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Autore: _Bec_    13/06/2011    63 recensioni
Milano, Italia. Alice, diciassettenne come tante altre, in cerca del principe azzurro e di ricostruirsi una vita nella sua nuova scuola. Lorenzo, suo vicino e ora anche suo compagno di classe; incomprensibilmente odioso, estremamente attraente. Le loro vite avrebbero potuto scorrere parallele, non fosse stato per l'attrazione innegabile tra di loro, per un patto scellerato.
(Introduzione by Bea (Panna_))
Dal prologo: "Ti odio. Sì, proprio così, ti odio. Il mio cuore potrà pensarla diversamente, ma il mio cervello riesce ancora a ragionare in maniera lucida…più o meno.
Non sto capendo un cavolo della lezione -sulla mia materia preferita tra l’altro- per colpa tua.
Ti sto fissando da mezz’ora, forse anche di più, eppure tu sembri immerso in un mondo completamente tuo e non te ne accorgi…o meglio, fingi di non accorgertene.
Mentre ti passi una mano fra i capelli per spettinarli, mi viene spontanea una domanda; chi ti credi di essere? Chi sei tu per farmi stare così male?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qua, sono ancora viva e vegeta, sapete già cosa sto per dire, vero

Eccomi qua, sono ancora viva e vegeta, sapete già cosa sto per dire, vero? (: Mi scuso per il ritardo…

Non sapete che ansia postare questo capitolo, che vi avverto, sarà luuungo e noioso >.<

Scriverlo è stato difficilissimo, non voleva saperne di uscire. Avevo tutto in testa dal primo capitolo, ma arrivare finalmente all’ultimo e scrivere una dichiarazione senza cadere nel banale e sdolcinato è stato difficile. Non sono sicura di esserci riuscita, come non sono sicura che questo capitolo sarà di vostro gradimento…spero di sì ovviamente, ma in caso contrario non esitate a farmi sapere cosa vi ha deluse, posso sempre aggiungere scene che vorreste vedere nell’epilogo ;)

Dopo questa immensa nota iniziale, vi lascio finalmente al capitolo, cogliendo l’occasione per ringraziare Bea e Dids per aver letto in anteprima il capitolo e avermi fatto sapere cosa ne pensavano e JessikinaCullen per la bellissima immagine che vedete qui sotto.

Ci “vediamo” in fondo nelle note finali :D



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Capitolo 28: Tutta la verità

 

Guardavo la scena ad occhi sgranati, facendo scorrere velocemente lo sguardo da uno all'altro.

Pian piano i nostri compagni se ne stavano andando, spinti a forza da uno più saggio e discreto di loro. Avrei eretto una statua in onore di Lele.

-Muoviti! Non c'è niente da vedere, su!- L'ultimo rimasto a guardare, con la faccia di un allenatore a bordo ring in un incontro di boxe, era Vergata, trascinato anche lui a sua volta dall'amico.

-Cazzo no! Ma io ho scommesso dieci su Lore, voglio vedere!-

I suoi lamenti iniziarono ad arrivare alle mie orecchie sempre più distanti, fino a quando non svanirono del tutto.

Eravamo rimasti solo noi tre. Un bene o un male?

-Sentiamo dai.-

Fissai Teo basita; da quando riusciva ad essere così arrogante e spaccone? Solitamente il suo tono era gentile e pacato...o forse ero io che l'avevo sempre sentito così.

Lore fece un passo in avanti ed istintivamente arretrai, aggrappandomi alla spalla di Teo ed obbligandolo ad indietreggiare insieme a me.

-Il problema Teo,- Sputò fuori il suo nome come se fosse il peggiore degli insulti; oltretutto prima di allora lo aveva sempre chiamato per cognome, non mi sembrava una cosa così positiva il fatto che avesse deciso di ritornare al suo soprannome proprio in quel momento, -Sei tu.- Per un attimo mi sembrò che i suoi occhi si spostarono su di me, ma forse fu solo un'impressione, -Tu e la tua patetica, ridicola vendetta.-

Sorpresa, lasciai andare la presa sul braccio di Teo. Vendetta? Ma di che stava parlando?

Vidi la testa bruna di Teo ondeggiare in un cenno rassegnato di diniego, -Ancora credi che si tratti di una vendetta?- Si girò a guardarmi per un attimo e mi sorrise affettuoso, -A me,- Calcò parecchio su quelle due parole prima di proseguire, -di Alice importa davvero.-

Oh oh. No, stavamo andando a toccare un argomento che sinceramente non mi andava di affrontare. Non così. Non con Teo. Non davanti a Lore.

-Perché tu credi forse...-

-Teo mi riaccompagni a casa?- Mi ero messa in mezzo ed avevo interrotto Lore a metà frase. Mi sarei mangiata tutte le dita se avessi potuto, mi interessava da morire sapere quale sarebbe stata la sua risposta, ma...avevo già assistito ad una rissa ed era stata un'esperienza orribile, non volevo che ricapitasse. Non sempre a causa mia.

Pregai Teo con lo sguardo di assecondarmi. Volevo solo tornarmene a casa, stavo congelando oltretutto.

-Te lo scordi proprio.- Non era stata, ovviamente, la sua voce a darmi una risposta. Bensì, una più fredda e sgarbata.

Non mi scomposi neanche un po', tenni gli occhi puntati su Teo in attesa di una sua risposta.

-Sì,- Si rilassò appena, -Andiamo.-

Il mio respiro di sollievo durò poco, una secca risata stuzzicò tutti i miei sensi e mi stordì.

-Voi non andate da nessuna parte.- Secco e tagliente anche il suo tono; Lore non era per nulla intenzionato a darcela vinta così.

Perché? Perché vuoi impedirmi di fuggire?

-Che altro vuoi da me?- Mi era uscita di getto e con disperazione quella frase. Ero stufa, stufa di essere presa in giro e trattata come un oggetto, come una bambolina scema senza personalità, come un giocattolino.

Esci dalla mia vita Lorenzo Latini, lasciami in pace!

Sia lui che Teo rimasero sorpresi, evidentemente non si aspettavano che io sbottassi così. Conoscendo a grandi linee i pensieri bacati delle testoline maschili, fui quasi certa che entrambi stessero pensando che avessi le mie cose.

-Perché non la pianti con queste sceneggiate senza senso?!- Perché per me lo erano, senza senso. Lui non era il mio ragazzo, non aveva nessun diritto di venirmi a dire chi poteva toccarmi e chi no.

-Senza senso?- Un muscolo guizzò pericolosamente sulla sua mascella, mentre lui manteneva la consueta calma del serial killer pronto ad impazzire e a non lasciare testimoni vivi, -Senza senso.- Questa volta lo disse con un tono quasi...

Ma no Alice, te lo sei immaginata. Non puoi aver sentito una nota triste nella sua voce.

Era come se...Darth Vener di Star Wars si fosse improvvisamente messo a professare la pace nel mondo. Impossibile.

Sembrò riflettere per qualche secondo, -Tu,- Digrignò fra i denti, improvvisamente adirato; la calma stava passando, arrivava la tempesta, -Non capisci...- Si avvicinò così velocemente che nemmeno Teo riuscì ad impedirgli di prendermi per le spalle, -Un emerito cazzo.-

Sobbalzai a quel contatto. Le sue mani avevano sfiorato appena il mio collo, scoperto e sprovvisto di sciarpa. Erano così...calde, forti, familiari. Sulle mia pelle gelida. Stavo morendo dal freddo e la voglia di gettarsi in quel rifugio caldo e sicuro che erano le sue braccia mi stava logorando il fegato.

Mi ripresi in tempo per squittire indignata un: -Io? E tu allora?!-

La sua presa si fece leggermente più forte, non abbastanza da farmi male però. Invece di infastidirmi, la cosa mi fece rabbrividire piacevolmente. Ero messa male e mi facevo schifo, eppure non potevo fare a meno di trovare eccitante anche quella vicinanza.

I suoi occhi si spostarono svelti e nuovamente glaciali verso Teo, -Levati dal cazzo.-

Mi ero quasi dimenticata di lui a dire il vero...con gli occhi di Lore puntati addosso ed il suo fiato sulle mie labbra, era difficile concentrarsi su altro in effetti.

-Cos-non ci penso nemmeno!- Risentito, fece per mettersi in mezzo e dividerci, ma all'ultimo lo bloccai.

-Teo.- Ero stronza. Stronzissima e non credevo a quello che stavo per dire, -Vai pure.- Mi dispiacque da morire per lui, dopo che si era messo in mezzo per difendermi lo stavo cacciando via così... -Per favore.- Mi morsi il labbro. C'era anche da dire che era stato lui con quel bacio ad innescare il tutto. L'attribuirgli un po' di colpa mi fece sentire meglio.

-Posso sbrigarmela da sola.- Annuii un paio di volte, per rendere più convincente quella frase.

Lui ci fissò per qualche secondo scettico, poi, dopo un sospiro, annuì a sua volta, -Ti aspetto alla fermata dell'autobus.-

-Sé, aspetta pure,- Lore se non usava il suo solito ghigno da stronzo non era contento, -Ti consiglio di procurarti delle coperte e un cuscino perché aspetterai tutta la notte.- 

Teo si bloccò e sembrò seriamente sul punto di tornare indietro e di spaccargli la faccia, non lo avevo mai visto così cupo ed incazzato. Fortunatamente tentennò solo per un attimo perché, dopo aver dato una veloce occhiata al mio viso preoccupato, riprese a camminare per poi sparire dalla nostra visuale svoltato l’angolo.

Soli. Eravamo rimasti da soli in quel viale freddo e deserto. Ad illuminarci solo le fioche luci del cinema che stava chiudendo ed il lampione alle nostre spalle.

Il rumore delle macchine che passavano era alternato dal più chiassoso e rombante rumore degli autobus che sostavano per pochi secondi alla fermata dall’altro lato della strada.

Con una scrollata di spalle, mi liberai delle sue mani e mi allontanai quel tanto che bastava a farmi ragionare lucidamente; avevo bisogno di racimolare un attimo le idee.

Pur di non guardarlo apertamente in volto, fissai per qualche secondo la nuvoletta di fiato che usciva dalla mia bocca ed infilai le mani fredde in tasca nella remota speranza che si potessero scaldare.

-Cosa non capisco?- Domandai ad alta voce, più docilmente questa volta, gli occhi ancora puntati da tutt’altra parte. Avevo messo da parte l’arroganza e la rabbia, per lasciar posto ad un tono remissivo, quasi supplichevole.

Spiegamelo, ti prego. Aiutami a capirti.

Si passò lentamente una mano sul volto e sospirò, -A Teo non frega un cazzo di te.-

Per un secondo, prima che la rabbia mi assalisse di nuovo più prepotente che mai, mi era sembrato che stesse per dire altro. Poi, come al solito, come sempre, si era corretto ed aveva sparato una delle sue solite stronzate.

-Perché a te forse importa…-

-Vuole solo vendicarsi di me.- Aveva sovrastato ed interrotto la mia domanda, ignorandola deliberatamente nonostante fossi più che certa che avesse intuito che cosa stessi per dire.

Vagliai circa una decina di risposte possibili, dagli insulti peggiori, alla difesa della mia amicizia con Teo.

Mi stava praticamente dando di nuovo della bambolina deficiente che si lasciava usare! Bella considerazione che aveva di me!

Con molta fatica, alla fine, riuscii a controllarmi e a rispondere con un gelido: -Se anche fosse, non sono affari tuoi.-

Ebbi l’effetto desiderato, perché abbandonò subito quella faccia da spaccone menefreghista e si adirò nuovamente, forse più di prima.

-Sì invece! Cazzo…- L’ultima parola la digrignò fra sé e sé, stringendo i pugni fino a farli tremare.

Sembrava essere lui quello esasperato. LUI!

Non resistetti oltre.

Basta.

Aveva superato il limite, IO avevo superato il limite della sopportazione.

-No!- Strillai incazzata nera e con la voglia di prenderlo ripetutamente a schiaffi, -No invece!- La mia voce uscì stridula e sperai ardentemente di riuscire a risparmiarmi la figuraccia in cui sarei incappata se fossi scoppiata a piangere. Dannata emotività.

–Tu non sei il mio ragazzo!- Stavo praticamente gridando come una pazza in mezzo alla strada. E se i vigili di Exeter mi avessero multato? Amen, che si fottessero pure loro!

-Non hai nessun diritto di venirmi a dire queste…cose.- Mi tirai indietro i capelli con forza, la mano tremante ed incerta, così come le labbra, -Non hai nessun diritto su di me. Io e solo io posso decidere chi può o non può toccarmi!-

Schioccò la lingua scuotendo la testa più e più volte, -E al tuo ragazzo sta bene che tu ti faccia toccare così da me e da Teo?- Il suo tono di voce feriva ed era più velenoso del morso di un serpente.

Ancora con quella storia?! Ancora con Matteo?! Possibile che non ci arrivava da solo al fatto che con Matteo avessi chiuso perché ero innamorata di lui?

-Teo non è mai andato oltre a quel bacetto e mai ci andrà!- Non riuscivo a capire se era il freddo o la rabbia a farmi tremare come una foglia, restava il fatto che quell’espressione diffidente che gli si era dipinta in volto mi irritò ulteriormente e mi diede la forza per continuare, -è solo un amico, se anche provasse a cercare qualcosa di più da me, io…- Affondai i denti nel labbro con forza, -Lo allontanerei. Non potrei mai considerarlo in un altro modo.-

Distolse lo sguardo e sorrise sprezzante, -Probabilmente di Matteo te ne basta già uno.-

A quella frase, qualcosa cambiò dentro di me; la rabbia c’era ancora, ma si era aggiunto qualcosa d’altro.

Il modo in cui si comportava, il modo in cui aveva evitato il mio sguardo dopo che avevo appena finito di parlare, il modo in cui sorrideva, apparentemente arrogante ma in realtà insicuro, il modo in cui si arrampicava sugli specchi tirando fuori cose che non c’entravano niente…sembrava che lui facesse di tutto per smentire quanto gli stessi implicitamente dicendo, sembrava che lui stesso non potesse credere al fatto che io fossi innamorata di lui. Magari lo aveva pure pensato, ma ogni volta sembrava autoconvincersi che non era così.

-Io e Matteo ci siamo lasciati mesi fa, razza di idiota!- Sentii le guance bruciare e scottare come olio bollente per friggere, -Perché credi che mi sia lasciata…- Guardai i fari di una macchina appena passata allontanarsi sempre di più, -Toccare…da te altrimenti?-

Non osavo voltarmi verso di lui; ero quasi certa che stesse boccheggiando, ma non avrei retto il contatto visivo con i suoi occhi per verificarlo.

Temevo che tirasse fuori qualche altra insinuazione crudele, invece stava zitto. Era un buon o cattivo segno?

Racimolato un po’ di coraggio, gli lanciai un’occhiata di sottecchi. Sbatteva le palpebre come se non credesse di essere sveglio, poi sollevò un sopracciglio stranito, -Che cosa? Perché non me l’hai detto?-

Se non mi fossi subito precipitata a rispondere decisa e risentita, probabilmente mi sarei accorta di quella nota stonante di sollievo nella sua voce, ben nascosta in mezzo a tutta quell’irritazione.

-Perché avrei dovuto dirtelo?-

Si stizzì, -Ah non lo so, forse perché facciamo sesso da mesi?- Aveva ripetuto il “da mesi” per sottolineare la mia frase di poco prima.

-Appunto: sesso. Solo sesso. Ripeto, perché avrei dovuto dirtelo?- Stavo sbagliando ad insinuare che fra di noi ci fosse solo quello, ma era diventato un meccanismo di autodifesa ormai.

-Ma perché sì, cazzo!- Fece un respiro profondo per cercare di calmarsi ed anche -e soprattutto- con quel semplice gesto riusciva ad essere bellissimo.

Incrociai le braccia al petto a disagio e ondeggiai lievemente sul posto, nervosa e mezza assiderata, -Non sarebbe cambiato nulla.- Mormorai a bassa voce, sperando che mi avesse sentita e al tempo stesso temendo che l’avesse fatto.

Mi fulminò con lo sguardo, piuttosto infastidito, -Come fai a dirlo?-

Mi presi qualche secondo di riflessione, prima di rispondere, -Penso di conoscerti abbastanza bene. Mi avresti sempre e comunque considerata un giocattolino facilmente usabile da chiunque. Sbaglio?- Volevo essere ironica, ma c’era troppo risentimento nella mia voce per lasciar spazio all’ironia.

Provò a rispondere, ma lo interruppi subito sapendo già che cosa stesse per dire, -Non provare nemmeno a dire che non è così.- Suonava quasi come una minaccia e ne andavo fiera.

-Io non sono quel tipo di ragazza, non lo sono mai stata.- Dissi con rabbia e decisione, -Non permetterei mai al primo che capita di avvicinarsi e di scoparmi…- Ero stata il più diretta possibile, lasciare frasi a metà non sarebbe servito a niente,

Come faceva a non capire che per me lui non era “chiunque” o il primo che capitava? Che se ero andata a letto con lui, se mi lasciavo avvicinare e toccare da lui, era perché ne ero innamorata?

Si spettinò i capelli visibilmente teso, -Non ho mai pensato davvero che tu lo fossi.- Aveva rimarcato parecchio sulla parola “davvero”, segno che se non altro riconosceva di avermi fatto credere che lo pensasse.

-Ah no?- Risultavo abbastanza scettica e petulante, -Le tue parole ed i tuoi gesti mi hanno sempre lasciato intendere altro.- Almeno su quello forse eravamo d’accordo.

Schioccò la lingua arrogante, -Questo perché…- Si interruppe di botto, lo sguardo rivolto altrove, la linea del collo rigida e la mascella contratta.

Sembrava che ci fosse qualcosa dentro di lui che gli impedisse di continuare e non era la prima volta che accadeva.

-Perché…?- Lo incoraggiai facendomi involontariamente più vicina a lui. Dov’era finita tutta la sua spavalderia di poco prima? Che cosa stava per dirmi?

Mi fissò per qualche secondo, serio e indeciso, ma sempre zitto.

Era più che chiara la risposta: non aveva nessuna intenzione di rispondermi. Non verbalmente almeno.

Mi arresi definitivamente; crollarono tutte le emozioni in una volta, come un castello di sabbia distrutto da un’onda troppo violenta perché potesse resistere.

Non riuscivo a capirlo. Non sarei mai riuscita a capirlo e lui non sembrava intenzionato ad aiutarmi. Era un fottutissimo vicolo cieco. Un vicolo da cui io non riuscivo ad uscire, ero bloccata. Sempre lì, sempre allo stesso punto.

La rabbia, la sofferenza, la speranza…tutto venne annientato. Non avrei ottenuto niente da lui ed ero stata un’illusa ad averci sperato, un’illusa che si arrabbiava e strillava come una pazza per nulla.

-Sai una cosa?- Alzai il mento e feci un passo avanti per arrivargli ad un palmo dal naso.

Il mio corpo si tese a quella vicinanza ed implorò un contatto. Una tortura crudele per ogni singola fibra della mia pelle.

Zitto. Zitto, zitto, zitto! E fermo!

Contrariamente a quanto pensassi, lui non si mosse di un solo millimetro, non era per nulla intimorito o a disagio, si limitò a fissarmi dall’alto in basso.

Cazzo, speravo almeno si allontanasse un po’ per evitare al mio naso di sentire il suo profumo. Dio, quanto adoravo i profumi maschili…il suo poi mi mandava il sangue alla testa. L’avrei riconosciuto fra mille altre fragranze.

-Sono stanca. Stanca di continuare così, stanca delle tue insinuazioni, delle tue frasi lasciate a metà, del tuo atteggiamento. Tu non hai mai capito niente di me.-

L’angolo della sua bocca si mosse fulmineo in una specie di sorriso nervoso, prima di ritornare al suo posto alla stessa velocità. –Sì, beh, se è per questo…-

-Non ho finito!- Sbottai irata. Eccheccazzo!

Sbatté le palpebre sorpreso e anche risentito, ma non continuò.

-Deficiente, ragiona un attimo, che cosa credi che volesse dire la frase “la tua puttana ti è fedele” detta da Matteo?! Perché credi che l’abbia lasciato, perché credi che stessimo litigando quel giorno?-

Schiuse leggermente la bocca e dilatò gli occhi sorpreso. Non sapevo se continuare a gridare –le guance rosse, i capelli arruffati per via del mio continuo passarci le mani e gli occhi lucidi- come una pazza o scoppiare in una risata isterica –sempre da pazza- per la faccia da pesce lesso che aveva. Sembrava che l’avesse appena trafitto qualcosa, come gli eroi nei film che sgranano gli occhi dopo essere stati feriti e guardano increduli il proprio sangue sgorgare a fiotti. Quante sceneggiate, lui non aveva nulla.

C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi però, quel qualcosa che lo aveva trafitto, c’era qualcosa in più, non solo sorpresa; me ne resi conto subito. Come si chiamava? Ah sì, consapevolezza. Aveva capito? Forse. Se non ci era arrivato confermava il fatto che fosse un cretino.

Gonfiai le guance e sputai fuori tutto resto, tutto il mio astio, -Per colpa tua!-

Richiuse la bocca con uno scatto secco, -Mia?!- Era ritornato al tono petulante, -E che cosa avrei fatto, sentiamo…-

Mi hai fatto innamorare, mi sei entrato dentro ogni giorno sempre di più e mi perseguiti da mesi ormai, anche di notte…Mi stai letteralmente facendo impazzire.

Troppo sdolcinato? Troppo da filmetto americano? Troppo schietto?

Abbassai lo sguardo e mi fissai i lacci delle scarpe, mentre sentivo il sangue affluire vergognosamente alle guance, -Mi hai fatto incazzare…tante di quelle volte.- I denti battevano, ma non ero ancora del tutto sicura che fosse per via del freddo, -Mi hai detto un sacco di cattiverie, ti sei fatto odiare in tutti i modi possibili.-

Vidi di sfuggita che si stava avvicinando, le sue Nike erano si erano mosse verso di me.

Ripresi a parlare e, senza che lo volessi, la mia voce si addolcì -Ma mi hai anche salvato la vita, mi hai difeso quel giorno da Matteo. Sei corso da me quel pomeriggio, dopo la chiamata di Mel, quando credevi che mi fosse successo qualcosa e hai evitato di massacrare Domenico di botte.-

Si bloccò; tenevo ancora gli occhi bassi ma sapevo di averlo colto alla sprovvista. Lui non immaginava che io fossi a conoscenza di tutta la faccenda, non immaginava che avessi assistito a tutta la sceneggiata sul pianerottolo quel giorno.

Ginnastica in casa.

Era stata la sua banale giustificazione non appena gli avevo chiesto perché avesse il fiatone.

Un sorriso si disegnò inconsapevolmente sulla mia bocca, -Resta il fatto che non sono più riuscita a farmi toccare da Matteo.-

Stava trattenendo il respiro, lo sentivo. Bastava parlare di qualcun altro e subito gli si accendeva quella specie di…gelosia assurda.

-Non da quando sono stata con te.-

Non da quando ho saggiato il sapore delle tue labbra, non da quando mi hai fatto capire che cosa volesse veramente dire “fare l’amore” con qualcuno.

Tornai a guardarlo in faccia e quella volta fu il suo turno di voltarsi non appena lo feci.

Si stava visibilmente massacrando l’interno guancia ed evitava accuratamente i miei occhi.

Era…a disagio forse, non sapeva cosa dire, cosa fare, mi sembrava proprio un pesce fuor d’acqua. Di nuovo.

-Non hai niente da dire?- Il tono implorante la faceva tanto sembrare una preghiera.

Dimmi qualcosa. Una parola.

Mi fissò così trucemente da farmi quasi rabbrividire, -Cosa dovrei dire?!- Era stato brusco, molto brusco. Poi se n’era chiaramente pentito, l’avevo vista quella luce sconfortata e dispiaciuta nei suoi occhi.

Troppo tardi però. Quello era proprio il genere di domanda che non mi sarei aspettata e che non avrei voluto sentire.

Gli voltai le spalle alla velocità della luce per evitare che mi vedesse star così male.

-Alice…-

La sua voce si disperse nell’aria quando incominciai a correre, il freddo che mi entrava fin dentro le ossa e la gola che bruciava da morire.

Sapevo che mi avrebbe raggiunta, era molto più veloce di me e l’unica mia speranza era arrivare all’angolo della strada e svoltare, lì ci sarebbe stato…

-Non volevo dire quello, ok?-

Mi aveva bloccata praticamente subito; niente da fare, ero proprio una sega nella corsa.

Con una lentezza esasperante ed uno sguardo glaciale, fissai la sua mano, stranamente tiepida, stretta al mio polso.

-Lasciami.-

Sbuffò seccato, borbottando qualcosa di incomprensibile. Colsi l’occasione per cercare di sfuggirgli.

-Stai ferma?-

Le provai tutte; calci, pugni, unghie conficcate nel braccio sotto il giubbotto. Niente. Non gli facevo niente, ero scarsa pure a difendermi.

A distrarmi dai miei tentativi di fuga, furono le risate di alcuni ragazzi dall’altra parte del marciapiede.

Le parole mi uscirono ancora prima che potessi controllarle o assicurarmi che fossero giuste dal punto di vista linguistico, -Please, help me!-

I ragazzi –due ragazze e un ragazzo- si voltarono a guardarci sbalorditi e confabularono qualcosa fra di loro.

Ecco, quello servì a farmi lasciare di colpo la mano e a farmi riguadagnare la mia libertà. –Ma che…?-

Ripresi subito a correre e non gli diedi il tempo di dire altro, avevo appena intravisto la sua espressione incredula.

Il cuore si alleggerì di un bel po’ non appena, svoltato l’angolo, mi accorsi della presenza di Teo. Era seduto alla fermata dell’autobus R, quello che mi avrebbe riportata dritta a casa.

-Vuoi starmi a sentire, cazzo?!-

Mi aveva nuovamente raggiunta, ma ormai non era più un problema.

-No, non voglio starti a sentire, cazzo.- Lo scimmiottai sprezzante, prima di sbracciarmi in direzione della fermata, -Teo!-

Lui si voltò e sorrise spontaneamente, alzandosi dalla panchinetta lì vicino e correndomi in contro. Suscitò, come era prevedibile, le ira di Lore che quasi ringhiò alla vista del mio amico.

-Nessuno ti vuole qui, sparisci.- Aveva sibilato, con l’aria di un cane pronto a mordere.

-È stata lei a chiamarmi, quindi sì, qualcuno mi vuole.- Ribatté Teo, portando subito dopo il suo sguardo comprensivo su di me.

-Andiamo.- A piccoli e lenti passi, incominciai a dirigermi verso la fermata.

-Non ti conviene metterti in mezzo Valenti.-

Nonostante fossi di spalle e non potessi vedere la scena, qualcosa mi diceva che Teo si fosse messo in mezzo per impedire che Lore cercasse di fermarmi.

-Non conviene a te, sai Lore?-

Mi voltai con il terrore che iniziassero a picchiarsi lì, in mezzo alla strada.

-Ti devo ancora un favore poi.- La voce di Teo era da brividi, non aveva nulla di dolce e zuccheroso ed il modo in cui mosse ed indicò la caviglia non mi piacque per niente. Sembrava fosse pronto ad utilizzarla per prenderlo a calci.

-Perché non torni a sbatterti Elisabetta e non la pianti di rompere il cazzo, mh?-

Tornai indietro e li fissai senza sapere bene cosa fare. Perché sempre in situazioni del genere dovevo andare a finire?

-Teo andiamo.- Sperare che Lore la smettesse di provocare era inutile, l’unico era fare affidamento su Matteo.

-Perché non torni tu a sbatterti Elisabetta?- Come non detto.

Un attimo, cosa aveva appena detto? Lore…sbattersi…chi?!

Rischiai quasi di soffocare e collassare lì sul marciapiede, l’aria mi mancava. Avrei dovuto salvare sul cellulare il numero del pronto soccorso inglese, qualcosa mi diceva che in quel momento ne avrei avuto bisogno.

Non ero l’unica così sorpresa però, Lore non sembrava da meno. Anche se non sembrava a rischio soffocamento…per il momento. Poi ci avrei pensato io a strozzarlo.

-Credevi davvero che non avrei mai scoperto che il mio migliore amico si scopava la mia ragazza?- Teo strinse i pugni con forza.

Ecco, quello era un dettaglio che mi mancava. Nessuno dei due aveva accennato una cosa del genere a quanto mi risultava…a meno che

In un baleno, il discorso di quella sera ritornò prepotente nella mia testa.

 

-Ti riferisci ad Elisabetta?-

-Sei informata bene...Comunque no, non mi riferisco solo a lei. Mi riferisco ad ogni ragazza che mi è piaciuta dalle elementari alla terza media.-

 

Sgranai gli occhi ricordando soprattutto l’ultima frase.

 

-Certo, da quel punto di vista mi sono vendicato...-

 

Vendicato. Facendo cosa, portandosi a letto Elisabetta mentre stava con Teo?

Stetti male al solo pensiero, come poteva essere sceso così in basso? Con quell’oca bionda piena di piercing che probabilmente le avevano bucato pure il cervello…

Ad ogni modo, Teo non si fermava più, sembrava aver trovato il momento perfetto per sfogarsi di tutti i torti subiti, -Cosa doveva essere, una specie di vendetta? Chi te l’ha suggerita, i tuoi nuovi amichetti?-

Lore scosse la testa, l’ombra di un sadico sorriso a dargli un’aria allarmante, -Non è colpa mia se con te doveva fingerli gli orgasmi.-

Quello non avrei decisamente voluto sentirlo. Perché quella di Lore era una conferma, una conferma dolorosa.

Senza contare che l’ultima cosa di cui volevo essere messa al corrente era la vita sessuale di Teo. Non che ci avessi pensato poi molto a quella, ma chissà perché ero convintissima che lui fosse vergine. Ma probabilmente era troppo pretendere che un ragazzo diciassettenne lo fosse.

Mi misi in mezzo e, prevedendo la reazione di Teo, lo bloccai un secondo prima che gli si scaraventasse addosso.

-Teo ti prego!- Dalla preoccupazione la mia voce tremava, -Andiamo.- Lo implorai flebilmente.

Lui ingoiò la bile e annuì lentamente, per poi aggiungere, con aria quasi rammaricata, –Sei proprio un idiota.-

Lanciai una veloce occhiata a Lore, temendo che dovessi intervenire ancora, ma lui si limitò ad assottigliare gli occhi infastidito.

-Non ti accorgi di quello che hai, la stai solo facendo soffrire.-

Il cuore perse un battito quando mi resi conto che era di me che stesse parlando. Perché aveva detto una cosa del genere, che gli era venuto in mente?

Incontrai gli occhi di Lore per puro caso, la curiosità era troppa e la mia intenzione iniziale era solo quella di dare una sbirciatina al suo volto.

Quello che vidi mi turbò. Erano così intensi e magnetici, era impossibile spostare lo sguardo, mi stava come…stregando ed imponendo di non farlo.

Un tamburo sarebbe stato meno ingombrante e rumoroso del mio cuore che, con quel silenzio che c’era in strada, probabilmente si stava facendo sentire persino dai due presenti.

Lessi dispiacere e sofferenza nei suoi occhi, non c’era nessuna punta di divertimento o sadismo…un momento, dispiacere? No, la compassione no. Tutto tranne la compassione, non volevo che si dispiacesse per me, non volevo fare pena a nessuno.

-Andiamo Teo.- Riuscii a distogliere lo sguardo a fatica, era stato doloroso e stancante farlo, specie perché se fosse stato per me sarei andata avanti a guardarlo tutta la notte. Ricordavo bene quanto potessero annebbiarsi e scurirsi di desiderio quelle due pozze ipnotizzanti quando facevamo l’amore…

L’autobus R stava arrivando e perderlo avrebbe voluto dire aspettare altri venti minuti prima che ne arrivasse un altro.

Quello, anche se non a voce, era quasi un addio. Del resto aveva ragione lui…“cosa dovrei dire?”

Niente Lore. Non voglio che tu dica più niente. Hai detto e mi hai deluso già abbastanza.

Non mi amava. La sua risposta era stata più che chiara.

Ognuno per la sua strada da ora in poi. Con il cuore a brandelli. Come diceva la canzone “Me la caverò” di Max Pezzali?

Poi mi rialzerò. Ammaccato e non distrutto.

Proprio così, mi rialzerò. Prima o poi.

Teo mi cinse la vita con un braccio e depositò un dolce e casto bacio fra i miei capelli.

Solo quando l’autobus girò nella via adiacente e fui sicura di non essere vista da Lore mi concessi di piangere. Singhiozzai silenziosamente, fra le rassicuranti braccia del mio amico che mi cullavano come se fossi una bambina.

 

 

Lorenzo’s pov

 

Non riuscivo a crederci. Da quando ero uscito da quel cinema mi sembrava tutto un brutto incubo.

Le sue parole…

Resta il fatto che non sono più riuscita a farmi toccare da Matteo. Non da quando sono stata con te.

Lo stomaco si contorse e fece male come se qualcuno mi avesse appena tirato un pugno.

Lei e quel coglione si erano lasciati da mesi e io da bravissimo e degno esemplare della stessa specie di quel minchione che avevo fatto? L’avevo trattata da puttana. Non era più stata con nessuno dopo di me e io l’avevo trattata da puttana! Nonostante non avessi mai pensato che lo fosse, c’era sempre stata quella parte oscura di me, quella parte che si impossessava della mia mente ogni qualvolta si figurava l’immagine di lei che godeva sotto di lui. Un incubo che mi faceva star male anche in quel momento.

Sentii qualcosa vibrare nella tasca e, con la testa completamente svuotata, presi in mano il mio cellulare.

Metti la vibrazione.

Mi aveva rotto i coglioni per mesi e mesi mia madre.

Non lo senti se lo metti silenzioso e io mi preoccupo se non mi rispondi!

Fu solo il desiderio di farlo smettere con quell’insopportabile ronzio che mi convinse a rispondere. Gettarlo a terra e spaccarlo non sarebbe stata una buona idea e sapevo che se avessi schiacciato il tasto rosso per mettere giù, Lele avrebbe continuato comunque a richiamare finché non avessi risposto. Era come mia madre.

-Pronto?- Non riconobbi quasi la mia voce, sembravo un malato in punto di morte.

-Oh Lore?- La voce preoccupata di Lele me ne diede conferma, -Tutto bene? Ma dove sei? Gli Watkins sono preoccupati, volevano chiamarti loro, ma li ho convinti a lasciar fare tutto a me dato tu non ci avresti capito niente se ti avesse parlato Marion.-

Simpatico. Anche se aveva pienamente ragione, il mio inglese faceva proprio cagare.

-Sono vivo.- Non sembrava nemmeno una frase ironica, visto il tono di voce morente.

-Lieto di saperlo, credevo che Alice ti avesse sgozzato e sepolto sotto metri e metri di terra!  Allora, come è andata?-

L’ultima domanda che avrei voluto sentirmi porre. Mi sedetti sulla panchinetta della fermata, lo sguardo fisso sul muro del palazzo di fronte.

Che schifo di posto. Non c’era un minimo di vita lì la sera, erano solo le undici ed era già tutto deserto.

-Sono un coglione Lele.- Mi lasciai sfuggire, consapevole che avrebbe infierito con i “Te l’avevo detto”.

-Questo lo so. Ma che è successo?- Il suo tono si addolcì. Oddio, peggio di quanto pensassi, chissà che pena dovevo fargli. Come un cane abbandonato.

Appoggiai il braccio libero sulla gamba sinistra, mentre con la mano destra stritolavo il telefono così forte che non mi sarei stupito se si fosse rotto, -Io…non lo so…lei…- Mi massaggiai la fronte con le dita; ero patetico, non sapevo neanche mettere su un discorso coerente.

-Ti ha detto che ti ama, vero?-

Strabuzzai gli occhi stupito: come cavolo faceva ad andarci sempre così vicino?

-Credo.-

-Credi?- Fece sorpreso e scettico.

-Oh cazzo, non lo so!- Mi innervosii, -Ha detto che si è lasciata con il tipo e…- 

-Lore…- Il tono di un padre che rimproverava il figlio.

-Che c’è?- Già lo sapevo cosa stava per dire.

-Ti ha detto che si è lasciata con lui e tu ancora non sei convinto?! Ma che hai fatto in tutto ‘sto tempo? Dov’è lei?-

L’ho lasciata andare. Con Teo.

Mi sarei applaudito da solo per la mia scemenza. Il fatto era che…vederla così fragile, ferita, delusa…per colpa mia.

Teo aveva ragione, per quanto ammetterlo mi rodeva da morire.

L’avevo fatto soffrire e trattata da schifo, l’avevo fatta piangere più e più volte, eppure…possibile che lei fosse davvero innamorata…di me? Che cosa avevo fatto per…farmi amare?

-Lore, ci sei?-

-Sì.-

-Ti sei innamorato.-

Oh cazzo. Sì? NoEra da escludere che rispondessi di sì, ma rispondere subito con un "no" isterico mi avrebbe inevitabilmente smascherato. Evitai anche un banale quanto più logico “Non lo so”, optando per il silEra da escludere che rispondessi di sì, ma rispondere subito con un "no" isterico mi avrebbe inevitabilmente smascherato. Evitai anche un banale quanto più logico “Non lo so”, optando per il silenzioEra da escludere che rispondessi di sì, ma rispondere subito con un "no" isterico mi avrebbe inevitabilmente smascherato. Evitai anche un banale quanto più logico “Non lo so”, optando per il silenzio.Era da escludere che rispondessi di sì, ma rispondere subito con un "no" isterico mi avrebbe inevitabilmente smascherato. Evitai anche un banale quanto più logico “Non lo so”, optando per il silenzio.? Era da escludere che rispondessi di sì, ma rispondere subito con un “no” isterico mi avrebbe inevitabilmente smascherato. Evitai anche un banale quanto più logico “non lo so”, optando per il silenzio.

-Ce ne siamo accorti tutti,- Proseguì lui senza attendere una risposta, -Io e Andre è da mesi che ci lavoriamo su per farti aprire gli occhi.-

-Che?- Sbottai indignato, -Bastardi, voi complottate da mesi contro di me e non mi avete detto niente?-

-Pff, complottare, che parolone. Comunque approviamo entrambi. Anche Andre, mi ha detto di dirtelo.-

Inarcai un sopracciglio, -Andre approva?- Ma se lui non faceva che ripetere “amare rende coglioni” e odiava le coppie in generale.

-Certo! Gli mancherai come compagno di “avventure” single il sabato sera, ma ha detto che è felice per te.-

-Non l’ha detto con queste parole.- Capii subito, sorridendo debolmente.

-No infatti. Ha detto “La figa è la figa oh. L’importante è che la Puccio ce l’abbia, poi se lui è contento così…meglio, più fighe per me!”-

Che perle di saggezza. -Sono quasi commosso.-

-Stavo pensando di metterlo per iscritto, così ti ricorderai di questa sua deliziosa e rara dimostrazione di intelligenza.-

Risi. Non mi piaceva pensarlo, era troppo sdolcinato, ma…ero contento di avere amici come loro.

Alzai lo sguardo e vidi arrivare in lontananza l’autobus. L’ultimo della giornata probabilmente.

-Sai cosa fare adesso, vero?-

-No.- Dissi titubante.

-Sì, lo sai.-

Mi avrebbe sgozzato veramente se mi avesse visto lì. Che cosa avrei potuto dirle poi? Come? Odiavo sentirmi così insicuro ed esitante, non mi sentivo così da…non mi ero mai sentito così. Ecco perché era tutto così strano e nuovo.

-Lore è la tua ultima occasione. O ci vai adesso o le dici addio, non puoi rimandare.-

Dirle addio.

Dire addio al suo modo di sorridere quando facciamo l’amore, al suo modo di arricciare il naso quando qualcosa non le piace, al suo modo di aggrottare la fronte quando non capisce niente di matematica, al suo modo di gonfiare le guance quando è arrabbiata, al suo modo di spostarsi i suoi morbidi capelli quando è nervosa, al suo modo di ricambiare i baci dapprima timido e impacciato, poi più sicuro e sensuale, al suo modo di chiamarmi quando raggiunge l’orgasmo. Ai suoi baci, alla sua pelle, al suo tocco, alla sua voce.

-Lore?-

La voce di Lele era distante, non lo sentivo quasi più.

No. No cazzo, no. Non volevo dirle addio, lei era e sarebbe rimasta mia.

Nessuno avrebbe potuto toccarla, solo io.

Me. Puoi toccare solo me.

Ero un coglione. Come cazzo avevo fatto a non capire le sue parole?

Ti…voglio.

Lore non te ne andare! Rimani…Perché mi sei mancato e...mi manchi...

Mi piacciono le tue braccia sai? E anche i tuoi capelli...E il tuo profumo...

-Lore??-

Stavo seriamente male. Di lì a poco avrei vomitato tutta la cena se quel qualcosa che sentivo nello stomaco non avesse smesso di colpirmi e scombussolarmi.

Alice.

Mi odiava. Mi odiava e aveva tutti i motivi del mondo per avercela con me.

-Oh cazzo Lele!- Mi alzai di scatto e feci segno all’autista di fermarsi non appena arrivò alla fermata.

-Oh ti sei svegliato! Ma buongiorno…- Fece ironico.

-Mi prenderei a sprangate, sono stato un coglione!-

-L’abbiamo già detto mi sembra…vuoi una mano con le sprangate?- Si informò cordiale.

Salii sull’autobus e salutai il conducente come d’abitudine; non era mica come a Milano lì, i conducenti erano gentili e meno scazzati.

-Non voglio perderla…- Lo dissi a voce così bassa che stentai a credere che mi avesse sentito.

Mi ritrovai inevitabilmente ad arrossire per via di alcune occhiate curiose di una signora lì vicino. Difficile che potesse capirmi, ma era comunque imbarazzante dirlo in presenza di altri.

-Alleluja, ci siamo!-

-Piantala di fare l’idiota e renditi utile!-

-Va bene, va bene…preparati ad essere schifosamente romantico…-

Tutto tranne questo.

Avrei preferito ballare la Lambada nudo in cima al Duomo di Milano ad essere sincero.

-Cos-Che?- Rabbrividii schifato.

-Vuoi farti perdonare?-

Attesi qualche secondo prima di sospirare e rispondere, -Sì, ma...-

-Niente “ma” e ascoltami…-

 

 

Alice’s pov

 

Arrivata in camera, mi buttai a peso morto sul letto: sentivo che la testa sarebbe scoppiata da un momento all’altro, non riuscivo a pensare a nulla a causa di quel dolore martellante alle tempie.

Affondata la faccia nel cuscino, scoppiai di nuovo a piangere, cercando di soffocare i singhiozzi nella morbida stoffa che già assorbiva le mie lacrime.

Mi ero vergognata da morire in autobus con Teo; avevo fatto una figura pietosa, eppure lui era rimasto lì ad accarezzarmi e consolarmi. Era un vero tesoro.

Così come lo erano Mel, Susan e Rod, che al mio ritorno a casa erano stati molto discreti e dolci. Mi avevano preparato una camomilla per cercare di tranquillizzarmi e non mi avevano chiesto nulla.

Mia madre, al contrario, mi avrebbe stressata per sapere tutto per filo e per segno.

Ripensare a mia madre, a mio padre e al ritorno a Milano in generale, mi fece stare ancora peggio.

Nonostante i miei mi mancassero da morire, al ritorno a casa tutto quanto sarebbe stato più…vero, reale. La vita di sempre, senza Lore.

Lo avrei visto a scuola ogni giorno e lo avrei visto uscire di casa la mattina, avrei potuto incontrarlo in ascensore o per strada, magari con un’altra ragazza…solo a pensarci, mi veniva su quel poco che avevo mangiato a cena e la camomilla.

Dal piano di sotto arrivavano ovattate le voci preoccupate di Susan e Rod. Sembrava stessero discutendo con qualcuno, ma lì per lì non mi resi subito conto di chi fosse, troppo stanca e provata dal pianto.
-Lore, sei fuori di testa? Dove credi di andare?!-
Balzai in piedi in un attimo -con non poche fitte alla testa- al suono della voce di Mel, sempre più vicina e forte.
Mi precipitai alla porta e la chiusi immediatamente a chiave, il cuore in gola e gli occhi sgranati mentre poggiavo la fronte sulla superficie fredda di legno.

Qualcosa sbatté con violenza in fondo al corridoio e ci misi poco a capire di che si trattasse: la porta della camera da letto di Sue e Rod. Subito dopo fu la volta della porta del bagno, accanto alla mia.

Feci scorrere i miei occhi fino alla maniglia, che fissai come in trance finché non si abbassò, neanche un secondo dopo.

Sobbalzai sul posto ed il cuore incominciò a battere così forte da riuscire quasi a coprire del tutto il rumore del mio respiro affannoso.

-Alice…-

Un sospiro. Stava cercando di calmarsi: aveva smesso di cercare inutilmente –e istericamente- di aprire, strattonando la maniglia neanche avesse voluto strapparla dal legno.

-Apri.-

Per favore.

Fu solo il mio cervello a registrare quelle due parole, era il desiderio di sentirsele dire ad aver messo mano al mio organo pensante…uno dei pochi organi funzionanti rimasti oltretutto, visto che il cuore era evidentemente difettoso.

Non risposi, così la maniglia riprese ad abbassarsi e alzarsi più volte e violentemente.

-Apri questa cazzo di porta o giuro che la sfondo.-

Si stava di nuovo spazientendo e il tono di voce, più che minaccioso, sembrava solo irritato.

Un colpo leggero alla porta. La sua mano forse?

-Sai che sarei capace di farlo.-

Fremetti. No, non era la sua mano. Ero sicura al cento per cento che si fosse appoggiato anche lui con la fronte alla porta, la sua voce arrivava più vicina e leggermente alterata per via del legno non più così distante dalla bocca.

Mi diedi della stupida quando mi accorsi del sorriso che era spuntato, involontariamente, sulle mie labbra. Sì, sarebbe stato capace di farlo. Perché era cretino, impulsivo, egoista e infantile…

Ma perché era venuto lì? Che cosa voleva ancora da me?

Il pensiero che lui fosse dall’altra parte, che la sua pelle stesse toccando quello stesso legno che stavo toccando io, mi mandò il sangue al cervello.

-Vattene.- Dissi solamente, a fatica per via della gola secca.

-No.- La sua risposta, più testarda di quella di un bambino.

Mentre cercavo di mettere su una frase più o meno logica che lo inducesse ad andarsene, ascoltai Susan e Rod parlare con tono autoritario che non ammetteva repliche; stavano tentando di convincerlo –con le buone- ad uscire da casa loro. Nel sentire la parola “police” in mezzo a quel discorso, sbiancai.

-Lore, stai esagerando. Sue vuole chiamare la polizia, lascia…- La parola “stare” si perse nell’aria e la voce calma e razionale di Mel si interruppe.

-Che chiamino chi vogliono ‘sti inglesotti di campagna, io non mi muovo di qui.-

Ma era impazzito?! Sue avrebbe chiamato persino la polizia –logico, un tipo era entrato a forza a casa sua e minacciava di buttare giù una porta- e quello non faceva una piega?

Ma cos’aveva al posto del cervello, segatura?!

-Alice.-

Sussultai nel risentire il mio nome pronunciato in quel modo così…deciso ma al tempo stesso gentile. Così giusto.

-Apri, devo parlarti.-

Questa volta il “ti prego” c’era veramente, era solo nascosto e schiacciato sotto chili e chili di orgoglio maschile.

L’attimo dopo quelle parole, a rompere il silenzio ci fu solo il mio respiro pesante.

Voleva parlarmi. Eppure credevo non avesse niente da dire, pensai acida e ferita.

Gli occhi pizzicarono ed il cuore sprofondò nel petto quando valutai l’ipotesi di lasciare che arrivasse la polizia e di non ascoltare ciò che avesse da dirmi.

E se mi avesse ferita di nuovo? L’aveva fatto talmente tante volte...

Scossi la testa e una lacrima scivolò lesta sulla mia guancia; dovevo ascoltarlo, avrei avuto rimpianti per tutta la vita altrimenti.

La mia mano si mosse praticamente da sola, scivolò lentamente in basso, fino alla chiave che, dopo un sospiro, rigirai.

Speravo così di evitare altre figuracce con la mia host-family. Non volevo tirare in mezzo anche Sue e Rod e non volevo che la loro porta venisse buttata giù a causa mia.

Quello che vidi, una volta aperta la porta, mi sconvolse a tal punto da farmi girare pericolosamente la testa.

Déjà vu.

I capelli scarmigliati, bagnati –doveva aver iniziato a piovere-, le guance arrossate per via del freddo, il petto che si alzava e abbassava velocemente, quasi quanto la maniglia della porta un attimo prima, e gli occhi…gli occhi erano fuoco puro, nonostante fuori ci fossero due gradi in croce.

Quanto aveva corso sotto la pioggia? Pensai ai dieci minuti di camminata che io e Mel facevamo regolarmente ogni volta che scendevamo alla fermata dell’autobus.

Déjà vu.

Ginnastica in casa.

Quel pomeriggio aveva negato l’evidenza. Non aveva ammesso di aver corso come un forsennato solo per venire da me, preoccupato che mi fosse successo qualcosa dato che non rispondevo al telefono…che scusa avrebbe trovato in quel momento se gli avessi fatto una domanda simile?

-Hey little girl, is everything ok? Should I get rid of him?-

Spostai lo sguardo su Rod, stordita e confusa dagli occhi magnetici su cui si erano posati i miei poco prima.

Spremetti le meningi nel tentativo di formulare una frase in inglese di senso compiuto per rispondere alla domanda di Rod. In quel momento non riuscivo a parlare nemmeno in italiano, quindi pensare ad un’altra lingua era il doppio più difficile del solito.

-No, it isn’t necessary, thank you. Can you…- Incassai la testa nelle spalle imbarazzata, -Let us alone, please?- Le guance erano talmente bollenti da aver quasi fatto asciugare del tutto la lacrima di poco prima.

Volevo e non volevo al tempo stesso, restare da sola con lui: avevo paura di quello che avrebbe potuto dirmi e di crollare, come già successo, sotto i suoi occhi.

Avrei voluto che Mel restasse con me, come supporto, ma lei, dopo aver tranquillizzato Sue e Rod con il suo inglese stentato, mi sorrise incoraggiante e si girò per andarsene insieme a loro.

Bella stronza! Mi abbandonava così? Perché? E che cosa avrebbe voluto dire quel sorrisino?

-Dì quello che devi dire e poi vattene.- Mormorai, una volta rimasta sola con lui, sforzandomi di sostenere il suo sguardo. 

Esitò incerto per qualche secondo, poi, smosso forse dall’irritazione palese che stava prendendo sempre più forma sul suo viso, fece un passo in avanti e parlò, -Oh al diavolo il discorso di Lele, improvviso.- Borbottò.

Mio malgrado, alzai un sopracciglio confusa; e quello che voleva dire?

Troppo presa ad analizzare quella frase, mi accorsi della sua vicinanza solo quando mi sfiorò una guancia con le nocche della sua mano.

Colta completamente alla sprovvista e sbalordita da quel gesto, sgranai gli occhi allibita e mi allontanai fino a sbattere con la testa su un quadro di Parigi appeso al muro dietro di me. Il cuore batteva furiosamente nel petto, mentre toccavo la parte lesa e mi assicuravo con un’occhiata veloce che il quadro di Sue fosse sopravvissuto all’impatto.

Che cazzo gli era preso?! Aveva forse sbattuto la testa da qualche parte?! Mi stava sfottendo o cosa?! Lo guardai a fatica, sempre con lo sguardo di una che aveva appena visto un elefante rosa nel cielo.

Lui non sembrava troppo turbato dal mio essermi scostata, al contrario, aveva abbassato lentamente la mano rimasta ancora a mezz’aria e aveva abbozzato un breve e carezzevole sorriso.

Sorriso che, tra parentesi, mi irritò parecchio. Cazzo aveva da sorridere? Si divertiva così tanto? Già, certo, ero io quella che stava da schifo e che si stava rodendo il fegato.

I suoi occhi saettarono svelti dal quadro a me, -Quando hai bevuto, quella sera…- Iniziò improvvisamente nervoso, la fronte aggrottata e l’aria di uno che non aveva la più pallida idea di quello che stesse per dire. Sembrava comunque più che deciso a continuare per mia sfortuna, -Il giorno della mia festa di compleanno…-

Ricordai con un sussulto quella sera. O meglio, quello che accadde prima di quella folle bevuta con quella pazza di Bìa.

Inarcò un sopracciglio divertito, -Mi hai paragonato ad un principe.-

Uhssignur! E questa da dove usciva? Avevo davvero detto una stronzata del genere?

Arrossii fino alla punta dei capelli senza perdermi per un solo millesimo di secondo i suoi movimenti: forse neanche tanto involontariamente, stava facendo altri passi in avanti verso di me.

-Mi hai detto che non volevi più che ti evitassi,- Si fece improvvisamente serio e pensieroso, -E hai voluto che dormissi con te.-

Conficcai le unghie nei palmi delle mani e feci aderire completamente la schiena al muro per stare il più possibile alla larga da lui.

Perché mi stava dicendo quelle cose? Dove voleva arrivare?

-Sì, ricordo bene la storia,- Dissi acida come un limone.

-Perché, che è successo?-

-Mi hai detto che ti mancavo...Ed io ti ho spogliata...Abbiamo fatto l'amore così tante volte, come non lo facevamo da troppo tempo…-

-Mi hai scopata e riscopata, poi mi hai rivestita per non farti beccare dai miei genitori.- Sibilai a denti stretti.

-Ti ho rivestita per non farti scoprire dai tuoi genitori.-

Basta. Dio, come odiavo risentire quelle parole, come odiavo risentire la sua voce mentre le pronunciava.

Qualcosa di invisibile, bollente e soffocante mi stava circondando la gola come un wrestler e mi impediva di respirare. La testa girava e le mie gambe avrebbero ceduto, me lo sentivo.

-No.- Quel suo “no” deciso mi riportò alla realtà, -Non è successo niente quella sera.- Appoggiò le mani ai lati del mio viso per bloccarmi lì dove mi ero incastrata da sola, al muro, non appena cercai di sfuggirgli.

Il mio petto sfiorava il suo ogni qualvolta incameravo ossigeno, troppo spesso a dire il vero, visto che il wrestler invisibile mi aveva mollata e mi permetteva nuovamente di respirare, fin troppo velocemente.

Quella stupida morsa decise piuttosto di dedicarsi con più cura e attenzione al mio ventre, stritolato e in preda a fitte violente come sempre quando lui era così vicino. 

-Eri così ubriaca che immaginavo non ti saresti più ricordata niente il giorno dopo.- Un lampo indefinibile attraversò i suoi occhi, -Proprio per questo mi sono limitato a sdraiarmi vicino a te, come mi avevi chiesto.-

Come era semplice lasciarsi ingannare ancora una volta da lui, così vicino e così apparentemente…sincero.

Perché avrebbe dovuto semplicemente sdraiarsi vicino a me senza far nulla? Mi risultava piuttosto difficile credere che non avesse approfittato della situazione come mi aveva raccontato in precedenza.

-Avevo intenzione di andarmene non appena ti fossi addormentata, ma stavo così…bene che- Puntò gli occhi sul pavimento ed evitò con cura i miei, -Alla fine mi sono addormentato e la mattina dopo…- Si morse il labbro con forza, -Non ho avuto il coraggio di svegliarti, non sapevo cosa dirti.-

Dove vuoi andare a parare?

Avevo la testa ammassata di punti di domanda enormi ed il cuore che lottava per non farsi false speranze.

Non mi illudere.

-Non avrei dovuto farti credere di averne approfittato…- Disse piano, quasi stesse parlando da solo.

Lì ci sarebbe stato bene un “mi dispiace”. Peccato che, parlando di Lore, era difficile che si lasciasse andare a certe frasi e si scusasse.

Sbattei velocemente le palpebre, sforzandomi di non mostrare nessuna emozione e di trovare una spiegazione a tutta quella situazione irreale, -Quindi…sei venuto qui solo per dirmi questo?-

Scosse la testa ed avanzò con il viso, fino a fermarsi a soli pochi millimetri dal mio.

Era così vicino che se mi fossi mossa le mie labbra avrebbero sfiorato irrimediabilmente le sue.

Mi veniva da piangere. Perché nonostante tutto desideravo più di ogni altra cosa al mondo farlo. Sentire di nuovo il suo sapore, potermi aggrappare alle sue spalle come sempre e lasciare che fossero le sue braccia, strette forti intorno alla mia schiena, a sorreggermi.

Lo sentii mormorare un “cazzo”, prima di fissarmi di nuovo, così intensamente da farmi veramente, per la prima volta, sperare in una specie di…dichiarazione?

Cogliona, mi sto illudendo di nuovo, nonostante avessi giurato a me stessa di non farlo più.

Ma perché allora aveva corso sotto la pioggia per poter parlare con me? Cosa c’era di così importante da dire?

-Non sono portato per queste stronzate, non credo di aver mai detto nulla di vagamente…dolce,- Rabbrividì inorridito, neanche gli avessero appena proposto di mangiarsi uno scarafaggio, -Nemmeno a mia madre o alle mie sorelle.-

Ero ancora più confusa. –Io…non ci sto capendo nulla.- Ammisi afflitta.

Non si premurò di spiegarmi, andò avanti con il suo discorso senza senso, -Il paragone con il principe era quanto di più distante dalla realtà potessi trovare. Ho visto che tipo era quel Matteo. Tutto rose e cioccolatini…conciato come solo mio nonno potrebbe andare in giro vestito.-

Rose e…cioccolatini? Come sapeva delle rose e dei cioccolatini? La mia faccia mostrò alla perfezione i miei dubbi e lui, almeno a quella mia curiosità, rispose, anche se con una certa riluttanza, -L’ho chiesto a Mel.-

Istintivamente lanciai un’occhiata dietro la spalla di Lore, quasi pensando di trovarci Mel ad origliare. –Che cosa?- Traditrice, non mi aveva detto nulla!

Mi ignorò. Probabilmente per lui era più comodo farlo, per evitare spiegazioni imbarazzanti. -Io sono l’opposto.- Proseguì, staccando una mano dal muro e poggiandola al mio fianco in un gesto quasi…protettivo.

Fremetti come una cretina al contatto con le sue dita che, lievi e gentili, accarezzavano pian piano la mia pelle sotto la stoffa del mio pigiama.

-Non sono il tipo che porta la colazione a letto alla sua ragazza e la sveglia con un bacio, non sono il tipo che compra dei fiori, non sono il tipo che cucina,- Si accigliò, -Non sono neanche capace di farmi un toast senza bruciarlo.-

Mi ero persa dopo quel “non sono il tipo che cucina”. Non riuscivo a credere a quello che stava dicendo, quelle parole…

Il giro in carrozza…

-Sono allergico al pelo del cavallo, quindi niente giri in carrozza.- Arricciò il naso schifato al solo pensiero.

Il castello…

-Non abito in un castello, anzi, vivo in uno schifoso appartamento con i miei nella periferia della grigia, triste e piovosa Milano.-

Le scarpette di cristallo…

-Non credo esistano scarpe di cristallo, ma nel caso…con la mancia di mia madre dubito potrei comprartele.-

Un singhiozzo molto simile ad una risata uscì dalle mie labbra. Quelle erano le stesse identiche cose che avevo scritto in un mio tema alle elementari, “Il mio principe azzurro”.

Come faceva a sapere tutto quello se non lo aveva mai letto?

Solo poche persone lo avevano fatto a quanto ne sapevo: la maestra, mia madre, mio padre –che aveva assicurato con certezza che se la sua bambina avesse avuto bisogno di un principe, lui ci sarebbe sempre stato per renderla felice-, Ilaria, Daniela, Angelica e…Mel.

Avrei dovuto immaginarlo, Mel non sapeva proprio stare zitta e tenere per sé le cose. Lo aveva trovato nella mia libreria un pomeriggio che era venuta a trovarmi e lo aveva voluto leggere a tutti i costi.

Il fatto che quella traditrice glielo avesse riferito era oltremodo imbarazzante…di sicuro lui aveva pensato che fossi una cretina, illusa ed ingenua ochetta…quel tema andava bruciato…

-Perché mi stai dicendo tutto questo?- Lo accusai, spaventata da quello che sarebbe potuto succedere se mi fossi di nuovo fidata di lui.

Quelle erano solo parole…parole scritte anni e anni prima da una bambina piccola e sciocca, che sperava che il suo principe preferito, quello di Cenerentola, uscisse dalla televisione e la portasse nel suo castello.

-Perché…- Schioccò la lingua nervoso, poi, uno strano luccichio ravvivò i suoi occhi e l’attimo dopo le mie labbra si ritrovarono intente a muoversi su quelle di quel coglione patentato.

Colta alla sprovvista dalla foga di lui, diedi un altro colpo con la testa al muro dietro, ma non ci feci caso; mi avvinghiai a lui stile koala, desiderando che quel momento non finisse mai.

Lore. Lore. Lore.

Solo a questo riuscivo a pensare, il cervello si era incantato e ripeteva all’infinito lo stesso nome, seguito sempre dalla stessa frase.

Ti amo.

Tornai in me una volta infilata una mano fra i suoi capelli e l’altra sotto il suo giubbotto per accarezzargli la schiena.

D’istinto, gli morsi il labbro e strinsi la ciocca che avevo in mano con forza, per poi tirarla indietro fino a quando non si staccò completamente dalla mia bocca e mi permise di tornare a respirare.

Era un osso duro, ce ne avevo messi di tempo e di forza per farlo allontanare.

-Ah!- Fece portandosi una mano al labbro nel momento esatto in cui fu costretto ad arrendersi.

-Come…?- Iniziai, salvo poi accorgermi che c’era solo un modo per fargli capire quanto fossi indignata.

Fu una bella soddisfazione –come sempre del resto- colpirlo in viso con il palmo della mia mano. Non mi era mai piaciuta la violenza, eppure quando si trattava di lui provavo una strana sensazione, quasi di appagamento, nel ferirlo. Forse perché lui aveva fatto lo stesso con me, anche se le mie ferite non erano visibili dall’esterno.

-Come cazzo ti permetti?! Credi ancora di poterti prendere la libertà di fare quello che vuoi con me?!- Strillai, accaldata come una teiera sul fuoco, accantonando per un attimo il pensiero che sia Rod che Mel e Sue mi avrebbero sicuramente sentita. Se non altro i due terzi del “pubblico” non mi avrebbero capita.

I suoi occhi lampeggiarono di una rabbia non rivolta però a me, almeno così non sembrava, -Io lo voglio.-

Mi spiazzò per l’ennesima volta. Voleva cosa? Sembrava tanto un “sì” matrimoniale.

Lo voglio.

Come suonava bene.

-Voglio essere libero, Alice.-

Libero? Da me? Non fiatai, trattenni il respiro finché non riprese a parlare.

Non si avvicinò –saggia mossa- ma si vedeva lontano un miglio quanto stesse smaniando per farlo, cosa che in parte speravo facesse.

Stupida.

-Voglio essere libero di poter prendere a calci qualsiasi coglione osi sfiorarti o infastidirti.-

Non era quello che mi aspettavo di sentire e i miei occhi in fuori da blackmoor, lo stesso “grazioso” pesce nero con gli occhi sporgenti che aveva Daniela, dimostravano alla grande quanto fossi sorpresa.

-Voglio essere libero di poterti prendere e baciare quando voglio.-

 Rabbrividii di piacere al solo pensiero.

Quando voglio.

Anche in quel momento quindi?

-N-Non…- Balbettai tremando come un pulcino.

Il “ti avvicinare” non riuscii a pronunciarlo perché il suo braccio passò dietro alla mia schiena e mi attirò a sé come poco prima, -Voglio essere libero di poterti considerare mia.- Concluse appoggiando la sua fronte sulla mia.

-Voglio essere il tuo ragazzo.- Si liberò di quella frase con un sospiro, quasi si fosse tolto un enorme peso di dosso.

Di tutte le reazioni possibili, la risata isterica era senza alcun dubbio la più stupida. Purtroppo non potei trattenermi, gli risi in faccia così forte che per poco non lacrimai.

-Tu…? Stai scherzando? C’è una candid camera, vero?- Feci per sciogliere quella specie di abbraccio, ma lui non sembrò per nulla intenzionato a collaborare.

Socchiuse le palpebre, -Credi davvero che sarei capace di dirti questo per scherzo?-

Poggiai le mani sul suo petto per cercare di mettere distanza fra i nostri visi, -Ormai non mi sorprendo più di nulla quando si tratta di te.- Abbassai la testa a disagio.

Continuavo a dimenarmi come un pesciolino –il blackmoon di Daniela tornava sempre utile- nella rete, con scarsi risultati perché la libertà a cui agognavo non arrivò.

-Non mi crederesti nemmeno se ti dicessi…- Si bloccò titubante e chiuse gli occhi, cosa che feci anche io, con il cuore carico di aspettative.

Se ti dicessi…?

Stavo per prenderlo per le spalle e scuoterlo come una pazza isterica pronta per essere internata.

Cosa? COSA?!

-Che da quando mi hai dato quel cazzo di bacio in ascensore non riesco a toglierti dalla testa?-

Mi ero aspettata una continuazione diversa ad essere sincera, ma non rimasi delusa da quella, il suo sorriso rendeva dolce l’intera frase, compreso “quel cazzo”.

Non riesco a toglierti dalla testa.

Nemmeno io. Da mesi ormai. 

Quando mi resi pienamente conto di quello che aveva appena detto, rischiai seriamente il collasso.

-Che mi piacciono da morire i tuoi capelli, le tue braccia e il tuo profumo?- Sorrise, per un qualcosa che a me sfuggiva.

Braccia? Che c’entravano le mie braccia? Repressi l’istinto di esaminarle e di annusarle come un cane randagio e cercai di prestare attenzione a quello che doveva ancora dire.

-E che…- Il suo sorriso si spense e lasciò posto ad uno sguardo così intenso che fece automaticamente risalire le mie mani dal suo petto alle sue spalle per ridurre la lontananza far i nostri corpi.

Sbuffò e un adorabile broncio prese forma sul suo viso, –Insomma, tutto questo solo per dirti che…- Si passò una mano fra i capelli in un gesto molto teatrale, -credo…di essere innamorato di te.-

Il mio corpo si immobilizzò ed ebbi quasi la sensazione che fosse successa la stessa cosa anche al mio cuore.

Fossi stata in ospedale probabilmente il monitor avrebbe segnato una luuunga linea dritta, come succedeva nei film quando crepava qualcuno…

Oddio, ero morta? Un infarto? Da piccola mi ero vista tutte le cassette di “Esplorando il corpo umano”, ma nessuna di quelle mi aveva preparata ad una reazione del genere, nessuna di quelle spiegava che cosa succedesse al cuore dopo una frase come quella.

Sentii il rimbombo di quelle parole nella mia testa così tante volte che pensai di essermelo immaginato.

Capita, no? Che la mente giochi brutti scherzi e che ci faccia sentire quello che vorremmo sentirci dire.

-Sono fottutamente innamorato di te, Alice.- Sbatté le palpebre sorpreso, come se si stesse rendendo conto solo in quel momento dell’autenticità delle sue parole.

Era impossibile non credergli. Impossibile provare anche solo a pensare che stesse mentendo, perché si vedeva che era maledettamente sincero. Aveva usato lo stesso tono deciso di quando mi aveva detto quel “Sei mia” mesi prima. Senza alcuna esitazione.

Per me fu come ricevere un altro colpo dritto al petto, sentivo distintamente i battiti impazziti del cuore in ogni singola vena.

Oh allora sono viva…

Si schiaffeggiò leggermente la fronte con la mano libera,-Non so nemmeno da quanto, so solo che le cose stanno così. E che mi ci sono voluti due amici più coglioni di me per accorgermene.-

La sua fronte si aggrottò sempre di più mentre il soffitto e la sua faccia diventavano sempre più lontani.

-Alice?-

Alice ‘sto cazzo! Prima mi ammazzi con un’uscita del genere e poi ti preoccupi?!

Le mie gambe si stavano afflosciando come se il mio scheletro osseo fosse sparito tutto d’un tratto, se non ero ancora col culo a terra era solo grazie al suo braccio che mi sorreggeva.

-Perché adesso?- Dissi a voce così bassa che stentai a credere che mi avesse sentita.

Sono fottutamente innamorato di te, Alice.

Scossi la testa e lo bloccai con un –Basta!- ancor prima che mi rispondesse. Sembravo una psicopatica, ma quella frase mi aveva psicologicamente e fisicamente sconvolta.

Quando capì che era inutile continuare a sorreggere un sacco di patate, lasciò che mi sedessi lentamente sulla moquette per poi fare lo stesso, -Perché non voglio perderti.- Soffiò troppo serio, a soli pochi millimetri dal mio viso.

Perché non voglio perderti.

Poteva il proprio corpo sciogliersi come ghiaccio al sole?

C’era però ancora una parte di me che si rifiutava di credergli: il cuore. Lo stesso organo che stava pompando sangue così velocemente da rischiare di esplodere.

E se il cuore fosse scoppiato avrebbe spappolato tutto il resto, mi avrebbe definitivamente distrutta…senza contare che con un cuore ridotto in poltiglia non sarei riuscita a vivere. Per quello non potevo permettermi di credere a quello che stava dicendo.

-Sono stato un coglione, lo so…- Si vedeva lontano un miglio quanto stesse facendo fatica ad insultarsi da solo, neanche stesse scalando l’Everest e avesse il fiatone. Al solito: stupido orgoglio maschile.

Si mordicchiò il labbro, il tono di voce leggermente ansioso, -Solo immaginarti con qualcuno che non sia io mi manda il sangue al cervello, mi ha sempre mandato il sangue al cervello…pensare a quelle cazzo di mani di Matteo su di te…- La sua presa sul mio braccio divenne più forte.

Alzai la testa di scatto facendolo sussultare, -Perché, credi che l’idea di quella Bìa o di quella Anna che spalmavano le loro cazzo di tettone addosso a te mi rendesse felice?!-

Animata dalla rabbia, mi rimisi in piedi e lo sovrastai, -Credi che non sia stato frustrante per me sognare di fare l’amore con te ogni notte e svegliarmi da sola, nel mio letto, sudata e accaldata?!-

Ma stavo davvero dicendo cose del genere ad alta voce? Sì, a giudicare dal suo sorriso.

-E non fare quel tuo cazzo di solito sorrisino, eh!- Mi infiammai; difficile dire se fossi più imbarazzata o più incazzata.

-Cos’è, ti fa sentire così figo sentirti dire queste cose?!- Lo spintonai con tutta la mia forza e fece un piccolo passo indietro: ebbi quasi l’impressione che il suo fu solo un gesto compassionevole, un contentino, visto e considerato che con i miei muscoli gelatinosi, mi era sembrato quasi di colpire un muro.

-Ho pianto per mesi, sono stata trattata più volte come una puttana e, come regina delle beffe, mi sono innamorata di te che passavi dall’ignorarmi al trattarmi quasi…- Avvampai e frenai a stento l’istinto di mettermi le mani in faccia come una bimbetta per nascondermi, -Con dolcezza…- Conclusi sommessamente.

Mi morsi l’interno guancia, -E adesso, adesso, vieni a dirmi che mi ami?- Non riuscii a dirlo senza una punta di imbarazzo.

Mi ami.

Lui.Amare.Me.

Il cervello mi aveva abbandonato ormai, il Furby della mia cuginetta aveva di sicuro un quoziente intellettivo superiore al mio…

Avessi avuto uno specchio davanti –ed un cervello funzionante-, mi sarei vergognata da morire delle mie condizioni pietose.

Il pigiama di Hello Kitty era a dir poco vergognoso, per non parlare del sorriso da idiota che mi era spuntato sulle labbra salate e bagnate dalle lacrime dopo aver detto quell’ultima frase.

Nessun sorriso odioso, nessuna traccia di sarcasmo nella sua voce, solo…dispiacere, -Sì.-

-Tu sei matto.- Brontolai, asciugandomi le lacrime con una veloce passata di mano, -E io ti odio.-

Lui annuì più volte pensieroso, -E pensi di poter stare con un ragazzo che odi?- Il nervosismo era svanito e aveva lasciato il posto ad un sollevato mezzo sorriso non appena mi aveva visto annuire a mia volta.

Non sarebbe stato semplice stare con lui: era eccessivamente geloso, idiota, immaturo, stronzo e…ed era lui, punto. Mi ero innamorata di lui così come era. Geloso, idiota, immaturo e stronzo. Fosse stato diverso, le cose sarebbero andate diversamente.

-Sarà difficile…ma immagino che si possa fare.- Feci una smorfia indifferente.

Lasciai, senza che l’emozione prendesse il sopravvento su di me, che la sua mano mi cingesse la vita e mi stringesse a sé in un semplice abbraccio.

Non potevo mettermi a saltare come una bimbaminchia, né potevo strozzarlo come invece avrebbe voluto fare l’altra parte di me.

Alice innamorata vs. Alice incazzata e ferita.

Chi avrebbe vinto?

-Anche se ti ci vorrà più di questo discorso delirante e improvvisato per farti perdonare.-

Le sue labbra, affondate nei miei capelli, protestarono vigorosamente, -Come delirante? Non faceva una piega! Contando poi che non me l’ero preparato!-

-E si vedeva…-

-Ah-ah.- Permalosetto…

Restammo così per qualche altro secondo, non mi rendevo ancora conto di quello che fosse successo.

-Questa non sarà una fiaba.- Dissi fra me e me sovrappensiero, tenendo sempre a freno l’entusiasmo. Lo avrei lasciato andare una volta rimasta da sola nella mia camera…magari saltando sul letto e salendo sui mobili, prendendo a pugni il cuscino, o gridando come una pazza a squarciagola ridendo e piangendo insieme. Cose da diciassettenne innamorata, cose ridicole che si vedevano solo nei film insomma.

-Sarà un bel casino.- Aggiunse lui, senza staccare di un solo centimetro le sue labbra dal mio orecchio. 

Lo stomaco si aggrovigliò nel sentire quel sospiro caldo sulla mia pelle, -Anche perché al posto del principe c’è uno stronzo.- Dissi allusivamente.

Lo sentii sorridere, -E al posto della principessa c’è una nanerottola isterica.-

Arcuai un sopracciglio, -Toglimi una curiosità…- Sorvolai su quel “nanerottola isterica”, ero troppo su di giri in quel momento per prendermela, -Che cosa prevedeva che dicessi il discorso di Lele?-

Oh al diavolo il discorso di Lele, improvviso.

Si irrigidì, -Credimi…non vuoi saperlo.- Scosse la testa divertito e inorridito al tempo stesso.

No, decisamente preferivo non saperlo. Il discorso contorto che aveva fatto lui mi sarebbe bastato per un bel po’.

 

 

*Note dell’autrice*

 

Siete autorizzate ad uccidermi per il finale più brutto del secolo…so che non è così che vi aspettavate il tutto e nemmeno io avrei voluto scriverlo così, nella mia testa era molto più bello.

Spero almeno di recuperare con l’epilogo dove, come avevo promesso, si vedrà anche Emily, la bambina della host-family di Lore, e si capirà il perché del bacio di Teo.

Ah e spiegherò come Lore e Vergata hanno fatto pace, dimentico sempre di scriverlo quel pezzo >.<

Ringrazio di cuore tutte le meravigliose ragazze del gruppo su facebook che hanno atteso trepidanti questo capitolo e spero di averle deluse meno di quanto pensi…

Vi mando un megabacione e vi aspetto –sempre che non vi avrò fatto odiare la storia con questo….coso chiamato capitolo- per l’epilogo, dove Lore e Ali saranno una coppia –un po’ cretina visto i soggetti: lo stronzo e la nanerottola isterica fissata con i principi- e dove ci saranno momenti a rating mooolto arancioni ;) Come dire, saranno una coppia a tutti gli effetti :P

La vostra Bec

   
 
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