Prologo
Ero ormai arrivato alla baia. Sotto i piedi sentivo lo sferragliare delle rotaie e fuori dal finestrino appannato dal mio respiro le onde del mare si infrangevano sui ripidi scogli. Vi era anche un’antica rocca arrampicata su uno spuntone roccioso, i suoi torrioni e le minuscole finestre di vedetta si potevano intravedere anche da lontano.
Era proprio bella quella baia: l’aria sapeva di antichità, delle lunghe battaglie in mare del passato e della salsedine delle reti dei pescatori.
Sembrava quasi di sentire ancora le urla dei mercanti sul molo e dei marinai sulle navi piene d’oro che si accingevano ad ormeggiare.
Aveva vissuto tempi di splendore, mentre ora non era altro che una baia dimenticata dall’uomo dove la natura brulla aveva avuto il sopravvento sulle attività umane.
Ormai vi abitava soltanto qualche lupo di mare burbero e scontroso, legato alle vecchie tradizioni e inacidito dalla solitudine.
Forse sarebbe stato anche il mio immediato futuro, ma francamente non m’importava: dopo una grande delusione sembra che il mondo ti cada sulle spalle e l’unico desiderio che si sente è quello di fuggire da tutto e costruirsi una nuova esistenza in un luogo lontano e desolato, proprio come quella baia.
Il treno fischiò, rallentò fino a fermarsi. Una voce metallica annunciò l’arrivo al capolinea.
Senza attendere oltre afferrai i miei bagagli e scesi, trovandomi in una piccola stazione.
Ero rimasto l’unico su quel treno; d’altronde chi altro oltre me desiderava relegarsi in un luogo simile?
Mi incamminai lungo il sentiero scosceso che portava in basso, verso il paese posto sul mare.
Guardai in alto e vidi la mia destinazione: vi era un picco roccioso che dava direttamente sul mare e sulla sua cima si stagliava un faro. Era una costruzione cilindrica, dai muri grigi anneriti dalla muffa e sui quali l’edera aveva trovato un saldo appiglio.
Era spento da un po’, ma soltanto temporaneamente: il guardiano era passato a miglior vita da qualche giorno. Per fortuna, però, il sostituto era già in arrivo: la baia non poteva stare a lungo senza la luce del faro. La costa era pericolosa e le navi rischiavano di naufragare sugli scogli.
Ebbene, sarei stato proprio io a salvaguardare i marinai da una fine certa: il vecchio guardiano non era altro che mio zio e quando era morto una lettera era giunta fra la mia posta insieme alla proposta di prendere il suo posto.
Proprio in quei giorni la mia ragazza mi aveva lasciato. Eravamo perfetti l’uno per l’altra: era intelligente, simpatica e ogni cosa sembrava andare per il verso giusto. Poi però io non mi accontentai; la volevo solo per me e per sempre. Le chiesi di sposarmi, ma lei fu molto evasiva, mi disse che doveva pensare e un giorno mi svegliai scoprendo che se n’era andata. Non aveva lasciato nulla di sé: non una foto, non un biglietto e nemmeno quella scia di profumo che tanto mi piaceva. Era sparita così com’era apparsa nella mia vita.
Fu così che quella lettera rappresentò per me una liberazione e senza pensarci due volte feci i bagagli e partii per raggiungere quel paesino dimenticato.
Eppure non potevo immaginare che accettare quella proposta avrebbe cambiato ogni cosa, che mi sarei infilato in qualcosa più grande di me.