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Autore: Dira_    05/06/2011    22 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXXIII
 
 


Get up, get out, get away from these liars
'Cause they don't get your soul or your fire
Take my hand, knot your fingers through mine
And we'll walk from this dark room for the last time¹
(Open Your Eyes, Snow Patrol)
 
 
4 Dicembre 2023
Scozia, Hogwarts. Corridoio del Secondo Piano. Ufficio del Preside.
Mattina.
 
“Lily, non mi sembra una buona idea…”
“Certo che lo è! Tranquillo, ho tutto sotto controllo!”
“Sì, ma…”
Lily lanciò un’occhiata esasperata all’amico teutone. Sbuffò appena, soffiandosi via una ciocca di capelli dal viso. Prima del Ballo avrebbe dovuto farseli tagliare.

Erano nel corridoio davanti all’ufficio del preside e lei aveva una missione.
Più prosaicamente, doveva prendere lo spartito per il suo assolo nel coro della scuola. E sapeva benissimo che Vitious teneva tutte le partiture nel suo ufficio.
Entro, lo prendo, esco.  
Più semplice a dirsi che a farsi: dopotutto c’era una parola d’ordine da pronunciare e lei non la conosceva.
“Un po’ è anche colpa tua!” Lo apostrofò mentre tentava di pensare alla parolina magica che avrebbe potuto smuovere la statua guardiana.
Sören inarcò le sopracciglia. “Mia?” Le corrugò conseguentemente. “Sei tu che hai saltato le prove…”
“Già, ma per stare con chi?” Gli puntellò un dito sul petto. “Con te.”

Il ragazzo fece un mezzo sorriso. Lily adorava quel ghignetto sardonico, lo faceva sembrare oscuramente affascinante.
Solo che quando gliel’ho detto è diventato di mille colori. Divertente, comunque.
“Cosa c’è?” Chiese comunque, per non dargliela vinta.
Non ti basta un sorriso per vincere una sfida verbale, carino.
“Lilian, non puoi darmi la colpa per qualcosa che hai deciso tu.”
“… sai, da quando ti ho concesso l’onore di essere il mio cavaliere ti sei fatto più spudorato.” Replicò, osservando divertita come l’altro si fosse allarmato immediatamente.

“No, non intendevo…”
“Neanche io. Prendi tutto troppo alla lettera, Ren!” Rise. Si grattò poi una guancia. “Dai… dammi una mano! La parola d’ordine…”
Sören sbuffò, forse irritato dall’affermazione di prima. “Non puoi semplicemente indovinarla. Potrebbe essere qualsiasi cosa.”
Lily scrollò le spalle. “Oh, credimi, Vitious non è così fantasioso. Sarà sicuramente qualcosa che riguarda la musica o qualche strambo incantesimo.”

“Che tipo di musica predilige?”
“Predili… oh, che gli piace.” Tradusse in un linguaggio non fine settecento. Ci pensò su. “Beh… classica? Classica babbana. È fissato col farci cantare in latino, anche… e poi canzoni tradizionali. Pesca anche nel repertorio di musica leggera, sempre babbana…” Fece una smorfia rendendosi progressivamente conto che Sören aveva ragione.

Può essere davvero qualsiasi cosa. E considerando che viene cambiata ogni settimana…
Emise un lieve lamento scoraggiato, appoggiandosi al muro di fronte all’ingresso. Sören la imitò, anche se rimase rigido come un palo, quasi dovesse montare la guardia, invece che farle compagnia nello sconforto.
“Non ti ho mai sentita cantare…” Esordì dopo un paio di attimi di silenzio.
“Mi piace. Tanto. Ho preso lezioni da bambina … sono brava.” Sorrise stiracchiandosi. “L’assolo non lo danno certo a chiunque, no?”
“Naturalmente.” Convenne. “Mi piacerebbe ascoltarti.”
“Oh, lo farai… certo, se riuscirò ad imparare abbastanza bene la mia parte da convincere il Preside.” Spiegò. “Altrimenti sarò solo una voce nel coro. Letteralmente. E non è accettabile.”

Stupida me e stupida battaglia di palle di neve che mi ha fatto completamente dimenticare le prove.
Ma è stato così divertente…
Comunque, al di là di quel piccolo inconveniente, era una buona giornata.
Una buona giornata di una serie di buone giornate che anticipavano l’evento dell’anno. Di questo, ne era certa. La settimana prossima sarebbe andata a comprare il vestito con l’aiuto critico di Roxanne e poi…
E poi sarò una maledetta principessa sulla pista da ballo. Cosa ci può essere di meglio?
Quello che ci voleva era ottimismo: ottimismo nel pensare che avrebbe avuto un vestito meraviglioso, un cavaliere ineccepibile e il suo primo debutto nella società magica. Magari per qualcuno erano cose frivole, ma la mettevano di buon’umore.
E poi, non faccio male a nessuno. Anzi. Rischiaro l’atmosfera, che di questi tempi non è che sia esattamente luminosa.
“Ehi!” Esclamò improvvisamente, colta da un lampo che sperava fosse genio. “Penso potrebbe essere il pezzo corale che abbiamo deciso di eseguire a Durmstrang!” Disse il nome al gargoyle.
Quello non si mosse di un millimetro.
“Direi di no.” Osservò con quieto dispiacere Sören.
“Già…” Fece una smorfia, scivolando a sedere. “La devo imparare per mercoledì! E non è che abbia poi questa gran memoria!”
“Non puoi chiedere al Preside di darti lo spartito? Perché devi…” Esitazione. “Trafugarlo?”
“Non lo trafugo, me l’avrebbe dato comunque. Se fossi stata alle prove.” Sbuffò. “Non sembra, ma Vitious è una specie di nazista quando si tratta di adempiere ai propri doveri, ed io non l’ho fatto. Non mi va di essere sgridata.” Borbottò, appoggiando il mento sulle ginocchia. Guardò con odio la statua di pietra e gli sembrò che ricambiasse con un ghigno di superiorità.

“Cos’è un nazista?”
Lily sorrise. Certe volte Sören le sembrava sprovveduto come un bambino. Non che fosse ignorante, ma per quanto riguardava il mondo babbano e moderno sembrava completamente scollegato dalla realtà.

Sarà perché è un nobile purosangue. Scorpius una volta ha riso per mezz’ora alla parola telefono.
Son proprio strani…
“Una specie di mangiamorte babbano.” Gli spiegò facendo cenno di sedersi accanto a lei. Aveva idea che avrebbero dovuto aspettare: un’illuminazione o – purtroppo – il ritorno del Preside.
Sören scosse appena la testa, rimanendo in piedi. Si era irrigidito, notò.
“Tu…” Iniziò, poi si fermò. Contrasse appena le labbra. “La tua famiglia conosceva Severus Piton?”
Lily batté le palpebre, perplessa. Quella domanda usciva come un fulmine a ciel sereno.

Non è che stessimo parlando di questo!
“Sì, certo. Ha insegnato ai miei genitori e a tutti i miei zii. Era nell’Ordine della Fenice e…”
“Questo lo so. Basta leggere un libro di storia della Magia.” Replicò di rimando. Era davvero teso. “Ma intendo dire… personalmente. Magari i tuoi nonni.”
“Ehm, a quali ti riferisci?” La questione era strana. Ma Lily era ferrata.

Oh, se lo sono.
Sia lei che i suoi fratelli, da bambini, avevano eletto a suo eroe preferenziale uno dei tanti del loro pantheon familiare. James aveva scelto – inutile dirlo – i Malandrini e Albus, il padrino Neville.
Lei aveva scelto Severus Piton. O Il Principe, come l’aveva sempre cocciutamente chiamato, nonostante suo padre avesse tentato più volte di farle capire che era un soprannome e non un titolo.
‘Papà, raccontami la storia del Principe!’
Beh, avevo cinque anni e mi credevo una principessa. Non si poteva pretendere altro.
“… in che senso?” Spiò Sören corrugando le sopracciglia. “Ah, certo.” Annuì. “Erano tutti parte della stessa organizzazione di resistenza.”
Mno… cioè sì, ma al tempo del Primo Ordine, Piton era dall’altro lato. Quello cattivo.” Fece un gesto esplicativo. “Nel Secondo Ordine c’era, ma allora i miei nonni paterni erano già morti.”
“Quindi erano i tuoi nonni materni a conoscerlo, va bene.” Replicò, suonando stranamente spazientito.
“Non proprio. Diciamo che è rimasto ambiguo fino alla fine…” Esplicò con tono accademico. “Anzi, si pensava fosse pure cattivo. Almeno fino a quando, in punto di morte, non ha affidato i suoi ricordi a mio padre, che lo ha poi scagionato dalle accuse di aver fatto il doppio gioco per Voldemort.”
“Perché in realtà lo aveva fatto per Silente.” Aggiunse Sören. Si mise a sedere accanto a lei. Gli occhi gli brillavano di curiosità: era voglia, intensa, di sapere.

Non sapevo fosse un fan del Principe. Come me!
Sorrise contenta. “Già. Comunque, per tornare alla tua domanda, sì… c’è stato qualcuno che l’ha conosciuto davvero. Mia nonna paterna.” Cercò di contenere la piccola smorfia che le salì alle labbra. “Erano amici prima che lui… ecco, passasse al lato oscuro.”
Amici e non solo. Papà non l’ha detto chiaramente, ma io mica sono stupida. Mai stata.
“Tua nonna.” L’espressione dell’amico era indecifrabile. Si girò distrattamente l’anello col blasone tra le dita. “Tua nonna Lily…” Ripeté.
“Esatto.” Convenne appoggiando la nuca contro il muro. Era gelato. La tolse subito. “… erano vicini di casa. Sono cresciuti assieme e assieme sono venuti qui, ad Hogwarts. Sono rimasti molto legati fino a quando lui non ha cominciato ad interessarsi alle cavolate di Voldemort… e insomma, si stavano formando gli schieramenti per la Prima Guerra Magica…”
“C’era bisogno di fare delle scelte…”
Lily si strinse nelle spalle. “Credo se ne sia pentito per il resto della vita. Sai, di aver dato retta a Faccia-di-serpente e alla sua cricca.” Si attorcigliò una ciocca di capelli attorno al dito.

Sören sorrise, forse al nomignolo dissacrante. “Non ho mai trovato, su carta, di questa amicizia.”
“È normale.” Concordò con un cenno della testa. “Papà non ha voluto divulgare questa parte della storia… la sua storia. Che Piton gli ha dato, letteralmente, perché beh… era figlio di mia nonna.”

Non sapeva se stesse facendo bene a parlarne.  Suo padre del resto aveva divulgato solo ciò che aveva poi riabilitato Piton agli occhi dell’opinione pubblica. Nient’altro.
Però a me, ad Al e Jamie… a noi ha raccontato tutto.
La Storia Del Principe…
“Manterrò il segreto.” Indovinò l’altro. Le sfiorò il ginocchio con le dita. Lily represse un brivido. Aveva le dita bollenti. “Te lo prometto.” Aggiunse, con aria seria, quasi fosse stato pronto a pagare con la morte in caso di infrazione.
Gli fece un sorriso. “Ci credo, Ren. È solo che è… personale. Credo che mio padre l’abbia detta a me e ai miei fratelli perché ce la ricordassimo. Noi, in quanto figli. Capisci che intendo?”
“Memoria familiare.” Annuì. “Certo.” E rimase in silenzio talmente tanto a lungo che a Lily vennero in mente almeno quattro o cinque possibili parole d’ordine.

Prima che potesse provarle però, l’altro parlò.
“E se ti dicessi che Piton è parte della mia famiglia?”
Lily fu certa di aver assunto un’aria stupida. Non stupita, proprio stupida. “Eh?” Disse molto acutamente.
Momento Weasley. Che sia messo a verbale che non accade spesso.
“Alla lontana.” Soggiunse l’altro. Sembrava sulle spine, ma parimenti spinto da qualcosa che non riusciva a farlo stare zitto. “… alla lontana, io ho sangue Prince come lui. Ti avevo detto che Sören è un nome che si tramanda nella mia famiglia, no? Sören in tedesco…”
“… vuol dire Severus!” Terminò per lui, quasi saltando in piedi. Si limitò ad afferrarlo per un braccio. “Oh, Morgana Benedetta! Dimmi che non stai scherzando!”
Era assurdo.

“… non scherzerei su una cosa simile. Perché dovrei?” Ribatté l’altro perplesso. “L’ho scoperto qui … parlando con dei ritratti. Non sapevo che Piton fosse un Prince.”
“Ah, perché non lo sa quasi nessuno. Ha preso il cognome di suo padre. È…” Pensò ad una gamma piuttosto vasta di parole che potevano esprimerla, ma alla fine andò sul sicuro. “… è fantastico!”  

Ren è un Prince!
Ora che ci penso, cavoli, hanno gli stessi occhi! E la stessa aura austera!
Sören non sembrava però condividere il suo entusiasmo.
“Che c’è?” Gli toccò una spalla. “Insomma è bello essere imparentati con un eroe di guerra. Perché lo era.” Sottolineò, magari trovasse spiacevole l’idea che un suo parente fosse stato un mangiamorte.
“Sì, lo so.” Confermò. Le lanciò poi un’occhiata.
E Lily sentì di nuovo quella sensazione scomodamente intensa. Come se dovesse succedere qualcosa.
… che ovviamente non accadde, perché l’altro fece seguire una domanda. “Adesso pensi di potermi raccontare la sua storia? Dopotutto è anche la mia famiglia…”
Lily lanciò un’occhiata alla porta ermeticamente chiusa.
Mi sa tanto che dovrò aspettare Vitious e farmi dare la strigliata che mi merito…
Si mise comoda, per quanto le fosse concesso essendo seduta su un pavimento gelido in un corridoio umbratile.
Si può fare di meglio…
Si accostò quindi all’amico, spalla contro spalla.
Mh. Caldo.
Notò un leggero rossore nell’altro, ma glissò: se glielo avesse fatto notare sarebbe peggiorato. Ormai lo conosceva.  
“Okay, parto dall’inizio?”
“Come in ogni buona storia…”

 
E cominciò a raccontare. Non si era mai ritenuta una gran narratrice. Era quel genere di persona che finiva sempre per confondere tutto, cercando di arrivare subito ai punti salienti.
Ma quella storia… beh, quella storia la conosceva così bene che ormai per lei era trasfigurata in fiaba. E punto primo, le fiabe dovevano essere raccontate bene. Punto secondo, come tutte le fiabe, aveva un finale infinitamente triste.
Sono felice di essere nata, senza mio nonno James non sarei qui, e probabilmente al posto di papà ci sarebbe quel mostro di Voldemort, ma…
Ma le dispiaceva, sinceramente, per quell’eroe solitario, che nonostante il plauso dell’opinione pubblica non riscuoteva la stessa solidale affezione di altri nomi incisi su fredde lapidi.
Okay, papà mi ha fatto capire piuttosto chiaramente che non era una persona… carina… però ha fatto più lui per il Bene di chiunque altro, compreso Signor-Manipolatore-Barba-Bianca!
Lily aveva deciso a cinque anni e due mesi che sarebbe diventato il suo eroe.
E lo è ancora. Anche se probabilmente è una cosa da ragazzine.
“E quindi, per quanto poco mi faccia piacere… porto il nome della donna per cui ha sacrificato tutto. Ho sentito, capisci, il bisogno di conoscerlo… magari è stupido… anzi, credo che lo sia.”  
Sören non aveva detto nulla, durante il suo lungo racconto. Era rimasto in silenzio, ad ascoltarla con quella strana espressione vorace che aveva ogni tanto negli occhi, quasi volesse assorbire ciò che gli veniva detto, più che ascoltare.
“Non lo è.” Le rispose. “Quello che ha fatto quell’uomo per tua nonna è…” Esitò, forse a corto di parole.
“Orribilmente romantico?” Suggerì, perché con l’età al semplice aggettivo si era aggiunto un avverbio.
Ha rinunciato a vivere, Merlino Benedetto.
Sören fece una smorfia. “Sì… immagino si possa dire così.”
Lily intuì che fosse agitato. Ma non capiva da cosa. “Però… che modo di amare pazzesco, eh?” Disse, forse per alleggerire la tensione. Improvvisamente si sentiva… in imbarazzo.
“È vero.” Disse Sören lanciandole un’occhiata. E non aggiunse altro.
Aggiungi!
Non lo fece naturalmente, perché non le leggeva nel pensiero. “Sì… e poi… sconvolgere tutto ciò in cui credeva … per lei. Cioè, non penso solo per lei, ma soprattutto, capisci? Per mia nonna.” Stava straparlando e se ne rendeva conto dall’espressione dell’altro. Improvvisamente non trovò più così tanto geniale essersi appiccicata a lui. “Insomma, è criticabile ciò che ha fatto, e di sicuro non era il tipo che pensava al bene dell’umanità intera, ma…”
“Ma?” Ren aveva il maledetto vizio di far domande con il chirurgico intento di avere una risposta.

Esistono domande senza risposta, sai?
Lily si sentì improvvisamente piovere i suoi quindici anni addosso. E si rese conto di essere in un corridoio vuoto, la domenica mattina, accanto ad un ragazzo a cui aveva appena raccontato la storia d’amore più bella, univoca e straziante che conoscesse.
E non si è annoiato. Mi ha ascoltata.
C’era qualcosa in Ren che non andava. Lo sentiva. Ma c’era anche qualcosa di maledettamente giusto.
“Ma…”
Se fosse stato qualcun altro, l’avresti già baciato. Ti avrebbe già baciata?
Perché non vi state baciando?

Hai quindici anni, basta così poco per piacersi, per baciarsi…
Ma non con Sören. In quel momento, l’altro non la teneva a distanza con modi di fare cavalieri e cortesi, come al solito.
Pensavi che non me ne fossi accorta? 
La guardava invece come se volesse scavarle dentro, profondamente, fino alle ossa. Per capirla. O forse per…
Per cosa?
Era semplicemente troppo.
Lily si alzò in piedi di scatto, sentendo l’improvviso gelo del corridoio allo staccarsi dall’altro. “Io…” Esitò.
Che cavolo sta succedendo?
Le sensazioni che provava per Ren… oh, no. Non le aveva mai provate per nessun ragazzo.
È una cotta? Sei cotta?
Non le sembrava. Non ricordava come fosse iniziata, ma aveva raggiunto il suo picco massimo quando l’aveva salvato dal Dissennatore. Per poi continuare con l’incontro sulla nave e arrivare a… quello.
Questo che cavolo è?
Sören intanto era rimasto a sedere. Aveva una strana espressione in viso, quasi fosse più turbato di lei.
Fortuna volle – fortuna, davvero? – che arrivarono dei passi a distrarli.
“Oh, Signorina Potter!” Esclamò il Preside, arrivando loro alle spalle. “Dov’era finita? Ieri ha saltato!”
“Professore!” L’avrebbe abbracciato. In quel momento, sul serio. “Scusi se non sono venuta alle prove, me ne sono completamente dimenticata. Avrei bisogno della mia parte per il solo.”
Non riuscì neanche ad inventarsi una scusa credibile. Vitious stranamente sembrò gradire l’onestà – avrebbe dovuto usarla più spesso? - perché dopo un breve rimbrotto la invitò a seguirlo.

Lily gli andò dietro, come un anatroccolo riconoscente, riuscendo solo a mormorare un saluto in direzione dell’amico.
E no, non riuscì a guardarlo in faccia.
 
Sören sentì il respiro sibilargli trai denti. Li aveva serrati e gli diedero un leggero, gelido fastidio.
Che diavolo stavi per fare?
La domanda aveva il sapore di un accusa, e lo era. Dura e impietosa.
Non ne aveva la minima idea, in realtà. Fosse stato chiunque altro, fosse stato davvero Luzhin, forse avrebbe avuto una risposta. Sciocca e avventata, come quella di un qualsiasi adolescente di fronte ad una ragazza attraente.
Ma io non sono un qualsiasi adolescente.
Si passò una mano sul viso. La storia di Severus Piton l’aveva sconvolto, inutile fingere il contrario. Tornare lì, davanti all’ufficio dove per la prima volta l’aveva notato, gli aveva stimolato quella domanda.
Conoscere, sapere di più su quel suo valoroso cugino. Aveva chiesto a Lilian semplicemente perché sapeva che suo padre e la sua famiglia avevano combattuto al suo fianco.
Lo immaginavo come un eroe a tutto tondo. Invece ho scoperto che se è ha fatto la spia, è perché inizialmente era dalla parte sbagliata.
Condividevano altro, dunque, oltre ad un ramo di un albero genealogico ormai estinto?
No, nient’altro. Io non sono nel lato sbagliato. E non ho scelto. Obbedisco, perché è ciò per cui vivo.
Quel mantra ormai era poco più che una filastrocca sfilacciata e masticata. Ancora presente, nel suo profondo; ma non aveva più lo stesso effetto.
Perché un punto di contatto tra lui e la storia di Piton c’era.
Era Lily, la sua Lily. Che fosse finzione o meno, lei era sua amica.
Severus Piton, quando eseguiva gli ordini Voldemort credendovi ciecamente, aveva mai provato lo stesso rimorso che provava lui, all’idea che stava combattendo contro l’amica d’infanzia?
Perché se tra lui e Lilian le cose erano diverse, nel tempo, nel luogo, nei sentimenti… anche loro erano in due schieramenti opposti. Come Severus e l’altra Lily lo erano stati più di quarant’anni prima.
Notato com’è finita? Hai ascoltato bene? Lui ha tradito. Per lei.
E tu? Cosa saresti disposto a fare per Lilian?
La domanda lo trafisse come un dardo.
Sciocchezze. Sciocchezze senza senso. Non è la stessa cosa.
La sua situazione emotiva comunque stava peggiorando.
Sta’ calmo. Hohenheim ti ha promesso che non le accadrà nulla.
Rimarrà ferita quando scoprirà la verità? Certo. Ma sarà viva. E non è poco.  
La tradirai, ma sarà viva.
Si staccò a forza dal muro e si incamminò verso le scale.
Ti odierà. Ma sarà viva.
No, non c’era assolutamente nessun punto di contatto tra lui e Severus Piton. 
 
“Cosa ne pensi?”
“Penso che non avrei voluto esser svegliato per qualcosa che non mi riguarda più.”
“Sei sempre stato un ottimo bugiardo, mio caro ragazzo…”

 
 
****
 
 
Torre di Corvonero. Pomeriggio.
 
Tom aveva faticato non poco a trovare Malfoy.
Quel tipo era un autentico mistero. Un mistero bislacco; certe volte gli sembrava un cretino, altre un fine stratega dei rapporti interpersonali.
Forse, dopotutto, era entrambi.
Lo trovò sul tetto della Torre di Corvonero. A quanto gli aveva detto Loki, era il suo posto preferito quando era in vena di solitudine e raccoglimento interiore.
Aprì la porticina che portava sul cornicione, e fu sorpreso di non trovarlo solo. Con lui c’era quella ragazza francese che tanto aveva impensierito Rose.
Come ha detto Al? La sua promessa sposa di vittoriana memoria?
No, quest’ultima frase l’ho aggiunta io.
Stavano finendo di chiacchierare ed entrambi avevano due espressioni rilassate. Non aveva mai visto la francesina sorridere in quel modo spontaneo.
Mh. Se lo dicessi ad Al probabilmente ci troveremo senza Campione. Filosofia protettiva del clan.
“Malfoy.” Lo chiamò, annunciando la sua presenza.
L’altro si voltò, sorpreso. “Oh, Dursley!” Esclamò tranquillo, come se non fosse stato beccato a parlare in solitaria con una ragazza.
“Interrompo qualcosa?” Chiese comunque.
“No.” Una sola, tranquillissima sillaba. Forse era lui ad essere prevenuto.

“Me ne stavo andando…”Esplicò la francofona in un inglese curiosamente fluente. “Ci mettiamo d’accordo in un secondo momento allora.”
“Okay.” Confermò l’altro facendole un cenno di saluto. “Attenta alle scale e… mantieni la calma con tu-sai-chi.”
La ragazza fece una smorfia, scrollando le spalle foderate dalla leggera pelliccia bianca in dotazione agli studenti di Beaux-Batons. Sorpassò Tom, lanciandogli un’evidente occhiata di apprezzamento.

Un po’ troppo evidente … quasi parossistica.
“Avrei dovuto iscrivermi qui.” Sogghignò leggermente in direzione di Scorpius, che rise.
“Oh, ma Dursley è il bello e dannato della scuola. È un caso raro.” Ironizzò, facendo irritare Tom. Gli sembrava che alludessero ad una serie di sottointesi che lui non coglieva. Irritante, appunto.
Rimase però in silenzio, finché lui e Malfoy non furono soli.
“Non sapevo avessi rapporti così stretti con gli studenti di Beaux-Batons.”
“Solo con Violet, e perché siamo amici di infanzia. Non ci siamo frequentati per anni, ma…” Si strinse nelle spalle. “Certe amicizie restano. È simpatica, se scavi un po’.”

“Più di Rose?”
La frecciatina ci stava tutta, anche se forse non fu un’idea brillante. Tom infatti vide l’altro fissarlo come se volesse gettarlo dalla balaustra.
Grifondoro. È come stabilire un contatto con un ippogrifo irritabile.
Era quasi tentato di fare un passo indietro, quando Scorpius sospirò. “Tra me e Rose le cose sono complicate, ma non l’ho sostituita. E non con Violet. Figuriamoci.” Borbottò, quasi masticasse male le parole. Si appoggiò poi alla balaustra e si mise a fissare il nulla.
“Eppure al ballo ci vai con la francese.” Alla sua espressione sbalordita, ghignò. Okay, stava forse esagerando, ma…
Quanta gente può vantarsi di far fare una faccia simile a Malfoy? Solitamente è inscalfibile.
E poi doveva mostrargli le sue doti deduttive, no?
“Come diavolo fai a…?” Balbettò l’altro, incredulo.

Osservo. Non si parla che del ballo. Vi stavate mettendo d’accordo su qualcosa prima che vi interrompessi. Infine, sei obbligato ad avere una dama, e visto che Rose ci va con Al…”
“Dannazione Dursley, usa il cervello che hai per farti i fatti tuoi!” Sbottò l’altro, serrando la mascella. Si passò una mano trai capelli. “Sei inquietante.”
“Sì, mi è stato fatto notare…”
Tom si appoggiò accanto a lui. Doveva dirglielo, prima che cominciasse a sproloquiare di problemi che non gli interessavano.

Non che non stimasse Scorpius. Aveva sincero rispetto per lui.
Sono le sue scelte di vita che non condivido. Tipo, farsi ammazzare in nome di qualche redenzione familiare.
“Ho un'offerta da farti.” Esordì guardando il panorama di Hogwarts. Il lago era una lastra di ghiaccio e c’era neve a perdita d’occhio. In quel periodo dell’anno la scuola e i suoi terreni si chiudevano in se stessi, come se andassero in un lento, pigro letargo. Natale era vicino.
Scorpius gli lanciò un’occhiata perplessa. “Riguarda il ballo? Perché senza offesa, con te non ci vado… Non mi piacciono alti, scuri e attraenti. Mi piacciono femmine.”
Tom si trattenne dal tirargli un ceffone sulla nuca.  
Non devo essere il primo ad averne voglia.
“Stavo parlando del Tremaghi. Vorrei propormi come tuo assistente.” Scandì, sperando che il concetto penetrasse subito e senza problemi. Parlare con Malfoy era come comunicare con una sfinge dislessica.
Salta di palo in frasca, fa battute, fraintende… È meno complesso parlare con Nott.
Scorpius per tutta risposta gli scoccò un’occhiata sbigottita. “Mio assistente?” Ripeté come se avesse appena detto qualcosa di buffo.
“Te ne serve uno.” Ribatté tranquillo. Dentro cominciò a preoccuparsi. E se Al avesse avuto ragione? Malfoy poteva rifiutare. E se lo avesse fatto, lui non avrebbe potuto farci nulla. “In questo momento credo tu abbia bisogno di tutto l’aiuto possi…”
“Taglia corto, Tom.” Lo interruppe l’altro, abbandonando l’espressione giocosa per sostituirla con una incredibilmente seria. Ora era tutto suo padre. “Non ci credo neanche se me lo giura Merlino in persona, che vuoi aiutarmi. Senza offesa, ma sei la persona più egoista che conosco…”
Touché.

Non poté ribattere, perché era l’evidenza dei fatti a parlare.
“E poi te l’ho chiesto un mese fa, e mi hai detto di no. Sembrava che ti avessi insultato. Me lo ricordo, sai…” Aggiunse continuando nello scrutinio. Inarcò le sopracciglia. “Cos’è cambiato?”
Tom capì di dover dire la verità anche a lui.

Sta diventando peggio di un tic…
Quando finì Scorpius lo fissava come se gli fossero appena spuntate due corna ramose. E verdi.
“Amico…” Disse lentamente. “… sei sicuro di non essere un grifondoro?”
“Alla fine della storia non prevedo nessuna morte eroica. Quindi sì, sono sicuro.” Replicò sarcastico. “Mi proporrai come tuo assistente o no?” Cercò di tagliare corto, perché l’espressione ilare dell’altro lo stava infastidendo.  

Adesso capisco perché non ci frequentiamo granché. Siamo agli opposti della diversità umana.
Scorpius fece un mezzo sorriso, infilandosi le mani nelle tasche del mantello e tirandone fuori quello che, a prima vista, sembrava un grosso fazzoletto macchiato. Glielo porse.
“Che roba è?” Spiò senza prenderlo. Aveva l’aria di avere anche delle macchie di sangue sopra.
“La bandiera che ho dovuto attaccare al collo della mia bestiola alla Prima Prova. È l’indizio per la Seconda. È un indovinello, ed io non ho idea di come risolverlo.”  La sventolò leggermente, e Tom vi lesse delle scritte tremolanti, come se fossero venute fuori a contatto con il…
… sangue. Sul serio? Macabro. Decisamente macabro.
La prese e se la ficcò in tasca. “Ti farò sapere.” Disse. “Tu va’ a parlare con il Preside. Io devo andare a Durmstrang.”
Aye aye Sir!” Replicò buffonescamente l’altro. “Abbiamo un patto. Tu fammi vincere con il tuo gran cervello, io ti farò fare l’eroe a tuo piacimento.” Gli strizzò l’occhio, prima di sgusciare via, senza dargli il tempo per ribattere.
Tom sbuffò.
Odiosi grifondoro.
Ma chissà perché, erano sempre maledettamente necessari.
 
****
 
 
Londra, Notturn Alley. Sera.
 
Ted stava facendo la pianta da appartamento esattamente come aveva previsto.
Con un bicchiere di whiskey incendiario mischiato a chissà cosa in mano – i cocktail magici erano tendenzialmente più letali di quelli babbani – era seduto sul divano a chiedersi se quello fosse meglio dell’attacco dei Dissennatori: era una buona domanda.
Mi ricorda quella volta quando, a sedici anni, sono stato invitato per sbaglio ad una festa post-partita del Grifondoro.
L’appartamento di James e il Fichissimo Lionel era rigurgitante persone. Supponeva infatti che l’avessero ampliato magicamente per farcele stare tutte. C’era un caldo pazzesco, nonostante le finestre  fossero aperte. Come se non bastasse, musica che alternava pezzi babbani e magici gli tartassava le orecchie.
 
He smiles when she’s not looking
She day-dreams when he is not there²…
 
Ma come fanno gli altri a parlarsi?
Come se la situazione non fosse abbastanza angosciante, James era andato in cucina a prendergli un analcolico venti minuti prima e non era ancora tornato.
Ted si sentiva un discreto idiota. Avrebbe dovuto alzarsi e presentarsi a qualcuno, ma primo, gli sembrava imbarazzante, secondo…
Ho già visto tre ragazzi che l’anno scorso sono stati miei studenti. Merda.
Avrebbe voluto scomparire. Ma un po’ i suoi capelli, ora viola, un po’ il fatto che fosse ben piazzato …
No, è impossibile.
Preferì andare sul balcone. Sapeva che ce n’era uno che dava sulla maleodorante corte interna.
Sempre meglio di niente.
Lo raggiunse e per fortuna era vuoto a parte una persona. Che era nientemeno che Malcolm Whitby, Capitano di Tassorosso, più grande di lui e sua prima cotta segnalante i suoi gusti sessuali.
Non che al tempo mi fossi reso conto che era tale… Lo ammiravo solo tantissimo.
 Riconobbe subito la mascella squadrata, i folti – ora non tanto – capelli biondi. La sorpresa fu tale da lasciarlo sulla porta-finestra, a fissarlo sbalordito, quasi fosse un’apparizione.
L’altro gli sorrise. “Ti serve il balcone? So che è un po’ stretto, ma possiamo starci in due.” Propose.
“No, no! Io… ehm. Possiamo, certo… Sei Whitby?”
“In persona.” Sorrise l’altro, stringendogli la mano. “Mi sembra di averti già visto… eri a Tassorosso?”
“Sì, tu eri al Settimo, io… un po’ più indietro.” Non era quindi la persona più adulta della festa. Teddy si sentì immediatamente meglio. “Ted Lupin.”
“Oh, sicuro.” Sorrise l’altro, evidentemente non riconoscendolo. “Come stai, Ted?”
La cordialità Tassorosso… l’avrebbe abbracciato.

“Bene… sono qui per… ecco. La festa.” Sbuffò. L’aria era gelata e il cielo sputacchiava pioggia, ma era quanto di meglio chiedesse al momento.  
“Bisogno di una pausa, eh?” Chiese l’uomo, facendogli spazio sulla ringhiera. “Anche io. Merlino, ho trentun’anni , e un paio di quei ragazzini potrebbero essere miei figli!”
“Se li avessi avuti a quattordici anni.” Mormorò tra sé e sé, perché era puntiglioso sulle incongruenze di tutte le specie. L’altro, avendolo sentito, lo fissò sbalordito, prima di ridacchiare.

“Ma certo! Sei il piccolo Lupin!” Schioccò le dita. “Eri un ragazzino tutto studio ed educazione, ma con dei capelli assurdi… un metamorfomago. Ora ricordo!” Annuì. “Che ci fai ad un ritrovo di grifondoro? Perché sai, temo proprio che là dentro siamo gli unici a non esserlo.”
Teddy sorrise, sentendosi lusingato per essere stato riconosciuto. “Il mio ragazzo è uno degli inquilini.”
“Quale dei due?” Chiese l’altro con cortesia, ma a Ted non sfuggì la tensione della mascella.
“Qua lo chiamano tutti Jimmy, ma si chiama James.” Whitby si rasserenò immediatamente.
“Oh, sicuro … un vero terremoto. Molto simpatico.” Disse di nuovo amichevole. “L’ho conosciuto.”
“Tu perché sei qui? Voglio dire, non che tu non possa, l’età non c’entra, davvero…” Ovviamente Ted non era capace di fare una domanda senza sentirsi in colpa per i sottointesi contenuti. “Scusa…”

Il mago lo guardò divertito. “Diciamo che anch’io sono qui per il mio ragazzo, ma sfortunatamente lui non parla di me come il tuo Jimmy parla di te.” E sorrise probabilmente ai suoi capelli in virata di un blu intensissimo.
“Mi… dispiace?”
L’altro scrollò le spalle, come un qualsiasi estraneo che non sapeva che farsene della compassione altrui. Gli dispiacque.

“Lenny è un tipo complicato.”
Lenny? È il ragazzo… cioè l’uomo di Lionel?!

“Sai…” Continuò quello. “È fantastico su tante cose, ma per altre… la fedeltà, per esempio.” Concluse senza filtri. “Beh, lì non è proprio affidabile.”
Teddy abbozzò una smorfia dispiaciuta. “Mi sembra un tipo molto… vivace.” Eufemizzò.  
Whitby sembrò ascoltarlo a malapena: sembrava invece in vena di sfogarsi, forse grazie anche ai tre bicchieri panciuti che vide ai suoi piedi.
“Lenny è una forza della natura … con lui non ti annoi mai. Pensa… io neanche li guardavo i ragazzi, prima di lui.” Si accese la pipa maldestramente. “Sì… avevo avuto qualche esperienza, ma cose di poco conto. Poi è arrivato lui. Ed ha rivoltato il mio mondo come un calzino.”
Mi ricorda qualcosa… o meglio qualcuno. Ehilà, ciao buon vecchio Ted. Trovi delle similitudini?

“I primi tempi tutto bene…” L’uomo tirò una boccata, soffiando fuori fumo celestino. “Len lavorava qui, faceva un corso di preparazione per spezza-incantesimi … ci vedevamo tutti i giorni. Inseparabili. Poi il tirocinio è finito ed hanno cominciato a spedirlo ovunque. Abbiamo cominciato a vederci una volta al mese, se andava bene… e sai come vanno queste cose. Un giorno non è semplicemente tornato a casa da me.”
“Convi… convivevate?”
“Già.”
Cazzo.

Gli uscì di netto, mentre un sudore gelido gli ghiacciava la schiena. Ed era già freddo.
“Penso lo avessi forzato in una situazione che non era ancora la sua. Io avevo i miei progetti, le mie tranquillità, volevo tornare a casa e trovare il camino acceso e lui che mi aspettava… e Lenny, beh. Lui voleva avere vent’anni.”
Teddy trovò del tutto comprensibile vuotare in un sol sorso il bicchiere che teneva in mano.  

Sembra che stia raccontando la storia mia e di Jamie… solo con una bella accelerata di un paio di anni.
E lui che aveva pensato di andarci a convivere, con James.
Per farlo scappare da un giorno all’altro perché è una vita troppo noiosa per le sue aspettative?
“… e adesso?”
“Adesso…” Schioccò la lingua e gli fece un sorrisetto amaro. “Adesso sono ancora qui. È tutto ciò che posso pretendere. Io amo Lenny, e sono sicuro che lui ama me… ma forse siamo troppo diversi per poter stare sullo stesso binario.” Prese uno dei bicchieri a terra, ancora piene e bevve due lunghe sorsate.

“Io…”
Io sono terrorizzato.

Lo pensò chirurgicamente mentre vedeva una versione più vecchia di se stesso con il cuore spezzato perché aveva fatto le scelte sbagliate.
È una specie di messaggio del Fato?
Se avesse perso James, se un giorno si fosse svegliato in una casa priva della sua presenza…
Probabilmente impazzirei. Sono noioso anche in questo. Impazzirei, tutto qui.
“… devo andare a cercare il mio ragazzo.” Mormorò con un filo di voce.
Whitby annuì leggermente. “Vengo con te. Vado a dire a Lenny che me ne vado. Il mio ideale di serata non è ubriacarmi ad una festa di ventenni. Semmai, lo faccio a casa mia.” Spense la pipa sotto il tacco.
Oddio. Ha i mocassini come me!
Rientrarono dentro, e si fecero largo tra la calca di corpi umani. Ora alcuni ballavano un lento, con meno coordinazione e meno vestiti addosso di quanto fosse decoroso.
Che ti aspetti? È una festa di ventenni appena usciti da una scuola con severissime regole di decoro.  
 
Oh well, it seems likes such fun
Until you lose what you had won³

 
Odio le canzoni babbane. Non possono parlare di calderoni, pozioni d’amore e streghe affascinanti? Perché devono essere così generiche e così… azzeccate?!
“La cucina è di là, credo…” Disse Whitby con un cenno della testa. “Probabilmente sono lì a tener d’occhio gli alcolici. C’è troppa gente che ha alzato di gomito, ho idea.”
“Okay.” Disse, tuffandocisi dentro. Quello che vide non migliorò affatto la sua situazione emotiva.
James era stretto tra la dispensa e le braccia muscolose di Lionel, che gli aveva appoggiato qualcosa sulla fronte, una pezzuola contenente del ghiaccio forse.
Teddy!” Esclamò James contento, masticando poi un’imprecazione perché si era voltato troppo velocemente.
“Un cretino ha cercato di appellare un barile di burrobirra e l’ha fatto finire in testa a Jimmy.” Spiegò a beneficio di chiunque Lionel. “Ed io non so dove ho infilato la mia bacchetta per fare un incantesimo di guarigione… oh, ehi, Malcolm.” Notò l’altro mago in quel momento. “Te ne vai?”
Il modo in cui lo disse mandò Ted il sangue alla testa. Era così…

Disinteressato. Come se non contasse niente la presenza di un uomo che lo ama qui dentro.
“Già, forse è meglio.” Mormorò l’altro, con tono orribilmente rassegnato.
Teddy in una falcata raggiunse James e lo strattonò via dalle cure del coinquilino.
“Ahi!” Si lamentò questo perplesso. “Teddy, che cavolo ti piglia?”
“Niente, ce ne andiamo.” Sbottò, sentendo l’impulso di schiantare quell’idiota pieno di anelli, sicurezza di sé e crudeltà. Non avrebbe permesso che James, il suo altruista, appassionato Jamie diventasse il tipo di persona che non batteva ciglio all’idea di ferire qualcuno che lo amava.

“Ehi amico, sta’ calmo … non si è fatto niente!” Sbuffò il ragazzo di colore, cercando di buttarla sul ridere. “Non fare la chioccia. Jimmy mi ha detto che a volte ti prende questo impuls…”
“Mi chiamo Ted, non sono tuo amico e lui si chiama James.” Ringhiò, oh, decisamente lo fece dalle loro espressioni sbigottite. “E tu dovresti vergognarti. Ti comporti come se fossi appena uscito da Hogwarts e dovessi dimostrare a tutti quanto fico sei a sbattertene della gente e vivere alla giornata. Cresci.
Poi prese James per un braccio e lo trascinò via, passando tra la marea di ubriachi, fino alla porta d’ingresso. Non si fermò, continuando a camminare come un Thestral cocciuto.

Si fermò solo quando James si strattonò via. “Teddy!” Sbottò. “Fermati, cazzo! Quanto hai bevuto?!”
La domanda era giustamente posta, ma era sobrio. Quasi. “Non molto… e comunque. Io…”
Si accorse in quel momento che li aveva trascinati fino in strada. Ed erano tutti e due senza giubbotto.

Si sentì un idiota. Ma la rabbia non gli passava. Perché la nuova vita di James lo spaventava.
Il coinquilino insinuante, i centinaia di tipi che non vedevano l’ora di perdere il controllo in casa sua, li party folli…
Certo, voleva che l’altro vivesse la sua adolescenza nel modo rumoroso e pazzo che lo contraddistingueva. Ma c’era una parte di sé che sapeva che se l’avesse fatto fino in fondo, lui non sarebbe stato compreso nel menù.
Vuoi far la fine di Malcolm? A guardare un camino, con a fianco una poltrona gemella alla tua, vuota?
James lo fissava stranito. “Teddy, che ti è preso? Sembravi impazzito lì dentro!” Chiese confuso. “Lenny non ci stava provando! L’unica cosa che stava tentando di fare era evitare che mi venisse un livido grosso quanto una pluffa domani, tutto lì!”
“Lo so…” Lo sapeva e sapeva di aver esagerato. Che tra l’altro, neanche erano fatti suoi, quelli tra Whitby e Lionel. Però aveva empatizzato.

Brutta abitudine.
James gli si avvicinò. “Ehi, che succede?” Gli chiese con quel tono un po’ ispido e dolce che aveva quando gli si rivolgeva per farlo calmare. Gli tirò poi una ciocca di capelli, che sotto le sue dita tornò celestina, da amaranto che era.
“Hai presente quell’uomo che era con me?” Borbottò.
“Uh - uh. È tipo… l’ex-fidanzato di Lenny. Una specie. Len ha incantato Peter dopo che quel tizio si è messo di fronte alla porta tutta una notte. A bussare!” Sbuffò. “Ti rendi conto?”
Noi tassorosso siamo leali. Una volta che amiamo qualcuno, è difficile smettere…

“Lionel non è stato molto corretto con lui…”
“Ehi, l’asfissiava! È un tipo palloso… ciancia di famiglia, di sposarsi… roba da matti. Continua a ronzagli intorno e a Len spiace, così non riesce a dirgli di no.” Scrollò le spalle James, ignaro del fatto che l’altro avesse un maglio che gli artigliava le viscere.
Anche noi diventeremo così?
“Lo ama.” Si sentiva la bocca secca. No, non voleva parlare di quello. “Comunque… non fa niente. Ero solo stufo di stare lì. Mi dispiace, non mi ci sentivo a mio agio.”
“Ookay.” Annuì James dandogli un pizzicotto sul fianco. Si corrucciò quando non lo vide reagire. “… magari potevi evitare di dire quelle cose stronze al mio amico, ma va bene. Lenny ha le spalle larghe.”
“Penso che tornerò ad Hogwarts.” Mugugnò, cercando di sciogliersi dall’abbraccio in cui l’altro l’aveva avvolto. Non funzionò: James ormai doveva aver subodorato qualcosa, perché serrò la presa.

“Stai scappando.” Disse, con sguardo accusatorio. “Ora ne parliamo, e poi torniamo assieme ad Hogwarts. Vengo con te. Non sto ad una festa da cui te ne sei andato!”
Per quanto Teddy fosse contento della cosa… non era abbastanza. “James, stasera non sono dell’umore…”
“Proprio per questo!” Lo prese per le spalle. “Ehi, ricordi? Stiamo assieme, quindi se c’è un problema lo risolviamo!”  

Teddy si morse un labbro. Guardò negli occhi sinceri di James: era assurdo pensare che avrebbe potuto fargli una cosa del genere.
Ma neanche Whitby se l’aspettava…
“Pensavo… sai, a proposito di prendere casa assieme…”
James sorrise. “Ah – ah! Finalmente ne parliamo!”
“Non credo sia una buona idea.”

Il silenzio che ne scaturì fu pesante come un troll svenuto. James lo guardò come se volesse tirargli un pugno e Teddy sentì l’istinto di smaterializzarsi immediatamente.
L’apoteosi dei nostri peggiori difetti.
“Perché?” Chiese poi l’altro, quieto. Non era mai un buon segno quando lo era. “Okay, non avevamo preso una decisione definitiva, ma pensavo fosse più questione di aspettare che finisse il Tremaghi.”
“È che… tu stai bene qui.” Incespicò, ficcandosi le mani in tasca perché non se le sentiva più. Faceva davvero freddo, dannazione.“Hai i tuoi amici … ti sei ambientato. L’hai detto tu. Ed io comunque devo restare ad Hogwarts per la maggior parte dell’anno e…”

Puttanate.” Lo bloccò con aria infuriata. “Dimmi cos’è che t’ha sfasato. E non raccontarmi stronzate, perché giuro ti prendo a calci in culo anche se sei tu.” Concluse cupo.
“Non penso tu sia pronto alla convivenza.” Buttò fuori di colpo. “Senti, io ho già avuto… insomma, con Vic. E non è facile. Devi abituarti alle stranezze dell’altro, ai suoi ritmi. Devi fare dei compromessi.”
“E pensi che non sarei capace di farlo?” Il buio umido della strada rendeva i lineamenti di James confusi. Contratti. Probabilmente era una fortuna che fosse senza bacchetta.
“Non ho detto questo… penso soltanto che sia ancora presto, per te. Hai diciotto anni e…”
“E sto con un ventiquattrenne cacasotto.” Ritorse l’altro, tirando un calcio all’inferriata di un portone che fece un rumore sferragliante. “Come al solito è questo!”

“Non è questo!”
Invece sì!” Urlò James. Probabilmente l’alcohol aveva esacerbato le sue emozioni, perché tiro un secondo calcio. “Sei tu che non vuoi prendere casa con me!” Lo afferrò per il bavero della camicia e Teddy non riuscì a reagire. Anche perché forse era meglio così. “Io mollerei Lenny, il battente del cazzo e queste feste piene di stronzi se tu mi chiedessi di venire con te! Invece stiamo parlando, di nuovo, di quanto io sia immaturo! Quando il problema è solo tuo!” Gli puntò il dito al petto, perché aveva sempre una gestualità istintiva. Efficace. “Avanti, dimmi che non è così!”
Era vero. Jamie facendo chiasso come al solito, era arrivato dritto al punto.
Non riusciva a far entrare un’altra persona nella sua vita, non completamente. Per questo aveva procrastinato la decisione di prendere casa, quando sua nonna già aveva venduto il cottage.
La sua unica esperienza di convivenza, con Vic, era stato uno smorzante, continuo fallimento; col senno di poi, forse non ci aveva mai provato davvero.
Nessuno, a parte sua nonna, era riuscito ad entrare nel suo bozzolo perfetto di solitudine.
Continuo a sentirmi un orfano anche se sono circondato da gente che mi fa da famiglia in modo eccellente…
James serrò le labbra. Doveva aver capito che il suo era un silenzio assenso.
“Jamie…”
“No, sta’ zitto.” Lo apostrofò.
Stette zitto. James si passò una mano dietro la nuca, inspirando. Quando riaprì gli occhi sembrava più calmo. “T’accompagno a King’s Cross?” Gli chiese.

“Ormai l’ultimo treno per Hogwarts è partito.” Scosse la testa. “Prenderò una stanza al Paiolo, e partirò domani mattina. Dovrei tornare in tempo per le mie lezioni.”
James annuì. “Okay, allora ti accompagno là.”
Si incamminarono in silenzio, ma Teddy fu costretto a fermarsi a metà strada. Le vie erano deserte, colorate di allegre luminarie natalizie che facevano a pugni con il loro stato d’animo: non potevano salutarsi in quel modo.

“Sono una persona noiosa, Jamie… ed ho paura che finirai per stancarti di me.” Confessò ben attento a guardarsi le scarpe. “Non organizzo feste, mi sento a disagio alle poche a cui vado… sono pessimo ad ampliare la mia cerchia sociale. E la mia serata ideale è leggermi un libro davanti al fuoco. In certe cose siamo… antitetici. Come Lionel e Whitby.”
James non disse nulla, ma poi gli diede un colpetto sulla spalla con la sua. Era ancora corrucciato, ma più che altro sembrava rassegnato alla gigantesca mole delle sue seghe mentali.

“Quanto sei stronzo. Come se non le sapessi ‘ste cose.” Lo apostrofò infatti. “Io ti amo da sempre.” Fece una pausa. “Non è la stessa cosa. Non andrebbe nello stesso modo.”
“Non puoi saperlo…”
“Vero. Non se non proviamo.” Ribatté cocciuto.

Camminarono fino all’entrata del Paiolo da cui spirava luce e calore. Teddy si sentì infinitamente stanco.
“A questo punto penso che ci vedremo per la Vigilia, no?” Chiese James, con le braccia stretta al petto. Erano proprio stati due idioti a non salire a prendere giacche e mantelli.
“Sì.” Confermò. “Per la Vigilia.” Voleva baciarlo. Avrebbe rifiutato?
James risolse la questione afferrandolo per la nuca – e tirandogli i capelli – per baciarlo furiosamente. Ted replicò con uguale intensità. Si staccarono, e James appoggiò la fronte alla sua.

“Coglione…” Sussurrò con affetto. “Con te mi tocca sempre aspettare.”
Teddy ricevette un ultimo bacio frettoloso e poi l’altro corse via, probabilmente per evitare il congelamento.

Chi è l’immaturo qui? Parliamoci chiari, Lupin. La questione anagrafica è irrilevante. Jamie ti ha battuto su tutta la linea.
Forse, stavolta, era il caso si facesse un bell’esame di coscienza. Perché aveva consigliato a Lionel di crescere: ma forse, quel suggerimento si adattava meglio su di lui.
 
****
 
Note:
1. Qui la canzone.
2.Questa. Sì, lo so, è Wrock. Usiamolo visto che di canzoni magiche la Row ne ha messe tre.

3.Questa.
Per chi volesse vedere Piggie: Violet Parkinson-Goyle.
Un grazie a Shinu, Elthefirst e Sarapanny per le dritte tecnico – musicali!
  
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