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Autore: XShade_Shinra    01/07/2011    1 recensioni
Saverio, un soldato semplice che ha perduto amici e parenti, cade in mare a seguito di un attacco nemico e al suo risveglio si accorge di trovarsi dentro una grotta carsica. E di non essere solo.
[ Classificata 3° al contest "The Last One Fantasy" indetto da schwarzlight sul forum di EFP ]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Hope against Hope - Il canto del mare -

Capitolo 5
- La verità nascosta (nel mare e nel buio) -


Dopo quasi un’ora di faticoso cammino, nel quale mi aiutai con un lungo ramo bitorzoluto che utilizzai come bastone, giunsi finalmente in prossimità di quella piccola città. Per quanto mi riguardava poteva anche non trattarsi di quel villaggio del quale parlava il Colonnello, ma un posto valeva l’altro per iniziare a riprendere i contatti con il mondo e cercare Speranza.
Mi aveva soccorso, curato, fatto compagnia, assistito e ridatomi quella speranza che credevo di aver ormai perduto.
Non avrei mai potuto non restituirle il favore.
Arrivato al villaggio, notai che alcuni bambini mi guardarono in maniera strana, e quasi temetti che mi fosse successo qualcosa al viso e non me ne fossi accorto a causa di una paresi o roba simile, ma quando passai di lato ad una jeep parcheggiata sul bordo della strada vidi semplicemente il mio viso, coperto da una folta barba.
In effetti sembravo proprio un delinquente. E solo allora mi ricordai che stavo andando in giro praticamente nudo con un gonnellino di alghe per celare le vergogne e uno zaino militare sulla schiena. Sistemai meglio lo spallaccio e continuai a camminare lungo quella che doveva essere la strada principale.
Sentivo la terribile mancanza di Speranza e decisi di prendere dalla tasca laterale quegli strani ricordi della grotta, giocando a far saltellare nella mano un paio di quei sassolini sferici che avevo trovato, sbuffando appena.
Sembrava non esserci nessuno in giro, a parte quel gruppetto di ragazzini imberbi.
Sconsolato, continuai camminare, finché non vidi delle vecchie signore sedute a ricamare sulla panchina di una piazzetta che (s)parlavano fitte fitte, come due comari. Allungai il passo fino ad arrivare a loro, chiamandole da lontano per non fare la figura del maniaco, così vestito.
«Signore?» cercai di attirare la loro attenzione, smettendo di giocare con le pietruzze, e loro si girarono verso di me, fulminandomi con i loro piccoli occhi, neri e scavati.
«Signorine, giovanotto!» mi ripresero severamente, per poi notare la mia bizzarra tenuta.
«Buongiorno, Signorine» le salutai cordiale, correggendomi. «Sono un militare, anche se non si direbbe. Mi chiamo Saverio Cantini.»
Le due amiche lasciarono i loro ferri e si alzarono, venendomi incontro preoccupate.
«Cosa ti è successo?» chiesero apprensive. «Hanno trovato un gruppo di militari morti sulla scogliera qualche giorno fa.»
«È una lunga storia… » dissi sinceramente, capendo che Speranza mi aveva detto il vero: nessuno dei miei compagni si era salvato. «A causa di un’imboscata nemica sono stato diviso dalla mia truppa. Sapete che giorno è oggi?» chiesi loro.
«Oh, povero caro… Oggi è il Quattordici, e domani è la festa dell’Assunta.»
“Domani è Ferragosto…” pensai. “Sono stato in quella caverna per soli tre giorni?!” mi stupii, guardandomi la gamba ferita. “No, è impossibile.”
«Di quale anno?» chiesi, poiché quello che mi era successo andava oltre ogni logica. Come potevo essere guarito in poco più di un paio di giorni?
«Duemilatredici» disse la più alta, vedendo la mia faccia che si impallidiva.
“L’anno non è cambiato…” capii, riprendendo a giocare con quelle pietre sferiche.
Rimasi un po’ a pensare tra me e me, reggendomi al bastone di fortuna.
C’era solo una persona che poteva rispondere alle mie domande.
«Grazie» dissi alle vecchie. «Io… sono stato accudito da una donna muta, mentre ero ferito» spiegai, senza mostrare loro la gamba; la vecchia cicatrice al petto poteva bastare per i loro deboli cuori. «Sapete dirmi se è di questo villaggio?»
Le due sembrarono pensarci, poi scossero la testa:
«Non c’è nessuna donna muta qui» rispose la più bassa.
«Questo è un paese di vecchi, ragazzo. I giovani sono partiti in guerra e le femmine che non hanno voluto armarsi se ne sono quasi tutte andate, ma non c’è nessuna muta» continuò l’altra.
«Ha lunghi capelli e ha gravi difficoltà a camminare, è una nuotatrice provetta…» elencai, ma loro fecero segno di diniego con la testa.
Possibile che non fosse di quel villaggio?!
Nel frattempo notai che alcuni vecchi si erano avvicinati a noi, probabilmente curiosi di vedere un uomo vestito peggio di Robinson Crusoe a parlare con delle vecchiette.
Cercando di ricordare altri particolari sulla mia silente salvatrice, continuai ad elencare:
«Come vi ho già detto è muta… Profuma di mare e ha le mani fredde, come il resto del corpo» ma le loro espressioni non cambiavano e nessuno degli spettatori mi disse nulla. Stavo quasi per abbandonare la mia ricerca, poi sentii i sassolini sfregare nel mio pugno chiuso e li mostrai. «Non so se possa essere utile, ma questi vi dicono nulla?»
Loro e alcuni curiosi si sporsero, ma scossero sempre la testa.
Niente.
“Speranza non deve essere di questo villaggio” capii semplicemente.
Feci per chiedere quale fosse il prossimo villaggio più vicino al mare, quando una voce fine e gracile mi giunse alle orecchie:
«Potrei vedere quei sassi?» mi domandò gentilmente un vecchio, allungando una mano tremolante con il palmo rivolto verso l’alto. Ogni parola era una cascata di sputacchi.
Annuii e gli passai due di quei sassolini perfettamente rotondi, grandi come una ciliegia cadauno, quasi come se fossero stati lavorati appositamente per creare poi il filamento di una collana in pasta di vetro colorata.
Dopo qualche secondo nel quale il vecchio pareva particolarmente preso dall’analizzare quelle pietruzze, sollevò gli occhi, quasi celati dalle folte sopracciglia bianche, su di me.
«Non sono sassi, sono perle» sentenziò, lasciandomi di stucco. «Ma dove le hai trovate?» mi domandò riporgendomele. «Non si trovano mica facilmente di queste dimensioni, nel nostro mare.»
«Le… le ho trovate…» risposi incredulo, prendendo una di quelle due tra il polpastrello dell’indice e il pollice, osservandola attentamente.
Una perla grigia.
“Che Speranza avesse inavvertitamente rotto i propri orecchini o una collana?” mi chiesi, mentre nella mia testa il rumore di pietroline che cadevano ricreava un’infinita eco.
«Sì, ma dove?» chiese il vecchio, inquisitore, mentre anche gli altri mi osservavano con un’espressione da rebus in volto.
«In una grotta sottomarina.»
Tutta la folla si guardò vicendevolmente, scuotendo la testa. Speranza non sembrava essere conosciuta da alcuno, sicuramente era di un’altra cittadina vicina al mare o addirittura veniva in macchina a causa del suo problema di locomozione, e ciò avrebbe reso ancora più difficili le ricerche. Dov’era nascosta?
I miei pensieri furono però interrotti nuovamente dal vecchio, che sembrava il classico capo villaggio dei giochi di ruolo on-line, che mi disse una cosa con il sorriso sulle labbra:
«Sai, figliolo, si dice che le perle in realtà non vengano dalle ostriche, ma che siano lacrime di sirena, e che poi vengano nascoste nei loro scrigni segreti, le ostriche, appunto. Ecco perché si dice che siano molto, molto preziose, sai?»
«Lacrime di sirena…» sussurrai, ricordandomi il colloquio con la strana donna…
«Tu hai un parente? Un fidanzato?» Lei aveva scosso la testa con fare negativo e avevo sentito quel rumore di pietruzze cadute a terra.
Non erano pietre… erano le sue lacrime, nascoste dall’oscurità.
Poteva solo essere un’assurda fantasia e nulla più: le sirene non esistevano, erano solo delle leggende nate dai marinai che scambiavano i dugonghi o i lamantini per queste creature fantastiche.
Però… c’erano delle cose che non tornavano.
La mia ferita guarita in tre giorni.
Il fatto che venisse sempre dall’apertura che dava sull’acqua invece che dall’ingresso che avevo percorso per uscire; probabilmente perché non sarei riuscito ad arrivare alla superficie trattenendo il respiro? In effetti ero piuttosto in profondità.
Inoltre, lei non camminava molto e la sentivo strisciare sulla terra.
Quando l’ho fatta spaventare si è buttata in acqua, come se cercasse il rifugio e la protezione nel mare.
E poi c’era il fatto del Sarin… mi aveva dato qualcosa come antiveleno, ne ero certo. Ma cosa?!
Tutto quello non era affatto normale, pensandoci a freddo e lucidamente.
Poi c’era il fatto delle perle.
Lei era dunque una sirena…
Ed era sola al mondo, come me.
Senza dire più una parola mi girai e marciai con l’aiuto del bastone diretto alla spiaggia dalla quale ero arrivato. Non potevo assolutamente andarmene, non senza prima averla ringraziata come si conveniva, non prima di averle visto il viso ed essermi specchiato nei suoi occhi soli, senza più speranza come i miei prima di essere salvato da lei.
«Figliolo?» mi chiamò il vecchio, ma lo ignorai, continuando ad avanzare seguendo i miei passi fino a giungere nuovamente al mare.
Quella distesa d’acqua era enorme, immensa.
«Non mi ha neppure detto il suo vero nome…» sussurrai, mentre il vento alzato quasi d’improvviso mi rubava le parole.

[ ...continua... ]
XShade-Shinra


  
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