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Autore: morgana85    06/06/2011    2 recensioni
Ora, mentre la guardava, sfiorata dalla luce incantevole del tramonto, ebbe la certezza di aver preso la
decisione più giusta.
Quella bambina aveva in sé il sole. Era imprigionato tra i suoi capelli biondi come grano maturo,
nascosto nei suoi sorrisi innocenti e sfolgorante nei suoi occhi azzurri come il cielo estivo. ‹‹La mia
piccola lacrima di sole››. Lo ripeté ancora una volta, stringendola maggiormente a sé, inspirando a
fondo il profumo tipico dei bambini, di buono e pulito. ‹‹La mia Daphne››.
[Storia Prima classificata al "Fruits contest" indetto da BloodySisters e vincitrice dei Premi "Lacrima di sole" e "Miglior fanfiction"]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Daphne Greengrass, Theodore Nott
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quarto prompt: libero/a


~Nuova vita
 

L'anima libera è rara,
ma quando la vedi la riconosci:
soprattutto perché provi un senso di benessere,
 quando gli sei vicino.
 
- Charles Bukowski -
 
 
 
A MusicDanceRomance, perchè se lo merita                                                                                    
 
 
Il tonfo sordo degli zoccoli del suo cavallo sul terreno era un suono che riusciva sempre a tranquillizzarla.
Regolare, vigoroso, possente. Sincronizzato con il battere del suo cuore.
Ombre e colori del paesaggio che la circondava scivolavano davanti ai suoi occhi come nastri di seta agitati dal vento. L’aria fredda di quel mattino d’inverno penetrava oltre il mantello e tra i vestiti, pungendole il viso e costringendola a cavalcare a capo chino e il più vicino possibile al collo del cavallo, nel tentativo di riuscire a catturare in qualche modo un alito del tepore che emanava. La lunga treccia in cui aveva raccolto i capelli, ormai quasi completamente sciolta, ondeggiava ad ogni nuova falcata.
Un piccolo sorriso compiaciuto le incurvò le labbra alla vista del grande albero secolare, caduto probabilmente durante le abbondanti piogge dell’autunno, occupare il sentiero a qualche metro da lei.
Spronò il suo stallone frisone proprio in quella direzione, avvertendo il piacevole formicolio dell’adrenalina pervaderle il corpo. Se sua madre l’avesse vista, sicuramente le avrebbe dato dell’incosciente. Quando l’animale si protese in avanti per superare l’ostacolo, non fece altro che assecondare i suoi movimenti.
In quegli attimi, le sembrava quasi di volare.
Le piaceva quella sensazione, quel rapido vuoto allo stomaco, la potenza dei muscoli del suo cavallo guizzare sotto di lei e poi quel momento infinito in cui più niente la legava alla terra.
Adorava sentirsi libera.
Libera dalla gravità, dagli obblighi, a volte persino da sé stessa. Libera da quella strana tristezza che si era impadronita di lei da qualche giorno e a cui non sapeva trovare una ragione.
Quando atterrò oltre l’ostacolo, lasciò l’animale libero di scegliere l’andatura con cui proseguire. Giunta sulla sommità della collina, tirò con decisione le redini. Rimase immobile per qualche istante, gli occhi alzati verso il cielo, quel giorno molto simile ad un morbido panno di velluto azzurro e grigio. Inspirò profondamente il profumo di resina e sottobosco, lasciando vagare lo sguardo lungo il declivio, ai piedi del quale si aprivano i giardini di Greengrass Manor. Se socchiudeva gli occhi, poteva scorgere in lontananza i servitori indaffarati nella preparazione del grande ricevimento che si sarebbe tenuto quella sera.
Lei odiava i ricevimenti.
Davvero non riusciva a capire cosa ci trovassero di così entusiasmante le sue compagne di Casa ai tempi della scuola, che andavano in fibrillazione ogni qualvolta ci fosse un ballo. A suo avviso erano invece incredibilmente noiosi.
Troppa gente, troppa musica, troppa confusione.
Proprio per quel motivo e per la prima volta da che ne aveva memoria, si era letteralmente ritrovata a fuggire di casa. Come se le parole di suo padre avessero avuto il potere di rendere ogni stanza angusta e soffocante, l’aria impossibile da respirare.
‹‹Esigo che al ricevimento di questa sera tu sia cortese e disponibile con ogni cavaliere. Hai quasi vent’anni, i tempi sono maturi perché tu prenda in considerazione l’idea del matrimonio. E’ giunto il momento che tu comprenda le responsabilità che il tuo nome comporta, Daphne. Sei una Greengrass, e sei la primogenita››.
La voce con cui le aveva parlato era stata autoritaria e senza alcuna possibilità di replica.
Suo padre l’aveva definita una grande opportunità. Per lei significava semplicemente che, in un modo o nell’altro, non sarebbe mai più stata libera da quei legami – sentimentali e non – che aveva accuratamente evitato fino a quel momento.
Non che non avesse amici. Solo si premurava di mantenere i rapporti ad un livello che si confaceva al suo essere indipendente, senza particolari emozioni che potessero scalfire il suo tanto amato equilibrio.
Ben pochi, nella ristretta cerchia delle sue conoscenze, potevano vantare il privilegio di conoscerla davvero. Forse solo Theodore. Ma con lui era diverso. Molto diverso.
Al solo pensiero, la triste malinconia che aveva cercato di dimenticare tornò prepotente, lasciandole un retrogusto amaro sul palato.
Scosse il capo sbuffando, ‹‹Andiamo Brego (*), è ora di tornare a casa››.
 
Dopo un ultimo volteggio, si inchinò aggraziatamente all’ennesimo cavaliere di quella sera.
Ormai aveva perso il conto delle braccia che l’avevano stretta per danzare, o dei sorrisi educati e cortesi che aveva dovuto rivolgere ai giovani uomini che le erano stati presentati dai suoi genitori, tutti appartenenti all’alta borghesia del Mondo Magico.
Sentiva di non poter resistere ancora per molto. Aveva bisogno di aria – pura, libera, fresca - di svuotare velocemente la testa dalla lista infinita di nomi che era stata costretta ad imparare, per non recare offesa a nessuno dei gentiluomini presenti alla festa.
Con una scusa si congedò, dileguandosi tra la gente che affollava il grande salone. Maledisse il lungo abito di velluto blu che la rendeva impacciata nei movimenti e le rallentava il passo.
Incurante del freddo invernale, uscì sulla terrazza che dominava i giardini della villa, fiocamente illuminati dalla luce argentea della luna e dalle migliaia di torce magiche sparse un po’ ovunque.
Il silenzio che l’accolse le parve la cosa più bella al mondo.
Si appoggiò alla balaustra, improvvisamente stanca. Inspirò un paio di volte, profondamente e senza fretta, lasciando che la tensione scivolasse via dal suo corpo.
Andava già molto meglio.
‹‹Signorina Daphne, mi dispiace disturbarla››. Sobbalzò al suono di quella voce, maschile e profonda. Completamente assorta nei suoi pensieri, non si era accorta della presenza alle sue spalle. Sollevò piano la testa, ricomponendosi, senza tuttavia voltarsi. ‹‹Volevo solo sapere se… ››.
Se desidera danzare, sono desolata di dover rifiutare››. Strinse con forza le dita attorno al marmo freddo ‹‹Non credo di sentirmi molto bene››.
‹‹Ma la mia è un’offerta a cui non puoi dire di no››.
Si voltò di scatto, non appena avvertì il tessuto morbido di un mantello che le veniva posato sulle spalle. Gli occhi si allargarono per l’incredulità e il respiro si fermò in gola. ‹‹Cosa ci fai tu qui?››.
‹‹Che accoglienza calorosa››. Una risata – quella risata – le giunse in risposta. ‹‹Non mi aspettavo di certo che facessi i salti di gioia, ma quantomeno potresti ringraziarmi per averti risparmiato un malanno assicurato››.
‹‹Grazie››, mormorò appena, abbassando il viso per nascondere il rossore che sicuramente
Lo sentì avvicinarsi, avvertendo il suo profumo – muschio e vento – prima ancora del calore delle sue dita a contatto con la pelle, mentre le prendeva la mano tra le proprie per depositarvi un casto bacio.
‹‹Te lo avranno già detto in molti questa sera, ma… sei splendida››.
Sorrise, scuotendo il capo. ‹‹A dire il vero sei il primo››.
‹‹Questi giovani d’oggi. Non sono nemmeno in grado di corteggiare una fanciulla››.
Rise con lui, stringendo i lembi del mantello e immergendosi nel suo odore. Da quando ne sentiva la mancanza? ‹‹Come mai ti trovi qui?››.
‹‹Ma come, non è lampante?››. Lo guardò dubbiosa, mentre un lungo brivido le percorreva la schiena. Da quando Theodore la faceva tremare? ‹‹Sono uno dei pretendenti della regina di questa festa››. Le si avvicinò, le labbra che quasi le sfioravano la pelle sensibile vicino all’orecchio, ‹‹E sai una cosa? Credo di poter sbaragliare la concorrenza senza particolari problemi››.
Lo spinse via, non riuscendo a trattenere l’ennesima risata. La tristezza di quei giorni, che le erano sembrati lenti e tutti uguali, era solo un ricordo lontano. Da quando aveva quell’effetto su di lei? Solo un istante dopo quel pensiero, le sue mani le stringevano i fianchi in una stretta dolce e possessiva insieme. Prima ancora di poterlo capire, si ritrovò ad assecondare il lento dondolio dei loro corpi vicini, al ritmo di quella musica antica e languida che proveniva dal salone alle loro spalle.
La consapevolezza di sentirsi libera in quell’abbraccio, vicino a quel ragazzo che era parte della sua vita praticamente da sempre, la colpì con la stessa intensità della pioggia fresca di primavera. Ogni cosa le sembrava improvvisamente più semplice. Era libera di scegliere, e mai decisione le sembrò più giusta.
Appoggiò la fronte contro la sua spalla, abbandonandosi completamente a lui. ‹‹E se fossi davvero tu la mia scelta?››, sussurrò appena, il fiato che si infrangeva contro il tessuto della sua giacca.
Per un attimo, quel breve istante di silenzio e immobilità che le fece mancare un battito al cuore, temette di aver frainteso ogni cosa.
Forse lui non era lì per quello, forse la stava prendendo in giro, come era solito fare quando erano a scuola. Quando cercò di svincolarsi dalla sua stretta, lo sentì stringerla con maggiore forza. ‹‹Non penserai davvero che ti lasci libera adesso››. Le sollevò il viso, posandole due dita sotto il mento. Sorrideva, e lo stava facendo in quella maniera che aveva sempre riservato a lei soltanto. ‹‹Non dopo aver finalmente sentito le parole che aspettavo da una vita››.
‹‹Allora è un si?››, deglutì a fatica, cercando i suoi occhi ancora una volta.
‹‹Si››. Fu l’unica cosa che disse, prima di baciarla.
 
 
 
 
 
 
(*) il nome del cavallo di Daphne è una citazione del Signore degli Anelli, di J. R. R. Tolkien.

 
  
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