_________Io rimango.
Isola quieta in un mare di guai.
Ciò che mi facevi provare,
ciò
in cui tu mi avevi plasmato.
Ti avevo sempre aspettato,
pensavo.
Ero un attimo di serenità nel tuo tumultuoso animo,
culla
di un bambino egoista.
Ma io ti
aspettavo, sempre.
Il mio pensiero non era mutato.
Quando
arrivavi a chiedermi aiuto,
implorandomi con silenziose preghiere profane sparse ai quattro venti,
ti
ascoltavo come vento passeggero,
correvo
e ridevo fra i tuoi capelli ramati,
ti
cullavo tra le mia bianche braccia lucenti,
piangevo con te fondendo le tue gocce salate alle mie,
dolci
e lontane, non adeguate, non all’altezza.
E
baciavo invano il tuo ricordo,
mentre
soffrivo per la mia inadeguatezza.
Aspettando…
Comunque.
Forse una tua risposta, forse un tuo rifiuto,
Ma anche tu
attendevi, come me.
Il mio unico peccato era non sapere,
fu
non accorgermene in tempo,
così,
pensai.
Baciavo il tuo corpo,
mentre
le tue labbra rimanevano socchiuse e ferme,
la
tua anima, invece, rimaneva consacrata nel profondo,
scalciava e piangeva in silenzio.
Oh Conchiglia, tu piccola e lucente, hai lasciato la tua orma sulla mia pelle,
livida
e sconquassata da tempeste infinite.
Ma io
continuavo ad aspettare.
Ed aspettare
e aspettare,
e
aspettare…
E non capivo che quando tu divoravi con gli occhi
il Sole, il cielo ed il mare,
non
riuscivo a capire che quando tu venivi rapita lasciando qui da me il solo tuo
corpo,
eri
già lontana, avevi già tradito e lasciato indietro,
e
non attendevi, non più.
Non capivo che avevi già scelto.
La mia logica, rifiutava il tuo egoistico verdetto.
Ma
tu, crudele compassione del mio animo sfregiato, tu!
Rimanevi con me e non mi lasciavi mai andare
completamente.
Tornavi a farmi visita, di tanto in tanto,
restavi
con me quel tanto che mi accendeva desiderio e conforto,
lasciandomi il tempo di cullare una qualche squilibrata speranza.
Ma tutto ormai si stava sfasciando come carta
bagnata,
inchiostro nero lasciato a marcire in fondo al cuore.
Non capì nemmeno quando mi
abbandonasti per il vasto orizzonte,
mi
congedasti con un addio mascherandolo
con un arrivederci.
Ma io, non
ero capace di smettere
E
aspettavo, aspettavo sempre.
Isola condannata ad un eterno stato di quiete ero
rimasta.
Non troppo triste per sprofondare,
né
troppo arrabbiata per scatenare tempesta.
Intanto lacrimavo non capendone il perché,
cascate
di ricordi sgorgavano dalle mie membra spente…
E stanche, così tanto stanche…
Il vuoto scavava e mangiava, e grugniva,
e
intanto divorava feroce e lento ciò che di me restava.
Ed io
aspettavo.
Incapace di fare altro,
attendevo
serenamente disgustata
la mia lenta
e silenziosa fine.
Speranza di rimasuglio d’amore tradito,
ecco cosa
rimase infine,
e solo
le salate acque gentili mi sfioravano…
Ecco cosa rimase.
Piccola e sommersa sotto la superficie del cielo,
circondata da branchi di squali affamati,
…a volte assaggiavano,
a
volte sfioravano languidi.
Ed ecco cosa
rimase,
patetica e sbiadita dal tempo inarrestabile.
Mentre aspettavo,
e aspetto e
aspetterò… Ecco cosa rimane:
Io rimango.
E aspetto.
Notes:
Poesia.
Boh.
Non
so cosa sia e non so se sia poesia sinceramente, ma posto comunque,
più per una soddisfazione personale, che per recensioni o numero di
letture/visite.
Ho
scritto ciò con un certo e non trascurabile sollievo, mi ha liberata
da cento parole che non riuscivo ad esprimere in altro modo. Scrivere è una
cura e una dannazione, quando non riesco a farlo e la voglia poca e/o manca, è
irritante guardare il foglio bianco.
Ora
l’ispirazione è già spirata, purtroppo. (Sarà il
caldo, direi se non sapessi che sono pigra di natura!)
Vi
lascio comunque, perché non so cosa potrei spiegare,
forse è fin troppo lunga e forse esprime tutto e niente o forse sono riuscita
nell’impresa di raccontare quello che volevo, chi lo sa! *la speranza rimane
tanta in ogni caso*
Un
grazie sempre per chi legge queste piccole note!
G.