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Autore: MaxT    20/06/2011    6 recensioni
“Non si può fermare l’inverno, ma si può seminare per la primavera”. Adariel Escanor, sesta Luce di Meridian. Questo prequel racconta gli avvenimenti culminati con l’ascesa al potere di Phobos, la lotta di una regina morente per assicurare un futuro al suo mondo e la fuga sulla Terra dei genitori adottivi di Elyon con la predestinata al trono di Meridian.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Phobos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian'
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22- Oltre la muraglia  
 
 
Ad personam:
 
Cara Atlantis Lux, grazie della tua recensione, ti sono grato per la fedeltà con cui stai seguendo questa storia. 
In effetti la morte di Adariel, dopo tutti questi mesi e capitoli, è stata di una brevità sconcertante. Ma in quel momento ogni minuto era prezioso, e ho preferito non rompere il ritmo della storia con una sviolinata più lunga. In questo capitolo rivedremo per un attimo ancora la regina in una delle sue apparizioni post-mortem descritte anche nel fumetto. Sinceramente, mi dispiaceva troppo chiudere con questo personaggio nel modo frettoloso cui mi avevano costretto gli avvenimenti incalzanti del capitolo precedente.

Cara Solitaire, sono felice di leggere la tua recensione. Sì, lo so, la storia è triste. Termina con la morte della protagonista, con il figlio sempre più risentito, tirannico e lontano dalla sua gente... e la svolta finale per Phobos deve ancora arrivare. Non mi è stato possibile fare sconti: si sapeva già che si sarebbe dovuto arrivare a ciò per preparare il terreno a WITCH n.1. La mia finalità era di spiegare come si è arrivati alla situazione da cui il fumetto prende le mosse. 
Come i metamondesi vedono i cloni... un po' è stato spiegato su Profezie, non ricordo se nel capitolo 46 o 47. Li vedono un po' come degli schiavi creati su misura per uno scopo spesso egoistico da chi ne ha il potere; hanno pressoché smesso di farli da quando la legge, per limitare questi abusi, ha imposto di parificarli a un parente e inserirli nell'asse ereditario, condividendo le proprietà, la casa eccetera. Bella fregatura per chi voleva un domestico o magari un sosia che si prendesse solo le scocciature, no?


Un sentito ringraziamento anche a Silen per la rilettura delle bozze di questa storia.

Qualche parola su questo capitolo, in cui la storia si sta avviando verso la conclusione, ma manca ancora un importante episodio  che riserverò alla puntata finale, che avrà per involontario e riluttante protagonista il principe Phobos.
In questo stesso capitolo, Miriadel, Alborn e Galgheita assumeranno per la prima volta le identità terrestri che abbiamo conosciuto nel fumetto.
Le scene a Kandrakar e Heatherfield incentrate sull'Oracolo e su Yan Lin fungeranno un po' da spiegazione nell'atteggiamento della congrega che ritroveremo anche nel fumetto; l'allieva cui Luba accenna è chiaramente Orube.

Buona lettura
MaxT

 

Cap.22

Oltre la muraglia


 
 
“Anche se il futuro fosse già scritto, la nostra libertà consiste nell’agire come se non lo fosse”.
L'Oracolo di Kandrakar

 
 

Los Angeles, hotel Vera Cruz

La signora Barton si guarda nell’elegante specchio del bagno mentre finisce di rifarsi il trucco. Suo marito Jacob aveva ragione: l’Hotel Vera Cruz è stato un'ottima scelta per il loro breve soggiorno a Los Angeles.
Butta l’occhio all’orologio: è già tardi. Si rivolge al figlio, nella camera: “Harry, hai finito di vestirti? Papà ci starà già aspettando nell’atrio”.
“Da un bel pezzo, mamma” risponde il bambino con voce annoiata, “Sei tu che fai tardi. Se fosse per…”. La frase si interrompe all’improvviso, coperta dallo strillo inatteso di un neonato e da qualche frase concitata e incomprensibile.
“Mamma!?!”, la voce allarmata di suo figlio cerca di sovrastare il trambusto, “Qui c’è…”, ma nuovamente si interrompe a metà.
“Harry?!?”. La donna, preoccupata, lascia il trucco a metà e si precipita nella camera.
Qui si trova davanti a un incredibile quartetto: un uomo e una donna coi visi alieni dai colori impossibili, e un grosso essere assurdo e intabarrato dalla lunga coda che tiene in mano un fagotto dal quale provengono gli strilli acuti. Il suo Harry non muove un muscolo, fissato in un’espressione di stupore come una statua di cera.
“Ma chi…”. La donna non fa in tempo a finire: con un gesto della giovane dalla pelle grigiastra, il mondo per lei si congela come in un fermo immagine.

“Vogliate scusarci” dice Miriadel rivolta, in un buon inglese, ai legittimi occupanti della camera, “Toglieremo il disturbo tra un po’”.
“Formidabile!”, si meraviglia Alborn davanti ai due terrestri congelati, “Non mi avevi mai mostrato i tuoi trucchi da agente segreto”.
“Proprio perché era segreto” spiega lei, ma la sua risposta è nuovamente sovrastata dagli strilli della piccola Elyon.
Galgheita le sussurra qualche parolina incomprensibile sottovoce, e la neonata si acquieta nuovamente. Poi la guaritrice si guarda attorno, perplessa. “Miriadel, ma perché hai scelto proprio questo posto per il teletrasporto?”.
“E’ il primo che mi è venuto in mente intanto che la guardiana ci voltava le spalle. La Luce di Meridian, gloria a Lei,  aveva alloggiato proprio in questa stanza una dozzina d'anni fa”. Guarda dalla finestra verso nordest. “Qui siamo a tremila chilometri da Heatherfield”. Nel mentre, ripone il sigillo di Phobos dentro il libro-custodia, poi se lo fa sparire in mano.
“Ma siamo rintracciabili?” si preoccupa Alborn.
“Forse si. Abbiamo i minuti contati”. Chiude gli occhi, e aloni luminosi percorrono il suo corpo, lasciandolo completamente mutato: ora non è neppure più quello già noto della commessa della libreria, ma appare come una giovane dai capelli color rosso carota e dal viso affusolato.  “Vi presento Eleanor… Eleanor Reed, signora Portrait. Ti piace il cognome Portrait, maritino mio?”.
Alborn tenta di farsi sparire un’espressione disgustata dal suo viso che rivela troppo esplicitamente cosa pensa del cambiamento di aspetto della sua Miriadel. “Uno vale l’altro, basta fare presto”.
“Giusto. Allora tu sarai Thomas Portrait. Ricordati il tuo nuovo nome”. Lo squadra. “Hai preferenze per l’aspetto?”.
Alborn chiude gli occhi per un attimo come se un balcone gli stesse per cadere addosso, poi risponde stoico: “Fai tu”.
Alle sue spalle, Galgheita ha già appoggiato il suo fagotto sul letto, poi si concentra. Altri aloni luminosi insistono a lungo sul suo corpo, soprattutto sulla lunga coda, e dopo un po’, al posto della guaritrice rettiliforme si trova una signora di mezza età, tarchiata e occhialuta, dai lineamenti delicati persi nella faccia paffuta.
Miriadel storce la bocca in un’espressione di riprovazione. “Non era meglio una donna giovane e bella? Non era che costasse di più”.
Quella che era Galgheita scuote il capo: “Ma vi pare che io possa desiderare qualche incontro galante con un terrestre?”. Si guarda nell’ampia anta a specchio dell’armadio. “La signora Margareth Rudolph farà una vita molto ritirata”.
Eleanor insiste convinta: “Guarda che la bellezza apre molte porte”.
Alborn la guarda con un’espressione dubbiosa. “Sarà…”, bofonchia, poi si riscuote. “Io però non sono in grado di cambiare il mio aspetto da solo”.
La signora Rudolph gli appoggia, benedicente, una mano sulla fronte; ora anche lui viene percorso da un alone luminoso, e il suo aspetto muta. L’immagine che lo specchio gli rimanda è quella di un giovane terrestre sui trent’anni dalle braccia muscolose, i lineamenti forti e i capelli castani.
“Passabile”, fa la signora Portrait alzando un sopracciglio.

Il telefono sul comò squilla. “Dev’essere la portineria” commenta Eleanor allarmata, “Abbiamo i secondi contati. Cerchiamo una camera vuota per organizzarci con più calma”.
“E loro?” obietta Thomas, indicando la donna e il bambino grottescamente immobilizzati a metà di un gesto.
“Non preoccuparti, si riprenderanno subito, e non ricorderanno niente” gli risponde dirigendosi verso la porta, “Vi raccomando: parlate il meno possibile, e solo in lingua terrestre. Siamo Eleanor e Thomas Portrait, e Margareth Rudolph, cominciamo ad abituarci all’idea”.
“Ed Elyon Portrait” aggiunge in inglese la donna attempata, raccogliendo la bimba dal letto e porgendola a Eleanor. “Adesso siete papà e mamma, cominciate ad abituarvi anche a quest'idea”.
 

Meridian, sala del trono

Questa mattina, seduto sul trono che ormai non si fa più scrupolo di occupare apertamente, il principe Phobos non riesce a concentrarsi su ciò che questo ramarro di un consigliere gli sta blaterando. Sta succedendo qualcosa, lo sente. Ondate di paura, di rabbia, nel perimetro dello stesso palazzo. Decisamente inquietante. Meglio chiamare subito Alborn o Cedric, per…
D’improvviso, accanto al consigliere compare la figura della regina, con un viso triste e dolcissimo soffuso da un pallore innaturale.
“Madre?!?” esclama incredulo Phobos, balzando in piedi.
“Altezza?” fa eco il consigliere, interrompendosi e guardandosi in giro sconcertato. E’ chiaro che non la vede, anche se gli è così vicina da poterlo toccare.
La regina, con sforzo, alza gli occhi da terra. “Phobos, figlio mio. Sono venuta a renderti un ultimo saluto, ma continuerò per sempre a pensarti e a guardarti dal Paradiso degli Dei”. Esita un attimo, cercando le parole. “Figlio, il destino è stato crudele con noi: ha costretto te al ruolo di tiranno, e me a quello di ingannatrice. Lo so che non è tutta colpa tua. Io ti ho già perdonato. Perdonami anche tu, se puoi”. Con un ultimo sorriso tristissimo, l’immagine scompare, lasciando il principe senza parole.
Dopo un breve silenzio, Phobos balbetta: “Madre… Ingannatrice? Cosa vuoi dire? MADRE!”.
Il consigliere lo guarda esterrefatto. “Altezza… cosa succede?”.
Tornando presente a sé stesso, il principe lo guarda severo: “Non devo spiegazioni a voi, consigliere Zercom!”. Vuole capire immediatamente cosa sta accadendo, e troverà la prima, scontata risposta davanti al letto di sua madre.
Con un rombo basso che fa tremare i visceri, Phobos sparisce in un tremolio dalla sala del trono.

Un attimo dopo, preannunciato dallo stesso rumore, il principe appare nell’anticamera della Regina. Accanto, nella stanza, ci sono due soldati e un paio d'ancelle.  Anche se si inchinano rispettosamente davanti a lui, il timore provocato dal suo arrivo improvviso non riesce a cancellare il dolore dai loro occhi.
D’improvviso, la voce mostruosa di Cedric gli urla nella testa: ‘Altezza, una catastrofe! La Regina è morta. I traditori Alborn, Miriadel e Galgheita hanno rapito la principessa Elyon, rubato il Vostro sigillo e sono fuggiti sulla Terra. La Guardiana di Kandrakar li ha lasciati passare, ma ha sbarrato il passaggio a noi’.
“No!” grida Phobos sempre più pallido, comprendendo il significato delle ultime parole di Adariel.
Senza aspettare che gli facciano strada, attraversa come un fantasma il corpo di guardie e ancelle, entrando nella camera.

Attorno al letto ci sono altre donne, che si scostano spaventate al suo ingresso, e il dottor Tarnos con la sua inutile, patetica borsa di farmaci. Accanto al corpo, Lidrienel sta piangendo e tenendo tra le sue mani quelle inerti e pallidissime della Regina.
“Madre, perché mi hai fatto questo?!?”, grida lui dai piedi del letto, tra lo sbigottimento degli astanti.
Poi si avvicina, scostando Lidrienel con uno spintone. Prende il corpo della Regina per le spalle, e lo scuote. “Perché hai fatto questo a me, il tuo unico figlio… dicevi di amarmi, di essere orgogliosa di me… e ora mi hai tradito!  Da quando? Da quando hai cominciato a tramare contro di me, a trasformare i tuoi ultimi mesi in un unico, terribile raggiro? Da quando è morto mio Padre, o ancora prima?”.
Prende fiato, stringendo i denti. Si accorge di avere gli occhi pieni di lacrime, ed è in mezzo a persone che lo guardano esterrefatte. “Via!” urla fuori di sé, “Via di qui, avvoltoi!”.
Le donne fuggono in silenzio, spaventate, verso l’uscita.

Dopo un attimo tutti, anche i soldati, hanno lasciato l’appartamento reale.
Torna a guardare sua madre, pallida e inerte. Il suo capo è ricaduto di lato, e il chignon si è sciolto, lasciando i lunghi capelli castani sciolti sul cuscino.
Con una smorfia di risentimento, Phobos si decide: il corpo di Adariel dovrà rimediare almeno qualcosa del danno che lei gli ha fatto in vita. Sente la magia scorrere forte nel suo corpo. Sfila con un gesto brusco la corona di luce dal capo della madre, poi le appoggia i polpastrelli sulla fronte, e vi pompa la sua energia vitale. Per un attimo, percepisce qualcosa da quanto resta della memoria di Adariel: una miriade di frammenti di ricordi sconnessi, dapprima forti, poi, con il passare dei minuti, sempre più tenui a mano a mano che il corpo della Luce di Meridian sprofonda nella morte, facendo degenerare le sinapsi del suo cervello.

Phobos resta così finché riesce a ricevere qualche ombra di risposta, poi, pensieroso, leva le mani.
Si guarda attorno: nessuno è più entrato nella camera. Meglio così: adesso che si è calmato, si vergognerebbe di far sapere a chiunque che ha violato l’intimità dei ricordi di sua madre appena morta.
Scaccia il pensiero: è lei che lo ha tradito, o no? Lui avrebbe dovuto farlo prima, quando la regina era ancora in vita. Invece è stato troppo rispettoso, ma non commetterà mai più questo errore.
Se sua madre non meritava questo scrupolo, chi altro potrà mai meritarlo?
 

Kandrakar

La sala del consiglio è gremita. Le nuvole che si affacciano dalle bifore senza vetri sembrano cariche di elettricità. Saggi i cui tratti tradiscono la provenienza da mondi diversissimi, ma vestiti con abiti color acqua tutti uguali, siedono solennemente a gambe incrociate sui gradoni ad anfiteatro.
Al centro della sala, l’Oracolo, in piedi, riceve la rammaricata Yan Lin.
“Mi dispiace, Signore”, esordisce mesta la guardiana dal costume vivace. “Non sono riuscita ad impedire il passaggio di quei fuggiaschi come mi avevate ordinato”.
Lui annuisce, imperturbabile. “Yan Lin, ho osservato tutto mentre succedeva. Non hai niente da rimproverarti”.
Dai gradoni, l’imponente figura di Endarno si alza in piedi. “Guardiana, non sarà che ti sarai fatta muovere a pietà dalla neonata che quei fuggiaschi avevano con sé? Ti rendi conto degli squilibri che quell’esserino può portare sulla Terra?”.
Un sommesso vocio corre tra gli astanti, mentre la guardiana china il capo.
E’ l’Oracolo a prenderne le difese: “Yan Lin, nessuno può rimproverarti se per prima cosa hai preferito chiudere  il varco da cui stavano giungendo gli inseguitori”. Poi, rivolto verso l’uditorio: “La verità, che Yan Lin ci ha già troppe volte fatto presente, è che questo compito è improbo per una guardiana sola, anche se lei non ha mai deluso la nostra fiducia”. Poi, dopo una pausa a effetto: “Vi annuncio che gli Elementi dell’Universo mi hanno parlato: Aria, Acqua, Terra e Fuoco rivendicano le loro nuove Guardiane. Hanno già individuato le anime che si incarneranno, e la catena causale della loro futura nascita è già in moto”.
Il saggio Tibor, dalla fluente barba bianca, prende la parola: “Cosa ci potete dire di queste nuove Guardiane, Oracolo?”.
“Niente, amico mio. La volontà degli Elementi non è ancora stata così esplicita con me”.
Dai gradoni si alza in piedi una donna alta, dai tratti felini e dai lunghi capelli argentei. “Non saranno ancora ragazze terrestri?”.
Yan Lin, immaginando il seguito, si trincera dietro le braccia conserte e le scocca un’occhiata di rispettoso disappunto.
L’Oracolo  risponde cortese: “Non lo so proprio, Luba. Ma se fosse?”.
“La vecchia generazione di guardiane terrestri ha già dato pessima prova… a parte Yan Lin, naturalmente”, concede la donna con nonchalance, “Perché non scegliere ragazze di un altro mondo, magari  Basiliade, educate all’onore e alla disciplina? Conosco già degli ottimi soggetti, una in particolare: sono ancora bambine, ma potrebbero essere pronte molto prima di ragazze terrestri che forse non sono state ancora concepite”.
“Sono d’accordo”, interviene Endarno. Anche lui, come Luba, è di Basiliade, e sa bene cosa significhi la disciplina.
L’Oracolo risponde impassibile: “Non dubito delle tue favorite, Luba. Semplicemente sta agli Elementi deciderlo, non a me. E neanche a te”.
Mentre lei torna a sedere scontenta, Endarno è rimasto in piedi. “La prossima cosa da fare è rintracciare quei fuggiaschi!”.
L’Oracolo sospira. “Purtroppo si sono teletrasportati in una destinazione ignota, e avranno certo cambiato aspetto. Non abbiamo modo di rintracciarli, a meno che non siano loro stessi ad avvicinarci”.
Endarno sbotta sarcastico: “E perché dovrebbero?”.
“Perché prima o poi dovranno tornare indietro, e tutti i portali conosciuti sono nella zona di Heatherfield”.
“Ma con quell’oggetto che hanno con sé, sono in grado di crearne altri”.
L’Oracolo annuisce senza dimostrare alcun turbamento. “E’ verissimo. Faremo bene a escogitare qualche modo per controllarli”. Poi, dopo una lunga occhiata al lento movimento delle nuvole visibili attraverso un colonnato, continua: “Tuttavia, è chiaro che userebbero quei portali solo per tornarsene nel loro mondo, ed è proprio questo che vogliamo. In fondo, la defunta regina aveva profetizzato che la sua erede crescerà sulla Terra per poi tornare a Meridian ed esservi incoronata tra undici dei loro anni”. Dopo una pausa, aggiunge: “Piuttosto, la nostra priorità dovrà essere l’impedire che gli agenti di Meridian continuino ad arrivare liberamente sulla Terra, o vi porteranno una guerra segreta anche peggiore di quella che vi hanno condotto finora. In altre parole: Yan Lin, tu continuerai a svolgere lo stesso compito nel quale ti sei fatta onore fino a ora”.
La guardiana accenna un inchino di ringraziamento per quel riconoscimento. Un mormorio sorge tra le gradinate, ma nessuno interviene più.
L’Oracolo allarga benedicente le braccia: “Amici, per oggi è tutto. Tornate alle vostre occupazioni, l’assemblea è finita”.
Endarno, tra i primi ad andarsene, scambia una lunga occhiata indefinibile con lui.

Lentamente le gradonate si svuotano, finché nella sala silenziosa restano solo l’Oracolo e la guardiana.
“Yan Lin, parla pure. Cosa volevi dirmi?”.
Lei, che è rimasta in piedi a disagio durante tutto il dibattimento, gli si accosta rispettosamente, e chiede a bassa voce: “Signore, voi dunque attribuite valore alle profezie della regina Adariel?”.
Lui risponde grave: “Io non ho la sua stessa religiosa convinzione nella loro infallibilità, ma devo ammettere di non conoscere un solo caso in cui non si siano realizzate alla lettera. Semmai, a volte è successo che si siano avverate in un modo diverso da quello che ci si aspettava. Le parole possono essere ingannevoli, a volte, anche se letteralmente vere”.
“Capisco”, annuisce lei con il viso che sembra dire tutt’altro. “Ma quello di cui non riesco a capacitarmi è: perché dobbiamo agire, se è già tutto predestinato? Per esempio, perché abbiamo cercato di impedire il loro passaggio, se era già scritto che sarebbero arrivati sulla Terra? Perché cercarli, se è già scritto che resteranno qui molti anni?”.
Il viso dell’Oracolo non lascia trasparire nessun imbarazzo, ma è il prolungarsi dell’attesa che lascia intuire quanto la domanda sia difficile. Alla fine risponde: “Yan Lin, noi professiamo principi formulati in tempi immemorabili. Abbiamo accettato liberamente di seguirli e di farli rispettare, e ora questo è un dovere per noi. Non è importante solo il risultato: è diverso se un qualcosa si realizza per quello che noi abbiamo fatto, o  si realizza nonostante quello che abbiamo fatto. Anche se il futuro fosse già scritto, la nostra libertà consiste nell’agire come se non lo fosse”.
Yan Lin annuisce. “Non sono certa di capire, ma mi adeguerò”. Poi, ad un cenno di congedo dell’Oracolo, l’immagine di quel luogo solenne viene inghiottita da un lampo abbagliante.
 

Heatherfield, camera di Yan Lin

Quando Yan Lin torna a vedere chiaramente, si trova ormai nel suo mondo quotidiano. Prima di uscire dalla camera, controlla l’aspetto: la sua effimera giovinezza da Guardiana è finita anche questa volta.
Scendendo le scale di casa fino al ristorante al piano terra, trova suo figlio Chen che le viene incontro.
“Dove sei stata, mamma? Ti stavamo chiamando…”.
“Cose da donne, Chen. Ma perché mi cercavi?”.
“A basso ci sono molte stoviglie da lavare, e Joan è in difficoltà. Puoi aiutarla?”.
“Subito!”.

Poco dopo entra nella cucina, dove la giovane nuora sta fronteggiando delle pile di piatti sporchi di ogni foggia che le arrivano al mento.
“Eccomi, Joan. Non sei più sola”.
“Grazie. Fino ad adesso, mi ha aiutata un po’ Chen”.
“E’ un bravo marito, vero?” chiede orgogliosa Yan Lin, infilando un paio di guanti di gomma.
“Certo”, annuisce la giovane riponendo l’ennesima zuppiera bagnata. “Ci stavamo divertendo a cercare dei nomi per i futuri figli”.
Le sorride. “Allora posso contare di diventare nonna prima di lasciare questo mondo, vero?”.
“Sì, certo. Senti: se fosse un maschietto, che ne penseresti di Zedong?”.
“Decisamente impegnativo” sbotta lei cercando di farsi sparire una smorfia di disappunto. “Ci sono alternative?”.
“Sì…” fa lei, un po’ delusa dalla mancanza di approvazione. “E per una femminuccia, cosa ne dici di Hay Lin?”.
“Hay Lin…” ripete riflettendoci, “Lin Hay Lin… Sì, è assonante”. Mentre lava i piatti con efficienza, pensa tra sé e sé … Hay Lin… questo nome le dice qualcosa che non riesce a definire meglio. “Se si chiama Lin come me, certo mi assomiglierà in qualcosa”.
“Lo spero proprio” risponde Joan sorridendo. “L’unica cosa che non vorrei è il tuo modo di sparire misteriosamente per le tue ‘cose da donne’ ”.
 

  
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