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Autore: Bakabeans    20/06/2011    1 recensioni
Manca poco agli esami di Marzo.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6- On this ground

Il sole che brillava faceva male agli occhi.

Ma non si sarebbe mai sciolto nulla.

O perlomeno in quel posto.

Mentre da qualche parte nel mondo, già spuntavano i fiori.

***

Fece uscire una mano dalle coperte, cercando a tentoni la sveglia.

La stanza era fredda.

Avrebbe voluto girarsi dall'altra parte e riaddormentarsi di nuovo. ma non poteva: quell'essere malefico gli si era infilato accanto, pacificamente intento a ronfare mordicchiandogli il cuscino.

Rimase immobolizzato per qualche lungo secondo. Poi decise che una piastrella congelata sarebbe stata meno peggio di una grassa palla di pelo. Morbida e calda, ma pur sempre una detestabile palla di pelo.

Scattò in piedi, scrollando il cuscino a cui quella cosa si era attaccata con le unghie. Sottolineando con soffi contriti la poco gentile sveglia mattutina.

"Tu saresti il gatto: se non te ne sei ancora accorto inizia a pensarci" aveva sbottato, sentendosi piuttosto stupido nell'iniziare la giornata parlando con un famiglio viziato "Staccati, per favore..."

Riuscì finalmente a farlo scivolare a terra sul suo grosso sedere peloso. E restò a guardare sconsolato le perfette striscie verticali con cui i suoi artigli avevano artisticamente squartato la sua roba. Ma l'idea di mettersi addirittura a litigare di prima mattina con un gatto lo faceva deprimere ancora di più.

Decise di lasciar perdere.

Infilò la divisa, alzando la cerniera fino al mento. Sistemò le maniche e la piega dei pantaloni.

Controllò che il famiglio non avesse pasteggiato anche con le sue scarpe.

Infine, lucidò gli occhiali. La fastidiosa incrinatura all'angolo non era guarita nemmeno con un Curaga: avrebbe dovuto aspettare la fine degli esami, la fine della vacanze estive, la fine di tutti i Festival insensati e forse avrebbe potuto tentare di proporre la domanda per un paio di lenti nuove. Vedendosela approvata quando lui fosse diventato Seed di Livello A. Nella migliore delle ipotesi, naturalmente.

La palla di pelo aveva iniziato una delle sue lagne grattando lo scorrevole. Lo fece uscire, guardandolo trotterellare col suo grasso sedere nella saletta comune per poi ricominciare la sua nenia contro la porta accanto: "Sarà già andata nella Hall" lo aveva informato, felice di poter ottenere una piccola rivincita contro quell'essere.

Per tutta risposta gli aveva lanciato un'occhiata fin troppo storta.

Rinunciò a continuare una poco razionale lotta fatta di sguardi e preferì uscire. Inseguito prontamente da quella presenza, esattamente tre passi più indietro.

Tentò di non prestare attenzione ai gridolini di sdilinquimento che qualcuno era in grado di emettere a quelle ore del mattino. La sua pressione bassa e la carenza di zuccheri dalla notte successiva erano in grado di azzerare qualsiasi e impossibile moto di affetto da parte sua per quella palla di pelo.

Oltrepassò la Mensa, ignorando lo stomaco affamato che aveva iniziato a gorgogliare.

Quello sarebbe stato uno dei pochi giorni in cui avrebbe potuto mangiare un pasto senza dover sgattaiolare verso il tavolo più nascosto, cercando di non farsi notare troppo dai soliti teppisti. E si stava lasciando sfuggire l'occasione.

Non sapeva con esattezza se fosse un buon motivo quello per cui non ne stesse approfittando. Razionalmente, non lo era affatto.

A ogni nuova primavera, la scena era sempre la stessa. Ne aveva intraviste molte, strascicando i piedi nel corridoio.

Ma non aveva mai avuto un motivo per farmarsi troppo a lungo nella Hall.

Non c'era mai stato nessuno da salutare. Nessuno a cui augurare buona fortuna!, in bocca al lupo!, ganbatte!, torna vincitore e fammi infiltrare al Ballo di Balamb!

Avanzò ancora di qualche passo, il famiglio alla sua solita distanza: se avesse anche solo accennato di fare marcia indietro, probabilmente lo avrebbe ridotto alla stregua del suo cuscino.

Forse era proprio quello il buon motivo per cui ora si trovava nella Hall. Ma nemmeno lui ne era troppo sicuro.

Per gli altri studenti attorno era diverso. Qualcuno non aveva dormito, altri avevano passato la notte a rivangare le stupidaggini combinate negli anni passati ed erano scoppiati a ridere e a singhiozzare tutte le lacrime possibili.

Assieme alle persone con cui avevano condiviso fino allora la loro vita.

Lui non sapeva cosa fare. Perchè come al solito la sua situazione era diversa. E del tutto nuova.

Non sapeva cosa fare perchè era troppo abituato a qualcosa che si ripetesse, sempre uguale negli anni.

Come la neve in inverno.

Come le partenze in primavera.

Si alzò sulle punte, in direzione della voce del professore che parlava concitato dalla gradinata, ma per la prima volta nella sua monotona vita di studente medio e rappresentante del Comitato di Disciplina non era interessato al discorso.

Spostò lo sguardo sugli studenti in divisa radunati in file ordinate: era curioso di poterla vedere.

Tutti gli altri avevano le loro storie più varie, più disperate, più assurde possibili. Ma lei era la storia più stramba di tutte.

Sentì qualche vertebra schioccare mentre cercava di farsi spazio oltre le teste: non riusciva a vederla.

Perchè non c'erano nè nero a quantitativi impressionanti, nè stupidi volant e fiocchetti assortiti.

Lei stava in una fila come tante altre, una studentessa come tante altre. Chiusa nella divisa grigia, il fiocco viola ben stretto sotto il colletto.

Niente calzette strambe, nè tacchi improbabili e importabili da qualsiasi e autentico essere umano.

Considerare la cosa come una delle delusioni più cocenti che avesse mai provato era pure scarsamente accettabile.

Rimase in silenzio, continuando a guardare insistentemente davanti a sè.

Qualcuno gridò di rompere le file e uscire dal Garden, altri si mossero accanto a lui.

Poi all'improvviso se ne rese conto. Anche se non lo aveva degnato di uno sguardo mentre si dirigeva verso l'uscita, solo scrollando la mano in aria.

Le sue unghie. A teschietti. Fucsia.

Sentì qualcosa muoversi nel suo stomaco. Ma non sapeva bene come farlo uscire fuori.

Si limitò a lasciarsi sfuggire uno sbuffo, per poi mettersi a inseguire il famiglio che lo aveva sorpassato.

Correva sul marmo luccicante nel sole del mattino, scivolando sotto decine di gambe, ignorando altrettante centinaia di strilli. Ma chi dei due fosse effettivamente il più disperato in quella corsa non avrebbe saputo dirlo.

Studenti, divise, aiuole, pezzi di marmo.

Il portone d'ingresso.

Il gelo fuori dalla Hall lo colse alla sprovvista: il gatto frenò bruscamente con le zampine, affondando nella neve qualche metro più in là; lui venne attraversato da un brivido lungo tutta la schiena.

Per un po', rimasero entrambi immobili nella spianata deserta, sotto il cielo azzurro.

Attorno non c'era nessun altro. Erano tutti partiti.

Sistemò gli occhiali sul naso e avanzò nella neve, osservando la coda della palla di pelo che sbucava dal cumulo bianco in cui era scomparso. Prese fiato e la tirò di peso, scrollando il suo proprietario a mezz'aria: "Come Cavaliere sei disastroso..."

Lo fece ricadere a terra, evitando di venire assassinato da qualcuna delle sue unghiette. Dopo l'ennesima occhiataccia d'odio, con uno sbuffo il famiglio spiaccicò il suo grasso sedere a qualche passo da lui, fissando torvo davanti a sè.

E stupidamente si ritrovò a imitarlo.

Anche se razionalmente tutto quello non aveva alcuna logica.

Però era un bel ricordo, da appuntare sul block-notes: insieme al suo debito per la cioccolata, era il secondo appunto che non avrebbe avuto a che vedere con il Regolamento Scolastico Interno.

Di nuovo, qualcosa gli si mosse nello stomaco. Un gorgoglio che indicava come il suo scarso livello di zuccheri mattutini stesse raggiugendo quota zero. In semplici parole, aveva una fame da non aspettare che la Mensa si svuotasse del solito gruppo di teppisti per poi precipitarsi a prendere gli avanzi della mattinata.

Dietro di lui risuonò il carillon di inizio giornata: mancavano solo 364 giorni a un nuovo marzo.

Abbassò lo sguardo sul grosso gatto nero che gli stava accanto.

"Sei rimasto solo anche tu, eh?"

Gli aveva rivolto un'occhiata scocciata. E lui aveva fatto lo stesso.

"Torniamo al Garden" sospirò, infilando le mani nelle tasche "E non ti porto sulla spalla, non ci contare"

Aveva miagolato sommesso, sicuramente meditando qualche vendetta felina nei suoi confronti. Poi aveva finalmente alzato il suo peloso didietro dal suolo gelido.

 

 

La neve crocchiava sotto i loro passi.

Sarebbe stata una lunga e difficile convivenza.

***

 

*Asterisco dell'Autrice: non mantengo mai le promesse che faccio ai lettori. Mi piace mantere questo genere di shot-fiction sul vago, vago vaghissimo. Oh, ma siccome mi sono sentita in colpa...  Nella prossima pagina *udite!udite!* troverete le schede dei personaggi che avevo scritto mooolto tempo fa. Giusto perchè considero importantissimo fare le schede dei miei personaggi, anche se poi non scrivo mai dettagliatamente quando, dove e cosa. Me ne dimentico.

Grazie per aver letto questa storia un po' fluff! :D

   
 
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