Ormai era quasi mezzogiorno e le strade della città erano molto affollate. Vergil e Magornak si ritrovarono costretti a fare un giro largo per uscire dalla città, prendendo strade secondarie e vicoli poco frequentati per evitare quella massa umana in movimento. Nessuno dei due parlò per tutta la durata del tragitto. Il mezzo demone si sforzava anche di evitare di pensare, concentrandosi solo sul percorso che dovevano fare e sull’idea che presto avrebbe avuto Kasreyon tra le mani, cercando di escludere tutti gli altri pensieri. Ma non era un’impresa facile e lui ne era più che consapevole. Il suo animo si dibatteva tra la rabbia per essersi mostrato debole e per essersi fatto sconfiggere di nuovo dalla voce, davanti ai suoi nemici tra l’altro, e l’incredulità per aver ceduto ai giochi idioti di Dante. Giochi idioti che, tra l’altro, aveva iniziato lui qualche giorno prima. Ciò che gli sfuggiva era il perché, la ragione malata che lo aveva spinto a baciare, esatto baciare, suo fratello. O forse la spiegazione era tanto lampante e distruttiva che la sua mente si rifiutava anche solo di ammetterla. Ammettere che fin da quando aveva rimesso piede sulla terra non aveva sperato altro che ritrovarsi davanti il cacciatore di demoni, ammettere che dal giorno in cui lo aveva rivisto per la prima volta dentro di lui si era scatenato un caos insopportabile di emozioni, ammettere che aveva deciso di non liberarsi di lui all’istante non solo perché averlo come avversario avrebbe reso tutto più interessante, ammettere che aveva desiderato ardentemente che lui potesse davvero tirarlo fuori dall’oscurità in cui la voce lo stava inesorabilmente rinchiudendo. Ammettere che che gli era mancato, spiritualmente ma anche fisicamente, che non si era pentito di averglielo detto e di averlo baciato. Vergil sapeva benissimo qual era la conclusione di tutto ciò, la risposta al suo interrogativo, la verità. Semplicemente non poteva accettarla. Le conseguenze sarebbero state troppo scomode, per lui e soprattutto per la sua missione.
Solo quando finalmente giunsero sulle rovine di Temen-Ni-Gru,
Magornak decise che poteva azzardarsi a rompere il silenzio che si era creato
tra loro. “Vergil?”chiamò incerto. Aveva passato tutto il tempo a pensarci, ma
non ne aveva cavato fuori altro che dubbi assurdi. Era un insulto alla sua
intelligenza pensare una cosa del genere, ma non riusciva a togliersela dalla
mente. Aveva bisogno di una risposta. “Posso chiederti una cosa?”.
“Sentiamo”concesse il giovane gelido. Sapeva cosa voleva domandargli Magornak.
In fondo li aveva praticamente visti. Ma, conoscendolo, il demonietto non
avrebbe creduto neanche ai propri occhi senza una sua conferma. E lui di certo
non gliel’avrebbe data. Il problema era che non sapeva se sarebbe riuscito a
negare con la giusta convinzione. D’altra parte non rispondergli significava
lasciarlo nel dubbio e chissà a quali conclusioni sarebbe arrivato il suo
protetto.
“Mi chiedevo…Sai quando a casa di tuo fratello sono sceso dal secondo piano per
portarti Yamato? Ehm…Ecco…”balbettò la creaturina. Gli mancava quasi il
coraggio di fare la domanda: di sicuro Vergil lo avrebbe ammazzato se avesse
provato a chiedergli direttamente cosa stessero facendo lui e Dante. Non sapeva
perché avesse questo presentimento, ma qualcosa gli diceva che era così.
“Avanti, parla. Non abbiamo tempo da perdere”.
“Insomma, tu e tuo fratello eravate seduti uno di fianco all’altro no? Be’,
ecco, magari ho visto male, insomma, capita…”.
“Magornak. Dritto al punto. Oppure lascia perdere”. Il tono glaciale del mezzo
demone non ammetteva repliche. Stava iniziando ad irritarsi.
Magornak prese fiato. Adesso o avrebbe taciuto per sempre. “Il fatto è che mi
sembrava che foste abbracciati come la gente quando sta per baciarsi! Li ho
visti nella scatola che manda le immagini mentre cambiavo i canali a caso e voi
eravate nella stessa posizione!”disse più in fretta che poteva, portandosi
istintivamente fuori dalla poratata del suo protettore. In quel momento il
fatto che si divertisse a fare zapping gli pareva un mostruoso sacrilegio.
Perché se non avesse visto quelle persone il dubbio su cosa stessero facendo i
gemelli non gli sarebbe neanche venuto.
Vergil lo guardò sollevando un sopracciglio. Bel modo diretto di
arrivare alla questione. Non gli aveva neanche fatto la domanda, anche se si
capiva fin troppo cosa voleva sapere. Ma lui non aveva alcuna intenzione di
formularla al posto suo. “Quindi?”chiese spazientito, ma sperando al tempo
stesso che la creaturina rinunciasse a chiedergli spiegazioni.
“Ehm…Insomma…”fece il demonietto imbarazzato. Non voleva domandarglielo. Ma
sapeva che doveva farlo o avrebbe continuato a tormentarsi e allora addio
concentrazione sulla missione. “Tu e Dante non vi stavate…baciando, vero?”.
Il mezzo demone riuscì a restare impassibile nonostante il disagio che gli
provocava quella conversazione, anche se non potè impedirsi di distogliere lo
sguardo. “Secondo te?”chiese con calma dopo un attimo.
“Ovviamente non puoi averlo fatto! Insomma, non tu! Lui magari sì, ma tu…Però
vi ho visti…o meglio, mi è sembrato e quindi volevo una conferma…Non l’hai
fatto, vero Vergil?”. La creaturina lo guardò implorante. Aveva davvero bisogno
di quella rassicurazione.
Lui rimase in silenzio, titubante. Perché cavolo non gli diceva di no e la
facevano finita? Riavvertì le labbra di Dante accarezzare le sue con
appassionata dolcezza e le mani dell’altro mezzo demone affondate nei suoi
capelli. Il suo viso andò in fiamme all’istante. ‘Che cazzo sto facendo?!’si
rimproverò sconcertato, sperando che il demonietto non se ne fosse accorto e
cercando di ridarsi contegno. Avrebbe voluto sotterrarsi per la vergogna.
“Vergil? Per favore, rispondimi!”insistette Magornak.
“No, non ho baciato mio fratello”si costrinse a rispondere il mezzo demone,
irato con sé stesso e con il suo protetto. “E ora possiamo chiudere questo
argomento stupido e inutile?”.
“Certo!”esclamò l’altro, allegro, senza accorgersi dell’espressione inquieta
che aveva assunto il giovane. Che stupido che era stato anche solo a dubitare
di una cosa del genere. Doveva aver visto male. Figuriamoci se Vergil si
metteva a baciare la gente. A lui non importava niente di nessuno, soprattutto
di chi gli si metteva tra i piedi come aveva sempre fatto Dante. Ora potevano
andare a prendere quella maledetta spada. E poi sarebbero tornati a casa.
Vergil avrebbe preso il posto che gli spettava tra i demoni e lui avrebbe
continuato ad assisterlo in tutti i suoi piani. Tutto sarebbe tornato come
prima. Magari sarebbe riuscito a convincerlo a fargli continuare frequentare
Mary. Nonostante tutto gli sarebbe dispiaciuto non vederla più.
L’entusiasta disponibilità mostrata dal demonietto ad accettare la sua risposta
incerta sembrò rassicurare un po’ anche il giovane, che tornò, seppure a
fatica, a concentrarsi sulla sua missione.
Erano giunti di fronte alla scalianta che conduceva nei sotterranei oscuri di
Temen-Ni-Gru. Estrassero le torce e si scambiarono un’occhiata che pareva dire:
“Speriamo che si sia la volta buona” e iniziarono la discesa, scacciando tutti
i possibili dubbi.
L’aria si faceva sempre più umida man mano che si inoltravano nelle profondità
della torre. I gradini erano crepati e in qualche punto ingombri di macerie.
L’unico rumore era quello dei loro passi che rimbalzava sulle pareti,
perdendosi poi nell’oscurità. Vergil li scendeva in fretta, incurante degli
ostacoli, spinto da un’ansiosa aspettativa. Conosceva bene quell’ambiente e
sapeva dove li avrebbe portati la scalinata. Dieci anni prima aveva tentato
proprio laggiù di aprire le Porte dell’Inferno per la prima volta e proprio
laggiù aveva affrontato Dante nello scontro che avrebbe poi condotto alla sua
sconfitta definitiva e a lunghi anni di esilio volontario nelle tenebre
infernali. Laggiù, da qualche parte, ora lo aspettava una seconda chance.
Dietro di lui Magornak trotterellava tranquillo, guardandosi costantemente
intorno, affascinato. Quella torre nel suo apogeo doveva essere stata un vero
splendore considerando la terribile bellezza che ancora conservavano i suoi
resti, pur piagati dal crollo e corrosi dal tempo. Avvertì di nuovo quella
profonda malinconia che aveva provato la prima volta che si era recato sulle
macerie invaderlo. Quel posto gli ricordava qualcosa, anche se non avrebbe
saputo dire cosa, e faceva emergere dai meandri più profondi della sua memoria
sensazioni confuse, da lungo dimenticate. Un richiamo molto antico che
risuonava nella sua anima, dolce e nostalgico. Il demonietto assisteva stupito
a tutto quel mescolarsi di emozioni, incapace di capire cosa gli stesse
succedendo. Chissà, magari quelle sensazioni non erano sue, ma erano rimaste
intrappolate nelle mura circostanti e adesso gli si trasmettevano. Ma non ne
era troppo convinto: Temen-Ni-Gru era pur sempre un pezzo di Inferno e la
soavità, per quanto triste e oscura, di quello che stava provando non poteva
provenire da un ambiente infernale. Non del tutto, almeno. E poi Vergil
sembrava non avvertirlo affatto.
Dopo una discesa che era parsa interminabile, i due giunsero finalmente in
un’ampia sala. Il crollo della parte sovrastante aveva fatto franare parte
delle arcate che reggevano il soffitto, ma per il resto era ancora intatta. Il
mezzo demone avvertì un brivido mentre le immagini presenti si sovrapponevano a
quelle dei suoi ricordi. Ma questa volta l’esito sarebbe stato diverso. O la
vittoria o la sconfitta definitiva, la morte, non avrebbe accettato soluzioni
intermedie. Si fermò al centro della sala, concentrandosi per cercare di
percepire la presenza della spada, ma invano. Il sigillo impostole da Damaer
doveva essere così potente da incatenarne anche la presenza stessa. Un modo im
più per evitare che venisse trovata.
“Magornak, passami il libro”ordinò, rompendo il silenzio quasi sacrale che
regnava nell’ambiente circostante. “È ora di capire se quell’idiota del suo
autore ci può essere utile o no”.
La creaturina annuì e si affrettò ad estrarre il volume dallo zaino che portava
in spalla, porgendolo al suo protettore. Questo lo afferrò e lo aprì con
sicurezza sulla pagina della descrizione, scorrendo velocemente le parole
latine.
“Allora?”domandò Magornak, ansioso. Non sapeva se voleva o non voleva arrivare
fino in fondo. Man mano che scendevano le emozioni si erano fatte sempre più
pressanti e ora lui si sentiva turbato come non mai. Erano nel posto giusto. Lo
avvertiva. Lo sapeva. Da qualche parte, lontano ma al tempo stesso
tremendamente vicino, c’era qualcosa.
Qualcosa di oscuro. Era una presenza vaga, impalpabile, inconsistente, eppure
lui la percepiva in tutta la sua gravità.
Il mezzo demone lo scrutò attentamente, trapassandolo con i suoi occhi azzurro
ghiaccio. “Ci sono quasi”rispose. “Qualcosa non va?”.
“No, non è niente. Solo che…Non so, mi sento strano. E poi c’è una presenza. O
meglio, c’è ma non c’è, non saprei come spiegarlo”rispose lui incerto.
Vergil lo guardò dubbioso, ma chiuse gli occhi lo stesso, cercando di capire di
cosa stesse parlando il suo protetto. Non avvertì nulla che non fossero l’aura
spettrale della torre o i residui dell’atmosfera infernale che un tempo vi
aveva regnato ma che era andata poi affievolendosi negli anni di rovina.
Nessuna presenza turbava la quiete spettrale del luogo e il rumore dei loro
respiri risultava quasi insopportabile nell’opprimente silenzio di morte. Forse
Magornak era solo nervoso e le sue sensazioni non erano altro che le proiezioni
dei suoi timori. Niente di cui preoccuparsi. “Io non sento niente. Sei solo
agitato, probabilmente. Calmati, ci sono io. Non ti accadrà nulla, vedrai.
Presto avremo ciò che cerchiamo”disse mentre il suo protetto annuiva poco
convinto. “Allora. Questo inutile libro non è poi così inutile. Dopo una
descrizione alquanto fantasiosa e articolata del limbo che precede il luogo in
cui è sigillata Kasreyon, che corrisponderebbe a questa stanza, passa ad
illustrare il modo per raggiungere il sigillo che la imprigiona. Parafrasando,
da quando riesco a capire almeno, da qualche parte qui intorno dovrebbe esserci
una porta”. Il mezzo demone gettò un’occhiata alla pagina ingiallata. “Un
portale che solo l’oscurità della vista può aprire, la porta che solo si sente,
il passaggio che solo chi è pronto ad affondare le mani nella dura oscurirà può
aprire ” recitava all’incirca l’inchiostro sbavato. Si accostò a una delle
pareti. In che senso “che solo si sente ”? Tanto valeva fare letteralmente
quello che diceva il libro. “Magornak, spegni la torcia”ordinò porgendo anche
la propria e il codice al suo protetto che si affrettò ad ubbidire sebbene fosse un po’ sorepreso da quella
richiesta.
Vergil chiuse gli occhi e appoggiò le palme delle mani sulla parete, facendole
scorrere sulla pietra scura. Forse c’era qualcosa di simile ad un passaggio
segreto. In effetti quella sala era sempre stata illuminata dalle fiaccole, che
però dovevano essersi spente a causa del crollo. Chissà cosa potevano
nascondere le sue ombre.
Per via della fitta oscurità che era calata, Magornak riusciva a stento a
vederlo mentre si spostava lungo il muro, come alla ricerca di qualcosa.
Sinceramente non aveva ben capito cosa stesse facendo e quindi si limitò a
seguirlo in silenzio, attento a non inciampare. Quel buio gli ricordava
l’Inferno e temeva che da un momento all’altro potesse saltare fuori qualche
demone. Eppure, nonostante questi timori, si sentiva quasi al sicuro, cullato
dalle sue strane emozioni. E non era solo la presenza del giovane a
rassicurarlo. Era Temen-Ni-Gru, ne era certo. Il collegamento tra i due mondi,
il solo luogo esistente in cui potessere venire spalancate le Porte degli
Inferi. Non si era mai sentito a casa come in quel momento. Chissà se…
Vergil si bloccò di scatto, strappandolo alle sue riflessioni. Le sue dita
lavoravano frenetiche sulla pietra, tastando qualcosa che lui non riusciva a
vedere. Teneva sempre gli occhi chiusi ma dopo qualche secondo un ghigno gli
illuminò il volto. Fece un passo indietro e nella parete davanti a loro si spalancò
l’ingresso di un cunicolo. L’oscurità che lo avvolgeva era talmente fitta da
parere solida. L’ingresso alla sala in cui doveva essere rinchiusa Kasreyon.
“Non è stato poi così difficile”commentò soddisfatto il mezzo demone, con una
lieve nota di eccitazione nella voce. “Andiamo, Magornak”.
Il demonietto si affrettò a riaccendere le torce e gliene porse una. Il giovane
la afferrò e gli fece cenno di precederlo. Lui lanciò un’ultima occhiata alla
sala prima di voltarsi e inoltrarsi nell’oscurità, lasciando però aperto il
passaggio. D’altra parte, aveva promesso a Dante che gli avrebbe reso le cose
un po’ più facili questa volta.
Il corridoio si rivelò presto essere una nuova scalinata che si inabissava
sotto la torre in una larga aspirale. Sotto lo strato di polvere i gradini di
ossidiana erano intatti e levigati, come se fossero stati appena scolpiti, e
anche le pareti non presentavano il minimo segno dello scorrere del tempo.
Sulla pietra lucida si intravedevano, nella luce scarsa, scritte in linguaggi sconosciuti
intrecciate ad altri simboli di ogni genere. Il mezzo demone sollevò la torcia
per esaminarli meglio. Emanavano una strana energia. Probabilmente erano già
parte del sigillo che sembrava estendesi ad incatenare come le spire di un
serpente l’intero luogo. Li sfiorò cautamente con le dita e subito una scarica
di emozioni lo attraversò. Rabbia, rancore, odio. E un buio gelo che incatenava
l’anima e la mente. Ritrasse la mano di scatto. Quella sensazione gli ricordava
le tenebre in cui lo rinchiudeva la voce. Che diamine significava? Che fossero
i sentimenti di Damaer? No, impossibile. Secondo la leggenda lui era più che
felice di essere riuscito ad imprigionare la sua creazione. Ma allora…Che fosse
Kasreyon stessa ad emanare quelle emozioni tanto violente?
Davanti a lui Magornak scendeva incerto gli scalini. Quel posto non gli piaceva
per niente. L’aura che emanava era quasi peggio di quella infernale. Qualcosa
vibrava nell’aria, qualcosa di terribile, qualcosa che somigliava a una
dolorosa collera, tanto forte da risultare quasi insopportabile. Il sentimento
di un’anima così corrotta che il solo percepirla gli dava la nausea. Cosa si
nascondeva in realtà in fondo a quell’interminabile scalinata? Il demonietto
tremò, sopraffatto da quelle percezioni che si scontravano decisamente con
l’essenza del suo spirito. La paura lo invase. Timore di morire, terrore di
perdersi in quelle tenebre maledette. Si bloccò incapace di continuare. Il
mezzo demone gli rivolse uno sguardo interrogativo che lui ricambiò scuotendo
il capo, incapace di esprimersi.
Il suo protettore parve però intuire lo stesso cosa tormentava. Lo superò.
“Attaccati a me e non allontanarti per nessun motivo, chiaro?”ordinò con
fermezza, ma senza la solita nota gelida.
La creaturina lo guardò grato come non mai e si aggrappò a un lembo del suo
mantello mentre i due riprendevano la discesa.
Continuarono a scendere per diversi minuti. L’oscurità intorno a loro sembrava
farsi se possibile sempre più fitta, affievolendo anche la luce delle torce.
Finalmente i gradini cessarono e i due si ritrovarono di fronte a una porta a
due battenti, che ricordava nelle sue decorazioni quella degli Inferi, solo che
era decisamente meno estesa e non era chiusa dalle due falci incrociate. Vergil
allungò cautamente le mani verso il gelido metallo lucido e spinse. La scarica
di odio e rancore lo colpì nuovamente, segno che il sigillo legava anche
quell’ingresso, ma la porta rimase serrata. Lui si ritrasse un po’ contrariato,
poi si voltò e prese il libro dalle mani tremanti di Magornak. Sfogliò piano le
pagine, scorrendo con cura le righe, alla ricerca di un indizio che gli
indicasse il modo di spalancare quei battenti chiusi da millenni. Ma il codice
sembrava perdersi nelle sue descrizioni favolose e pareva tralasciare quel
passaggio fondamentale. ‘Dannazione’pensò irritato il giovane chiudendo il
libro e restituendolo al demonietto. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Magari
c’era qualche meccanismo nascosto come per le altre porte di Temen-Ni-Gru. Se
non l’avesse trovato gli sarebbe toccato provare ad usare la forza, sempre che
servisse a qualcosa contro il sigillo di un demone potente come Damaer.
“Fatti da parte, Magornak”fece. “Quel libro è davvero inutile. Non dice nulla
su come diamine si passa questa porta. Ci tocca fare da noi”.
Magornak annuì e si mise in un angolo mentre lui iniziava ad ispezionare
attentamente la superficie metallica. Perfetto. Non avevano neanche iniziato ed
erano già bloccati. Sospirando aprì il volume che aveva in mano e si mise a
studiare le pagine con la descrizione che li interessava, anche se non capiva
la lingua in cui era scritto. Si chiese perché gli umani usassero lingue così
differenti tra loro. Era una cosa scomoda. I demoni parlavano tutti lo stesso
idioma e avevano imparato alcuni di quelli del mondo di luce al tempo del regno
di Mundus, ma l’avevano fatto solo per pura necessità pratica, non perché li interessasse.
Era molto più comodo. Lui sinceramente parlava la lingua degli umani solo
perché gliel’aveva insegnata Vergil, altrimenti non si sarebbe mai sognato di
studiarla. Lanciò un’occhiataccia a quelle parole per lui incomprensibili e
riprese a sfogliare le pagine, arrivando alla fine del capitolo dedicato a
Kasreyon. Chissà se c’era qualche parola che riusciva a decifrare.
Scorse le pagine seguenti cercando di concentrarsi e di ignorare così il
turbamento che lo opprimeva. Ad un tratto i suoi occhi si bloccarono su un nome
in particolare, sopresi. Scritto decisamente male, con la minuscola, ma era
lui.
“Vergil”chiamò alzando gli occhi dalla carta scritta a mano.
Il mezzo demone si voltò a guardarlo, infastidito per essere stato interrotto.
“Cosa c’è adesso?”.
“Tu per caso hai letto i capitoli che seguono quello su Kasreyon?”.
“Li ho scorsi molto velocemente, ma non contenevano nulla di interessante.
Perché?”.
“C’è il nome di tuo padre qui”.
Vergil inarcò leggermente un sopracciglio. Non ricordava di aver incontrato il
nome di Sparda nel codice. Si staccò dalla porta che stava esaminando e si
accostò al suo protetto fissando l’attenzione sulla riga che questo gli
indicava. Sembrava essere una citazione. Lesse velocemente il paragrafo in cui
era contenuta. “Non è nulla”disse alla fine. “Sta descrivendo la gerarchia
infernale, in modo molto fantasioso oserei dire, e dato che mio padre era uno
dei demoni che stavano al vertice lo cita usando le parole con cui viene
descritto nella versione ufficiale della sua leggenda. Ora, se non ti spiace,
avrei cose più serie da fare”. Detto ciò tornò al portale, fulminando il
demonietto con uno sguardo che apreva dire “E vedi di non disturbarmi più per
altre cavolate”.
L’altro distolse lo sguardo, contrito. Uffa, non ne faceva una giusta. Tornò a
guardare il libro. Certo che il Cavaliere Oscuro era proprio ovunque. “Gli
umani parlano un sacco di tuo padre, anche se per loro ormai non è altro che
una leggenda. Si parlava di lui in tutti i libri che abbiamo rubato dalla
biblioteca…”commentò dopo un attimo di silenzio.
“Già. Questi esseri infimi non si sono mai scordati di lui in fondo. L’eroe
che, uscito dall’Oscurità, protesse la Luce da essa stessa, sacrificando la sua
natura e tradendo il suo essere”rispose distrattamente Vergil, facendo scorrere
le dita sui cardini della porta. “Il demone che si ribellò all’Inferno e al suo
imperatore, che amò talmente gli umani da sposare una di loro. Sparda”. L’eco
del nome del demone risuonò fievole nel buio, fino a spegnersi tra le pareti
della scalinata. Forse secoli prima suo padre aveva camminato tra quelle stesse
mura di pietra, salendo i gradini che lui aveva appena sceso, percorrendo al
contrario il cammino che avrebbe portato lui dall’arma ripudiata per paura dal
suo stesso creatore e che forse Sparda aveva contribuito a sigillare. Era
consapevole di ciò, ma ormai era troppo tardi per pentirsi. Era come aveva
detto a Dante: aveva passato il punto di non ritorno. Strinse i pugni. Ormai
non stava nemmeno più cercando il potere di Sparda, ne voleva uno ancora
maggiore. Quello che stava facendo non aveva più niente a che fare con il suo
passato. Non poteva esserne più lontano. Si stava creando una nuova, sofferta
identità, diversa da quello che era stato e da quello che aveva sognato di
diventare. E non avrebbe permesso a niente e nessuno di fermarlo. Soprattutto a
quella stupida porta che gli sbarrava la strada. Le sue iridi si illuminarono
di rosso e l’aura demoniaca lo avvolse avvampando mentre lui indietreggiava.
Non aveva il potere di suo padre, ma rimaneva pur sempre sangue del suo sangue.
Cosa poteva essere una parete di metallo anche se protetta da un sigillo eterno
per il figlio maggiore di Sparda?
Ma non fece in tempo a sguainare Yamato che le scritte lungo le pareti furono
percorse da un rapidissimo lampo di luce che andò a concentrarsi sui
bassorilievi della porta. Una voce roca risuonò tutto intorno a loro, intonando
il duro linguaggio dei demoni. “E così sei tornato, Sparda”.
Dante indugiava scrutando il buio in cui scomparivano i gradini di
pietra. Detestava l’idea di dover scendere di nuovo là sotto. Aveva creduto di
aver detto addio a quelle mura maledette dieci anni prima e invece stava per
trovarvisi dentro ancora una volta. Avrebbe rivisto i luoghi in cui si era
consumata la tragedia dei piani folli di suo fratello e del loro scontro
fratricida. I luoghi in cui ciascuno dei due aveva combattuto per il proprio
scopo e da cui erano entrambi usciti sconfitti. Vergil aveva fallito nel suo
proposito di ottenere il potere di Sparda, lui nel proprio di recuperare il
fratello e ricondurlo alla ragione. Nonostante fosse passato tanto tempo, le
emozioni che provava di fronte a quell’ingresso erano le stesse di un decennio
prima: nervosismo, decisione, rabbia, divertimento, sconforto, speranza.
Coerenza proprio zero.
Sospirò. Non poteva di certo starsene lì impalato tutto il giorno. Più in
fretta scendeva, più possibilità avrebbe di arrivare in tempo per fermare
Vergil prima che portasse a termine il suo misterioso piano. Però non riusciva
a decidersi. Era combattuto tra il desiderio di correre giù per quella dannata
scalinata per fermare suo fratello e l’angoscia di fallire di nuovo che lo
bloccava davanti a quel dannato ingresso. Ma tanto non aveva scelta. Gli eventi
avrebbero fatto il loro corso anche se lui fosse rimasto indeciso per sempre.
Tanto valeva inoltrarsi nel buio e cercare di prendere quel pazzo scatenato.
Scosse il capo esasperato. Vergil l’avrebbe pagata cara per tutta quella
situazione di merda. Molto cara.
“Andiamo”borbottò rivolto a Lady, che era rimasta in silenzio al suo fianco
fino a quel momento. La ragazza gli aveva lasciato il tempo di pensare e di
scacciare tutti i dubbi senza fargli la minima fretta. Sapeva bene che forzare
il suo amico sarebbe stato controproducente e che lui doveva prendersi il tempo
che gli serviva per affrontare i suoi demoni passo per passo, nonostante il
tempo stringesse. E lo stesso valeva per lei. In fondo anche i suoi ricordi
legati a Temen-Ni-Gru non erano molto positivi. Stava per scendere nuovamente
nel luogo in cui aveva affrontato suo padre faccia a faccia e in cui si era
presa la sua tanto desiderata, anche se non appagante come aveva sperato,
vendetta. Un luogo che apparteneva ad un capitolo della sua vita che credeva di
aver chiuso per sempre e che avrebbe decisamente desiderato non dover aprire
mai più. Eppure eccola lì, pronta a riaprire vecchie e dolorose ferite che era
riuscita faticosamente a lasciarsi alle spalle. Per Dante. Ma in un certo senso
anche per Vergil. E non solo nelle vesti di una nemica che pretendeva rivalsa.
Si avviarono fianco a fianco giù per i gradini, in silenzio. D’altra parte non
c’era molto da dire. Nessuno dei due era molto felice di trovarsi in quel posto
e in quella situazione, questo era più che chiaro. Ma non c’era tempo per le
lamentele. Avevano un compito da portare a termine.
Arrivarono in fondo alla scalinata senza imprevisti. L’unico
problema era stato rappresentato dalle macerie che ingombravano le scale, ma
più che un vero intoppo erano solo una scocciatura. Non sembravano esserci
demoni o altri esseri viventi là sotto. Il che faceva uno strano effetto
rispetto ai loro ricordi di dieci anni prima, quando torre era letteralmente
infestata di presenze infernali.
La luce delle loro torce illuminò l’immensa sala posta alla base della torre.
Dante strinse i pugni. Era esattamente come la ricordava, nonostante ora grosse
crepe piagassero la superficie marmorea delle pareti e il buio la avvolgesse
nella sua stretta di morte. Gli sembrava ancora di vedere le torce brillare
attaccate ai muri e suo fratello in piedi in fondo alla sala, intento a
litigare con il sigillo imposto da loro padre. Poi era arrivato Arkham ed era
scoppiato tutto il casino. Lanciò un’occhiata alla sua compagna e lesse sul suo
volto la sua stessa inquietudine. Probabilmente anche lei stava rivivendo quei
momenti così tragicamente indimenticabili. Scosse il capo. Non c’era tempo per
i ricordi adesso.
“Forza, Lady, non abbiamo tempo per romantiche gite nel passato”disse
sarcastico ma non senza una nota di amarezza, guardandosi e spostando il fascio
di luce per svelare gli angoli nascosti dal buio. “Quando tutto sarà finito
potremmo sederci davanti a un bel piatto di pizza e parlare dei vecchi tempi
tutti insieme, ma prima dobbiamo recuperare i dispersi. Prima che siano loro a
giocarci qualche brutto scherzetto”.
La ragazza abbozzò un sorriso tutt’altro che allegro. “Già. L’altra volta
abbiamo rischiato parecchio, non è il caso di ripetere l’esperienza. Per
fortuna questa volta non c’è mio padre a complicare le cose…”.
“Sinceramente preferirei mille volte dovermi scontrare con Arkham di nuovo
piuttosto che con mio fratello”borbottò il giovane. “Sarebbe di gran lunga più
semplice”.
“E invece è proprio Vergil il tuo nemico!”lo rimbeccò lei, canzonatoria,
superandolo ed avviandosi verso il centro della sala. “Quindi fattene una
ragione e metti da parte i teneri sentimenti che provi per lui per un momento!
Dovrai essere concentrato quando vi scontrerete! Non è facile dover combattere
con la persona che si ama, ma se vinci starete insieme per sempre! Non è
romantico?”.
“Ancora con questa storia?!”esplose il mezzo demone, a disagio. “Pensavo che
l’argomento fosse chiuso! Tra me e Vergil non c’è nulla che non sia il nostro
complicato rapporto di fratelli gemelli, chiaro? Nulla di tenero e tanto meno
di amoroso!”. Quella ragazza era una testona. Quando si fissava su una cosa non
mollava finchè non otteneva quello che voleva. Avrebbe continuato a tormentarlo
in eterno se necessario.
“Se, se, continua ad illuderti”rispose la donna, guardandosi attentamente
intorno. “Comunque. Vergil ha detto che ci avrebbe lasciato una traccia per
capire dove sarebbe andato, giusto? Scusa se te lo faccio notare, ma
sinceramente non vedo nulla. Non che mi aspettassi un cartellone luminoso però
almeno un indizio…”.
Il cacciatore di demoni le lanciò un’occhiataccia. Era chiaro che la sua amica
non era ancora del tutto convinta che lui avesse fatto bene a lasciar andare
suo fratello. Be’, che se li tenesse, i suoi sospetti, lui si fidava di Vergil,
anche se forse non aveva neanche un motivo per farlo, e avrebbe continuato a
farlo. Doveva farlo. Se non si fidava quando era stato il suo gemello a
chiedergli di farlo come poteva pretendere di poterlo convincere a tornare?
Stava dimostrando che lui teneva davvero a Vergil, che c’era ancora la
possibilità di ricongiungere le loro vite, che potevano ancora essere fratelli,
che potevano ancora stare insieme. E era sicuro che suo fratello avrebbe
capito. Quindi doveva muoversi a trovare la via che era stata segnata per lui.
Il suo sguardo vagò fugace tra le ombre. Là dentro era tutto dannatamente buio.
Poi ad un tratto i suoi occhi furono catturati da qualcosa. L’oscurità sembrava
farsi più densa in un punto, come se risucchiasse la poca luce che poteva
raggiungere quell’angolo appartato. Puntò la torcia in quella direzione, ma
neanche il fascio di luce sembrò essere in grado di fendere il buio.
“Lady…”chiamò avvicinandosi. Quando fu a pochi metri la vide. Una porta nel
muro. ‘Sapevo che non mi avresti ingannato’pensò vittorioso e rivolse un ghigno
soddisfatto alla donna che si era nel frattempo avvicinata.
Quella lo ricambiò con un’occhiata assassina, ma alzò le mani in segno di resa.
“Va bene, va bene, avevi ragione tu”ammise. Poi sorrise a sua volta, un sorriso
da vampiro. “Certo che Vergil deve amarti sul serio!”.
Dante aprì la bocca per rispondere alla frecciata, ma Lady lo superò e varcò la
soglio sparendo nell’oscurità, senza dargli il tempo di proferire parola. Lui
scosse il capo, esasperato. Doveva dirle cos’era successo tra lui e Vergil o li
avrebbe davvero tormentati per sempre. Suo fratello lo avrebbe ammazzato,
ovvio, ma almeno avrebbe risparmiato la vita della sua amica. L’avrebbe fatto.
Ma solo dopo aver recuperato il suo gemello. Cercò di immaginarsi la reazione
che avrebbe potuto avere Vergil se fosse venuto a sapere che lui aveva
raccontato cosa avevano combinato. Rimase un attimo pensoso. No, forse non gli
conveniva dirlo a Lady. Per un attimo riavvertì nuovamente il corpo di suo
fratello premuto contro il suo. Non poteva proprio fare a meno di pensarci.
Sospirò e si decise a seguire la sua compagna. ‘Vengo a prenderti, Vergil.
Qualunque cosa tu voglia da me. Qualunque cosa tu sia per me’.
------------------------------------------------------------------
Ciao a tutti!! Scusate se ci ho
messo tanto e per di più il capitolo è più corto del solito, ma ho
ancora gli ultimi strascichi di scuola che mi rallentano e in più ho avuto da
fare con il corso di teatro ultimamente…Potrete mai perdonarmi?? XD
So, capitolo che finalmente
realizza qualcosa oltre a lasciarci basiti sull’ingenuità e la credulità di
Magornak che non sa capire quando due persone si stanno baciando!! Ergo,
sorvolando il fatto che fare zapping è peccato XD e sorvolando anche l’esame
di coscienza di Ver, Vergil e Magornak non solo sono finalmente
scesi nei sotterranei di Temen-Ni-Gru, ma sono anche riusciti a scovare l’ingresso
del percorso che li porterà a Kasreyon. Sarà la volta buona? Si accettano
scommesse!! Però chi sarà mai quello che ha scambiato Vergil per Sparda?! Insomma,
c’è un po’ di differenza, purtroppo per il nostro mezzo demone…E poi com’è che
Magornak sente cose che Vergil non riesce nemmeno a percepire?? Sarà davvero
solo agitazione?
Si sono mossi anche Dante e Lady tra
una litigata e l’altra…arriveranno in tempo per evitare che Vergil risvegli
Kasreyon?? Non chiedetemelo, ci devo pensare!!
Ringraziamenti: LadyVergil, Bloody
Wolf, Xeira__ , Kuromi_, Alice Mudgarden e doc11 siete sempre le mie Calliopi!! Vi adoro con tutta l’anima!!
Grazie anche a tutti quelli che seguono/preferiscono (soprattutto tu, Rakelle!! XD) la storia e anche solo a
chi legge.
Baci e
abbracci!!
La vostra sempre più pazza,
Mystic
Ps: OOC
come al solito…