Prologo:
Pedone mangia Pedone
Un evento storico,
politico o sociale qualsiasi, per quanto lieto, felice e fortunato
possa essere, non rende mai tutti completamente dello stesso umore.
Si prenda ad esempio il giorno che probabilmente sarà
ricordato come l'alba più luminosa di tutta la storia della
comunità magica, quello della caduta del Signore Oscuro e del
trionfo del Bambino-che-è-Sopravvissuto, la mattina del 1
novembre 1981. Di sicuro, i fedelissimi di
Colui-che-non-deve-essere-nominato non furono particolarmente
contenti della sua prematura dipartita; nemmeno i giganti scoppiarono
di felicità, per non parlare poi delle comunità dei
vampiri e dei licantropi. Tuttavia, nessuno fu più scontento
di Charles Caius Cromwell.
Nessuno.
Al di là della porta
chiusa del suo ufficio, al sesto livello del Ministero della Magia, i
suoi colleghi stavano facendo festa abbandonandosi alla gioia più
sfrenata. A giudicare dalla musica proveniente da una radio piazzata
per l'occasione in corridoio, qualcuno si era addirittura lanciato in
una danza dei leprecauni.
-Ehi! Non vieni fuori a festeggiare?
Non dirmi che te ne stai lì rintanato tutto il tempo a bere
Whisky Incendiario da solo?! La testa di un suo collega, Ozil
Vulnerus, fece capolino dalla porta.
-P-Perchè? Rispose
lui, con un lieve tremito nella voce, di cui il suo collega non si
accorse, oppure lo imputò semplicemente all'alcol.
-Come
sarebbe a dire “Perchè”?! Per la barba di Merlino,
certe volte mi sembri stupido quanto un troll.
-Voglio dire,
s-siamo sicuri che il Signore Oscuro sia veramente morto? Non
potrebbe semplicemente essersi nascosto per un po'? Dal
sorriso che gli si era stampato in faccia, sembrava che ci fosse un
avvincino dietro di lui a tirargli le guance.
-Tu ti
preoccupi troppo, è questo il tuo problema! Lo stanno dicendo
tutti: Barty Crouch, Millicent Bagnold, persino Silente è
stato intervistato dalla Gazzetta del Profeta stamattina. Tu-sai-chi
è andato. AN-DA-TO!
Senza
aspettare risposta, Vulnerus lo prese per un braccio e lo trascinò
fuori dall'ufficio.
Ora per dovere di cronaca, bisogna dire che
Charles Caius Cromwell non era stupido.
Certo, nessuno dei suoi
colleghi sarebbe stato d'accordo con questa affermazione, ma c'è
una grossa differenza tra il sembrare stupidi, e l'esserlo
veramente.
Nato nel 1938, figlio di Antonius Cromwell, mago, e di
Martha Blake, babbana, per volere della madre aveva ricevuto un nome
e un'educazione babbani fino all'arrivo della lettera per Hogwarts.
In questo modo, secondo lei, “Il ragazzo avrebbe
potuto scegliere il mondo in cui si fosse trovato meglio una volta
raggiunta la maggiore età”. Come
se fosse stato facile farsi degli amichetti con cui giocare quanto i
suoi coetanei perdevano sangue dal naso senza motivo, o avevano
incredibili fitte allo stomaco ogni volta che lo facevano arrabbiare
per qualunque ragione. Così, in risposta agli sguardi
sospettosi e diffidenti dei ragazzi della sua età, aveva
sviluppato una certa avversione per le attività di gruppo,
preferendo di gran lunga la compagnia dei libri a quella dei suoi
compagni. Ad Hogwarts le cose non erano cambiate più di tanto:
ormai il carattere si era in parte formato, e il danno era fatto:
smistato tra i Corvonero, grazie alla sua attitudine allo studio si
era distinto più per i suoi voti in Trasfigurazione e in
Incantesimi che per la sua abilità con la Pluffa o il suo
carisma. E come tutti sanno, nessuno in grande considerazione i
secchioni a meno che non facciano i temi di Storia della Magia a
tutto il dormitorio gratuitamente. L'unica attività in cui
eccelleva, studio a parte, erano gli Scacchi magici: gli veniva
facile anticipare le mosse degli avversari, prevederne le strategie.
Era anche stato campione del torneo scolastico per due anni
consecutivi.
Dopo essersi diplomato con dei M.A.G.O. Eccellenti,
aveva lavorato part-time in alcuni negozi in giro per l'Inghilterra
prima di trovare impiego al Ministero, presso l'ufficio Passaporte al
dipartimento del Trasporto Magico, prima come assistente, poi come
impiegato fisso. Preciso, anonimo, puntuale nel suo lavoro: con
queste sue caratteristiche non si era nemmeno sorpreso più di
tanto il giorno in cui era stato avvicinato da un collega subito dopo
una riunione di dipartimento, il quale gli aveva sussurrato
nell'orecchio una parola d'ordine e una convocazione al Nono livello,
presso l'Ufficio Misteri, dove gli era stato offerto l'incarico di
Indicibile sotto copertura.
A quel tempo gli Indicibili sotto
copertura non erano pochi. In un momento di grave crisi
storico-politica, dove il Signore Oscuro gettava la sua ombra di
morte e terrore su tutta la comunità magica, il Ministero
aveva ben poche armi per tentare di ristabilire l'ordine e la
tranquillità.
Spiare, controllare, sospettare dei suoi
colleghi era il suo lavoro. Individuare i devoti di Voldemort
all'interno del ministero, capirne e sventarne i piani prima che
potessero essere messi in atto.
L'impiego era difficile, ma poteva
essere altamente remunerativo, se sceglievi accuratamente i da che
parte stare.
Ora, il 1 Novembre 19891, Charles si presentava come
un quarantenne dal fisico secco, non particolarmente alto, con il
viso scarno e l'aria perennemente stanca: gli occhi scuri, seppur
vigili e attenti, perennemente circondati da marcate occhiaie dovute
alla lettura notturna assidua e prolungata, i capelli radi e
brizzolati e la barba ben curata lo facevano apparire più
anziano e deboluccio di quanto fosse in realtà.
Un paio di
ore e diversi bicchieri di vino francese (con annessi i brindisi più
disparati) più tardi, Cromwell si trovò di nuovo solo
nel suo ufficio. Sudava copiosamente, e non solo per l'eccessivo
tasso alcolico nel suo sangue. Chiuse la porta e cominciò a
pensare, passeggiando avanti e indietro. Poi si sedette alla
scrivania e da uno dei cassetti tirò fuori una scacchiera
magica. Con due rapidi colpi di bacchetta i pezzi si mossero, andando
a disporsi nelle posizioni in cui si trovavano quando lui aveva
interrotto la partita. Chino sul quadrato di gioco, rimase immobile,
fissando i pezzi neri che aspettavano che lui facesse la sua mossa.
Osservò la scacchiera per diversi minuti, lo sguardo che
sembrava perso e la mente sicuramente altrove.
-Il re
non è ancora caduto. Pedone c5 in d4.
Una
statuetta raffigurante un giovane fante in armatura, spada e scudo si
mosse in diagonale, sfoderò la spada, caricò il braccio
all'indietro e con un rapido movimento in avanti affondò
l'arma nel ventre di una figurina ad esso identica tranne che per il
colore, la quale provò senza successo a parare con lo scudo
prima di spaccarsi in piccoli pezzi.
Una volta fatta la sua mossa,
prese la bacchetta e con un rapido movimento di polso fermò la
partita di nuovo, poi rimise la scacchiera nel cassetto della
scrivania da cui l'aveva tirata fuori, ed estrasse un plico di
documenti scritti che cominciò a scartabellare velocemente,
separandone alcuni e formando due pile distinte. Quando ebbe finito
ne prese una e la rimise nel cassetto, dopodiché afferrò
la sua borsa da lavoro e la aprì poggiandola sul ripiano. Era
una ventiquattr'ore a soffietto, con diversi scomparti al suo
interno. Si fece scorrere più volte i separatori tra le dita
finchè non ne individuò uno in particolare: a quel
punto ci battè sopra la punta della bacchetta per tre volte,
facendo comparire uno scomparto segreto dove ci infilò la pila
di fogli che aveva precedentemente separato, poi richiuse il tutto ed
uscì dall'ufficio.
Era tardi e non incontrò quasi
nessuno prima di raggiungere l'atrio. Mantenne un'andatura
flemmatica, ma prestò molta attenzione alle persone che ancora
si attardavano per i corridoi del ministero. Erano quasi tutti
impiegati festaioli, ma c'era anche qualche Auror che rientrava da
qualche missione: i Mangiamorte, e più in generale, i
simpatizzanti del Signore Oscuro, stavano quasi tutti fuggendo,
nascondendosi, ma c'era ancora qualche testa calda che, infuriata per
la scomparsa del suo padrone, aveva deciso di indirizzare il proprio
odio contro qualche famiglia babbana. Nessuno comunque diede segno di
prestare attenzione a lui o a quello che stava facendo, così
raggiunse l'ingresso visitatori e uscì da lì, evitando
accuratamente di prendere la Metropolvere. Una volta fuori, in un
vicolo di Londra, alzò lo sguardo, una notte senza nuvole si
stendeva su tutta l'isola britannica, e lui si allontanò al
chiarore della luna piena.
Qualche
ora più tardi, sotto quella stessa luna, Ozil Vulnerus
camminava nei sobborghi della metropoli inglese, o per meglio dire,
ondeggiava visibilmente ubriaco.
Mancavano pochi isolati a casa
sua, un grazioso villino bifamiliare, che condivideva con una
graziosa famiglia di babbani che vendevano mobili d'antiquariato;
loro erano convinti di avere come vicino di casa un simpatico ma
quanto mai eccentrico mercante d'arte, per cui si ostinavano a voler
fare lunghe chiaccherate su dipinti e arazzi del '500. Ozil Vulnerus
aveva già ricorso agli incatesimi di memoria tre volte negli
ultimi anni, e stava pensando di cambiare la propria
professione.
-Gsià, gsià... Devo prooprio
chambiare lavoro. Sharò un avvochat... oh?!
Si fermò,
notando qualcosa che luccicava in mezzo al marciapiade. “Ma
è un galeone, che colpo di fortuna!” Pensò,
chinandosi a raccoglierlo. Ma appena toccò la moneta, sentì
uno strappo all'altezza dell'ombelico, poi il mondo cominciò a
vorticargli intorno; dopo qualche secondo, atterrò in un posto
completamente buio. Ci vollero diversi secondi affinchè
potesse avere la lucidità tale da estrarre la bacchetta.
-Ma
che diamine... Lumos!
Nella penombra generata dalla bacchetta,
potè vedere due occhi gialli che lo fissavano, e una sfilza di
denti acuminati pieni di sangue e bava.
Il lupo mannaro ringhiò,
poi si avventò su di lui.