Era
un ragazzo durante il suo periodo tardoadolescenziale. Aveva problemi? Certo
che ne aveva. Ma non erano quel genere di problemi tipici dei ragazzi comuni,
come non avere una ragazza o andare male a scuola. No.
Lui desiderava la morte. Non sopportava più di vivere in una
società così marcia, nella quale vigevano le sole regole dell’ “apparire” e
della “superficialità” e il resto non conta più nulla.
Vedeva ogni giorno ragazzi che stavano a loro agio nella
mediocrità, che rimanevano fra la massa e non facevano nulla per distinguersi.
Quando pensava a loro gli tornavano sempre in mente gli ignavi della Commedia
dantesca, e in effetti era proprio così che si comportavano.
Stava
pensando da tempo di fare quell’unico gesto che avrebbe masso fine alla sua
esistenza. Si sentiva un alieno in un mondo comandato da politici corrotti, da
marche d’abbigliamento, dalla televisione, dall’apparenza.
Se ne stava lì seduto sul tetto di un palazzo: risarebbe buttato
di sotto di lì a poco, se in quel momento non l’avesse raggiunto un vecchio.
Non avrebbe saputo dire che età avesse perché, malgrado le rughe, nei suoi
occhi azzurro ghiaccio balenava ancora una viva scintilla.
L’uomo, come se già avesse vissuto quel momento, capì subito
cosa stava per succedere. Si avvicinò al ragazzo e si sedette vicino a lui su
quel tetto.
Il giovane smise di chiedersi come e perché fosse arrivato lì
proprio in quel momento e si limitò a fissare quella scintilla, la stessa che
aveva perduto tempo prima.
Ad un tratto, come se fosse sempre stato così, il ragazzo gli
rivolse la parola e gli raccontò tutto: i suoi dubbi, il suo progressivo
distacco dal mondo, la sua rassegnazione.
Il vecchio ascoltò in silenzio e, dopo che ebbe concluso, guardò
il ragazzo negli occhi e gli disse: “Ho visto la guerra, ho visto il dolore, ho
visto negati i miei diritti di essere umano. Cosa sarebbe successo se mi fossi
arreso? La rassegnazione non serve. Non è con la tua morte che risolverai la
situazione; è facile arrendersi e scaricare il peso della vita sugli altri. Se
davvero vorresti che le cose cambiassero allora lotta con tutte le tue forze;
se tutti fossero come te non cambierebbe mai nulla”.
Rimasero un po’ in silenzio ad osservare la gente che alienata
viveva la propria vita.
Al vecchio tornarono in mente il terrore e l’odore del sangue
dei suoi compagni partigiani morti per la libertà. Gli occhi gli brillarono
ancora di più e, guardando quel ragazzo, ricordò la sua fanciullesca
incoscienza, la voglia di fare, di cambiare, ogni momento della sua vita
vissuto alla giornata. Il ragazzo ammirava quel vecchio, ammirava la sua tempra
e la sua brama di vita.
Si chiese se davvero fosse giusto rinunciare in partenza senza
neanche provare.
Erano lì, il giovane e il vecchio, così distanti eppure così
vicini, due facce di una stessa medaglia che tendevano a completarsi, pronti ad
attingere l’uno dall’altro.
Scesero insieme dal tetto del palazzo.
Una
volta arrivati giù in strada si salutarono.
“Grazie per avermi ridato un po’ della mia gioventù”.
“ Grazie per avermi dato un futuro”.
Si separarono e ognuno proseguì per la sua strada.