tenermi fermo come se io avessi l’intenzione di andarmene. Non so perché ma ho smesso di farmi ulteriori domande e lo lascio fare, oggi è così. È mio amico, non posso lasciarlo solo ora! Struscia leggermente il viso contro di me e poi sospira.  Se fossimo ancora piccoli io gli accarezzerei i capelli e aspettando che si addormentasse gli direi che lui non ha fatto nulla e che non deve sentirsi in alcun modo colpevole e che tutto andrà bene, ma ora siamo grandi.
 
<< Mi manchi >>  mi volto e incontro il suo sguardo a pochi centimetri dal mio, mi sorride sincero e tranquillo. 

...si avvicina ancora e chiude gli occhi e 
…posa le labbra sulle mie. 
...le nostre bocche si toccano delicatamente.
 
Si toccano?!
Spalanco gli occhi, deve essere ancora ubriaco... non mi preoccupo, ora mi allontano e lo sveglio dal torpore e… Cerca di aprirmi le labbra?! Inclina il capo a destra e socchiude la sua bocca comincia a succhiare le mie labbra? Ma… ma... che? Trattengo il fiato e incapace di muovermi spero solo che questa vena di follia cessi subito. Purtroppo insiste per aver accesso alla mia bocca e inizia anche ad abbracciarmi. Una mano la posa sulla mia guancia e l’altra dietro le mia nuca. Per la miseria! Finalmente rinvengo e mi scosto con violenza. 
 
<< Che DIAVOLO ti è preso? >>  chiedo tra l’incredulo e il confuso.
 
Non sono impazzito, ma questo è troppo. Sono abituato alle cavolate di Xandre, mi ha già baciato, è successo una volta, era ubriaco fradicio e mi aveva scambiato per una donna, e non mi aveva forzato, dopo qualche secondo si staccava sbatteva le palpebre rendendosi conto di ciò che aveva fatto e semplicemente dopo aver accennato uno “scusa” tornava a essere il solito ora però. Lui ora mi guarda ferito, si è proprio ferito, ma io non penso di aver fatto nulla di male!! Ha gli occhi semi aperti e molto lucidi, le labbra leggermente gonfie e ha le guance arrossate. Scatta di nuovo in avanti e mi afferra per le spalle. 
 
<< Perché non ti lasci baciare? >>  e me lo chiede pure? Ok, presumo si davvero ubriaco! Guardo oltre il suo bel viso che ora mi fa un po’ paura, si sono solo due lattine di birra, allora forse ha la febbre. Mi libero dalla sua morsa e sento se la fronte scotta, no, nulla. Forse ha avuto un capogiro e sta dando di matto. 
<< ALLORA? >>  insiste lui con aria irritata.
<< Ma che ti è preso?! Ti hanno dato buca oggi?! Ohy Xandre riprenditi >>  gli rispondo sostenendo il suo profondo sguardo.
<< Io sto benissimo e nessuno, a parte te, mi aveva mai rifiutato >>  dice lui... piccato?! Ma che sta succedendo, qua urge un chiarimento!
<< UNO: CHI TI DICE CHE IO… che a me, che... io sia. Va beh hai capito!! >>  balbetto imbarazzandomi. Eh che cavolo non riesco neanche a pensare a qualcosa di lontanamente vicino al sesso che divento un pomodoro e lui pretende che io mi lasci baciare?! 
<< Beh, lo penso perché non hai mai avuto una ragazza, o forse perché non mi hai mai parlato di una cotta per una ragazza, o perché quando camminiamo per strada tu non ti volti mai a guardare una qualsiasi RAGAZZA. Beh citiamo anche gli episodi in discoteca, le tipe ti vengono vicino per ballare e tu che fai... FUGGI? Una ragazza ti invita alla sua festa e tu, no grazie ho già un impegno. Una ti si vuole fare sui divanetti del pub e tu gli volti il viso e dici scusa ma che devo… >>  non lo lascio neanche finire.
 
Ricordando quello che avevo pensato poco fa, ora scopriremo cosa può succedere, con rabbia sferro un gancio in pieno viso. Lui non riesce a scansarlo perché preso di sorprese, cade indietro e stordito si tocca la parte dolorante.
 
<< Ma che cosa stai >>  
<< CHI TI DA IL PERMESSO DI FARE QUESTI PENSIERI SU DI ME? >>  urlo saltandogli addosso e sferrandogli un altro colpo alla mandibola.  Sono furioso! 
<< Io… PHAI >>  cerca di afferrarmi il polso, ma io sono più veloce e indietreggio colpendolo così al petto.
<< CaFhhh… ma che… hay >>  indietreggia con una mano sullo petto, devo avergli fatto male.
<< CAZZO! Phai! >> esclama fulminandomi con lo sguardo. 
<< E questo non è nulla! Chi cazzo sei per... giudicarmi e per APPROFFITARTI DI ME?! Hai pensato forse il mio amico è gay, beh me lo scopo e poi vediamo?! MA CHE CAZZO HAI IN QUELLA TESTA BACATA? >>  sputo ogni parola ancora inginocchiato nel mezzo del letto.

<< Phai, io... >>
<< No! Sta zitto! Di cazzate oggi ne hai dette, allora cosa volevi da questa sera? Volevi che ammettessi che mi piacciono i maschi, così una volta per tutte ti saresti sbarazzato di me?! O in caso di mia negazione ti saresti sentito meglio... almeno così non avresti avuto un amico, o un ex amico, frocio. Su, rispondi! Avanti... e questa messa in scena, come ti sei vestito, come ti sei comportato, i film che cazzo ti è venuto in testa?? >>  quasi non riconosco la mia voce, parlo a ruota libera lasciando fluire sensazioni, ricordi, rancori. Ogni cosa fuori dal mio cuore.
Lui mi fissa, si alza in piedi e mi squadra con il suo sguardo più minaccioso. 
 
<< Sei solo un bambino >>
<< COSA? >>  non resisto scatto in avanti e gli sono di nuovo addosso.
<< Tu sei uno stronzo egocentrico ed esibizionista, e io... io non sono una delle tue puttane che ti sbatti una notte solo per la curiosità di vedere come si sbatte quella >>  gli rifilo un sinistro nell’occhio e lui indietreggia con il capo chino dopo aver subito il colpo.
<< Non hai capito un cazzo!! >>  parla lui e io mi alzo e lo raggiungo afferrandolo per il colletto della maglia.
<< Io... io... IO NON HO CAPITO UN CAZZO? >>  gli rifilo un altro pugno, ma lui rimane fermo e mi fissa sempre più ferito << fanculo te e tutto questo. Fanculo ALESSANDRO >>  gli urlo e lui
 
 
Fa un solo passo avanti e mi da un solo schiaffo. Uno solo. Poi si volta ed esce dalla camera. Non ho idea di quanto tempo sia passato. Potrebbero essere anche giorni interi, ero così profondamente sopito che non mi sono accorto di nulla. Mi stringo le ginocchia al petto e raggomitolato su questo letto sconosciuto continuo a serrare la bocca facendo combaciare perfettamente i denti dalla rabbia e dalla frustrazione.
 
Dopo tutto lui ha ragione su tutto, eppure io non riesco ad accettarlo, sono sempre stato uno sfigato con le ragazze, e allora?! E poi perché mi ha baciato, perché mi ha chiesto se volevo altri baci... perché?! Con le lacrime agli occhi stringo il lenzuolo tra le dita. Lui è il mio migliore amico, il mio unico amico, forse è per questo, non sono mai riuscito a farmi capace di questo, lui non è mio, lui appartiene al mondo in cui vive, ed io devo stare a guardare. 
Mi alzo da queste coltri e trascinando i piedi mi ritrovo al centro della camera, lui ha ragione e so bene che quell’unico schiaffo che mi ha tirato ora lo starà distruggendo, si sentirà in colpa e forse si starà maledicendo e io non voglio che soffra ancora per causa mia, ma che cosa dovrei fare?  Esco dalla camera, lui non è in corridoio. Vado in cucina ma non è neanche lì, in salotto no. Camera della sorella, camera del padre, no non c’era. Terrazza? Neanche. Cammino per il corridoio con il cuore sempre più a pezzi e i sensi di colpa che non mi fanno respirare, poi sento un tonfo, un rantolo, un sommesso sussultare e poi un singhiozzare dimesso. 
 

 
Corro verso il bagno e capisco che vengono da qui i rumori, rimango ad ascoltare fibrillando dall’emozione. 
Abbasso la maniglia ed entro delicatamente nella stanza. Vedo la scena più triste del mondo. Faccio qualche passo in più, piano e sono dentro la stanza, in punta di piedi. Di fronte a me raggomitolato e scosso da brividi un ragazzo dicianovenne, con un’esistenza incasinata e un carattere difficile, ha il capo abbandonato sulle ginocchia e lacrima tra singhiozzi.
<< Io… scusami >> mormoro piano, lui non mi sente e continua il suo pianto trattenuto. Mi avvicino ancora, mi inginocchio accanto a lui e avvicino e poso la mia fronte contro la sua. Rimango così, non so per quanto,  appoggio una mano sulla sua gamba e l’altra sulla sua spalla attendendo lui, soltanto lui. Lui, dopo qualche minuto alza il viso e con le guance rigate da grandi lacrime, gli occhi rossi carichi ancora di pianto e le labbra tremanti mi guarda.
 
<< Scusa >>  mormoro di nuovo accostandomi ancora di più fino a far posare la mia fronte contro la sua. 
<< Mi sei mancato, tu... tu non puoi capire. Ero sempre più solo, non ero più nulla per me stesso. Mi guardavo e non vedevo nulla. E tu, tu non c’eri. Io ti avevo allontanato, e tu… non puoi lasciarmi solo >>  i suoi grandi zaffiri sono liquidi ora e mi implorano di non lasciarlo in balia di quel mondo che tanto desidera, ma che non riesce a comprendere. Non vuole essere soprafatto da quell’esistenza che cerca di rifiutare e che non accetta, perché non vuole diventare come suo padre, perché non vuole essere come sua madre, ne come quelli che frequenta da anni, so che sta cercando di dirmi questo. Glielo leggo dentro. Eppure ancora non capisco perché tutti questi misteriosi atteggiamenti. 
<< Tu… tu, io stavo diventando ciò che non voglio. L’ho presa di nuovo Phai. Settimana scorsa, mi sono impasticcato >>  lo guardo con il fiato sospeso, lui mi aveva promesso che non sarebbe mai più ricapitato. Devo averlo scritto in volto che sono deluso perché lui abbassa il capo e scuote il capo.
<< Dio, che deficiente che sono! Non lo so perché… l’ho fatto, ero cosciente quando è successo. Però so solo che l’ho fatto. Ma non lo voglio più, io rivoglio noi due. Le domeniche a correre nel parco, i sabati pomeriggio in sala giochi. Basta discoteche, pub, circoli, feste, non ne voglio più sapere! E le “puttane” come le chiami tu, beh mi fanno solo schifo ora. Voglio realtà, qualcosa di solido. Io voglio te! >> rialza il capo e mi guada serio e deciso nonostante le lacrime.
 
<< Xandre, sono magnifiche queste parole, ma >>
<< Non capire male Phai. So che tu mi rimarrai amico, qualsiasi cosa accada ma a me non basta. Perché quando tu incontrerai la persona della tua vita mi lascerai ed io non sono forte. Sono una bella maschera di cera. Mi romperò Phai, mi romperò e... non ci sarà nessuno a raccogliere i cocci >> quel sorriso amaro non l’avevo mai visto.
<< Xandre, non… si può capisci? Non si può decidere in questo modo con chi stare e chi amare >> 
<< E perché no? >> scatta in avanti inginocchiandosi davanti a me << farò di tutto, ti dimostrerò che io... sono alla tua altezza, vedi sono già cambiato per te!  Tu mi hai sempre spalleggiato e aiutato. Ricordo le volte in cui dovevamo andare ad una festa e tu, anche se non avevi voglia mi accompagnavi e anzi, mi aggiustavi gli abiti, che non ti piacevano perché quel mio modo di vestirmi non ti era mai andato a genio eppure mi sorridevi e mi rendevi presentabile  >> prende le mie mani fra le sue e mi fissa dritto negli occhi. 
<< Io so solo che… ok non ci ho riflettuto molto, però vedi se a te piacciono le ragazze, ok non c’è alcuna possibilità ma se tu sei anche solo minimamente confuso, potrebbe esserci  >>
<< Qualcosa? Io non so neanche di che parli Xandre. Essere amici, complici, sì, certo lo siamo sempre stati. Sostenerci a vicenda, ma quello che mi chiedi va oltre. Molto oltre. Dovrei essere il tu... tuo ra…raga >> 
<
< Il mio ragazzo? >> conclude lui senza batter ciglio, io invece svengo.
 
 

 
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Riapro gli occhi a fatica, non ricordandomi quasi chi e dove ero. Non è la mia camera quella che vedo intorno a me, infatti è quella di Xandre.  XANDRE? Dov’è ?!  Cosa è successo?! Non abbiamo finito di parlare, e io non ho capito quasi nulla, che cosa voleva dire o fare con quel discorso?!  La porta si è aperta prima che io me ne accorga, i miei occhi sono ancora insonnoliti e non riesco a osservare perfettamente la figura. La sento richiudersi e sento che si avvicina qualcuno.
 
<< Ehy, tutto bene? >> e mentre parla si china e mi da un bacio sulla fronte.
<< Dai, dammi la mano che ti aiuto a metterti seduto >> con gentilezza allunga il braccio e aspetta, non lo contraddico e con accondiscendenza mi faccio aiutare a mettermi seduto, lui si accomoda accanto a me e ci guardiamo.
<< Ecco qui, ora bevi questa, ti farà bene >> mi porge la tazza e esitante aspetta che io beva. Non voglio farlo dispiacere quindi assaggio subito l’intruglio, che non ha un sapore magnifico
<< Non fare quella faccia, lo so che non è buono, tu però bevi >> senza aspettare che io parli si inginocchia dietro di me e posa le mani sulle mie spalle. Credo che il discorso di prima sia finito secondo lui, e credo abbia già tirato le sue conclusioni. Inizia a massaggiarmi il collo e i muscoli delle spalle molto contratti e doloranti.
 
<< Hm Xa...Xandre >> quasi mugolo nel chiamarlo, devo riconoscerlo è molto bravo a usare le mani.
<< Sì, amore >> ecco questo mi basta per farmi svegliare dal mio stato di trans.
<< ALEX >> lo richiamo ad alta voce e lui si stacca leggermente da me.
<< Phai, calmo... non ti chiamerò così davanti agli altri. Ne ai nostri... famigliare, contento?! >> si sporge mi guarda negli occhi. No, qualcosa non quadra affatto! 
 
<< No, aspetta Alex. Io non credevo che avessimo finito. Insomma io >> cerco di dire, ma lui... mi bacia il collo. Dovrei farlo smettere subito prima che inizia a fare qualcos’altro. Però le sensazioni sono piacevoli e rilassanti.
Forse per sta sera farò finta di niente, dopo tutto non c’è nulla di male, mi sta mordendo l’orecchio, mh anche questo piacevole. Dovrei fermare tutto, lui è etero, io ho i miei dubbi, ma lui no, insomma non vorrebbe mai arrivare ad atteggiamenti intimi con un uomo. Ma anche questa convinzione svanisce, mi sta accarezzando il ventre poco sotto l’ombelico.
<< X..xandre, no aspetta >> lui si ferma e sospira piano.
<< Io... insomma >> cerco di dire mentre avvampando con violenza, sento la pelle ustionata.
<< Capisco. Non sono neanche due ore che stiamo insieme, hai ragione. Dobbiamo procedere per gradi >> un attimo, noi due stiamo insieme da due ore? E procederemo per gradi?

Forse ho peggiorato la situazione! Deglutisco un paio di volte e cerco di scuotere il capo per schiarirmi le idee.
Io non voglio ferire Xandre giusto? Lui ha ragione su alcune cose, ovvero che non mi piacciono le ragazze, o meglio non mi sono mai piaciute quindi c’è una possibilità che io sia gay?! Però stare con un ragazzo, stare in tutti i sensi, immaginavo ci volesse più tempo, un percorso, dei passaggi, non credevo accadesse così. Mi stacco da lui e respirando pesantemente mi volto lasciandomi cadere sul materasso. Chiedo aiuto a Dio, o qualsiasi altro essere possa aiutarmi.

<< Senti, domani ne parliamo ancora. Magari ce ne stiamo un po’ soli durante l’intervallo, ti va? Magari poi ti farai baciare >> lui è sempre più convinto che noi due siamo una coppia. Però infondo non è un’idea malsana, dopo tutto prima che lui cominciasse con quella moda assurda ero io che lo consigliavo come vestirsi, facevamo quadrare i suoi conti, rassettavamo casa, su alcuni aspetti siamo veramente una coppia, ma non ho mai pensato che lui potesse anche solo pensare a me in termini simili. Io... io non capisco… perché mai poi?
Perché dovrei attrarlo?! Non ho nulla di “attraente” e mi sta venendo un gran mal di testa!  Chiudo gli occhi e sospiro allargando le braccia. Speriamo che l’alba porti con se un po’ di buon senso, per entrambi.

<< Non te ne andrai vero? >> chiede preoccupato lui mentre lo sento avvicinarsi a me. 
<< Io.. io.. io >> balbetto non riuscendo a esprime a parole i miei pensieri contorti.  Non voglio deluderlo, io so che ci sarò per sempre, dopo tutto sono il suo compagno di avventure, compagno di disavventure, compagno di stanza per anni, compagno di classe, di banco e forse se fosse anche di vita non cambierebbe poi molto?! 
Lo guardo stendersi accanto a me e sorridermi.


Sì, infondo siamo sempre stati compagni, ora lo saremo solo un po’ di più




 
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Spero vogliate commentare, questo è il mio primo racconto one-shot  con trama complessa. Questa è la prima di una serie di sei (forse anche di più, ma è da un po' che non continuo... quindi... magari con un po' d'ispirazione)
ps: ho apportato delle modifiche alla scrittura, in modo da distinguere meglio nei dialoghi chi è a parlare, spero gradiate!!! 
   
 
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