Ad personam:
Cara Atlantis Lux, grazie della
tua recensione, ti sono grato per la fedeltà con cui stai seguendo
questa storia.
In effetti la morte di Adariel, dopo tutti questi mesi e capitoli, è stata di una brevità sconcertante. Ma in quel momento ogni minuto era prezioso, e ho preferito non rompere il ritmo della storia con una sviolinata più lunga. In questo capitolo rivedremo per un attimo ancora la regina in una delle sue apparizioni post-mortem descritte anche nel fumetto. Sinceramente, mi dispiaceva troppo chiudere con questo personaggio nel modo frettoloso cui mi avevano costretto gli avvenimenti incalzanti del capitolo precedente. Cara Solitaire, sono felice di leggere la tua recensione.
Sì, lo so, la storia è triste. Termina con la morte della
protagonista, con il figlio sempre più risentito, tirannico e lontano
dalla sua gente... e la svolta finale per Phobos deve ancora arrivare.
Non mi è stato possibile fare sconti: si sapeva già che si
sarebbe dovuto arrivare a ciò per preparare il terreno a WITCH n.1.
La mia finalità era di spiegare come si è arrivati alla situazione
da cui il fumetto prende le mosse.
Qualche parola su questo capitolo, in cui la storia si sta
avviando verso la conclusione, ma manca ancora un importante episodio
che riserverò alla puntata finale, che avrà per involontario
e riluttante protagonista il principe Phobos.
Buona lettura
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Cap.22
Oltre la muraglia
L'Oracolo di Kandrakar
Los Angeles, hotel Vera Cruz
La signora Barton si guarda nell’elegante specchio del bagno mentre
finisce di rifarsi il trucco. Suo marito Jacob aveva ragione: l’Hotel Vera
Cruz è stato un'ottima scelta per il loro breve soggiorno a Los
Angeles.
Butta l’occhio all’orologio: è già tardi. Si rivolge
al figlio, nella camera: “Harry, hai finito di vestirti? Papà ci
starà già aspettando nell’atrio”.
“Da un bel pezzo, mamma” risponde il bambino con voce annoiata, “Sei
tu che fai tardi. Se fosse per…”. La frase si interrompe all’improvviso,
coperta dallo strillo inatteso di un neonato e da qualche frase concitata
e incomprensibile.
“Mamma!?!”, la voce allarmata di suo figlio cerca di sovrastare il
trambusto, “Qui c’è…”, ma nuovamente si interrompe a metà.
“Harry?!?”. La donna, preoccupata, lascia il trucco a metà e
si precipita nella camera.
Qui si trova davanti a un incredibile quartetto: un uomo e una donna
coi visi alieni dai colori impossibili, e un grosso essere assurdo e intabarrato
dalla lunga coda che tiene in mano un fagotto dal quale provengono gli
strilli acuti. Il suo Harry non muove un muscolo, fissato in un’espressione
di stupore come una statua di cera.
“Ma chi…”. La donna non fa in tempo a finire: con un gesto della giovane
dalla pelle grigiastra, il mondo per lei si congela come in un fermo immagine.
“Vogliate scusarci” dice Miriadel rivolta, in un buon inglese, ai legittimi
occupanti della camera, “Toglieremo il disturbo tra un po’”.
“Formidabile!”, si meraviglia Alborn davanti ai due terrestri congelati,
“Non mi avevi mai mostrato i tuoi trucchi da agente segreto”.
“Proprio perché era segreto” spiega lei, ma la sua risposta
è nuovamente sovrastata dagli strilli della piccola Elyon.
Galgheita le sussurra qualche parolina incomprensibile sottovoce, e
la neonata si acquieta nuovamente. Poi la guaritrice si guarda attorno,
perplessa. “Miriadel, ma perché hai scelto proprio questo posto
per il teletrasporto?”.
“E’ il primo che mi è venuto in mente intanto che la guardiana
ci voltava le spalle. La Luce di Meridian, gloria a Lei, aveva alloggiato
proprio in questa stanza una dozzina d'anni fa”. Guarda dalla finestra
verso nordest. “Qui siamo a tremila chilometri da Heatherfield”. Nel mentre,
ripone il sigillo di Phobos dentro il libro-custodia, poi se lo fa sparire
in mano.
“Ma siamo rintracciabili?” si preoccupa Alborn.
“Forse si. Abbiamo i minuti contati”. Chiude gli occhi, e aloni luminosi
percorrono il suo corpo, lasciandolo completamente mutato: ora non è
neppure più quello già noto della commessa della libreria,
ma appare come una giovane dai capelli color rosso carota e dal viso affusolato.
“Vi presento Eleanor… Eleanor Reed, signora Portrait. Ti piace il cognome
Portrait, maritino mio?”.
Alborn tenta di farsi sparire un’espressione disgustata dal suo viso
che rivela troppo esplicitamente cosa pensa del cambiamento di aspetto
della sua Miriadel. “Uno vale l’altro, basta fare presto”.
“Giusto. Allora tu sarai Thomas Portrait. Ricordati il tuo nuovo nome”.
Lo squadra. “Hai preferenze per l’aspetto?”.
Alborn chiude gli occhi per un attimo come se un balcone gli stesse
per cadere addosso, poi risponde stoico: “Fai tu”.
Alle sue spalle, Galgheita ha già appoggiato il suo fagotto
sul letto, poi si concentra. Altri aloni luminosi insistono a lungo sul
suo corpo, soprattutto sulla lunga coda, e dopo un po’, al posto della
guaritrice rettiliforme si trova una signora di mezza età, tarchiata
e occhialuta, dai lineamenti delicati persi nella faccia paffuta.
Miriadel storce la bocca in un’espressione di riprovazione. “Non era
meglio una donna giovane e bella? Non era che costasse di più”.
Quella che era Galgheita scuote il capo: “Ma vi pare che io possa desiderare
qualche incontro galante con un terrestre?”. Si guarda nell’ampia anta
a specchio dell’armadio. “La signora Margareth Rudolph farà una
vita molto ritirata”.
Eleanor insiste convinta: “Guarda che la bellezza apre molte porte”.
Alborn la guarda con un’espressione dubbiosa. “Sarà…”, bofonchia,
poi si riscuote. “Io però non sono in grado di cambiare il mio aspetto
da solo”.
La signora Rudolph gli appoggia, benedicente, una mano sulla fronte;
ora anche lui viene percorso da un alone luminoso, e il suo aspetto muta.
L’immagine che lo specchio gli rimanda è quella di un giovane terrestre
sui trent’anni dalle braccia muscolose, i lineamenti forti e i capelli
castani.
“Passabile”, fa la signora Portrait alzando un sopracciglio.
Il telefono sul comò squilla. “Dev’essere la portineria” commenta
Eleanor allarmata, “Abbiamo i secondi contati. Cerchiamo una camera vuota
per organizzarci con più calma”.
“E loro?” obietta Thomas, indicando la donna e il bambino grottescamente
immobilizzati a metà di un gesto.
“Non preoccuparti, si riprenderanno subito, e non ricorderanno niente”
gli risponde dirigendosi verso la porta, “Vi raccomando: parlate il meno
possibile, e solo in lingua terrestre. Siamo Eleanor e Thomas Portrait,
e Margareth Rudolph, cominciamo ad abituarci all’idea”.
“Ed Elyon Portrait” aggiunge in inglese la donna attempata, raccogliendo
la bimba dal letto e porgendola a Eleanor. “Adesso siete papà e
mamma, cominciate ad abituarvi anche a quest'idea”.
Meridian, sala del trono
Questa mattina, seduto sul trono che ormai non si fa più scrupolo
di occupare apertamente, il principe Phobos non riesce a concentrarsi su
ciò che questo ramarro di un consigliere gli sta blaterando. Sta
succedendo qualcosa, lo sente. Ondate di paura, di rabbia, nel perimetro
dello stesso palazzo. Decisamente inquietante. Meglio chiamare subito Alborn
o Cedric, per…
D’improvviso, accanto al consigliere compare la figura della regina,
con un viso triste e dolcissimo soffuso da un pallore innaturale.
“Madre?!?” esclama incredulo Phobos, balzando in piedi.
“Altezza?” fa eco il consigliere, interrompendosi e guardandosi in
giro sconcertato. E’ chiaro che non la vede, anche se gli è così
vicina da poterlo toccare.
La regina, con sforzo, alza gli occhi da terra. “Phobos, figlio mio.
Sono venuta a renderti un ultimo saluto, ma continuerò per sempre
a pensarti e a guardarti dal Paradiso degli Dei”. Esita un attimo, cercando
le parole. “Figlio, il destino è stato crudele con noi: ha costretto
te al ruolo di tiranno, e me a quello di ingannatrice. Lo so che non è
tutta colpa tua. Io ti ho già perdonato. Perdonami anche tu, se
puoi”. Con un ultimo sorriso tristissimo, l’immagine scompare, lasciando
il principe senza parole.
Dopo un breve silenzio, Phobos balbetta: “Madre… Ingannatrice? Cosa
vuoi dire? MADRE!”.
Il consigliere lo guarda esterrefatto. “Altezza… cosa succede?”.
Tornando presente a sé stesso, il principe lo guarda severo:
“Non devo spiegazioni a voi, consigliere Zercom!”. Vuole capire immediatamente
cosa sta accadendo, e troverà la prima, scontata risposta davanti
al letto di sua madre.
Con un rombo basso che fa tremare i visceri, Phobos sparisce in un
tremolio dalla sala del trono.
Un attimo dopo, preannunciato dallo stesso rumore, il principe appare
nell’anticamera della Regina. Accanto, nella stanza, ci sono due soldati
e un paio d'ancelle. Anche se si inchinano rispettosamente davanti
a lui, il timore provocato dal suo arrivo improvviso non riesce a cancellare
il dolore dai loro occhi.
D’improvviso, la voce mostruosa di Cedric gli urla nella testa: ‘Altezza,
una catastrofe! La Regina è morta. I traditori Alborn, Miriadel
e Galgheita hanno rapito la principessa Elyon, rubato il Vostro sigillo
e sono fuggiti sulla Terra. La Guardiana di Kandrakar li ha lasciati passare,
ma ha sbarrato il passaggio a noi’.
“No!” grida Phobos sempre più pallido, comprendendo il significato
delle ultime parole di Adariel.
Senza aspettare che gli facciano strada, attraversa come un fantasma
il corpo di guardie e ancelle, entrando nella camera.
Attorno al letto ci sono altre donne, che si scostano spaventate al
suo ingresso, e il dottor Tarnos con la sua inutile, patetica borsa di
farmaci. Accanto al corpo, Lidrienel sta piangendo e tenendo tra le sue
mani quelle inerti e pallidissime della Regina.
“Madre, perché mi hai fatto questo?!?”, grida lui dai piedi
del letto, tra lo sbigottimento degli astanti.
Poi si avvicina, scostando Lidrienel con uno spintone. Prende il corpo
della Regina per le spalle, e lo scuote. “Perché hai fatto questo
a me, il tuo unico figlio… dicevi di amarmi, di essere orgogliosa di me…
e ora mi hai tradito! Da quando? Da quando hai cominciato a tramare
contro di me, a trasformare i tuoi ultimi mesi in un unico, terribile raggiro?
Da quando è morto mio Padre, o ancora prima?”.
Prende fiato, stringendo i denti. Si accorge di avere gli occhi pieni
di lacrime, ed è in mezzo a persone che lo guardano esterrefatte.
“Via!” urla fuori di sé, “Via di qui, avvoltoi!”.
Le donne fuggono in silenzio, spaventate, verso l’uscita.
Dopo un attimo tutti, anche i soldati, hanno lasciato l’appartamento
reale.
Torna a guardare sua madre, pallida e inerte. Il suo capo è
ricaduto di lato, e il chignon si è sciolto, lasciando i lunghi
capelli castani sciolti sul cuscino.
Con una smorfia di risentimento, Phobos si decide: il corpo di Adariel
dovrà rimediare almeno qualcosa del danno che lei gli ha fatto in
vita. Sente la magia scorrere forte nel suo corpo. Sfila con un gesto brusco
la corona di luce dal capo della madre, poi le appoggia i polpastrelli
sulla fronte, e vi pompa la sua energia vitale. Per un attimo, percepisce
qualcosa da quanto resta della memoria di Adariel: una miriade di frammenti
di ricordi sconnessi, dapprima forti, poi, con il passare dei minuti, sempre
più tenui a mano a mano che il corpo della Luce di Meridian sprofonda
nella morte, facendo degenerare le sinapsi del suo cervello.
Phobos resta così finché riesce a ricevere qualche ombra
di risposta, poi, pensieroso, leva le mani.
Si guarda attorno: nessuno è più entrato nella camera.
Meglio così: adesso che si è calmato, si vergognerebbe di
far sapere a chiunque che ha violato l’intimità dei ricordi di sua
madre appena morta.
Scaccia il pensiero: è lei che lo ha tradito, o no? Lui avrebbe
dovuto farlo prima, quando la regina era ancora in vita. Invece è
stato troppo rispettoso, ma non commetterà mai più questo
errore.
Se sua madre non meritava questo scrupolo, chi altro potrà mai
meritarlo?
Kandrakar
La sala del consiglio è gremita. Le nuvole che si affacciano
dalle bifore senza vetri sembrano cariche di elettricità. Saggi
i cui tratti tradiscono la provenienza da mondi diversissimi, ma vestiti
con abiti color acqua tutti uguali, siedono solennemente a gambe incrociate
sui gradoni ad anfiteatro.
Al centro della sala, l’Oracolo, in piedi, riceve la rammaricata Yan
Lin.
“Mi dispiace, Signore”, esordisce mesta la guardiana dal costume vivace.
“Non sono riuscita ad impedire il passaggio di quei fuggiaschi come mi
avevate ordinato”.
Lui annuisce, imperturbabile. “Yan Lin, ho osservato tutto mentre succedeva.
Non hai niente da rimproverarti”.
Dai gradoni, l’imponente figura di Endarno si alza in piedi. “Guardiana,
non sarà che ti sarai fatta muovere a pietà dalla neonata
che quei fuggiaschi avevano con sé? Ti rendi conto degli squilibri
che quell’esserino può portare sulla Terra?”.
Un sommesso vocio corre tra gli astanti, mentre la guardiana china
il capo.
E’ l’Oracolo a prenderne le difese: “Yan Lin, nessuno può rimproverarti
se per prima cosa hai preferito chiudere il varco da cui stavano
giungendo gli inseguitori”. Poi, rivolto verso l’uditorio: “La verità,
che Yan Lin ci ha già troppe volte fatto presente, è che
questo compito è improbo per una guardiana sola, anche se lei non
ha mai deluso la nostra fiducia”. Poi, dopo una pausa a effetto: “Vi annuncio
che gli Elementi dell’Universo mi hanno parlato: Aria, Acqua, Terra e Fuoco
rivendicano le loro nuove Guardiane. Hanno già individuato le anime
che si incarneranno, e la catena causale della loro futura nascita è
già in moto”.
Il saggio Tibor, dalla fluente barba bianca, prende la parola: “Cosa
ci potete dire di queste nuove Guardiane, Oracolo?”.
“Niente, amico mio. La volontà degli Elementi non è ancora
stata così esplicita con me”.
Dai gradoni si alza in piedi una donna alta, dai tratti felini e dai
lunghi capelli argentei. “Non saranno ancora ragazze terrestri?”.
Yan Lin, immaginando il seguito, si trincera dietro le braccia conserte
e le scocca un’occhiata di rispettoso disappunto.
L’Oracolo risponde cortese: “Non lo so proprio, Luba. Ma se fosse?”.
“La vecchia generazione di guardiane terrestri ha già dato pessima
prova… a parte Yan Lin, naturalmente”, concede la donna con nonchalance,
“Perché non scegliere ragazze di un altro mondo, magari Basiliade,
educate all’onore e alla disciplina? Conosco già degli ottimi soggetti,
una in particolare: sono ancora bambine, ma potrebbero essere pronte molto
prima di ragazze terrestri che forse non sono state ancora concepite”.
“Sono d’accordo”, interviene Endarno. Anche lui, come Luba, è
di Basiliade, e sa bene cosa significhi la disciplina.
L’Oracolo risponde impassibile: “Non dubito delle tue favorite, Luba.
Semplicemente sta agli Elementi deciderlo, non a me. E neanche a te”.
Mentre lei torna a sedere scontenta, Endarno è rimasto in piedi.
“La prossima cosa da fare è rintracciare quei fuggiaschi!”.
L’Oracolo sospira. “Purtroppo si sono teletrasportati in una destinazione
ignota, e avranno certo cambiato aspetto. Non abbiamo modo di rintracciarli,
a meno che non siano loro stessi ad avvicinarci”.
Endarno sbotta sarcastico: “E perché dovrebbero?”.
“Perché prima o poi dovranno tornare indietro, e tutti i portali
conosciuti sono nella zona di Heatherfield”.
“Ma con quell’oggetto che hanno con sé, sono in grado di crearne
altri”.
L’Oracolo annuisce senza dimostrare alcun turbamento. “E’ verissimo.
Faremo bene a escogitare qualche modo per controllarli”. Poi, dopo una
lunga occhiata al lento movimento delle nuvole visibili attraverso un colonnato,
continua: “Tuttavia, è chiaro che userebbero quei portali solo per
tornarsene nel loro mondo, ed è proprio questo che vogliamo. In
fondo, la defunta regina aveva profetizzato che la sua erede crescerà
sulla Terra per poi tornare a Meridian ed esservi incoronata tra undici
dei loro anni”. Dopo una pausa, aggiunge: “Piuttosto, la nostra priorità
dovrà essere l’impedire che gli agenti di Meridian continuino ad
arrivare liberamente sulla Terra, o vi porteranno una guerra segreta anche
peggiore di quella che vi hanno condotto finora. In altre parole: Yan Lin,
tu continuerai a svolgere lo stesso compito nel quale ti sei fatta onore
fino a ora”.
La guardiana accenna un inchino di ringraziamento per quel riconoscimento.
Un mormorio sorge tra le gradinate, ma nessuno interviene più.
L’Oracolo allarga benedicente le braccia: “Amici, per oggi è
tutto. Tornate alle vostre occupazioni, l’assemblea è finita”.
Endarno, tra i primi ad andarsene, scambia una lunga occhiata indefinibile
con lui.
Lentamente le gradonate si svuotano, finché nella sala silenziosa
restano solo l’Oracolo e la guardiana.
“Yan Lin, parla pure. Cosa volevi dirmi?”.
Lei, che è rimasta in piedi a disagio durante tutto il dibattimento,
gli si accosta rispettosamente, e chiede a bassa voce: “Signore, voi dunque
attribuite valore alle profezie della regina Adariel?”.
Lui risponde grave: “Io non ho la sua stessa religiosa convinzione
nella loro infallibilità, ma devo ammettere di non conoscere un
solo caso in cui non si siano realizzate alla lettera. Semmai, a volte
è successo che si siano avverate in un modo diverso da quello che
ci si aspettava. Le parole possono essere ingannevoli, a volte, anche se
letteralmente vere”.
“Capisco”, annuisce lei con il viso che sembra dire tutt’altro. “Ma
quello di cui non riesco a capacitarmi è: perché dobbiamo
agire, se è già tutto predestinato? Per esempio, perché
abbiamo cercato di impedire il loro passaggio, se era già scritto
che sarebbero arrivati sulla Terra? Perché cercarli, se è
già scritto che resteranno qui molti anni?”.
Il viso dell’Oracolo non lascia trasparire nessun imbarazzo, ma è
il prolungarsi dell’attesa che lascia intuire quanto la domanda sia difficile.
Alla fine risponde: “Yan Lin, noi professiamo principi formulati in tempi
immemorabili. Abbiamo accettato liberamente di seguirli e di farli rispettare,
e ora questo è un dovere per noi. Non è importante solo il
risultato: è diverso se un qualcosa si realizza per quello che noi
abbiamo fatto, o si realizza nonostante quello che abbiamo fatto.
Anche se il futuro fosse già scritto, la nostra libertà consiste
nell’agire come se non lo fosse”.
Yan Lin annuisce. “Non sono certa di capire, ma mi adeguerò”.
Poi, ad un cenno di congedo dell’Oracolo, l’immagine di quel luogo solenne
viene inghiottita da un lampo abbagliante.
Heatherfield, camera di Yan Lin
Quando Yan Lin torna a vedere chiaramente, si trova ormai nel suo mondo
quotidiano. Prima di uscire dalla camera, controlla l’aspetto: la sua effimera
giovinezza da Guardiana è finita anche questa volta.
Scendendo le scale di casa fino al ristorante al piano terra, trova
suo figlio Chen che le viene incontro.
“Dove sei stata, mamma? Ti stavamo chiamando…”.
“Cose da donne, Chen. Ma perché mi cercavi?”.
“A basso ci sono molte stoviglie da lavare, e Joan è in difficoltà.
Puoi aiutarla?”.
“Subito!”.
Poco dopo entra nella cucina, dove la giovane nuora sta fronteggiando
delle pile di piatti sporchi di ogni foggia che le arrivano al mento.
“Eccomi, Joan. Non sei più sola”.
“Grazie. Fino ad adesso, mi ha aiutata un po’ Chen”.
“E’ un bravo marito, vero?” chiede orgogliosa Yan Lin, infilando un
paio di guanti di gomma.
“Certo”, annuisce la giovane riponendo l’ennesima zuppiera bagnata.
“Ci stavamo divertendo a cercare dei nomi per i futuri figli”.
Le sorride. “Allora posso contare di diventare nonna prima di lasciare
questo mondo, vero?”.
“Sì, certo. Senti: se fosse un maschietto, che ne penseresti
di Zedong?”.
“Decisamente impegnativo” sbotta lei cercando di farsi sparire una
smorfia di disappunto. “Ci sono alternative?”.
“Sì…” fa lei, un po’ delusa dalla mancanza di approvazione.
“E per una femminuccia, cosa ne dici di Hay Lin?”.
“Hay Lin…” ripete riflettendoci, “Lin Hay Lin… Sì, è
assonante”. Mentre lava i piatti con efficienza, pensa tra sé e
sé … Hay Lin… questo nome le dice qualcosa che non riesce a definire
meglio. “Se si chiama Lin come me, certo mi assomiglierà in qualcosa”.
“Lo spero proprio” risponde Joan sorridendo. “L’unica cosa che non
vorrei è il tuo modo di sparire misteriosamente per le tue ‘cose
da donne’ ”.