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Autore: Fuffy91    24/06/2011    2 recensioni
“ E’ complicato.”
Fu l’enigmatica risposta di lui, che prima osservò David ed in seguito Edward, che strinse gli occhi, quasi innervosito. Non comprendevo così tanta segretezza. Fino ad allora, i Cullen mi erano sempre sembrati la famiglia più unita e priva di misteri e segreti che avevo mai conosciuto.
Infondo, all’inizio della nostra conoscenza, Edward me lo avevo spiegato:
“ Con Alice che prevede il futuro ed io che leggo nel pensiero, i segreti risultano inutili nella nostra famiglia.”
Che David, invece, fosse l’eccezione che perfino Edward, così brillante ed attento ai particolari, non era mai riuscito a cogliere?
E chi lo sa??? Se volete scoprirne di più, cliccate e leggete insieme a me!!!
Baci baci, Fuffy91!!!^___^***
AGGIUNTO CAPITOLO 7!!! BACISSIMI!!!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 7

Bella.

 

Dopo una manciata interminabile di minuti, Bia si mosse. Avanzando lenta, sorpassando Tasha e Deborah, che la guardò crucciata, si lasciò cadere delicatamente sulla poltrona, accavallando le gambe nude, i capelli ondulati a ricoprirle il lato destro del volto reclinato a sinistra, il dorso della mano a sostenere il capo.

Sospirò, ad occhi chiusi, quasi stanca. Deborah e la vampira col caschetto biondo si scambiarono un’occhiata confusa, prima che la prima si rivolgesse a Bia, dicendole in un sussurro, quasi per non turbarla:

“ Capo e adesso? Cosa facciamo? Non possiamo più stare qui.”

“ Per quale motivo?”

La interruppe Esme, portando lo sguardo ansioso da lei a Bia. Deborah la fulminò con lo sguardo acceso di rossore.

“ Perché?! Mi sembra ovvio! Jonathan è stato marchiato da Munir. Quel dannato, adesso, saprà già dove siamo, grazie al richiamo del marchio. Dovremmo forse stare rintanate qui, ad aspettarlo?”

Chiese retorica e con fervore, per poi rivolgersi a Bia, quasi aggredendola:

“ Dobbiamo combattere! Staniamolo dal buco dove si nasconde e facciamolo a pezzi! Che aspettiamo?”

“ Cerca di calmarti, Debby.”

La riprese Tasha, appoggiandosi alla parete, le braccia incrociate, l’aria torva nella penombra della lampada a muro.

“ E’ una vita, che mi dici di stare calma! Sono stanca di stare con le mani in mano. Voglio ucciderlo, maledizione!”

Disse, pestando il piede destro sul pavimento, inclinando il parchè di pochi centimetri. Emmett sorrise all’ardore rabbioso della vampira, quasi riconoscendo in lei la sua naturale impazienza.

Tasha sospirò esasperata, ma non aggiunse altro. La biondina, invece, rise dolcemente a labbra socchiuse. Deborah le lanciò uno sguardo obliquo, irritata.

“ Cosa hai da ridere, Sarah?”

Sarah rise più forte e la sua risata infantile risuonò nella stanza in mille stridii melodiosi d’arpa.

“ Mi fai ridere, Deborah. Non l’hai ancora capito?”

“ Capito cosa? Parla chiaro!”

Esclamò in un mezzo ringhio. Sarah, ancora sorridente e capo chino, compì piccoli passi in verticale mentre parlava e la gonna del suo vestito a bambola, rosa-gomma da masticare, che si apriva a palloncino ad ogni passo, rispondendole quasi con ovvietà:

“ Munir si sta già dirigendo qui, da quando ha mandato il suo seguace a controllare le mosse di Jonathan. E’ perfettamente inutile che andiamo a cercarlo. Non finiremo altro che andargli incontro e scatenare una lotta allo scoperto, del tutto impreparate.”

Deborah ringhiò feroce, stringendo i pugni.

“ Forse tu, sarai impreparata. Io invece no! Mi sto preparando da secoli a questo giorno.”

Disse, infervorata, per poi sussurrare, quasi gustando le parole:

“ Il giorno della vendetta.”

Bia aprì gli occhi improvvisamente, mentre Tasha alzava il mento e puntava lo sguardo verso di lei, contemporaneamente.

“ La vendetta.”

Ripeté in un bisbiglio profondo e modulato, quasi come la parola di una formula proibita. Anche Deborah e Sarah la guardarono, abbandonando ogni ostilità, sostituendola con la trepidazione. Gli occhi dorati di Bia si scurirono improvvisamente, dandomi l’impressione di una creatura selvaggia.

Anche Edward la osservò, in ascolto non delle sue parole, ne ero certa, ma del flusso dei suoi pensieri, rapidi come fiocchi di neve nella tempesta.

Nessie mi strinse la mano, trasmettendomi l’immagine di Bia come la vedeva lei. C’era un’aura di preoccupazione ed attrazione ad avvolgerla. La intimoriva ma, allo stesso tempo, le suscitava una profonda ammirazione. Ricambiai la sua stretta, sorridendole per rassicurarla. Renesmee mostrò la sua riconoscenza, appoggiando la fronte sulla mia spalla. Le accarezzai i capelli ramati, mentre seguivo Esme avvicinarsi a Bia e accarezzarle i capelli, materna ed ansiosa.

“ Bia, ti scongiuro. Non andare da lui. David non vorrebbe che ti mettessi in pericolo. Resta qui, al sicuro.”

La implorò quasi, accorata. Mi sorpresi della reazione di Esme. Stranamente, lei sembrava capire le intenzioni di Bia più di tutti i presenti, me inclusa. Era in pena per lei, come una vera madre ha timore di ciò che possa accadere alla figlia prediletta. Bia la guardò e le sorrise, mentre si alzava dalla poltrona. Esme non distolse il suo sguardo, mentre le diceva:

“ Mi ricordi molto mia madre, Esme. Era proprio come te. Così dolce, così premurosa verso tutto e tutti…”

Sorrise ancora, mentre si voltava ad osservare i nuovi fiocchi di neve cadere all’esterno, quasi ipnotizzata dal loro danzare con il vento leggero, ma pungente.

“ Il mio unico rimpianto, è di non essere mai stata come lei. Purtroppo, io sono identica a mio padre. Condannata ad essere perseguitata dalla mia bellezza e ricorsa dal mio egoismo.”

Terminò in un bisbiglio tenue, ma amaro.

“ Tu non sei affatto egoista, Bia.”

Disse Alice, con accento determinato nella voce da soprano. Bia inclinò le labbra in un nuovo sorriso, forse più amaro del tono della sua voce.

“ Non mi conosci. Sono capace di un egoismo puro, senza costrizioni né legamenti. E non dipende dalla mia condizione d’immortale. Sono sempre stata così.”

“ Ti riferisci a David?”

Le chiese Edward e mi stupii di quella domanda. Cosa c’entrava, ora David? Cosa aveva letto, Edward, nella sua mente, tanto da causare quella domanda inaspettata, quanto strana?

Bia si voltò di scatto verso di lui, un bagliore rosso ad incupirgli gli occhi, così minaccioso che lo Scudo tremò quasi, pronto a difendere mio marito, che mantenne la sua innata compostezza, per nulla turbato. Ma fu solo un attimo. Bia sospirò, quasi per riacquistare il controllo perso momentaneamente, per poi rispondergli, neutra:

“ Anche.”

La sua risposta mi sorprese più di tutto il resto. Non riuscivo a capire. In fondo, David era il suo ragazzo. Se si riferiva al suo essere possessiva, non pensavo ci fosse nulla di male in quello.

In quel momento, ero ancora ignara del mistero che circondava Bia e David. Mi ero ancorata al pensiero di loro due come coppia, senza tenere conto di loro due visti separatamente e, di conseguenza, dei loro sentimenti contrastanti.

Tuttavia, Bia non aggiunse altro, limitandosi a sedersi nuovamente sulla poltrona, lo sguardo ambrato lontano mille miglia.

Improvvisamente, quel silenzio irreale venne rotto dal suono più improbabile: lo squillo di un cellulare.

Puntai lo sguardo verso la fonte del trillo insistente. Stranamente, era Deborah.

“ Oh, sta squillando. Credevo fosse inattivo.”

Disse stupita, tirando fuori dalla tasca dei jeans sgualciti, da vera punk, un cellulare blu elettrico. Lo aprì e lo squillo divenne più insistente. Stranamente, invece di rispondere, ce lo mostrò:

“ E’ un numero non registrato. E’ di uno di voi?”

Chiese, puntando lo schermo luminoso soprattutto verso Carlisle. Con la coda nell’occhio, vidi Alice assumere un’espressione pensosa, in seguito vacua.

“ Perché lo chiedi ai Cullen? Non è tuo?”

Le chiese Tasha, portando le braccia lungo i fianchi.

Deborah scosse la testa.

“ No. In realtà, l’ho trovato a terra, sulla ghiaia del giardino. L’ho raccolto senza pensarci. Mi ero dimenticata persino di averlo.”

“ Non è nostro. I nostri cellulari sono tutti argentati.”

Le rispose Rosalie. Intanto, il cellulare blu non smetteva di suonare. Chi chiamava, doveva essere una persona molto insistente.

“ Be’, rispondi. Non sembra voler smettere e mi sta facendo venire mal di testa.”

Disse Sarah, portandosi una mano alla fronte, massaggiandosela con le dita.

A quelle parole, Alice sembrò rianimarsi, urlando:

“ Non rispondere!”

Accanto a me, sentii Edward tendersi ed imprecare sotto voce, ma era troppo tardi. Deborah aveva già premuto il tasto di chiamata e portato l’apparecchio all’orecchio destro.

“ Pronto?”

La sua espressione, dapprima tranquilla, s’indurì nel lasso di un minuto e nei suoi occhi vidi calare un’ombra scura. Aggrottò la fronte e le sue dita strinsero il cellulare così tanto da farlo scricchiolare. La sua mano, aveva cominciato a tremare, non di paura, ma di rabbia.

“ Ma chi è?”

Le chiese Sarah, guardandola preoccupata.

“ Deborah, che succede? Chi è al telefono? Parla.”

La incalzò Tasha, afferrandole una spalla e scuotendola.

“ E’ Munir.”

Rispose per lei, Alice, abbattuta.

“ Quello è il cellulare del seguace che Bia ha ucciso e che io e Jasper abbiamo bruciato. L’ho trovata io stessa e sono stata sempre io a gettarlo via. Credevo si fosse rotto, ma mi sbagliavo. A quanto pare, quel vampiro aveva anche un altro incarico da compiere.”

Tutti trasalimmo, Renesmee mi artigliò il braccio, stupita e confusa. I Cullen osservarono Alice mentre io cercai una conferma nello sguardo di Edward, che annuì. Fu l’unico ad agire, tendendo la mano verso Deborah, ancora impietrita dall’orrore e dall’ira.

“ Deborah, passalo a me. Ci parlo io.”

“ No.”

 Disse Bia, quasi la meno turbata di tutti. Deborah sussultò, osservandola.

“ Metti il viva voce.”

Deborah annuì ed eseguì l’ordine immediatamente. Poi, con calma, appoggiò il cellulare sul tavolino in vetro, proprio davanti a Bia.

Dall’altro capo del telefonino, né un suono né un sospiro. Finché, una voce dal tono morbido e dall’accentro orientale, non chiamò:

“ Bia.”

Trasalii a quel richiamo, così intenso da paragonarsi facilmente al calore turbolento sprigionato dalle fiamme di un incendio impetuoso. C’era passione, una torbida passione in quelle semplice tre parole, da sconvolgermi. Una risata argentina ebbe il potere di farmi rabbrividire, come se Munir fosse davvero stato lì, nel salotto che Esme aveva arredato con tanta cura.

Bia, dal suo canto, non si tese né si mosse, le iridi degli occhi da gatta, ridotte a due pietre di topazio impure. I miei, invece, erano puntati su di lei.

“ Ti ho trovata.”

Continuò la voce. Avvertii un fruscio, un movimento prodotto da qualcosa di soffice che scivolava, forse il tessuto dei suoi abiti. Magari era steso ed ora si era alzato. Nella mia mente, si figurò l’immagine di un uomo imponente, che si alzava dal suo letto foderato di velluto dorato e verde smeraldo, i colori del deserto.

“ Non mi dici nulla? Eppure non ci sentiamo da molto, molto tempo.”

Concluse la frase, strascicando le ultime parole. Rise ancora, questa volta sommessamente o forse aveva voltato il volto giusto il tempo per attenuare il suono.

“ Va bene, allora parlerò io.”

Ci fu una breve pausa, il tempo solo di tirare un sospiro lento.

“ Sai cosa fanno i topi, Bia, per sfuggire al gatto?”

“ Cosa sta dicendo?”

Bisbigliò Nessie. Edward alzò una mano per zittirla. La sentii tendersi accanto a me, stringendomi il polso ansiosa.

“ No? Te lo dico io, allora. I topi, una volta che sono sfuggiti al gatto, scappano e si rifugiano per un po’ di tempo da un’altra parte. Il gatto, invece di inseguirli, aspetta. Sembra un atteggiamento assurdo, per un felino, ma il gatto è astuto. Ogni giorno, torna nello stesso posto, davanti alla tana vuota del topo. E lì attende. Aspetta, aspetta… paziente, senza perdere la calma. Finché, non arriva il giorno in cui il topo, credendo che il gatto abbia rinunciato alla sua preda, ritorna. Ma il gatto è lì, ad attenderlo ed è allora che lui lo prende. Quindi, non importa quanto tempo sia passato… giorni, mesi, non ha importanza. Il gatto si è comunque saziato del topo di cui aveva deciso di nutrirsi.”

Ci fu un’altra pausa, più lunga della prima, dove regnò il completo silenzio da entrambe le parti.

Fu, ancora una volta, Munir a romperlo. Ma il tono di voce che usò, non era più calmo e compito, ma veloce e con una vena di rabbia che lo rendevano demoniaco.

“ Hai dimenticato una cosa molto importante, tesoro. Tu sei mia. Non so cosa è successo di preciso, quella notte, né perché tu te ne sia andata con quel pezzente, senza compiere nemmeno il minimo sforzo per ritornare da me. Hai preferito scappare, tirare su una banda di femmine pronte a tagliarmi la gola, ognuna per la ragione che crede. Addirittura, ne sei diventata il capo. Ma la cosa peggiore, di tutta questa faccenda, è che tu, amore mio, sei finita a convivere con quel bastardo, preferendo lui a me. Ma te lo ripeto, anche se non hai il mio marchio, cara, tu sei e rimarrai per sempre mia. E lo sai quanto mi irrita quando le mie cose vengono toccate.”

Bia non disse nulla, ma si limitò ad osservare il telefonino immobile come una statua.

“ Ti faccio i miei complimenti. Sei riuscita a sfuggirmi molte volte, ma io sono stato più furbo di te. Hai visto Jonathan, no? E’ delizioso il mio marchio sulla sua pelle. Spicca perfettamente, non trovi? A poco a poco ti porterò via tutto ciò a cui tieni, Bia. Jonathan, le tue complici, i cari Cullen, che ti stanno così teneramente accudendo e per finire David. Oh, si…il caro e temerario David. Un topino delizioso. Lo mangerò appena lo vedrò, sarà presto tranquilla. E mica in un sol boccone. No, sarebbe così improduttivo. Lo farò a pezzi e ne gusterò ogni parte, poco alla volta. Comincerò dalle gambe, poi passerò alle braccia e lascerò la testa per ultima. Sarà anche l’ultima parte che brucerò di lui, per poi godermi il calduccio del suo bel rogo. Fa così freddo, in questo periodo.”

Ogni sua parola, era intrisa di un veleno mortale.

Deborah aveva cominciato a ringhiare feroce. Emmett era in preda ai tremori e il sorriso era sparito dalle sue labbra, mentre Rosalie si mordicchiava le unghie perfette, gli occhi dalle iridi caramellate oscurate dalla rabbia. Carlisle era rimasto immobile, le sopracciglia unite in una ruga che lo rendevano più vecchio. Esme ansimava inquieta. Jasper aveva posato le mani sulle spalle rigide di Alice, lo sguardo lontano e vigile verso un futuro ancora da scrivere. Edward osservava il telefonino, quasi a studiare ogni possibile significato del discorso minaccioso di Munir. Il batticuore di Nessie mi giungeva alle orecchie come una musica impazzita e la carezza del suo respiro tiepido mi solleticava l’orecchio destro. Il mio sguardo vagava da Bia, ancora immobile, Edward e la finestra rotta, come ad attendere che Munir potesse entrare da lì da un momento all’altro. Pensai a David e sperai che quello di Munir non fosse stato già un atto compiuto.

“ Solo dopo aver fatto tutto questo ed essermi nutrito degli abitanti di quella tranquilla cittadina, ti prenderò per mano e ce ne andremo, insieme come se niente fosse successo. Ti punirò per quello che mi hai fatto. Lo farò, certo, ma a modo mio. E sarà un dolce supplizio, mia dolce Bia. Te lo garantisco. Del resto, io ti amo e in amore ci si perdona…ma solo dopo una giusta punizione. Già, giusta ed equa soprattutto. Ti farò soffrire come tu hai fatto soffrire me, abbandonandomi per un uomo che non era degno nemmeno di baciarti le scarpe. Per tutti questi anni, mi sono roso dentro al pensiero di lui e te, voi …intenti a passeggiare per i sobborghi di chissà quale città, a baciarvi, ad accarezzarvi…”

Continuò con voce roca, sibilando come un serpente a sonagli.

“ Il pensiero delle sue sporche mani sul tuo corpo, delle sue labbra a contatto con la tua bocca… mi ha letteralmente fatto impazzire. Ma non importa, te lo farò dimenticare. Cancellerò su di te e in te ogni traccia di lui. Non ne resterà niente, nemmeno il ricordo. Solo allora, saremmo di nuovo insieme. Quindi, non temere, amore, sto arrivando.”

Dopo quella sadica promessa, seguì un silenzio lungo e turbolento. Tasha fece per chiudere la comunicazione, ma Bia le bloccò il polso con un gesto repentino, attirando l’attenzione di tutti, perfino di Alice, che arcuò le labbra in un improbabile sorriso.

Bia lasciò lentamente la presa dal braccio di Tasha, senza guardarla, nemmeno per ricambiare il suo sguardo confuso, mentre la seguiva prendere il cellulare, pigiare un tasto che capii subito dopo che era quello per togliere il vivavoce, alzarsi dalla poltrona e solo allora, portarsi l’apparecchio all’orecchio, dischiudere finalmente le labbra e dire, con voce ancor più sensuale del solito:

“ Hai finito? Bene. Ora parlo io.”

Disse, per poi dirigersi verso la finestra ed appoggiarsi al davanzale ricoperto di frammenti di vetro, con aria disinvolta.

“ Ascoltami bene, Munir, perché lo dirò solo una volta e non lo ripeterò più. Se cercherai di fare del male alle mie ragazze, a Jonathan, a uno solo dei membri della famiglia Cullen o al più anziano dei boscaioli di Forks, io ti uccido. Se ti azzarderai a sfiorare anche solo un capello di David, io ti castro. Ti castro e poi ti uccido. Ma tanto lo farò comunque. Non tornerò mai con te, neanche se mi incatenassi e mi trascinassi da qui a New York, nuda e imbrattandomi di polvere, nemmeno se mi faresti a pezzi e li mettessi in un baule sigillato. Non verrò mai con te, scordatelo, toglietelo dalla mente. Ti proibisco anche solo di pronunciare il mio nome. Il solo, qui, che non è degno di baciare le mie scarpe, sei tu. Hai dimenticato un cosa, Munir: sono io il gatto e ti sto aspettando davanti alla tua tana.”

Strusciò la guancia sulla cornetta, mormorando un suono gutturale e ruvido ad occhi chiusi, simile alle fusa di un gatto affamato. Sarah sghignazzò, nascondendo il sorriso dietro il palmo della mano, osservando Bia con ammirazione.

“ Hai voluto la Bia cattiva? Preparati a subirla.”

Terminò, per poi portare il pollice sul tasto rosso di fine chiamata. Ma, all’improvviso, sembrò ripensarci, e riportò il cellulare all’orecchio.

“ Ah, un’altra cosa, prima che mi dimentichi.”

Una pausa, prima di dire con sguardo da gatta languida ma irritata:

“ Io scopo con chi mi pare. E, stai tranquillo, ché le mie cosce rimarranno ben sigillate con te.”

Solo allora, chiuse la comunicazione, stritolando il cellulare e gettandolo nel cestino vuoto all’angolo della porta.

Ci fu un momento di silenzio, poi Deborah e Sarah si precipitarono accanto a lei, una per lato, urlando e ridendo allo stesso tempo, felici.

“ Sei stata grande, Bia.”

Iniziò Sarah.

“ Lo hai messo al suo posto, con classe e determinazione.”

Continuò Deborah, contemplandola in adorazione e sorridente.

“ Si, non male come discorso. Certo, che l’ultima frase potevi risparmiartela.”

Disse Tasha, sorridendo e scuotendo la testa con rassegnazione.

“ << Io scopo con chi mi pare.>> Che battuta da figa.”

Disse una voce, conosciuta. Tutti ci voltammo verso la finestra rotta e vidi Bia strabuzzare gli occhi mentre molti di noi esclamammo:

“ David!”

 

Angolo dell’autrice.

 

Ecco qui, fine di un altro capitolo. Mi dispiace di aver fatto ritardo anche questa volta. Mi farò perdonare la settimana prossima! XD

Vi è piaciuto il nuovo aggiornamento? Chissà cosa succederà in seguito e quali notizie porta David con sé.

 

Ringraziamenti a…

 

Ringrazio tutti quelli che mi seguono, leggono e apprezzano le mie storie. Spero di ricambiare al meglio, regalandovi sempre tante belle emozioni.

 

Solele96: Ciao, Solele96!!XD Grazie per aver recensito!! Mi fa piacere che la mia storia ti piaccia e spero continuerai a farmi conoscere la tua opinioni su questo e i prossimi capitoli anche in seguito. Baci e a presto, Fuffy91!!XD

 

Baci baci e a presto, Fuffy91!!!

 

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