1. Il treno vuoto
Quando quella
mattina
il treno partì, non c’era nessuno ad occupare i
posti della terza fila, nel
penultimo scompartimento. Sulla
banchina, tra la nebbia fitta
e
minuscoli granelli di polvere, una ragazza si stringeva nella sua felpa
troppo
grande, umida di pioggia. Il treno partì sferragliando e poi
tornò il silenzio.
La ragazza cercò di afferrare l’emozione del
viaggio, ma la panchina su cui era
seduta rimase ferma. Si portò le mani al viso, poi strinse i
fiori che aveva
sulle gambe, incurante delle spine.
Tutto
il paese era venuto a conoscenza della tragedia in meno di
un’ora. Il suo nome
luccicava in ogni vetrina dei piccoli negozi, veniva bisbigliato in
chiesa
dietro i pesanti rossetti rossi di signore di mezza età,
veniva urlato nella
piazza senza contegno. Ed anche la ragazza avrebbe voluto sussurrarlo
al vento
della stazione, così che potesse portarselo via e custodirlo
lontano da lì,
nelle rotte di viaggiatori ignari del suo dolore.
Non
aveva avuto il
coraggio di presentarsi
nella camera mortuaria con quel mazzo di rose che,
all’improvviso, le era
sembrato inadeguato. E non avrebbe mai creduto di avere la forza di
andare al
funerale senza che qualcuno la costringesse. Si era presentata,
ammantata di
nero, nella chiesa silenziosa e lacrimante, si era seduta in seconda
fila e si
era appropriata di centinaia di condoglianze, la mano sinistra stretta
in
quella della sua migliore amica.
Aveva
parlato con lentezza e calma davanti la folla che occupava la vecchia
chiesa,
parlato di quanto lui fosse stato speciale. Le sue parole, vuote, erano
risuonate tra i muri spessi e le statue vitree. Poi aveva ceduto alle
lacrime e
non aveva fatto altro che fissare quella bara scura posata al centro,
sopra il
pavimento incasellato di marmo bianco e nero.
Aveva
spinto i suoi sentimenti giù nel baratro ed aveva provato a
fare finta che
fosse morto semplicemente il suo migliore amico e non la persona che,
nonostante tutto, amava. Nel microfono difettoso aveva sputato parole
di
circostanza, chiudendo a chiave le emozioni.
Aveva maledetto
quella
vecchia automobile, ormai ridotta ad un ammasso informe di lamiera,
vetri
infranti e vite spezzate. Aveva provato a non pensare che tra soli due
giorni
avrebbe dovuto affrontare da sola il treno vuoto di periferia, quello
delle 7 e
32 che non ritardava mai di un minuto. Aveva inghiottito ogni possibile
ricordo, lasciandoli marcire nel fondo del suo stomaco, ormai inutili.
Il vento
soffiava forte
e si costrinse ad alzarsi dalla panchina di pietra grigia. Quel
mattino, il
treno delle 7 e 32, era partito senza di lei, senza di lui. Quella
mattina, il
treno delle 7 e 32, non era riuscito a portarsi via la sua
inadeguatezza e le
sue paure come quando, fino a cinque giorni prima, lo aveva preso con
lui. Si
tuffavano sui vecchi sedili incrostati di sporco e di polvere stantia,
al
riparo dalla pioggia di novembre ed aspettavano che li portasse a
destinazione.
Rimanevano stretti nei loro giacconi senza bisogno di dirsi poi
chissà quante
cose, lasciando che a parlare fossero i loro respiri vicini, a volte
troppo, e
le loro mani, spesso strette insieme in un’ineguagliabile
morsa.
Prima di morire,
il
pomeriggio immediatamente precedente alla sera
dell’incidente, lui le aveva
detto che si sarebbero ritrovati il giorno dopo “sul solito
treno”. Lei era
andata all’appuntamento, senza speranze, il viso rigato di
lacrime di rimmel
nero, tracciando nella nebbia del mattino il solito percorso.
E non aveva
trovato
nessuno ad attenderla.
Aveva aspettato,
finché, puntuale come sempre, il treno era partito senza di
lei, senza di lui,
senza di loro.
E
così aveva fatto
anche il mattino successivo e quello successivo ancora, ed il quinto
giorno
ancora era lì, tremante, avvolta nella sua felpa e con le
mani graffiate dalle
spine dei fiori, delle rose.
Avrebbe voluto
rivederlo, dirgli quelle parole che le erano rimaste incastrate in
gola, ma non
sapeva dove.
***
Primo
capitolo di una mini-long nata grazie a Claire. A proposito, grazie
mille cara.
^^ Infatti la sopracitata ispiratrice mi ha fatto conosce una frase che
credo
mi rimarrà stampata dentro.
Se
siete arrivati fin qui, vi ringrazio di aver letto.
Ogni
commento è ben gradito, ovviamente.
Anche
perché a questa Originale tengo particolarmente.
Jules