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Autore: DaughterOfDawn    07/06/2011    6 recensioni
Ambientata 10 anni dopo gli eventi di DMC3 (quello che si vede nel filmato speciale non è mai avvenuto). Dopo aver passato dieci anni chiuso all'Inferno, Vergil viene rimandato da alcuni demoni sulla Terra alla ricerca di una spada leggendaria, che secondo quanto si dice ha il potere di spalancare definitivamente le Porte degli Inferi. Accompagnato da Magornak, uno strano demonietto che lo segue da due anni, una volta nel mondo degli umani si appresta a portare a termine la sua missione il più velocemente possibile, nonostante il rischio di doversi nuovamente scontrare con Dante, ma la situazione si rivelerà più complicata del previsto...
[Avvertimenti: rating per la presenza di scene abbastanza sanguinose, shonen-ai (VergilxDante/DantexVergil), possibili spoiler, i personaggi potrebbero essere un po' OOC, soprattutto Vergil...]
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ormai era quasi mezzogiorno e le strade della città erano molto affollate. Vergil e Magornak si ritrovarono costretti a fare un giro largo per uscire dalla città, prendendo strade secondarie e vicoli poco frequentati per evitare quella massa umana in movimento. Nessuno dei due parlò per tutta la durata del tragitto. Il mezzo demone si sforzava anche di evitare di pensare, concentrandosi solo sul percorso che dovevano fare e sull’idea che presto avrebbe avuto Kasreyon tra le mani, cercando di escludere tutti gli altri pensieri. Ma non era un’impresa facile e lui ne era più che consapevole. Il suo animo si dibatteva tra la rabbia per essersi mostrato debole e per essersi fatto sconfiggere di nuovo dalla voce, davanti ai suoi nemici tra l’altro, e l’incredulità per aver ceduto ai giochi idioti di Dante. Giochi idioti che, tra l’altro, aveva iniziato lui qualche giorno prima. Ciò che gli sfuggiva era il perché, la ragione malata che lo aveva spinto a baciare, esatto baciare, suo fratello. O forse la spiegazione era tanto lampante e distruttiva che la sua mente si rifiutava anche solo di ammetterla. Ammettere che fin da quando aveva rimesso piede sulla terra non aveva sperato altro che ritrovarsi davanti il cacciatore di demoni, ammettere che dal giorno in cui lo aveva rivisto per la prima volta dentro di lui si era scatenato un caos insopportabile di emozioni, ammettere che aveva deciso di non liberarsi di lui all’istante non solo perché averlo come avversario avrebbe reso tutto più interessante, ammettere che aveva desiderato ardentemente che lui potesse davvero tirarlo fuori dall’oscurità in cui la voce lo stava inesorabilmente rinchiudendo. Ammettere che che gli era mancato, spiritualmente ma anche fisicamente, che non si era pentito di averglielo detto e di averlo baciato. Vergil sapeva benissimo qual era la conclusione di tutto ciò, la risposta al suo interrogativo, la verità. Semplicemente non poteva accettarla. Le conseguenze sarebbero state troppo scomode, per lui e soprattutto per la sua missione.

Solo quando finalmente giunsero sulle rovine di Temen-Ni-Gru, Magornak decise che poteva azzardarsi a rompere il silenzio che si era creato tra loro. “Vergil?”chiamò incerto. Aveva passato tutto il tempo a pensarci, ma non ne aveva cavato fuori altro che dubbi assurdi. Era un insulto alla sua intelligenza pensare una cosa del genere, ma non riusciva a togliersela dalla mente. Aveva bisogno di una risposta. “Posso chiederti una cosa?”.
“Sentiamo”concesse il giovane gelido. Sapeva cosa voleva domandargli Magornak. In fondo li aveva praticamente visti. Ma, conoscendolo, il demonietto non avrebbe creduto neanche ai propri occhi senza una sua conferma. E lui di certo non gliel’avrebbe data. Il problema era che non sapeva se sarebbe riuscito a negare con la giusta convinzione. D’altra parte non rispondergli significava lasciarlo nel dubbio e chissà a quali conclusioni sarebbe arrivato il suo protetto.
“Mi chiedevo…Sai quando a casa di tuo fratello sono sceso dal secondo piano per portarti Yamato? Ehm…Ecco…”balbettò la creaturina. Gli mancava quasi il coraggio di fare la domanda: di sicuro Vergil lo avrebbe ammazzato se avesse provato a chiedergli direttamente cosa stessero facendo lui e Dante. Non sapeva perché avesse questo presentimento, ma qualcosa gli diceva che era così.
“Avanti, parla. Non abbiamo tempo da perdere”.
“Insomma, tu e tuo fratello eravate seduti uno di fianco all’altro no? Be’, ecco, magari ho visto male, insomma, capita…”.
“Magornak. Dritto al punto. Oppure lascia perdere”. Il tono glaciale del mezzo demone non ammetteva repliche. Stava iniziando ad irritarsi.
Magornak prese fiato. Adesso o avrebbe taciuto per sempre. “Il fatto è che mi sembrava che foste abbracciati come la gente quando sta per baciarsi! Li ho visti nella scatola che manda le immagini mentre cambiavo i canali a caso e voi eravate nella stessa posizione!”disse più in fretta che poteva, portandosi istintivamente fuori dalla poratata del suo protettore. In quel momento il fatto che si divertisse a fare zapping gli pareva un mostruoso sacrilegio. Perché se non avesse visto quelle persone il dubbio su cosa stessero facendo i gemelli non gli sarebbe neanche venuto.

Vergil lo guardò sollevando un sopracciglio. Bel modo diretto di arrivare alla questione. Non gli aveva neanche fatto la domanda, anche se si capiva fin troppo cosa voleva sapere. Ma lui non aveva alcuna intenzione di formularla al posto suo. “Quindi?”chiese spazientito, ma sperando al tempo stesso che la creaturina rinunciasse a chiedergli spiegazioni.
“Ehm…Insomma…”fece il demonietto imbarazzato. Non voleva domandarglielo. Ma sapeva che doveva farlo o avrebbe continuato a tormentarsi e allora addio concentrazione sulla missione. “Tu e Dante non vi stavate…baciando, vero?”.
Il mezzo demone riuscì a restare impassibile nonostante il disagio che gli provocava quella conversazione, anche se non potè impedirsi di distogliere lo sguardo. “Secondo te?”chiese con calma dopo un attimo.
“Ovviamente non puoi averlo fatto! Insomma, non tu! Lui magari sì, ma tu…Però vi ho visti…o meglio, mi è sembrato e quindi volevo una conferma…Non l’hai fatto, vero Vergil?”. La creaturina lo guardò implorante. Aveva davvero bisogno di quella rassicurazione.
Lui rimase in silenzio, titubante. Perché cavolo non gli diceva di no e la facevano finita? Riavvertì le labbra di Dante accarezzare le sue con appassionata dolcezza e le mani dell’altro mezzo demone affondate nei suoi capelli. Il suo viso andò in fiamme all’istante. ‘Che cazzo sto facendo?!’si rimproverò sconcertato, sperando che il demonietto non se ne fosse accorto e cercando di ridarsi contegno. Avrebbe voluto sotterrarsi per la vergogna.
“Vergil? Per favore, rispondimi!”insistette Magornak.
“No, non ho baciato mio fratello”si costrinse a rispondere il mezzo demone, irato con sé stesso e con il suo protetto. “E ora possiamo chiudere questo argomento stupido e inutile?”.
“Certo!”esclamò l’altro, allegro, senza accorgersi dell’espressione inquieta che aveva assunto il giovane. Che stupido che era stato anche solo a dubitare di una cosa del genere. Doveva aver visto male. Figuriamoci se Vergil si metteva a baciare la gente. A lui non importava niente di nessuno, soprattutto di chi gli si metteva tra i piedi come aveva sempre fatto Dante. Ora potevano andare a prendere quella maledetta spada. E poi sarebbero tornati a casa. Vergil avrebbe preso il posto che gli spettava tra i demoni e lui avrebbe continuato ad assisterlo in tutti i suoi piani. Tutto sarebbe tornato come prima. Magari sarebbe riuscito a convincerlo a fargli continuare frequentare Mary. Nonostante tutto gli sarebbe dispiaciuto non vederla più.
L’entusiasta disponibilità mostrata dal demonietto ad accettare la sua risposta incerta sembrò rassicurare un po’ anche il giovane, che tornò, seppure a fatica, a concentrarsi sulla sua missione.
Erano giunti di fronte alla scalianta che conduceva nei sotterranei oscuri di Temen-Ni-Gru. Estrassero le torce e si scambiarono un’occhiata che pareva dire: “Speriamo che si sia la volta buona” e iniziarono la discesa, scacciando tutti i possibili dubbi.
L’aria si faceva sempre più umida man mano che si inoltravano nelle profondità della torre. I gradini erano crepati e in qualche punto ingombri di macerie. L’unico rumore era quello dei loro passi che rimbalzava sulle pareti, perdendosi poi nell’oscurità. Vergil li scendeva in fretta, incurante degli ostacoli, spinto da un’ansiosa aspettativa. Conosceva bene quell’ambiente e sapeva dove li avrebbe portati la scalinata. Dieci anni prima aveva tentato proprio laggiù di aprire le Porte dell’Inferno per la prima volta e proprio laggiù aveva affrontato Dante nello scontro che avrebbe poi condotto alla sua sconfitta definitiva e a lunghi anni di esilio volontario nelle tenebre infernali. Laggiù, da qualche parte, ora lo aspettava una seconda chance.
Dietro di lui Magornak trotterellava tranquillo, guardandosi costantemente intorno, affascinato. Quella torre nel suo apogeo doveva essere stata un vero splendore considerando la terribile bellezza che ancora conservavano i suoi resti, pur piagati dal crollo e corrosi dal tempo. Avvertì di nuovo quella profonda malinconia che aveva provato la prima volta che si era recato sulle macerie invaderlo. Quel posto gli ricordava qualcosa, anche se non avrebbe saputo dire cosa, e faceva emergere dai meandri più profondi della sua memoria sensazioni confuse, da lungo dimenticate. Un richiamo molto antico che risuonava nella sua anima, dolce e nostalgico. Il demonietto assisteva stupito a tutto quel mescolarsi di emozioni, incapace di capire cosa gli stesse succedendo. Chissà, magari quelle sensazioni non erano sue, ma erano rimaste intrappolate nelle mura circostanti e adesso gli si trasmettevano. Ma non ne era troppo convinto: Temen-Ni-Gru era pur sempre un pezzo di Inferno e la soavità, per quanto triste e oscura, di quello che stava provando non poteva provenire da un ambiente infernale. Non del tutto, almeno. E poi Vergil sembrava non avvertirlo affatto.
Dopo una discesa che era parsa interminabile, i due giunsero finalmente in un’ampia sala. Il crollo della parte sovrastante aveva fatto franare parte delle arcate che reggevano il soffitto, ma per il resto era ancora intatta. Il mezzo demone avvertì un brivido mentre le immagini presenti si sovrapponevano a quelle dei suoi ricordi. Ma questa volta l’esito sarebbe stato diverso. O la vittoria o la sconfitta definitiva, la morte, non avrebbe accettato soluzioni intermedie. Si fermò al centro della sala, concentrandosi per cercare di percepire la presenza della spada, ma invano. Il sigillo impostole da Damaer doveva essere così potente da incatenarne anche la presenza stessa. Un modo im più per evitare che venisse trovata.
“Magornak, passami il libro”ordinò, rompendo il silenzio quasi sacrale che regnava nell’ambiente circostante. “È ora di capire se quell’idiota del suo autore ci può essere utile o no”.
La creaturina annuì e si affrettò ad estrarre il volume dallo zaino che portava in spalla, porgendolo al suo protettore. Questo lo afferrò e lo aprì con sicurezza sulla pagina della descrizione, scorrendo velocemente le parole latine.
“Allora?”domandò Magornak, ansioso. Non sapeva se voleva o non voleva arrivare fino in fondo. Man mano che scendevano le emozioni si erano fatte sempre più pressanti e ora lui si sentiva turbato come non mai. Erano nel posto giusto. Lo avvertiva. Lo sapeva. Da qualche parte, lontano ma al tempo stesso tremendamente vicino, c’era qualcosa. Qualcosa di oscuro. Era una presenza vaga, impalpabile, inconsistente, eppure lui la percepiva in tutta la sua gravità.
Il mezzo demone lo scrutò attentamente, trapassandolo con i suoi occhi azzurro ghiaccio. “Ci sono quasi”rispose. “Qualcosa non va?”.
“No, non è niente. Solo che…Non so, mi sento strano. E poi c’è una presenza. O meglio, c’è ma non c’è, non saprei come spiegarlo”rispose lui incerto.
Vergil lo guardò dubbioso, ma chiuse gli occhi lo stesso, cercando di capire di cosa stesse parlando il suo protetto. Non avvertì nulla che non fossero l’aura spettrale della torre o i residui dell’atmosfera infernale che un tempo vi aveva regnato ma che era andata poi affievolendosi negli anni di rovina. Nessuna presenza turbava la quiete spettrale del luogo e il rumore dei loro respiri risultava quasi insopportabile nell’opprimente silenzio di morte. Forse Magornak era solo nervoso e le sue sensazioni non erano altro che le proiezioni dei suoi timori. Niente di cui preoccuparsi. “Io non sento niente. Sei solo agitato, probabilmente. Calmati, ci sono io. Non ti accadrà nulla, vedrai. Presto avremo ciò che cerchiamo”disse mentre il suo protetto annuiva poco convinto. “Allora. Questo inutile libro non è poi così inutile. Dopo una descrizione alquanto fantasiosa e articolata del limbo che precede il luogo in cui è sigillata Kasreyon, che corrisponderebbe a questa stanza, passa ad illustrare il modo per raggiungere il sigillo che la imprigiona. Parafrasando, da quando riesco a capire almeno, da qualche parte qui intorno dovrebbe esserci una porta”. Il mezzo demone gettò un’occhiata alla pagina ingiallata. “Un portale che solo l’oscurità della vista può aprire, la porta che solo si sente, il passaggio che solo chi è pronto ad affondare le mani nella dura oscurirà può aprire ” recitava all’incirca l’inchiostro sbavato. Si accostò a una delle pareti. In che senso “che solo si sente ”? Tanto valeva fare letteralmente quello che diceva il libro. “Magornak, spegni la torcia”ordinò porgendo anche la propria e il codice al suo protetto che si affrettò ad ubbidire  sebbene fosse un po’ sorepreso da quella richiesta.
Vergil chiuse gli occhi e appoggiò le palme delle mani sulla parete, facendole scorrere sulla pietra scura. Forse c’era qualcosa di simile ad un passaggio segreto. In effetti quella sala era sempre stata illuminata dalle fiaccole, che però dovevano essersi spente a causa del crollo. Chissà cosa potevano nascondere le sue ombre.
Per via della fitta oscurità che era calata, Magornak riusciva a stento a vederlo mentre si spostava lungo il muro, come alla ricerca di qualcosa. Sinceramente non aveva ben capito cosa stesse facendo e quindi si limitò a seguirlo in silenzio, attento a non inciampare. Quel buio gli ricordava l’Inferno e temeva che da un momento all’altro potesse saltare fuori qualche demone. Eppure, nonostante questi timori, si sentiva quasi al sicuro, cullato dalle sue strane emozioni. E non era solo la presenza del giovane a rassicurarlo. Era Temen-Ni-Gru, ne era certo. Il collegamento tra i due mondi, il solo luogo esistente in cui potessere venire spalancate le Porte degli Inferi. Non si era mai sentito a casa come in quel momento. Chissà se…
Vergil si bloccò di scatto, strappandolo alle sue riflessioni. Le sue dita lavoravano frenetiche sulla pietra, tastando qualcosa che lui non riusciva a vedere. Teneva sempre gli occhi chiusi ma dopo qualche secondo un ghigno gli illuminò il volto. Fece un passo indietro e nella parete davanti a loro si spalancò l’ingresso di un cunicolo. L’oscurità che lo avvolgeva era talmente fitta da parere solida. L’ingresso alla sala in cui doveva essere rinchiusa Kasreyon.
“Non è stato poi così difficile”commentò soddisfatto il mezzo demone, con una lieve nota di eccitazione nella voce. “Andiamo, Magornak”.
Il demonietto si affrettò a riaccendere le torce e gliene porse una. Il giovane la afferrò e gli fece cenno di precederlo. Lui lanciò un’ultima occhiata alla sala prima di voltarsi e inoltrarsi nell’oscurità, lasciando però aperto il passaggio. D’altra parte, aveva promesso a Dante che gli avrebbe reso le cose un po’ più facili questa volta.
Il corridoio si rivelò presto essere una nuova scalinata che si inabissava sotto la torre in una larga aspirale. Sotto lo strato di polvere i gradini di ossidiana erano intatti e levigati, come se fossero stati appena scolpiti, e anche le pareti non presentavano il minimo segno dello scorrere del tempo. Sulla pietra lucida si intravedevano, nella luce scarsa, scritte in linguaggi sconosciuti intrecciate ad altri simboli di ogni genere. Il mezzo demone sollevò la torcia per esaminarli meglio. Emanavano una strana energia. Probabilmente erano già parte del sigillo che sembrava estendesi ad incatenare come le spire di un serpente l’intero luogo. Li sfiorò cautamente con le dita e subito una scarica di emozioni lo attraversò. Rabbia, rancore, odio. E un buio gelo che incatenava l’anima e la mente. Ritrasse la mano di scatto. Quella sensazione gli ricordava le tenebre in cui lo rinchiudeva la voce. Che diamine significava? Che fossero i sentimenti di Damaer? No, impossibile. Secondo la leggenda lui era più che felice di essere riuscito ad imprigionare la sua creazione. Ma allora…Che fosse Kasreyon stessa ad emanare quelle emozioni tanto violente?
Davanti a lui Magornak scendeva incerto gli scalini. Quel posto non gli piaceva per niente. L’aura che emanava era quasi peggio di quella infernale. Qualcosa vibrava nell’aria, qualcosa di terribile, qualcosa che somigliava a una dolorosa collera, tanto forte da risultare quasi insopportabile. Il sentimento di un’anima così corrotta che il solo percepirla gli dava la nausea. Cosa si nascondeva in realtà in fondo a quell’interminabile scalinata? Il demonietto tremò, sopraffatto da quelle percezioni che si scontravano decisamente con l’essenza del suo spirito. La paura lo invase. Timore di morire, terrore di perdersi in quelle tenebre maledette. Si bloccò incapace di continuare. Il mezzo demone gli rivolse uno sguardo interrogativo che lui ricambiò scuotendo il capo, incapace di esprimersi.
Il suo protettore parve però intuire lo stesso cosa tormentava. Lo superò. “Attaccati a me e non allontanarti per nessun motivo, chiaro?”ordinò con fermezza, ma senza la solita nota gelida.
La creaturina lo guardò grato come non mai e si aggrappò a un lembo del suo mantello mentre i due riprendevano la discesa.
Continuarono a scendere per diversi minuti. L’oscurità intorno a loro sembrava farsi se possibile sempre più fitta, affievolendo anche la luce delle torce. Finalmente i gradini cessarono e i due si ritrovarono di fronte a una porta a due battenti, che ricordava nelle sue decorazioni quella degli Inferi, solo che era decisamente meno estesa e non era chiusa dalle due falci incrociate. Vergil allungò cautamente le mani verso il gelido metallo lucido e spinse. La scarica di odio e rancore lo colpì nuovamente, segno che il sigillo legava anche quell’ingresso, ma la porta rimase serrata. Lui si ritrasse un po’ contrariato, poi si voltò e prese il libro dalle mani tremanti di Magornak. Sfogliò piano le pagine, scorrendo con cura le righe, alla ricerca di un indizio che gli indicasse il modo di spalancare quei battenti chiusi da millenni. Ma il codice sembrava perdersi nelle sue descrizioni favolose e pareva tralasciare quel passaggio fondamentale. ‘Dannazione’pensò irritato il giovane chiudendo il libro e restituendolo al demonietto. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Magari c’era qualche meccanismo nascosto come per le altre porte di Temen-Ni-Gru. Se non l’avesse trovato gli sarebbe toccato provare ad usare la forza, sempre che servisse a qualcosa contro il sigillo di un demone potente come Damaer.
“Fatti da parte, Magornak”fece. “Quel libro è davvero inutile. Non dice nulla su come diamine si passa questa porta. Ci tocca fare da noi”.
Magornak annuì e si mise in un angolo mentre lui iniziava ad ispezionare attentamente la superficie metallica. Perfetto. Non avevano neanche iniziato ed erano già bloccati. Sospirando aprì il volume che aveva in mano e si mise a studiare le pagine con la descrizione che li interessava, anche se non capiva la lingua in cui era scritto. Si chiese perché gli umani usassero lingue così differenti tra loro. Era una cosa scomoda. I demoni parlavano tutti lo stesso idioma e avevano imparato alcuni di quelli del mondo di luce al tempo del regno di Mundus, ma l’avevano fatto solo per pura necessità pratica, non perché li interessasse. Era molto più comodo. Lui sinceramente parlava la lingua degli umani solo perché gliel’aveva insegnata Vergil, altrimenti non si sarebbe mai sognato di studiarla. Lanciò un’occhiataccia a quelle parole per lui incomprensibili e riprese a sfogliare le pagine, arrivando alla fine del capitolo dedicato a Kasreyon. Chissà se c’era qualche parola che riusciva a decifrare.
Scorse le pagine seguenti cercando di concentrarsi e di ignorare così il turbamento che lo opprimeva. Ad un tratto i suoi occhi si bloccarono su un nome in particolare, sopresi. Scritto decisamente male, con la minuscola, ma era lui.
“Vergil”chiamò alzando gli occhi dalla carta scritta a mano.
Il mezzo demone si voltò a guardarlo, infastidito per essere stato interrotto. “Cosa c’è adesso?”.
“Tu per caso hai letto i capitoli che seguono quello su Kasreyon?”.
“Li ho scorsi molto velocemente, ma non contenevano nulla di interessante. Perché?”.
“C’è il nome di tuo padre qui”.
Vergil inarcò leggermente un sopracciglio. Non ricordava di aver incontrato il nome di Sparda nel codice. Si staccò dalla porta che stava esaminando e si accostò al suo protetto fissando l’attenzione sulla riga che questo gli indicava. Sembrava essere una citazione. Lesse velocemente il paragrafo in cui era contenuta. “Non è nulla”disse alla fine. “Sta descrivendo la gerarchia infernale, in modo molto fantasioso oserei dire, e dato che mio padre era uno dei demoni che stavano al vertice lo cita usando le parole con cui viene descritto nella versione ufficiale della sua leggenda. Ora, se non ti spiace, avrei cose più serie da fare”. Detto ciò tornò al portale, fulminando il demonietto con uno sguardo che apreva dire “E vedi di non disturbarmi più per altre cavolate”.
L’altro distolse lo sguardo, contrito. Uffa, non ne faceva una giusta. Tornò a guardare il libro. Certo che il Cavaliere Oscuro era proprio ovunque. “Gli umani parlano un sacco di tuo padre, anche se per loro ormai non è altro che una leggenda. Si parlava di lui in tutti i libri che abbiamo rubato dalla biblioteca…”commentò dopo un attimo di silenzio.
“Già. Questi esseri infimi non si sono mai scordati di lui in fondo. L’eroe che, uscito dall’Oscurità, protesse la Luce da essa stessa, sacrificando la sua natura e tradendo il suo essere”rispose distrattamente Vergil, facendo scorrere le dita sui cardini della porta. “Il demone che si ribellò all’Inferno e al suo imperatore, che amò talmente gli umani da sposare una di loro. Sparda”. L’eco del nome del demone risuonò fievole nel buio, fino a spegnersi tra le pareti della scalinata. Forse secoli prima suo padre aveva camminato tra quelle stesse mura di pietra, salendo i gradini che lui aveva appena sceso, percorrendo al contrario il cammino che avrebbe portato lui dall’arma ripudiata per paura dal suo stesso creatore e che forse Sparda aveva contribuito a sigillare. Era consapevole di ciò, ma ormai era troppo tardi per pentirsi. Era come aveva detto a Dante: aveva passato il punto di non ritorno. Strinse i pugni. Ormai non stava nemmeno più cercando il potere di Sparda, ne voleva uno ancora maggiore. Quello che stava facendo non aveva più niente a che fare con il suo passato. Non poteva esserne più lontano. Si stava creando una nuova, sofferta identità, diversa da quello che era stato e da quello che aveva sognato di diventare. E non avrebbe permesso a niente e nessuno di fermarlo. Soprattutto a quella stupida porta che gli sbarrava la strada. Le sue iridi si illuminarono di rosso e l’aura demoniaca lo avvolse avvampando mentre lui indietreggiava. Non aveva il potere di suo padre, ma rimaneva pur sempre sangue del suo sangue. Cosa poteva essere una parete di metallo anche se protetta da un sigillo eterno per il figlio maggiore di Sparda?
Ma non fece in tempo a sguainare Yamato che le scritte lungo le pareti furono percorse da un rapidissimo lampo di luce che andò a concentrarsi sui bassorilievi della porta. Una voce roca risuonò tutto intorno a loro, intonando il duro linguaggio dei demoni. “E così sei tornato, Sparda”.

 

Dante indugiava scrutando il buio in cui scomparivano i gradini di pietra. Detestava l’idea di dover scendere di nuovo là sotto. Aveva creduto di aver detto addio a quelle mura maledette dieci anni prima e invece stava per trovarvisi dentro ancora una volta. Avrebbe rivisto i luoghi in cui si era consumata la tragedia dei piani folli di suo fratello e del loro scontro fratricida. I luoghi in cui ciascuno dei due aveva combattuto per il proprio scopo e da cui erano entrambi usciti sconfitti. Vergil aveva fallito nel suo proposito di ottenere il potere di Sparda, lui nel proprio di recuperare il fratello e ricondurlo alla ragione. Nonostante fosse passato tanto tempo, le emozioni che provava di fronte a quell’ingresso erano le stesse di un decennio prima: nervosismo, decisione, rabbia, divertimento, sconforto, speranza. Coerenza proprio zero.
Sospirò. Non poteva di certo starsene lì impalato tutto il giorno. Più in fretta scendeva, più possibilità avrebbe di arrivare in tempo per fermare Vergil prima che portasse a termine il suo misterioso piano. Però non riusciva a decidersi. Era combattuto tra il desiderio di correre giù per quella dannata scalinata per fermare suo fratello e l’angoscia di fallire di nuovo che lo bloccava davanti a quel dannato ingresso. Ma tanto non aveva scelta. Gli eventi avrebbero fatto il loro corso anche se lui fosse rimasto indeciso per sempre. Tanto valeva inoltrarsi nel buio e cercare di prendere quel pazzo scatenato. Scosse il capo esasperato. Vergil l’avrebbe pagata cara per tutta quella situazione di merda. Molto cara.
“Andiamo”borbottò rivolto a Lady, che era rimasta in silenzio al suo fianco fino a quel momento. La ragazza gli aveva lasciato il tempo di pensare e di scacciare tutti i dubbi senza fargli la minima fretta. Sapeva bene che forzare il suo amico sarebbe stato controproducente e che lui doveva prendersi il tempo che gli serviva per affrontare i suoi demoni passo per passo, nonostante il tempo stringesse. E lo stesso valeva per lei. In fondo anche i suoi ricordi legati a Temen-Ni-Gru non erano molto positivi. Stava per scendere nuovamente nel luogo in cui aveva affrontato suo padre faccia a faccia e in cui si era presa la sua tanto desiderata, anche se non appagante come aveva sperato, vendetta. Un luogo che apparteneva ad un capitolo della sua vita che credeva di aver chiuso per sempre e che avrebbe decisamente desiderato non dover aprire mai più. Eppure eccola lì, pronta a riaprire vecchie e dolorose ferite che era riuscita faticosamente a lasciarsi alle spalle. Per Dante. Ma in un certo senso anche per Vergil. E non solo nelle vesti di una nemica che pretendeva rivalsa.
Si avviarono fianco a fianco giù per i gradini, in silenzio. D’altra parte non c’era molto da dire. Nessuno dei due era molto felice di trovarsi in quel posto e in quella situazione, questo era più che chiaro. Ma non c’era tempo per le lamentele. Avevano un compito da portare a termine.

Arrivarono in fondo alla scalinata senza imprevisti. L’unico problema era stato rappresentato dalle macerie che ingombravano le scale, ma più che un vero intoppo erano solo una scocciatura. Non sembravano esserci demoni o altri esseri viventi là sotto. Il che faceva uno strano effetto rispetto ai loro ricordi di dieci anni prima, quando torre era letteralmente infestata di presenze infernali.
La luce delle loro torce illuminò l’immensa sala posta alla base della torre. Dante strinse i pugni. Era esattamente come la ricordava, nonostante ora grosse crepe piagassero la superficie marmorea delle pareti e il buio la avvolgesse nella sua stretta di morte. Gli sembrava ancora di vedere le torce brillare attaccate ai muri e suo fratello in piedi in fondo alla sala, intento a litigare con il sigillo imposto da loro padre. Poi era arrivato Arkham ed era scoppiato tutto il casino. Lanciò un’occhiata alla sua compagna e lesse sul suo volto la sua stessa inquietudine. Probabilmente anche lei stava rivivendo quei momenti così tragicamente indimenticabili. Scosse il capo. Non c’era tempo per i ricordi adesso.
“Forza, Lady, non abbiamo tempo per romantiche gite nel passato”disse sarcastico ma non senza una nota di amarezza, guardandosi e spostando il fascio di luce per svelare gli angoli nascosti dal buio. “Quando tutto sarà finito potremmo sederci davanti a un bel piatto di pizza e parlare dei vecchi tempi tutti insieme, ma prima dobbiamo recuperare i dispersi. Prima che siano loro a giocarci qualche brutto scherzetto”.
La ragazza abbozzò un sorriso tutt’altro che allegro. “Già. L’altra volta abbiamo rischiato parecchio, non è il caso di ripetere l’esperienza. Per fortuna questa volta non c’è mio padre a complicare le cose…”.
“Sinceramente preferirei mille volte dovermi scontrare con Arkham di nuovo piuttosto che con mio fratello”borbottò il giovane. “Sarebbe di gran lunga più semplice”.
“E invece è proprio Vergil il tuo nemico!”lo rimbeccò lei, canzonatoria, superandolo ed avviandosi verso il centro della sala. “Quindi fattene una ragione e metti da parte i teneri sentimenti che provi per lui per un momento! Dovrai essere concentrato quando vi scontrerete! Non è facile dover combattere con la persona che si ama, ma se vinci starete insieme per sempre! Non è romantico?”.
“Ancora con questa storia?!”esplose il mezzo demone, a disagio. “Pensavo che l’argomento fosse chiuso! Tra me e Vergil non c’è nulla che non sia il nostro complicato rapporto di fratelli gemelli, chiaro? Nulla di tenero e tanto meno di amoroso!”. Quella ragazza era una testona. Quando si fissava su una cosa non mollava finchè non otteneva quello che voleva. Avrebbe continuato a tormentarlo in eterno se necessario.
“Se, se, continua ad illuderti”rispose la donna, guardandosi attentamente intorno. “Comunque. Vergil ha detto che ci avrebbe lasciato una traccia per capire dove sarebbe andato, giusto? Scusa se te lo faccio notare, ma sinceramente non vedo nulla. Non che mi aspettassi un cartellone luminoso però almeno un indizio…”.
Il cacciatore di demoni le lanciò un’occhiataccia. Era chiaro che la sua amica non era ancora del tutto convinta che lui avesse fatto bene a lasciar andare suo fratello. Be’, che se li tenesse, i suoi sospetti, lui si fidava di Vergil, anche se forse non aveva neanche un motivo per farlo, e avrebbe continuato a farlo. Doveva farlo. Se non si fidava quando era stato il suo gemello a chiedergli di farlo come poteva pretendere di poterlo convincere a tornare? Stava dimostrando che lui teneva davvero a Vergil, che c’era ancora la possibilità di ricongiungere le loro vite, che potevano ancora essere fratelli, che potevano ancora stare insieme. E era sicuro che suo fratello avrebbe capito. Quindi doveva muoversi a trovare la via che era stata segnata per lui. Il suo sguardo vagò fugace tra le ombre. Là dentro era tutto dannatamente buio. Poi ad un tratto i suoi occhi furono catturati da qualcosa. L’oscurità sembrava farsi più densa in un punto, come se risucchiasse la poca luce che poteva raggiungere quell’angolo appartato. Puntò la torcia in quella direzione, ma neanche il fascio di luce sembrò essere in grado di fendere il buio.
“Lady…”chiamò avvicinandosi. Quando fu a pochi metri la vide. Una porta nel muro. ‘Sapevo che non mi avresti ingannato’pensò vittorioso e rivolse un ghigno soddisfatto alla donna che si era nel frattempo avvicinata.
Quella lo ricambiò con un’occhiata assassina, ma alzò le mani in segno di resa. “Va bene, va bene, avevi ragione tu”ammise. Poi sorrise a sua volta, un sorriso da vampiro. “Certo che Vergil deve amarti sul serio!”.
Dante aprì la bocca per rispondere alla frecciata, ma Lady lo superò e varcò la soglio sparendo nell’oscurità, senza dargli il tempo di proferire parola. Lui scosse il capo, esasperato. Doveva dirle cos’era successo tra lui e Vergil o li avrebbe davvero tormentati per sempre. Suo fratello lo avrebbe ammazzato, ovvio, ma almeno avrebbe risparmiato la vita della sua amica. L’avrebbe fatto. Ma solo dopo aver recuperato il suo gemello. Cercò di immaginarsi la reazione che avrebbe potuto avere Vergil se fosse venuto a sapere che lui aveva raccontato cosa avevano combinato. Rimase un attimo pensoso. No, forse non gli conveniva dirlo a Lady. Per un attimo riavvertì nuovamente il corpo di suo fratello premuto contro il suo. Non poteva proprio fare a meno di pensarci. Sospirò e si decise a seguire la sua compagna. ‘Vengo a prenderti, Vergil. Qualunque cosa tu voglia da me. Qualunque cosa tu sia per me’.

 

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Ciao a tutti!! Scusate se ci ho messo tanto e per di più il capitolo è più corto del solito, ma ho ancora gli ultimi strascichi di scuola che mi rallentano e in più ho avuto da fare con il corso di teatro ultimamente…Potrete mai perdonarmi?? XD

So, capitolo che finalmente realizza qualcosa oltre a lasciarci basiti sull’ingenuità e la credulità di Magornak che non sa capire quando due persone si stanno baciando!! Ergo, sorvolando il fatto che fare zapping è peccato XD e sorvolando anche l’esame di coscienza di Ver, Vergil e Magornak non solo sono finalmente scesi nei sotterranei di Temen-Ni-Gru, ma sono anche riusciti a scovare l’ingresso del percorso che li porterà a Kasreyon. Sarà la volta buona? Si accettano scommesse!! Però chi sarà mai quello che ha scambiato Vergil per Sparda?! Insomma, c’è un po’ di differenza, purtroppo per il nostro mezzo demone…E poi com’è che Magornak sente cose che Vergil non riesce nemmeno a percepire?? Sarà davvero solo agitazione?

Si sono mossi anche Dante e Lady tra una litigata e l’altra…arriveranno in tempo per evitare che Vergil risvegli Kasreyon?? Non chiedetemelo, ci devo pensare!!

Ringraziamenti: LadyVergil, Bloody Wolf, Xeira__ , Kuromi_, Alice Mudgarden e doc11 siete sempre le mie Calliopi!! Vi adoro con tutta l’anima!! Grazie anche a tutti quelli che seguono/preferiscono (soprattutto tu, Rakelle!! XD) la storia e anche solo a chi legge.

Baci e abbracci!!
La vostra sempre più pazza,

Mystic

 

Ps: OOC come al solito…

  
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