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Autore: Mei91    02/07/2011    3 recensioni
La vita con Luna non è stata affatto cauta. La soffrenza nella sua vita ha toccato livelli esorbitanti,prima con la morte prematura dei genitori, poi dei nonni, ma si sa alla sofferenza non c'è mai una fine. Luna è convinta che le sue disgrazie siano colpa di Andrè l' angelo della morte e da lui vuole e pretende vendetta. Riuscirà Luna a vendicarsi di Andrè o finirà con l' innamorarsi di lui?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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e rieccomi di nuovo qui....

 

Cap 2

E vendetta sia...

 

 

Lentamente scese a baciarmi il collo causandomi milioni di brividi. Lui è un miracolo. Lentamente cominciai a partecipare anche io e in breve finimmo con il fare l’ amore. Fu l’ esperienza più dolce ed esaltante di tutta la mia vita. John è la mia salvezza. Dopo esserci amati per più di tre volte ci addormentammo esausti ma soddisfatti. Nemmeno nei miei sogni più arditi e incredibili avrei mai potuto immaginare qualcosa del genere e tale consapevolezza mi rende la donna più felice del mondo. John è crollato dalla stanchezza. Poverino non dorme da più di ventiquattro ore a causa di conti e rapporti che oggi deve portare in banca. Anche se sono esausta non riesco proprio a smettere di guardarlo, di amarlo, di coccolarlo e soprattutto non riesco a smettere di toccarlo. Adesso finalmente dopo venticinque lunghi anni sono una donna completa. Con questi dolci e tenui pensieri mi addormentai tranquilla e rilassata fra le sue braccia.

Degli scossoni mi costrinsero ad aprire gli occhi e vidi John che trafelato mi chiedeva di alzarmi e svegliarmi. Spazientita mi voltai verso la piccola sveglia posizionata sul comodino : ero in un ritardo madornale e tra venti minuti io e lui dovevamo essere in ufficio. Dopo l’ esperienza esaltante di poche ore prima, ci eravamo addormentati.

“Luna, siamo in un ritardo madornale e..”

“John l’ ho capito. Ho visto la sveglia. Mi do una sciacquata e sono da te.”

In fretta mi alzai dal letto e mi preparai come una furia preparandomi tanto velocemente che Fulmine a confronto mio sembrava una lumaca. In cinque secondi netti eravamo già fuori casa e pronti per correre a lavoro.

Arrivammo giusto in tempo. Il capo ci guardò con quell’ espressione che la diceva lunga. Forse aveva voluto facilitarci le cose e devo tutto a lui se adesso io tocco il cielo con un dito. Lo ringraziai con lo sguardo e lui comprese e mi sorrise. Non avevo mai visto il mio capo sorridere. E’ un uomo barbuto, basso, grasso e goffo ma è un buon capo. Io e John ci scambiamo un occhiata complice e ci sorridiamo.

Poi ognuno si diresse alla propria postazione per cominciare un pomeriggio di lavoro come tanti altri.

Mai avrei immaginato che quella giornata da paradisiaca che era potesse diventare il vero e proprio inferno.

Infatti, la giornata procedeva come al solito, lenta e stressante. I minuti sembravano ore e le ore giorni. Non vedevo l’ ora di tornare a casa per stare un po’ con il mio John. Verso le sei del pomeriggio in banca successe il pandemonio. Quattro uomini incappucciati entrarono puntandoci addosso le pistole che avevano con loro. Il caos adesso regnava sovrano. Urla di gente che correva a destra e a sinistra finché uno dei quattro uomini parlo dicendo la tipica frase da film di rapine e polizieschi.

“Mani in alto questa è una rapina!” urlò un omaccione alto e grasso. Poteva pesare all’ incirca cento chili.

Il secondo uomo si rivolse a me puntandomi addosso quella pistola che continuavo a guardare con terrore.

“Ragazzina, metti tutti i soldi in questo sacco e non fiatare.” Mi disse il ladro dandomi il sacco e sollecitandomi ad aprire la cassaforte che io non volevo assolutamente aprire. Scambiai un occhiata con John e con il capo e entrambi annuirono. Così aprii lentamente la cassaforte e cominciai a mettere i malloppi di banconote nel sacco.

“Sbrigati sgualdrina.”

Quella non la sopportai proprio e con grinta e coraggio gli risposi.

“Sgualdrina lo dirai a tua madre, idiota.”

Vidi il ladro irrigidirsi e diventare nero di rabbia. Guardai John che aveva gli occhi sgranati e terrorizzati. Uno dei quattro ladri lo teneva sotto mira con una pistola che doveva avere proiettili molto grossi all’loro interno. Ero spaventatissima per lui. Della mia vita mi importava questo si, ma per me quella di John era ancora più importante. Non potevo assolutamente permettere che qualcuno gli facesse del male. Specie quattro pomposi ladri arroganti. Il capo di quella banda di scapestrati deve aver sentito la risposta che ho dato al suo complice e con mosse ben precise e mirate mi dette un pugno in pancia e mi afferrò per i capelli.

“Ma bene, che cosa abbiamo qui? Questa piccola insolente vuole fare l’ eroina.”

“Più eroina di te lo sono di sicuro non mi faccio mettere i piedi in testa da uno tutto muscoli e niente cervello!” dissi risoluta.

“Luna!” urlò John

L’ omaccione strinse ancora di più la prese sui miei capelli e fece appoggiare la mia schiena contro il suo petto. Puzzava di alcool e tabacco di pessima qualità. Il mio cuore batteva a mille ma dovevo difendere le persone a cui volevo bene. L’ orrendo uomo affondo il viso nei miei capelli ispirando il mio profumo poi disse.

“Tu guarda hai il nome di una dea ma il caratterino di un diavolo. Luna eh? Bel nome peccato che non vedrà la prossima alba” disse mettendomi la sua pistola sul collo. Li mi terrorizzai per davvero. Poi l’ uomo gridò.

“Carlos sbrigati a fare quello che devi fare e a prendere quei sacchi con i soldi. Non abbiamo tutta la sera!”

Poi si rivolse di nuovo a me.

“Peccato uccidere un così bello ramoscello, ma che si ci può fare : c’est la vi” disse in un francese più sbagliato che giusto. Poi la sua pistola scese sulla mia pancia. Non riuscivo a muovermi. Mi accorsi dei movimenti di John. Il mio ragazzo diede un pugno al ladro che lo teneva sotto mira e lui cadde a terra con il sacco di soldi che teneva nella mano destra, poi corse verso di me. Intanto il capo era riuscito a chiamare le forze del ordine. L’ omaccione che mi teneva prigioniera si accorse dei movimenti di John e del fatto che lui stava correndo verso di me. Sentire le sirene delle vetture lo terrorizzarono, staccò la pistola da me e sparò due colpi verso John. I proiettili lo colpirono uno in pancia l’ altro alle costole. Il mio urlò stordì i ladri. L’ omaccione mi lasciò e io corsi immediatamente da John steso a terra in una pozza di sangue. Respirava ancora. In quel momento la polizia entrò in banca e per fortuna riuscì ad arrestare i quattro malviventi. Però a me non importava nulla di ciò che stava succedo, John stava morendo. Con un prontezza di riflessi non mia, presi il cellulare e composi il numero del pronto soccorso.

“L- Luna?”

“Sono qui amore mio, non parlare adesso arrivano i soccorsi.”

“E’ tardi a-amore”

“ non dire così John ti prego.”

Ormai ero una fontana piangevo a dirotto. La mia vita stava finendo. Non saprei mai più stata la stessa. Maledetto destino, maledetto fato, maledetto super idiota angelo della morte.

“Luna, sii felice ti prego”

Con queste ultime parole John Morì e io con lui.

Non era possibile la vita non può essere così crudele con me. Non ho fatto nulla per meritarmi tutto questo. Per tutti gli dei ridatemi John. Il mio cuore era morto con lui. Non ero più un umana ma solo un automa. Il fantasma di me stessa. Un po’ di felicità con John chiedevo non credo che sia molto e mi è stato tolto anche il mio unico grande amore. Non è giusto.

Da quel giorno sono passati tre mesi. Al funerale di John c’ erano tutti. I suoi amici, i suoi parenti, i suoi genitori, il capo, i colleghi. E io? Me che ormai non vivevo più ero seduta accanto alla madre di John che nonostante il dolore tentava di consolare me. Avevo tutto con John e adesso non ho più nulla. Da quel giorno sono sempre più convinta che tutte le mie disavventure e le mie sofferenze siano colpa di quel maledettissimo angelo della morte che si diverte a uccidermi ogni volta che tento di stare bene. L’unica cosa che mi rimane di John sono i ricordi ancora vividi nella mia mente. I Ricordi della mattina prima della sua morte. Ho perso anche mio figlio.

Si dalla mattina d’ amore che io e John abbiamo passato insieme era nata una piccola creatura. Ma il pugno di quel maledetto ladro e lo svenimento causatomi dai ricordi e la caduta dalle scale mi hanno portato via anche l’ unico ricordo concreto che avrei potuto avere di John.

Maledizione!

Mi manchi amore mio e giuro che ti vendicherò. Non mi basta che quei maledetti ladri abbiano avuto l’ ergastolo. Troverò l’ altro responsabile che ti ha fatto questo. Troverò quel maledetto angelo della morte e gliela farò pagare cara. Molto cara. Fosse anche l’ ultima cosa che faccio.

In giro ho sentito parlare di uno Shamano. Uno Shamano molto potente e in gamba che è in grado di fare prodigi. E’ persino in grado di evocare qualsiasi creature. Umana, demoniaca o angelica. E’ un uomo molto potente e forse l’ unico in grado di darmi delle risposte e vendetta. Devo fare in modo di contattarlo.

Sarà difficile ma devo fare qualcosa e l’ unica che mi può aiutare è Danielle Maxwell.

Ho preso un aspettativa dal lavoro e il capo non ha fatto nessuna replica. Meglio così.

La villa della mia migliore amica è sempre impeccabile. Danielle è sempre impeccabile è mi è stata molto vicino dalla morte di John.

Bussai leggermente al grande portone di legno pregiato. La grande maniglia d’ottone fa un certo effetto. Danielle mi aprì il portone e corse ad abbracciarmi. Gli occhi mi si inumidirono.

“Luna, tesoro come stai? E’ successo qualcosa?”

“No, Danielle è…”

“Vieni entra amica mia, ne parliamo davanti una fumante tazza di tè” mi disse lei preoccupata ed esortandomi ad entrare in casa.

“Danielle, per favore” le dico. Vederla così preoccupata mi fa star più male di quanto già non sia. La mancanza di John è sempre più forte. Ogni posto, ogni luogo, ogni persona, mi ricorda qualcosa di lui che mi fa star male. Non riesco in nessun modo proprio a dimenticarlo o anche ad attenuare un po’ il dolore e la mancanza e la perdita di mio figlio. Quel bambino sarebbe potuto essere la mia salvezza e invece adesso anche senza il bambino mi sento male.

Di sogni io non ne ho più. I miei sogni sono andati tutti distrutti. Adesso io vivo solo per la vendetta.

La casa di Danielle è bellissima. Le pareti tinte di un candido bianco. L’ atrio d’ ingresso è sublime. Ai lati della porta due grandi vasi di girasoli adornano l’ ingresso. Il pavimento piastrellato di piastrelle di altra qualità e di un tenue colore sul beige. Le tende sono molto delicate e sofisticate; proprio il genere che può piacere a Danielle.

I mobili antichi danno alla casa uno stile ottocentesco ma che rendono il luogo calmo e tranquillo. Il posto ideale per chi come Danielle e me desiderano semplicemente la quiete e la tranquillità di una vita monotona e mondana. Ma la mia vita di monotono non ha proprio nulla anzi è precisamente l’ esatto opposto. Il mio cuore non esiste più perché adesso è un cumolo di rimorsi, rimpianti, sofferenze e dolore. Io non vivo più.

Luna Argento è morta lo stesso giorno in cui è morto il suo unico amore, la sua vita :John.

“Va bene Luna, ma ti prego dimmi che succede?” mi chiese Danielle comprendendo perfettamente il motivo del mio “ Per favore”.

Entrai e mi sedetti sui candidi divani bianchi. Formavano una sorta di semicerchio e al centro un tavolino in cristallo rendeva il tutto elegante. Il televisore grande e bianco rendeva completo l’ ambiente.

Danielle si diresse in cucina a preparare il the mentre io mi rilassavo sul divano e mi lasciavo andare ai ricordi della mia vita. Una domanda ricorre sovrana nella mia testa.

Perché a me?

Perché tutto questo doveva succedere a me? Perché quel maledetto angelo della morte c’è l’ ha con me è uccide tutte le persone che mi amano e che stanno vicino a me. Non conosco motivazione per cui c’è la debba avere come me; ma adesso io da lui pretendo vendetta e giuro che ci riuscirò.

Danielle è tornata è si sedette vicino a me non prima però di aver lasciato sul tavolino di cristallo e argento, il vassoio con le tazzine con il the dentro. Tazzine in finissima porcellana.

Si, Danielle si trattava proprio bene.

“Allora, Luna che è successo?” mi chiese ancora Danielle. Di tanto in tanto provo un po’ di invidia nei suoi confronti perché lei ha tutto e a me è stato tolto tutto, ma è pur sempre la mia migliore amica e le vogli un bene dell’ anima. Mi riscossi dai miei pensieri notando che lei mi stava guardando con uno sguardò così apprensivo e preoccupato che tentati di sorriderle ma mi uscì una smorfia.

“Come sta tuo marito?” le chiesi con una fitta al cuore.

Danielle era sposata con il suo vecchio compagno di giochi dall’ asilo: Julian Kene.

Da quando due anni prima Julian ha sposato Danielle è entrato a far parte delle mie amicizie e in breve era diventato il mio migliore amico e soprattutto il migliore amico di John. Al funerale di John siamo stati io e lui a tenere il discorso d’ addio e mi ha aiutato come meglio poteva. Però sapevo, sapevo che anche lui stava soffrendo le pene dell’ inferno ma una volta Danielle mi ha detto che quel giorno lui si era fatto forza per aiutare me. Julian è un vero amico : il migliore. Come ragazzo è davvero affascinate: capelli castani tagliati a spazzola e occhi castani profondi. Alto circa un metro e ottantacinque . E un gran bel pezzo di ragazzo.

Julian è un tipo chiuso e introverso l’ esatto contrario di Danielle che è sempre solare e allegra.

Ma si sa: gli opposti si attraggono. E questo detto fa proprio al caso di quei due.

Danielle è una ragazza piccola è minuta. E’ alta circa un metro e sessanta cinque centimetri. Ha corti capelli neri e occhi castano chiaro. E’ l’ allegria fatta a persona ma da quando è morto John, adesso viene difficile sorridere.

“Meglio.” Mi dice con un tono triste. Tono che mi fa capire che né lei né Julian stanno bene. Danielle non è mai stata brava a mentire.

“Non mentirmi Danielle!” dichiarai puntando i miei occhi grigi su quelli tristi e non più solari di lei.

“Come vuoi che stiamo? A noi è morto il nostro migliore amico, a te il tuo ragazzo!” dice con le lacrime agli occhi.

“Marito.” sussurro

“Come?” mi guarda incredula e allora io decido di spiegarle.

“Se John non fosse morto fra due mesi io e John ci dovevamo sposare e adesso preferisco considerare John come mio marito.”

“Luna…” inizia

“E ti pregherei di considerare John tale. Sarei stata anche mamma se quel maledetto ladro…” lasciai la frase in sospeso e abbassi il viso puntando il mio sguardo sulla punta delle scarpe. Che avevano di tanto affascinante, poi?

Danielle è muta e non parla. Mi guarda e aspetta. Io alzo lo sguardo lucido e continuo.

“Se quel maledetto ladro non mi avrebbe dato un pugno nello stomaco a quest’ ora almeno avrei un ricordo concreto di mio marito.”

“Luna, io non ne sapevo niente. Mi dispiace tesoro.”

“Anche a me Danielle. Anche a me.”

Il silenzio che era sceso il secondo successivo, era rotto soltanto dal l’ orologio a pendolo. Il mio viso era inondato da lacrime e i ricordi si impossessarono nuovamente di me. Ricordai Io e John al mare, io e John in montagna io e John per le strade, io e John ovunque e io e John l’ultima mattina che siamo stati insieme. La mattina in cui persi la mia verginità e il pomeriggio persi il mio uomo. Il giorno più bello e al contempo più brutto della mia vita.

Mi riscossi dai miei ricordi e vidi Danielle che mentre mi abbracciava piangeva. Questa ragazza è proprio un angelo ma non come quel maledetto angelo della morte lei è decine di volte meglio, ma non sopporto vederla piangere. Vederla in questo stato mi si lacera l’anima. Meglio cambiare argomento credo.

“Ma dimmi Danielle, dov’è Julian in questo momento? A lavoro immagino?” dico con finta allegria in cui lei sembra non credere. La vedo scuotere la testa in segno di negazione.

“Julian non è a lavoro? E dov’è?” le domando ma lei sembra non volermi rispondere.

La guardo con ostinazione sperando che distolga lo sguardo e risponda alla mia domanda ma ciò non accade. Lei non distoglie lo sguardo dal mio e non fiata.

Sospiro.

“Dany, ti prego dimmi dov’è Julian?”

Lei sospira rassegnata. Sa che quando voglio so essere un tormento. Testona e ostinata fino al midollo.

“Al cimitero: da John.” Mi dice triste e io sento il mio cuore andare in frantumi. Da quando lo hanno seppellito non sono andata a trovarlo nemmeno una volta. Troppo dolore.

Dio ma quando comincerò a crescere! Come ho potuto fare una cosa del genere. Come mi sono permessa di non andare a trovare il mio amore. Mi alzai di scatto.

“Danielle, grazie di tutto ma io devo andare a trovare John.” Le dissi dirigendomi alla porta ma avevo sottovalutato il potere di una migliore amica e di una casa elettronica come la sua.

Danielle con un semplice pulsante in un telecomando bloccò tutte le uscite comprese porte, finestre e cancelli. Poi parlò.

“Ognuno ha i suoi tempi Luna, Julian si è sentito pronto ad andare oggi al cimitero. Julian però non era la sua ragazza, Julian però non doveva diventare sua moglie, Julian però non aspettava un bambino dal suo amore e per colpa di un ladro lo ha perso. Julian non ha perso l’ unico amore della sua vita. Julian non è morto con John, tu si Luna. Quindi amica mia datti tempo andrai da lui quando ti sentirai pronta.”

Piangevo come una fontana. Danielle mi conosce meglio di chiunque altro e tutto ciò che ha detto è vero. Io non mi sento ancora pronta ad affrontare l’ idea che John mi abbia lasciata per sempre. Non riesco ancora a credere che sia morto. Ogni giorno mi aspetto di vederlo tornare a casa e salutarmi con un bacio e una rosa. Ogni giorno sogno di fare l’ amore con lui. Ogni attimo lo penso e non vedo l’ ora di vederlo ma come al solito ogni volta è un dolore.

John è morto e non tornerà più.

Mi girai di scatto e corsi ad abbracciare Danielle in lacrime. Cademmo a terra in ginocchio e piansi tutte quelle lacrime di dolore e tormento che ancora stagnavano dentro di me.

“Mi manca Danielle, mi manca infinitamente. Fallo tornare. Che qualcuno faccia tornare John. Vi prego. Vi scongiuro. Vi supplico.” Dissi piangendo sul suo petto mentre lei in lacrime tentava di consolarmi accarezzandomi i capelli.

“Shh, va tutto bene Luna, piangi pure. Piangi tesoro.”

“Non doveva morire. Non doveva morire Danielle. Doveva vivere con me. Avevamo mille progetti. Lui era così forte così pieno di vita. Allora perché? Perchè è morto!” urlai piena di dolore.

“Si, è vero non doveva succedere, ma tu non puoi continuare a farti così del male. John non lo avrebbe assolutamente voluto. Anzi avrebbe voluto che vivessi.”

“Me lo ha detto anche lui prima di morire.”

“Lo vedi!”

“Danielle mi manca.” Dissi ricominciando a piangere e affondando il mio viso nel suo collo.

“Lo so” mi sussurro.

Sentimmo le porte di casa di Danielle e ne entrò un Julian con gli occhi lucidi e colmi di dolore. Appena il marito di Danielle si accorse in che stato eravamo sia io che sua moglie si precipitò da noi e Julian domandò alla moglie.

“Che è successo?”

Danielle gli rispose a monosillabo stringendo me più forte.

“John.”

Vidi Julian irrigidirsi. L’ uomo si inginocchiò davanti a noi e fece un cenno alla moglie. Danielle mi lasciò andare e Julian mi prese in braccio e mi strinse a lui forte. Poi mi salì al piano di sopra e si stese con me sul grande lettone matrimoniale. Danielle ci seguì muta. Julian si stese alla mia destra abbracciandomi e Danielle alla mia sinistra abbracciandomi da dietro. Io non smettevo di piangere e a breve cominciò a piangere anche Julian. Non lo avevo mai visto piangere. Poi esausti ci addormentammo tutti e tre. Per quella mattina avevo dimenticato il vero motivo che mi aveva spinta ad andare a casa di Danielle. Avrei chiesto notizie sullo Shamano a Danielle nel pomeriggio.

Danielle conosceva bene il più grande Shamano di tutti i tempi.

HAO GRANDE FALCO.

 

   
 
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