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Autore: LarcheeX    31/05/2011    6 recensioni
Dopo la morte di Xemnas, le istanze dittatoriali di un certo Re cominciarono a farsi troppo ambiziose e avide di potere, portando quello che era un universo che aveva faticosamente guadagnato la pace e la serenità a diventare un oscura distorsione di sé stesso.
Ma come ogni dittatura porta consensi, volenti o nolenti, e dissensi, un gruppo di Ribelli ritornati in vita capitanati dai traditori traditi dal loro migliore amico è pronto a sorgere dalle macerie dei ricordi e farsi avanti per distruggere il Re.
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Tornata in vita non si sa come, LarcheeX torna alla carica dopo un imbarazzante numero di mesi: qualcuno la seguirà? Boh. Vedremo.
Penumbra is back.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Organizzazione XIII, Riku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Piani per serrature.

Castello Disney, ore 19.06.

 

“Distruggete i cuori dell’Organizzazione, immediatamente!”

La voce tonante del Re si poteva sentire anche nelle cucine, e, dato il tono decisamente minaccioso con il quale era venuta fuori, sia Sora che Sephiroth si precipitarono seduta stante al quinto piano, quello nel quale, nascosto dietro una parete, era presente l’accesso per la stanza dei cuori.

Sora si fece pensieroso. Sapeva che quei dodici cuori erano molto forti, dato che la loro mancanza aveva dato origine a dei Nessuno particolarmente potenti, e temeva che per distruggerli ci sarebbe voluto più impegno del previsto.

“Dove andate così di fretta?” chiese loro una voce femminile, mentre i due fermarono la loro andatura frettolosa per concentrare la propria attenzione sulla loro interlocutrice, per poi vedersi squadrati dai cerulei occhi azzurri di Aerith. “Non so se siamo autorizzati a risponderti.” La liquidò Sephiroth, tagliente, per poi proseguire a passi rapidi nel suo compito.

“So che hai incontrato Yuffie, qualche giorno fa.” Gli disse la ragazza. L’uomo dai capelli argentei si irrigidì. Da quando quella ragazzina era diventata così perfida nei commenti?

Ma, purtroppo per lui, era tutto vero, ed era vero anche il fatto che la ninja era scappata prima che potesse anche solo tentare di attaccarla. Come fosse scappata, dopo l’attivazione degli scudi, era ancora un mistero…

“Non abbiamo tempo da perdere, con te.” Le sibilò, voltandosi poi verso di Sora: “Muoviti.”

“È impossibile entrare nella stanza dei cuori.” Annunciò infine Aerith.

“Per te, forse. Noi possiamo attraversare gli scudi.” Disse Sora, alzando un sopracciglio. La ragazza, allora, si avvicinò: “È uno scudo difettoso, non lascia entrare nessuno.” E, infilata la mano in una fessura, fece scattare il meccanismo che nascondeva l’accesso alla sala, dissimulando l’illusione.

“Provate a entrare.” Consigliò loro, eclissandosi dietro il primo angolo: “Io mi dedicherò ad attività più produttive.” E li lasciò da soli con l’incognita dello scudo difettoso.

Sia Sora che Sephiroth esitarono un secondo prima di entrare, almeno finché il primo non ordinò all’altro di farsi avanti. Sephiroth guardò quel ragazzino con una punta di odio, ben sapendo che non avrebbe potuto disobbedire ad un superiore e, con un ringhio frustrato, cercò di penetrare lo scudo con il proprio corpo. Sentì immediatamente una schifosissima sensazione, tipica di quando stava per accadere qualcosa di sgradevole, e la barriera, accumulando tutta l’energia di cui era capace, lo rispedì indietro con una forza devastante, diritto a cozzare contro il muro opposto.

Sora, d’altro lato, guardava lo scudo con interesse, come se fosse divertito dalla questione, ma non toccò la superficie traslucida dell’incantesimo.

“Chiama immediatamente il Re.”

 

Quartier generale della resistenza, ore 20.00

 

La sveglia, se era  definibile come tale, era stata molto traumatizzante. Consisteva in un elettroshock da parte di Larxene o una secchiata d’acqua da parte di Demyx. Per lei c’era stata l’acqua, e le ci era voluta un’ora e mezza per asciugarsi tutta quanta. Ringraziava il fatto che i suoi capelli rossi fossero abbastanza corti, perché sennò ci avrebbe messo ancora di più.

“Kairi?” la chiamò Riku, vedendola imbronciata. “Non ti preoccupare. È colpa della sveglia.” L’albino ridacchiò. “Dobbiamo pianificare gli spostamenti, dobbiamo aprire un po’ di serrature, sai.” Annuì, un po’ cupa. C’era qualcosa che non le tornava, come se mancasse un pezzo ad un puzzle, ma aveva la fastidiosa sensazione di avere la soluzione sulla punta della lingua ma decisamente fuori portata.

Lasciò scivolare lo sguardo intorno alla conca, come se non avesse nulla da fare, e notò che sembravano dei profughi – non che poi si allontanassero molto da quel concetto – : l’Organizzazione si divideva in chi se ne stava tranquillamente stravaccato su un materasso, come Xigbar, chi se ne stava rigidamente e silenziosamente seduto nel suo angolino pensoso, come Saïx, e chi cercava di ingannare il tempo leggendo, Vexen, o combattendo, i soliti Larxene e Marluxia.

Zexion era, o comunque fingeva molto bene, dannatamente preoccupato. Lexaeus non si vedeva da ore, e aveva paura, o almeno avrebbe avuto paura, che Sora l’avesse ucciso. Non sapeva come, o perché, ma sapeva che gli sarebbe dispiaciuto un pochino. Insomma, aveva passato tutta quella cazzo di schifosa vita accanto a lui, avrà significato pur qualcosa!

“Zexion?” gli disse Axel: “Tutto a posto?” storse un po’ il naso a sentire di nuovo la sua voce, ma non disse nulla, e si limitò a gettargli un’occhiata velenosa e andarsene in un posto riparato dalla fastidiosa presenza del numero VIII.

Axel chinò un po’ il capo. Se avesse saputo come sarebbe stato trattato dai suoi colleghi in una vita nuova probabilmente sarebbe stato più cauto nel farsi solo i propri comodi. Si vedeva benissimo negli sguardi di tutti, nessuno voleva dargli fiducia. Persino Kairi e Riku lo squadravano con sospetto, e, infondo, non poteva far altro che incassare il colpo e farsi divorare dai (finti) sensi di colpa. Forse per Saïx. Infondo lui era stato il primo ad essere tradito.

Come spinto dai suoi stessi pensieri, gettò un’occhiata fugace al numero VII, trovandolo seduto con la schiena appoggiata contro il muro, con la fronte un po’ aggrottata. Chissà quali pensieri lo impegnavano, in quel momento. Da come lo conosceva, Saïx era sempre stato bravo a trarre conclusioni esattissime con pensieri contorti, e la cosa che più lo aveva stupito quando lo aveva conosciuto erano i passaggi assurdi che spesso mormorava tra sé e sé, che probabilmente avevano più senso di quello che sembravano dire, ma che ad un ascoltatore al di fuori della sua mente risultavano sconclusionati e stupidi, e la cosa che lo aveva stupito ancora di più era come le decisioni del numero VII fossero sempre quelle più giuste e severe.

Ma i suoi pensieri furono interrotti da un tonfo sordo e cupo. Ad un primo avviso aveva pensato che qualcuno fosse caduto sul freddo terreno di pietra della conca, ma vedendo tutta l’Organizzazione ormai in piedi e tesa a causa dello stesso suono, dedusse che proveniva da fuori.

Cos’era stato? Kairi cominciò a preoccuparsi, perché temeva che Sora li avesse già scoperti, ma il suono non si ripeté, e l’aria rimase ferma insieme al silenzio, interrotta solo dai loro respiri.

“Fo-forse qualcuno è caduto.” Balbettò Naminé, sedendosi su una sedia e cominciando ad arrotolarsi una ciocca di capelli attorno al dito, unico segno del suo nervosismo.

“Siamo abbastanza in profondità, l’unica possibilità è che un elefante sia inciampato e caduto sopra di noi.” Valutò Vexen, alzando gli occhi dal suo libro e riponendolo in un canto del divano sul quale si era appoggiato. “Conosco una sola persona con una massa simile.” Decretò Xemnas.

“Venite tutti.”

Il corpo di Lexaeus era stato trovato sul freddo terreno dell’altopiano che si trovava esattamente sopra la “zona notte” della conca e sembrava morto.

Era esanime e privo di forze, e non sembrava rispondere a nessuna chiamata né stimolo. “È morto.” Disse Kairi sull’orlo delle lacrime. Non aveva mai avuto vere occasioni per parlare con il numero V, anche perché risultava comunque difficile strappargli qualche parola, ma rimaneva comunque qualcuno a cui aveva promesso il cuore, e le dispiaceva da morire vederlo andare – di nuovo – all’altro mondo privo di quella cosa tanto preziosa.

Come faceva l’Organizzazione ad essere così tranquilla? Insomma, era morto un loro compagno e non si dispiacevano nemmeno un… un attimo… ma i Nessuno non provano emozioni… si diede semplicemente della stupida.

“Se fosse morto sarebbe già scomparso da un pezzo.” Valutò Xemnas, esaminando uno strappo del soprabito sulla spalla sinistra e il corrispondente taglio inflitto a Lexaeus. Keyblade, senza ombra di dubbio.

Non si accorse nemmeno del piccolo ‘oh’ che uscì dalle labbra della rossa, e, anzi, ordinò agli altri membri di aiutarlo a trasportare Lexaeus nel covo. “Siamo già a due feriti.” Brontolò Xigbar, ricevendo un’occhiataccia da Riku, che vedeva come un grande impedimento il fatto di non poter usare il braccio sinistro, ancora troppo infettato per essere mosso. Come aveva detto Vexen: sono stati recisi tutti i muscoli dall’alto fino all’osso, e anche questo è messo abbastanza male, quasi rotto. Ti conviene non usarlo per un bel po’ di tempo.

E così lui si era ritrovato quel braccio fasciato e steccato tra capo e collo, ulteriore impedimento in una situazione ben grave. E poi, lui non aveva mai combattuto con un braccio solo, e questo poteva essere un problema, perché il suo equilibrio era stato scombinato e non poteva far altro che provare a imparare a muoversi in battaglia usando solo la destra.

Furono Saïx, Xemnas e Xaldin a trasportare Lexaeus attraverso le scalette dell’entrata fino alla conca e poi anche Cloud e Jack, che erano rimasti sotto per evitare di impicciarsi in fatti non loro, decisero che era ora di allestire una branda degna di questo nome ad un ferito.

Zexion, nonostante vedesse il numero V in condizioni abbastanza gravi, si era tranquillizzato – non che prima fosse agitato, intendiamoci – poiché era riuscito a scoprire che Lexaeus non era morto.

“Bene.” Disse Xemnas, girandosi verso il resto dell’Organizzazione: “Ritengo sia opportuno cominciare la riunione seduta stante.” Nessuno trovò il coraggio di dissentire.

 

“Prima di tutto vorrei ricordare ai disertori” cominciò Xemnas, non appena tutti ebbero trovato posto, lanciando un’occhiata severa a Marluxia, Larxene e Axel: “che ogni loro carica di potere è sospesa e che sono in prova come membri.” I tre sembravano abbastanza stupiti: insomma, avevano pensato che, ritornati in vita, sarebbe stata anche ovvia la loro riammissione, anche perché, fino a quel momento, si erano proposti di aiutare la causa di Naminé, Kairi e Riku insieme a tutti gli altri membri. Proprio non si aspettavano un colpo così basso. Umiliati davanti a tutti, poi!

“Ora credo che sia indispensabile accordarci su un piano d’azione.” Cominciò, rivolgendosi a Riku: “Non penso proprio che possiamo permetterci di girovagare per i mondi senza sapere come e dove muoverci, con un nemico che voi dichiarate così potente, poi.” Disse, come se non credesse alla nuova potenza acquistata da Sora e alleati: “Penso inoltre che, prima di trasferirci in un mondo per aprire la rispettiva serratura, si renda necessaria una serie di sopralluoghi per studiare la nuova morfologia del territorio e dei luoghi.”

Riku annuì: era perfettamente d’accordo, anche perché, essendo loro assai pochi, sarebbe stato solo uno stupido azzardo avventurarsi nel primo mondo che capitava a tiro senza nemmeno studiarlo. “Sono d’accordo.” Disse: “Ma non ho ben capito se per una serratura soltanto sia obbligatorio trasferirci tutti insieme nel medesimo mondo. In quel caso sarebbe anche controproducente, dato che potremmo dividerci in due gruppi per liberare due mondi in un colpo solo. Infondo abbiamo due Keyblade.” Concluse, indicando sé stesso e Kairi. Lei ancora una volta provò la fastidiosa sensazione che qualcosa non quadrasse, ma non disse nulla.

“Se posso prendere la parola.” Cominciò Saïx, guardando Il Superiore, che gli concesse l’intervento con un rapido cenno della mano: “Penso che sia controproducente il separare un gruppo che è poco numeroso di per sé per crearne due ancora meno numerosi che dovrebbero destreggiarsi in due missioni diverse contemporaneamente, perché, se da una parte accadesse qualcosa di pericoloso o ci si trovasse in una situazione critica, gli aiuti tarderebbero ad arrivare e dubito che qualcuno voglia ripetere ancora certe esperienze prima del tempo.” Disse, alludendo alla morte: “Inoltre mi verrebbe da chiedere se le serrature, una volta aperte, si possano richiudere.”

Molti annuirono, cupi: “Sono della stessa opinione.” Disse Luxord, col suo tipico accento strascicato: “Inoltre sarebbe più utile che tutti gli elementi magici siano presenti sullo stesso mondo, per evitare di imbatterci in incantesimi che poi rischierebbero di rimanere insoluti.”

“E poi dubito che vi riusciate ad ambientare a Port Royal senza una guida adeguata, ora come ora.” Intervenne Jack, dal suo cantuccio, dopo una lunga sorsata del suo tanto amato, carissimo e mancato rum. “Hic.”

“Mi verrebbe da chiederti se tu sia sobrio o meno, Jack Sparrow, ma glisserò sulla domanda e continuerò su argomenti più idonei alla situazione.” Disse Luxord, guardandolo un po’ storto per l’odore di alcool che era riuscito a sprigionare dopo un sorso di quella roba: “Penso che dovremmo prima cominciare dalla Fortezza Oscura. Infondo è il mondo più vicino.”

“No.” Dissero almeno quattro persone: “Così equivarrebbe a dichiarare dove siamo e dove ci muoviamo.” Disse Xaldin: “Sarebbe stupido.”

“Concordo” convenne Vexen: “Ma allora da quale mondo cominciamo?”

Il silenzio cadde tra i presenti, rotto solo dagli ‘hic’ di Jack.

A quel punto fu Naminé a prendere la parola: “Perché non cominciamo dal primo mondo conquistato?”

“Non mi pare una buona id-” provò a dire Marluxia, ma fu interrotta da il sibilo della Nessuno dall’abito bianco, totalmente inaspettato e sorprendente: “Taci, membro in prova.”

Le era uscito naturale, partorito dalla finta rabbia e frustrazione covata dentro sé per tutti gli anni che era stata costretta a sottostare ai suoi ordini, ed ora che era libera non avrebbe certo consegnato il documento di resa così presto!

Kairi strabuzzò gli occhi, disarmata, mentre Riku si mise a fissare la sua amica come se avesse dichiarato di essere Kingdom Hearts.

Il numero XI, intanto, sembrava aver ingoiato un insetto dal sapore disgustoso. Non solo l’umiliazione da parte di Xemnas, ma anche da parte di quella mocciosa…!

Non passarono che pochi secondi che Naminé si ritrovò al muro con una falce pericolosamente vicina alla gola.

“Come?” ringhiò il numero XI, avvicinando il viso a quello di Naminé, che, ovviamente, non era per nulla spaventata. Per prima cosa perché non avrebbe potuto esserlo, ma anche perché era cresciuta, almeno interiormente, ed era psicologicamente molto più forte rispetto a sedici anni prima, e non aveva più paura di quell’incubo dai capelli rosa. Aveva messo da parte il timore per Riku e Kairi, e non avrebbe di sicuro abbandonato il suo impegno.

“Ti ricordo, numero XI, che ho libero accesso alla tua memoria.” Disse, a voce alta, in modo che si potesse sentire.

“Non lo useresti mai.” Rispose l’altro, beffardo, ma prima che potesse finire la frase, la bionda aveva mosso il polso in maniera circolare, e alla fine del giro nelle sua mano apparve una carta rosa.

“Cosa…?” provò a chiedere Marluxia, ma Naminé rispose immediatamente: “Questo è il ricordo legato al tuo nome. Potrei distruggerlo in questo istante.”

Imprecò sottovoce. Era stato umiliato non una volta, ma tre, due delle quali da Naminé, una sua sottoposta.

No… non più una sottoposta, ormai. Nei quindici anni che era stato nell’Aldilà probabilmente anche lei era cresciuta, anche se non fisicamente. Sembrava davvero determinata.

Fece sparire la falce: “Come vuoi.” Disse, laconico: “Ma non ti aspettare che finisca qui.”

E, sentendosi troppo umiliato per proseguire la riunione, uscì fuori dalla grotta.

Il silenzio serpeggiò tra i presenti come un pitone malefico, e sembrò durare ore, almeno finché Xemnas decise di romperlo con la sua voce profonda: “Quindi… trovo che quella di Naminé sia un’idea abbastanza buona, anche se io fossi Topolino mi verrebbe da pensare a dei paladini che con un atto provocatorio di liberazione del primo mondo conquistato vogliono andare contro la dittatura e devo ammettere che l’idea non mi attira più di tanto.” Seguirono molti cenni di assenso da parte dell’Organizzazione.

“Bene.” Decise Riku. “Propongo il Monte Olimpo: è il secondo mondo conquistato e c’è ancora un piccolo gruppo di atleti ribelli.”

Non trovando proposte migliori, finirono col votare quella.

 

Monte Olimpo, ore 22.45

 

“Spiegatemi perché sono qui.” Disse Jack, quando ruzzolò fuori dal varco oscuro, finendo a fare un’analisi da vicino dello sterrato dell’arena. “Abbiamo detto che è meglio muoversi tutti insieme o sbaglio?” gli disse Luxord, tirandolo su per una manica, storcendo il naso nel percepire l’odore di alcool ancora ben presente sui vestiti del pirata.

“No, il fatto è che io non c’entro nulla con voi.” Replicò Jack, ma fu snobbato alla grande. “Rassegnati.” Gli disse Cloud, mettendogli una mano sulla spalla.

“Spostiamoci.” Ordinò Saïx: “Stiamo attirando l’attenzione.” E, detto quello, disintegrò con la claymore tre sventurati Heartless di ronda.

“Siamo qui per?” chiese Naminé, allontanandosi dalla figura di Marluxia che, a quanto pareva, era benintenzionato a riscuotere la propria vendetta. “Non puoi dargli torto.” Disse Xigbar, accorgendosi dei suoi movimenti: “Con sì e no tre frasi hai completamente distrutto la sua dignità.” Lei gli tirò lo sguardo più acido che riuscì a simulare, ma non disse niente e si avvicinò alla figura di Kairi, che, alla fine, sembrava una delle più determinate.

“Diciamo che siamo in perlustrazione.” Rispose Xemnas: “Anche se gradirei chiudere le diatribe con questo mondo nel giro di una notte.” Riku, a quel punto, storse la bocca in un sorriso sprezzante: “Non ci contare, non è così facile come sembra.”

 

Oltretomba, ore 22.56

 

Ade si accomodò meglio sul suo trono, gustandosi il suo drink dalla dubbia provenienza, o almeno stava facendo quello finché Pena e Panico non proruppero nella sua stanza, uno in pena e l’altro impanicato: “Signore, signore Ade, signore.” Gridarono, mettendosi a correre in cerchio, strillando. I suoi capelli, solitamente rappresentati da una fiamma azzurrina, divennero di un vivace rosso fuoco: “Cribbio, la smettete di correre come donnine avanti e indietro!?” i due si immobilizzarono nell’esatta posizione che il loro corpo aveva preso al momento del grido.

Ade ripristinò la calma: “Dunque. Cosa c’è?”

Pena rispose, con un inchino: “Ci sono intrusi, e sono tanti.”

“Numerosi.” Sottolineò Panico: “E vestiti di nero.”

A quel punto il dio dell’Oltretomba si bloccò: “Aha… allora è proprio come ha detto l’amico inviato di Sua Maestà.” Disse, con una voce affabile e morbida come il velluto, circondando poi un Léon immobile e apatico fermo in un angolo con il suo braccio freddo come la morte: “Vedrai Léonuccio caro, come ci divertiremo a farli fuori uno” e diede un calcio a Pena, facendolo rotolare giù dalle scale: “per uno” finì con il condannare anche l’altro piccolo demone a capitombolare fino all’Infernodromo.  Ade, deliziato dal suo hobby nato sul momento, emise una lieve risatina: “Oh vedrai Léonuccio caro, alla fine di questa faccenda saremo tutti molto, molto, molto più sollevati.”

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*ninjapoof*

avete visto? non vi ho abbandonato :D

*cri cri*

aehm... lo so, è un capitolo balordo, ma poi odio mischiare le cose, e rischiavo di fare un capitolo lungo quindici pagine ç__ç

cercate di apprezzare questo capitolo nonostante sia molto balordo e, per favore, non linciatemi per i miei tempi di aggiornamento.

con questo voglio anche ringraziare sesshoyue (l'ho scritto bene?) per aver dimostrato un minimo interesse per la mia fic *-*

buona vita a tutti e tante care cose.

Aghathé Tykhè

*ninjapoof*

  
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