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Autore: mindyxx    15/06/2011    15 recensioni
Dal capitolo 1: Arthur e Merlin, dopo aver sconfitto il drago, tornarono al castello. Mentre camminavano, osservarono la devastazione intorno a loro. L’ultima incursione della creatura incantata aveva provocato seri danni alle abitazioni. Piccoli falò ardevano sprigionando dense nubi fosche che s’innalzavano in cielo rendendo il paesaggio notturno ancora più tetro e lugubre. A terra si contavano innumerevoli corpi senza vita di chi aveva cercato di combattere o, semplicemente, di chi aveva provato a fuggire senza riuscirci.
Dal capitolo 2: Nonostante fosse completamente ubriaco, Arthur riuscì a tenerlo fermo e, sorridendo, posò le labbra sulle sue per un bacio innocente.
Passarono alcuni secondi, un paio non di più, poi, lentamente, Arthur si scostò e, rivolgendo a Merlin un sorriso ebete, parlò con voce impastata dall’alcool. «Se tu fossi una fanciulla saresti proprio carina, Lady Merlin, e da questa stanza non usciresti illibata».
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gwen, Lancillotto, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Disclaimer: i personaggi descritti non mi appartengono. La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per semplice divertimento personale.
Warning: slash
Genere: commedia, romantico, avventura (ecc. ecc.)
Personaggi: Arthur - Gwen - Merlin - Lancillotto









Capitolo 18


Camelot, quindici anni dopo.

La porta della sala del trono si aprì nuovamente e sulla soglia comparve Lancelot.
L’uomo si avvicinò a Merlin e lo abbracciò, felice di rivederlo dopo tanto tempo, poi afferrò la mano che Arthur gli stava porgendo e gliela strinse con forza. «È bello rivedervi sire».
Arthur sorrise, nonostante fossero trascorsi quindici anni dal giorno in cui le vite di tutti loro erano cambiate radicalmente, Lancelot non aveva smesso di rivolgersi a lui con il suo titolo nobiliare, un titolo che non gli apparteneva più da tre lustri, ma Lancelot non poteva impedirselo. Anche lui, come Merlin e Gwen, vedeva Arthur con il suo vero aspetto e lo considerava l'unico sovrano di Camelot, e neppure se avesse governato cento anni in sua vece sarebbe mai riuscito a eguagliarne il valore e si sentì ancora più grato perché Arthur aveva riposto in lui tanta fiducia da cedergli la sua vita e il suo regno.
Un leggero sbattere di ali richiamò l’attenzione dei presenti.
Dalla finestra, lasciata volutamente aperta, entrarono due splendidi corvi neri che si posarono sul pavimento. In pochi istanti i due uccelli presero le sembianze di Morgana e Morgause.
Senza parlare la strega bionda fece un cenno ad Arthur e Lancelot, e insieme si accostarono al trono dove Arthur si accomodò mentre Lancelot rimase in piedi al suo fianco.
L’incantesimo, finalmente, poteva essere pronunciato.



Presente.

Morgana si avvicinò a Gwen per sciogliere la malia che la teneva imprigionata in un sonno magico. Quando la futura regina aprì gli occhi, vedendo la donna china su di sé si scostò, visibilmente spaventata.
Immediatamente si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa da usare per difendersi, e vide Merlin vicino a Lancelot. Il cavaliere si stava massaggiando la testa, poi spostò lo sguardo poco più in là e vide Arthur.
Con enorme sollievo notò che stavano bene.
Confusa afferrò la mano che Morgana le stava tendendo e lasciò che l’aiutasse ad alzarsi.
Disorientata, osservò la giovane donna che le sorrise dolcemente. «È tutto a posto», la rassicurò Morgana. «Arthur sta bene, e anche Merlin e Lancelot stanno bene. Non c’è molto tempo per le spiegazioni quindi cercherò di essere concisa».
La strega fece un cenno a Lancelot che si avvicinò in modo che potesse sentire le sue parole e spiegò brevemente quanto successo nella radura e quanto sarebbe successo in futuro.
«Per il momento questo è tutto», concluse Morgana esortandoli a muoversi. «Il resto lo saprete quando arriveremo a destinazione. E adesso andiamo, dobbiamo riprendere il viaggio».
Durante il tragitto Gwen, in sella al proprio destriero, osservò i membri del gruppo. Non riusciva a credere che sarebbe stata capace di uccidere Arthur per vendicare la morte dell'uomo che amava.
Scacciata l'immagine di Lancelot steso a terra morente, si concentrò su Arthur. Il giovane sovrano guidava la comitiva e Merlin era al suo fianco.
Un sorriso triste le tese le labbra e sospirò. Era lui la persona che Arthur amava, la persona che avrebbe dovuto rimpiazzare in quel matrimonio privo d’amore e la cosa non la stupì. Li aveva visti insieme tante volte, aveva visto come si divertivano, era palese che si amassero, com’era palese che avessero sofferto ogni giorno perché consapevoli che il loro era un amore proibito destinato a rimanere solo un sogno.
Distolto lo sguardo dagli amici, Gwen lo indirizzò verso Morgana. La strega aveva detto che Arthur avrebbe compiuto un sacrificio per il bene di tutti loro, ma a cosa avrebbe rinunciato?
Diversi interrogativi le passarono per la mente e avrebbe voluto una risposta immediata, ma decise di attendere finché Morgana non fosse stata pronta a parlare e così continuò a seguire il gruppo e, posato lo sguardo su Merlin, sorrise tristemente.
Il suo caro amico, il giovane goffo che tutti credevano un servo idiota, e per il quale nutriva un profondo affetto, era un mago, un potente stregone che si era esposto innumerevoli volte solo per aiutare lei e le persone che amava e pensò al futuro, ma non riuscì a odiarlo per averle taciuto i suoi sentimenti per il re; anche Merlin, come lei, amava una persona che il destino gli aveva negato e non lo biasimò per essersi lasciato andare e per aver accettato di vivere un attimo di felicità, anche se, a causa di quell'unica debolezza, tutti loro avrebbero pagato con la vita.

*****

Al calare delle tenebre i cinque viandanti si rifugiarono all'interno di una grotta.
Accesero un fuoco e, dopo un frugale pasto, si sedettero attorno al falò per ripararsi dal freddo.
Merlin ravvivò la fiamma e Arthur si sedette accanto a lui pronto a svelare agli amici ciò che ancora non era stato detto. Mancava poco alla meta e ciascuno di loro doveva sapere quale fosse il proprio compito.
Guardò la sorella che annuì. Morgana voleva fosse lui a parlare e, stretta la mano di Merlin nella propria, Arthur osservò Gwen e Lancelot, pronto a informarli su come il destino di tutti loro stava per cambiare. «Morgana vi ha parlato del futuro e di quanto accadrà a causa dei sentimenti che provo per Merlin e dei quali non mi vergogno», esordì stringendo con più forza la mano dell'uomo che amava. «Purtroppo, come re di Camelot non posso amare un uomo e dovrò sposare Gwen, una persona che stimo ma che non amo, e che a sua volta non mi ama poiché il suo cuore è già impegnato, e questo ci porterà alla rovina. Morgana mi ha spiegato come fare per impedire che ciò avvenga ed io ho deciso di accettare la sua proposta. Merlin è d’accordo, manca solo il vostro consenso. Se ve la sentirete, da domani le nostre vite cambieranno e non sarà possibile tornare indietro».
Arthur prese fiato, ciò che stava per dire gli sembrava pazzesco, e sotto alcuni aspetti anche ridicolo, ma era l’unico modo per evitare una tragedia annunciata.
Sempre stringendo la mano del giovane amante, come a voler sottolineare che non si curava del giudizio altrui e non avrebbe mai rinnegato il suo amore, riprese il discorso osservando con interesse le varie espressioni dei presenti che ascoltavano increduli e confusi. «Domattina Morgause si unirà a noi e insieme raggiungeremo Gilead. Il giorno successivo coincide con il mio ventiduesimo compleanno. Se non giurerò dinanzi allo stregone dell’isola che io e i miei eredi rispetteremo la magia, allora morirò tra mille tormenti e il popolo di Camelot sarà distrutto, ma io non ho intenzione di fare quel giuramento. Sarà Lancelot a giurare al mio posto».
«Io?» chiese Lancelot perplesso, incapace di comprendere per quale motivo il giuramento dovesse farlo lui.
«Non essere stupito», gli disse Arthur e sorrise. «Non per così poco. Aspetta di sentire il resto e nulla più ti stupirà!» Rivolta un'occhiata complice alla sorellastra, Arthur riprese il discorso. «Morgause, aiutata da Merlin e Morgana, farà un incantesimo; il futuro verrà stravolto e anche le nostre esistenze». Schiarita la voce Arthur osservò Lancelot. «Grazie all'incantesimo tu assumerai le mie sembianze e accompagnerai Gwen nella cappella, berrai dall'ampolla e farai il giuramento. In seguito la vostra unione verrà benedetta dallo stregone e tutti noi saremo liberi di tornare a casa. Rientrati in patria, il vostro matrimonio verrà celebrato davanti al popolo. Da quel momento diventerete Re e Regina di Camelot».
Di nuovo Arthur si interruppe per osservare gli amici che erano rimasti a bocca aperta per lo stupore e, concessi loro alcuni secondi, riprese il discorso per concluderlo. «Ovviamente Lancelot apparirà agli occhi di tutti, fatta eccezione per i presenti, con il mio aspetto e ciò comporta che anch’io assuma altre sembianze che mi permettano di continuare a vivere alla luce del sole senza dovermi nascondere per paura di essere riconosciuto; due Arthur Pendragon non potrebbero coesistere. E questa è la parte dell’incantesimo che mi disgusta e che vorrei cambiare». Arthur rivolse a Morgana un'occhiata supplice, ma sul bel viso della sorella apparve un sorriso divertito che non gli sfuggì. «La cosa ti diverte, vero?» chiese sbuffando.
«Non sai quanto», rispose Morgana.
«Sei davvero una strega», masticò a denti stretti Arthur. «Mi vuoi ripetere perché dovrò assumere le sembianze di una donna?»
Morgana allargò le braccia e fece spallucce. «Vuoi o non vuoi stare con il tuo bel maghetto?» chiese con tono ovvio. «Con le sembianze di una donna tu e Merlin potrete vivere il vostro amore proibito alla luce del sole».
Arthur annuì. «Grazie sorella, avevo bisogno di riascoltare la motivazione per cui sto accettando di diventare Morgause».
L’idea di essere visto da tutti come una donna non lo rendeva felice, però era anche vero che le sembianze della strega gli permettevano di stare con Merlin alla luce del sole, inoltre la donna non era una fanciulla indifesa e assumendo il suo aspetto avrebbe potuto partecipare ai tornei e farsi beffa di molti cavalieri.
Pensando a Morgause, Arthur si sentì in difetto. L'aveva mal giudicata. Di tutti era l'unica a non guadagnarci nulla eppure aveva accettato di rinunciare alle sue sembianze per permettergli di vivere al fianco di Merlin.
«E sia», disse finalmente mettendo da parte lo stupido orgoglio poi fissò Merlin, guardandolo con gli occhietti ridotti a due piccole fessure e un’espressione maliziosa che non sfuggì ai presenti. «Non farti venire strane idee. Donzella o no, continuerò a essere io l’uomo di casa!»
Merlin sentì su di sé gli occhi dei presenti, e il suo viso, solitamente pallido, assunse un bel colorito rosso porpora. «Sire, siete un somaro», sussurrò e una sonora risata accolse le sue parole.
Qualche secondo più tardi, ricevuta da Merlin una gomitata nel costato, Arthur finalmente smise di sghignazzare e si concentrò su quanto ancora doveva essere detto. «Ogni anno, nel giorno del mio compleanno, il mio spirito e quello di Morgause si scambieranno. Io entrerò in lei e per quell’unico giorno assumerò il controllo del suo corpo. Così come lei farà con il mio perché in quel giorno l’incantesimo dovrà essere replicato per mantenere viva la malia che ci permetterà di nascondere le nostre sembianze agli occhi di tutti».
Terminata la parte di sua competenza, Arthur lasciò la parola a Morgana affinché spiegasse il ruolo della sorella. «Perché l’incantesimo produca gli effetti desiderati, serve che sia recitato da tre stregoni e uno dei tre dovrà fare da tramite tra Arthur e Lancelot. Morgause sarà il tramite. L’incantesimo durerà pochi minuti, ma lo spirito di mia sorella dovrà restare nel corpo di Arthur per tutto il giorno perché è l’unico modo per permettere alle sue spoglie mortali di resistere alla potenza della malia durante l’incantesimo. Se Morgause non si curasse del suo corpo, Arthur non riuscirebbe a resistere alla forza che lo attraverserà e morirebbe».
Informati i presenti dell'ultimo tassello, Morgana e Arthur rimasero in silenzio e osservarono Gwen e Lancelot; affinché l'incantesimo potesse avere effetto mancava la loro approvazione.
Il primo a parlare fu Lancelot, ancora incredulo che Arthur volesse rinunciare al trono offrendo a lui e a Gwen, oltre alla possibilità di vivere insieme, un futuro da leader. Un futuro per il quale non credeva di essere pronto. «Voi non potete dire sul serio», esordì sconvolto. «Io non potrei mai governare Camelot al vostro posto. Non sono nemmeno un nobile, non sono niente, e non ho le capacità per fare ciò che mi chiedete».
Arthur sorrise, in fondo lui era stato allevato sapendo che un giorno il regno sarebbe stato suo, era stato preparato sin dalla culla ad assumersi la responsabilità del popolo e poteva capire che Lancelot fosse terrorizzato all'idea che tutto sarebbe ricaduto sulle sue spalle entro pochi giorni. Chi non lo sarebbe stato?
Se Lancelot avesse accettato senza fiatare, significava che non aveva capito l’importanza di quanto stava capitando e, una volta ancora, Arthur si convinse di aver fatto la giusta scelta. Lancelot sarebbe stato un sovrano buono e pronto a sacrificarsi per il bene del regno.
«È vero», annuì Arthur. «Tu non sei nobile, ma sei un uomo onesto. Sei valoroso e sai cosa è giusto e cosa non lo è. Inoltre avrai Gwen al tuo fianco e lei ti aiuterà. Se dovessi avere bisogno di me, ti basterà chiamare ed io verrò. Sono sicuro che sarai un ottimo sovrano. Se non lo pensassi, non avrei mai accettato di consegnarti il mio popolo».
Lancelot ascoltò ogni parola senza emettere un fiato. Aveva il viso di un pallore incredibile, come se stesse per sentirsi male. Aveva paura, una paura folle di non riuscire a essere ciò che tutti si aspettavano da lui.
«Se io posso fingere di essere una donzella per i giorni a venire, allora tu puoi fare il re», lo spronò Arthur per cercare di infondergli coraggio e finalmente sul volto di Lancelot comparve un tenue sorriso.
«Accetto», dichiarò il giovane cavaliere con un filo di voce e, sigillato l'accordo con una stretta di mano, il discorso venne chiuso e tutti loro si stesero accanto al fuoco per cercare di dormire. La giornata era stata lunga e ricca di emozioni e avevano bisogno di riposo prima di affrontare l'ultima prova.



Camelot, 15 anni dopo.

Morgause fissò Arthur per un breve istante poi allungò una mano e l’uomo gliela strinse. Il rituale che li avrebbe uniti stava per iniziare per il quindicesimo anno consecutivo.
Gli occhi della donna divennero color oro e nella stanza scese l’oscurità.
Merlin, a pochi passi da loro, levò le braccia al cielo e Morgana lo affiancò. Non c'era tempo per i convenevoli, dovevano agire in fretta.
Il mago pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta e, mentre i suoi occhi mutavano diventando color oro, una luce accecante lo avvolse.
Merlin risplendeva nell’oscurità creata da Morgause, e Arthur guardò ammaliato la sua esile figura, incantato dalla sua bellezza eterea che lo faceva sembrare una divinità.
Parecchie volte lo aveva visto far uso della magia, ma solo per piccoli incantesimi. In quel giorno particolare Merlin mostrava tutto il suo potere. Un potere infinito che avrebbe potuto usare per diventare la creatura più importante di ogni regno, ma che aveva sempre tenuto nascosto poiché l’unica cosa che voleva dalla vita era vivere al suo fianco.
Arthur lo guardò ammirato e felice perché quell’uomo così potente aveva rinunciato a tutto per stare con lui e sentì di amarlo sempre più.
Mentre si lasciava trasportare dai pensieri, Arthur vide Morgana estrarre una piccola ampolla dalla veste e consegnarla a Merlin che bevve parte del liquido in essa contenuto.
Ripresa l'ampolla dalle sue mani, anche Morgana bevve un piccolo sorso. Immediatamente fu circondata dalla stessa luce che avvolgeva il corpo del mago e insieme tesero le mani verso Morgause.
Dal palmo di entrambi si sprigionò un bagliore dorato che avvolse il corpo della strega bionda.
La donna afferrò il pugnale, che portava sempre con sé, e si procurò un piccolo taglio al polso. Con lo stesso coltello procurò il medesimo taglio al polso di Arthur e avvicinò le due ferite in modo che il sangue dell’uno potesse mischiarsi al sangue dell’altra.
Pochi attimi e il corpo di Arthur fu scosso da fremiti incontrollabili finché smise di muoversi e si accasciò sul seggio reale. Il suo spirito era entrato nel corpo di Morgause mentre le sue spoglie umane giacevano sul trono apparentemente senza vita. Gli faceva sempre effetto vedere se stesso in quella condizione, con gli occhi chiusi, la testa abbandonata sulla spalla, come se stesse guardando il proprio cadavere.
Ancora qualche secondo e il corpo si mosse. Lo spirito di Morgause si era trasferito in lui e vi sarebbe rimasto per l’intera giornata fino allo scoccare della mezzanotte.
Ora la strega poteva portare a termine l’incantesimo.
Alzò il braccio e, dopo aver ferito Lancelot, avvicinò i tagli.
Nell’attimo in cui vi fu il contatto, Morgause si voltò verso Merlin. Era giunto il momento che tutti attendevano.
Il mago si avvicinò e la donna posò la propria mano destra sul suo torace. Subito fu investita da una forza devastante. Se vi fosse stato lo spirito di Arthur nel corpo, l’uomo non avrebbe sopportato tanto potere e sarebbe morto.
Dopo attimi che parvero eterni, Morgause riuscì a riprendere il controllo del corpo che stava possedendo e poté continuare il rituale.
Una piccola parte del potere assorbito da Merlin fluì nel sangue di Lancelot e l’uomo sentì un calore improvviso, segno che l’incantesimo stava producendo gli effetti sperati.
Ancora qualche istante e Morgause lasciò liberi dal suo tocco sia Merlin che Lancelot. Il rito era concluso.
Per il successivo anno, Lancelot avrebbe mantenuto le sembianze di Arthur agli occhi del mondo e avrebbe continuato a governare su Camelot.
Una leggera brezza spazzò l’oscurità e i presenti assistettero, come ogni anno, al momento peggiore, il momento in cui Merlin, svuotato della sua forza, si accasciava al suolo privo di conoscenza. Fino allo scoccare della mezzanotte non avrebbe ripreso i sensi. La magia doveva tornare lentamente a scorrere nelle sue vene e sarebbe rimasto in uno stato di morte apparente ancora per parecchie ore.
E così, come ogni anno, Merlin venne portato in una stanza dove nessuno lo avrebbe disturbato e Morgause lo accompagnò per concludere il rituale e rendergli il suo potere.
Appena la porta si chiuse alle loro spalle, Arthur si appoggiò al muro e si lasciò cadere a terra. Odiava l'incantesimo poiché sapeva che durante il rituale Merlin era sottoposto a una pressione tale che avrebbe potuto ucciderlo. La paura che non si destasse dallo stato di trance lo devastava ed era il vero motivo per cui, in quel particolare giorno dell'anno, era sempre di pessimo umore.
Non c'entrava nulla l'essere costretto nel corpo della strega per circa ventiquattrore, era la paura di perdere Merlin che lo rendeva intrattabile.
Seduto a terra ricevette l'abbraccio di Gwen e la stretta di mano di Lancelot. I sovrani dovevano tornare ai loro compiti abituali e velocemente si allontanarono.
Rimasto solo Arthur posò la testa al muro e chiuse gli occhi. Era teso e più nervoso del solito. Un brutto presentimento si era insinuato nella sua mente sin dalle prime ore del giorno e non voleva lasciarlo.
Percepita la sua angoscia, Morgana si sedette al suo fianco e gli afferrò la mano. Restando appoggiato alla parete, Arthur non avrebbe potuto fare nulla per aiutare Merlin, quindi lo condusse nella torre del castello dove poter parlare senza essere disturbati.
«Quando quindici anni fa arrivammo nei pressi di Gilead, avevo il cuore che batteva all’impazzata», sussurrò Arthur. «Avevo una paura folle, anche se non lo dissi a nessuno». Sedutosi a terra, Arthur incrociò le braccia dietro la testa. «Ricordo che ci fermammo sulla riva del lago e ci preparammo per il rituale. Ricordo Merlin che risplendeva di una luce brillante, proprio come oggi, e ricordo che pensai fosse l’apparizione più bella che avessi mai visto e capii che stavo facendo la cosa giusta, che lo amavo e che finalmente avrei avuto la possibilità di stare per sempre con lui. Quando Morgause entrò nel mio corpo, ed io nel suo, fu strano, ma non fu la cosa peggiore che accadde. Il brutto fu vedere Merlin cadere a terra privo di sensi. Non me lo aspettavo. Sembrava morto. Ti assicuro che in quel momento il mio cuore si fermò e, ogni volta che dobbiamo ripetere l’incantesimo, sto male perché so che lui soffre e potrebbe morire. Se potessi risparmiargli tutto questo dolore lo farei. Quando giunse la mezzanotte, e Merlin si destò, fu l’attimo più bello. Veder aprire i suoi bellissimi occhi blu, vedere che mi cercavano, potermi perdere in loro, fu un momento unico che mi diede la forza di andare avanti». Arthur sospirò al ricordo di quegli attimi che cambiarono la vita di tutti loro. «Quando Lancelot e Gwen si sposarono davanti al popolo, ebbi paura che mio padre potesse capire, ma tutto andò bene. Uther accolse Gwen in famiglia, Lancelot si comportò come se fosse nato per essere re ed io potei rilassarmi al fianco di Merlin, cioè, rilassarmi non è il termine adatto giacché mio padre continuò a lanciarmi occhiate omicide ogni cinque secondi. Avere l’aspetto di Morgause non aiutava. Fortuna che la magia era di nuovo ben accetta, altrimenti Uther mi avrebbe messo sul rogo con le proprie mani. Ricordo che io e Merlin ci fermammo a Camelot per qualche mese, giusto per vedere come se la cavava Lancelot e, quando capimmo che non aveva bisogno di noi, ce ne andammo. Fu un sollievo lasciare il regno perché non riuscivo ad abituarmi ai cavalieri che incontrandomi per strada mi facevano l’inchino e mi chiamavano mia signora».
Morgana rise a quella frase, una risata dolce che scaldò il cuore di Arthur.
«Sono passati quindici anni da quel giorno e sono felice. Il regno prospera, Gwen e Lancelot sono soddisfatti della loro vita ed hanno assicurato una buona discendenza al casato con i loro sei figli. E finalmente io posso vivere accanto a quell’idiota del mio valletto che rende la mia vita completa». Fissando la parete di fronte a sé, Arthur sospirò. «C’è solo un giorno che detesto ed è questo, perché ho una paura folle che possa morire, e ciò mi fa comportare come un pazzo».
Morgana gli strinse la mano e sorrise. Sapeva quanto il fratello amasse Merlin e non sopportava vederlo così angosciato. «Ricorda che lui ha sempre saputo a cosa sarebbe andato incontro, ma ha voluto farlo per continuare a vivere al tuo fianco, quindi non essere apprensivo e goditi ciò che il suo sacrificio ti ha regalato».
Senza abbandonare l’uno la mano dell’altra, i due fratelli rimasero seduti a terra ad attendere che il lento trascorrere del tempo li conducesse alla fine di quella lunga giornata, e quando la mezzanotte venne scandita dai rintocchi della campana, accompagnati da Gwen e Lancelot raggiunsero Merlin e Morgause.
Arthur avvertì la solita sensazione di malessere quando la strega lo lasciò libero e poté tornare nel suo corpo.
Con il cuore che gli batteva a una velocità incredibile si accomodò ai piedi del letto e attese.
Passarono solo pochi secondi poi Merlin aprì gli occhi e li fissò nei suoi. «Anche per quest’anno è finita, sire, ora possiamo tornare nella nostra accogliente casetta, dove voi riprenderete a comportarvi da somaro ed io vi sopporterò con stoica pazienza».
Arthur, finalmente, riuscì a sorridere. Tutta la tensione accumulata durante il giorno lo abbandonò. Il suo valletto idiota era di nuovo con lui e per un anno non si sarebbero preoccupati del futuro.
Vedendo che Merlin stava cercando di mettersi in piedi, lo aiutò sorreggendolo nel momento in cui perse l’equilibrio.
Il mago si lasciò sostenere dalle sue forti braccia e osservò i presenti che, come ogni anno, erano al suo capezzale in attesa del suo risveglio.
L’amicizia che li univa era forte e diventava sempre più difficile dirsi addio, ma era indispensabile, ciascuno aveva la propria vita ed era tempo di farvi ritorno, così i due uomini salutarono i presenti con un affettuoso abbraccio e lasciarono il castello.
Montati sullo stallone bianco, avuto in regalo da Lancelot, Merlin si appoggiò al possente torace di Arthur e lasciò che l'uomo gli cingesse la vita con le forti braccia e lo scaldasse con il calore del suo corpo.
Durante il tragitto, Arthur posò le proprie labbra sulla chioma corvina dell’amante e credendolo addormentato gli sussurrò quelle poche parole che mai gli avrebbe detto da sveglio. «Ti amo Merlin».
Fu un unico impercettibile sussurro che scaldò il cuore del mago, che non stava dormendo, ricordandogli il motivo per cui ogni anno affrontava la morte.
L’amore di Arthur valeva il rischio e avrebbe continuato a correrlo pur di sentirsi tanto amato.
Accoccolandosi meglio tra le braccia del biondo compagno si addormentò, mentre insieme tornavano a casa per vivere l’amore che da quindici anni provavano l’uno per l’altro e che li avrebbe uniti fino al giorno della loro morte.


Fine






E anche questa storia è finita, inutile dire che a me è piaciuto scriverla e condividerla con voi. Spero di essere riuscita a coinvolgervi, almeno un pochino.
Se vorrete lasciare un segno del vostro passaggio con una recensione, anche ora che ho messo la parola fine, fatelo! Vi risponderò sempre!

In conclusione vorrei ringraziare chi mi ha seguita fino a qui e mi ha sostenuta.
GRAZIE, siete stati fantastici! I vostri commenti mi hanno divertito e anche spronato a cercare di fare sempre meglio.

Un bacio a tutti!
mindy


   
 
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