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Autore: Shinji    12/06/2011    6 recensioni
Sono uguale a me stesso da secoli.
Io veglio sulla soglia dello scibile umano, nell’ombra senza fine.
Seppur mutato, risorgo.
La paura è parte integrante del mio potere, perché non c’è nascita senza orrore, e non c’è decadimento senza bellezza.
Seppur mutato, risorgo.
Io rinasco come guida silenziosa e come diafano presagio, come salvezza e come castigo. Qualcuno mi invoca, ma i più chiedono pietà.
Seppur mutato, risorgo.
Le mie ali sono squame colorate, scintillanti e velenose. Chi le vede è ammaliato, chi le vede ne ha paura.
Seppur mutato, risorgo.
Le mie squame sono una corazza, che mi protegge nella crescita. A un passo dalla vita, ma sconosciuto alla morte, io giaccio.
Seppur mutato, risorgo.
La mia corazza è nata dal filo sottile del bruco, che scivola silenzioso nella terra incantata. Sono colui che racconta segreti impenetrabili, nell’arco di una rapida vita.
Seppur mutato, risorgo.
{Papillon Myu centric}
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eadem Mutato Resurgo

Eadem Mutato Resurgo.

 

 

{02: Crisalide}

 

Il tempo che è passato da quando me ne sono andato è incalcolabile. Anni, forse.

Il mio tempo sono le stagioni, ne ho viste troppe passare, per tenerne conto: non è importante, d’altronde; la foresta verde bottiglia mi ha avvolto, e non ho più bisogno di nient’altro.

 

Poi, progressivamente, avviene qualcosa. Sento un richiamo, dapprima sordo, poi sempre più distinto: mi sento tirare all’altezza delle viscere, come da una forza senza braccia.

Le mie gambe non hanno più sensibilità. Le mie braccia, il mio corpo, tutto si intorpidisce.

 

È ora.

Non ho più tempo da perdere, ora lo so.

 

Cado per terra, incapace di usare né il mio corpo né la mia mente. Sono tutto istinto.

Striscio fino all’albero più vicino, afferro con le ultime forze un ramo, e tesso la mia tela.

 

Non ho più tempo da perdere, devo solo dormire.

È ora.

 

 

 

Sogno.

È curioso, non ho mai sognato prima, ma sono certo che si tratti di sogni.

Frammenti di immagini irregolari, come schegge di vetro, dietro i miei occhi chiusi.

La crisalide pulsa.

 

Chi è questo?

Questo sono io. Questa è la forma del mio essere.

Fino a che sarò in grado di sognarla, potrò tornare alla mia forma originaria.

 

Che strana impressione: non riesco a vedere neanche un colore; è tutto in bianco e nero.

 La crisalide pulsa.

 

No, adesso un colore c’è: è in fondo a tutti i bianchi, tutti i neri, tutti i grigi: è il colore rosso del sangue.

Il colore della vita che nasce soffrendo.

È a quello che devo anelare?

Io devo anelare alla vita che non versa sangue.

La crisalide pulsa.

 

I sogni si fanno più distinti.

Chi sono? I miei genitori? Le persone che mi hanno dato la vita?

No. Io mi sono dato la vita da solo. Sono rinato in una crisalide di carne e sangue e liquido amniotico, perché così doveva essere.

Ma la mia vita appartiene sono a me.

A me e a quella persona.

Quella persona che compare sempre più spesso, nei miei sogni, dietro al colore rosso.

La crisalide pulsa.

 

 

Muovo le mani: ora posso farlo, il mio corpo mi risponde. La forza, come quella di mille mani che sgorgano dai miei occhi, riemerge. La crisalide pulsa per l’ultima volta, mentre io la spezzo.

 

La luce della luna mi investe, ed è come se non fossi ancora nato, mentre cado in ginocchio.

Sono senza vestiti, ma non ha importanza, non ho più bisogno di un bozzolo.

L’aria è calda: bene, le mie ali si asciugheranno più in fretta. Le sbatto. Sono arancioni e verdi, questa volta.

 

Poi, davanti a me si staglia un’ombra; alzo gli occhi, ed è quella persona.

Le ali nere puntano verso l’alto, dritte come lame. Ha spuntoni, artigli e sporgenze: pare pesante e duro, ma io so che è atto al volo, come me.

 

Seppure sia tutto nero, da lui i colori cominciano di nuovo ad irradiarsi, tutto intorno. Un’altra strana impressione.

Credo di essere felice.

 

Mi sorride: “Hai riposato bene?”

Mi tende la mano.

Non ho bisogno di quella mano: potrei alzarmi con la forza delle mie gambe, o potrei alzarmi senza di essa, con la semplice volontà.

 

Eppure la prendo, e mi sollevo. La mia mano è bianchissima, nella sua così scura.

Vedo il bianco, e il nero. E il blu, e il viola e l’argento e il rosso e il verderame.

 

Sorrido e gli rispondo.

 

“Sì, Generale Aiacos.”

 

 

 

 

Be…
Can you be?
Something more than black, white and gray?

 

Being in monochrome…
Who taught you emotions?
Who taught you emotions?

 

 

 

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T h e  B u t t e r f l y  E f f e c t:


Wah. Che capitolo impegnativo. Spero vi sia piaciuto e che vi abbia messo almeno un po’ di brividini. <3 *si esprime come un bambino di dieci anni*

 

 

Ringrazio infinitamente beat, Meiou Hades, LeFleurDuMal, Kiki May e Ruri per i commenti e il loro supporto. Vi amo! Grazie! çOç <3 <3 <3

Un ringraziamento extra con bacino dalla Pecora Nera of Doom a Kiki May e Ruri per aver aggiunto la fic alle preferite, e a beat e a Meiou Hades per averla aggiunta alle seguite!

Ovviamente ringrazio anche i lettori silenziosi, che so che ci sono. Però, ecco, se diventasse meno silenziosi, vi vorrei ancora più bene! éOè *una bieca richiesta di attenzioni*

 

Per scrupolo ripeto i credits: la canzone citata è Monochrome, di Ilaria Graziano.

 

Al prossimo –e ultimo- capitolo! Si va avanti in ordine cronologico, il prossimo sarà al Santuario! *DAN DAN DAAAAAN*

 

 

Baci dal vostro Nemico Indomo,

 

Shinji

   
 
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