Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: SweetTaiga    04/07/2011    13 recensioni
Ero la romantica del gruppo, una volta. Quella che credeva nell'amore.
Ora son quella cinica, io: la ragazza che a testa alta insegue i sogni e rinnega l'amore. Quella che ripete "ce la faccio da sola, va bene così". Quella sicura, quella forte. Quella per cui il cuore è un organo, punto. Tuttavia, mentre in giro spargo satira, nell'ombra coltivo poesie. Forse sono ancora quella romantica, sotto questo strato d'insensata razionalità.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 



 A tutti voi che mi seguite, perché so di essere estremamente in ritardo. 

 
 
         3. Cappelli e Champagne
 
 
 
Come rendersi conto di essere cambiata riguardando un telefilm dei tempi dell’adolescenza e innamorandosi, ogni volta, di un ragazzo diverso.
14 anni: Dawson, il belloccio sfigato con le turbe mentali.
Stavo con un Emo.
18 anni: Pacey, l'imbranato carino con il quale, diamine, si poteva persino intrattenere un discorso!
Ero single. Fuori produzione.
24 anni: Mitch. Maturo, sensibile.. ma non era quello che tradiva la moglie?!
Almeno io con Alessio non ero sposata.
26 anni: Jack. Bello da morire, dolcissimo e.. gay.
Cazzo, sto messa male.

 
 

Puoi chiamarlo snobismo.
La verità è che si tratta solo di meschinità.
Cosa credi? Che voglia stare sola?
Ma sono fatta così, non riesco ad avvicinarmi veramente a nessuno.
È un dato di fatto.
È come se mi mancasse quella parte d'anima che si incastra negli altri,
come nel Lego.

 [David Grossman - Qualcuno con cui correre]






Dicono che quando una donna decide di tagliare i capelli, di cambiare pettinatura, di tingerli e stravolgerli, voglia dire che ha cambiato uomo.
Ecco, in questo caso dovrei essere una donnetta decisamente facile, visto che i miei capelli non restano uguali per due settimane di seguito.
Non spendo ore ed ore dal parrucchiere, né soldi su soldi.
Semplicemente prendo un paio di forbici et voilà! Il danno è fatto.
Ieri sera, ad esempio, dopo l’ennesimo incontro-scontro con Mr. Knight sono tornata a casa, mi sono rimboccate le maniche e.. ho combinato un disastro.
Ora sembro una sorta di istrice, ecco.
Non ci sono due capelli della stessa lunghezza, né un paio che vadano nella stessa direzione.
Meglio se andavo al cinema, in pratica.
La cosa più grave è che oggi Raffaele dovrebbe portarmi a cena in uno dei ristoranti più chic di Londra.
Io, in un locale chic?
E, ancora peggio, io in un locale chic conquesti capelli?
Non che a me interessi cosa pensa la gente, ovviamente, ma odio attirare gli sguardi della gente.
Solitamente sono abbastanzatrasparente, direi.
Per scelta, aggiungerei.
Perché io con la gente ho una relazione complicata.
Potrei quasi scriverlo su Facebook: Giulia Rizzo ha una relazione complicata con gli esseri umani.
Potrei farlo, se usassi ancora Facebook.
Ma, dopo essermi accorta che i migliori rapporti si frantumavano per un link idiota o per una foto di troppo, ho deciso di eliminare quest’ulteriore stress dalla mia vita.
Perché sono una persona tranquilla, io. Una persona pacifica.
Sono per il vivi e lascia vivere, ecco.
Cerco di evitare qualunque litigio, di tenere la voce bassa per non disturbare, controllo se la musica che ascolto con le cuffie sia troppo alta per non infastidire chi mi sta accanto, di rispondere in maniera garbata.
Sono una persona gentile per convenienza, probabilmente.
Il problema è la mia pazienza, che a volte fa le valigie e va via, senza alcun preavviso.
Ed io mi ritrovo a sbraitare come Taz nel pieno del suo malumore.
Quindi, per non rischiare di superare quel limite sottile tra l’isteria ed il raggiungimento del Nirvana, evito qualunque cosa che potrebbe spingere la mia pazzia a partire per un lungo viaggio.
«Ehi, Ju, sei ancora arrabbiata?», urla Raffaele dall’altra lato della porta.
Gli sto tenendo il muso da ieri, dopo aver notato la sua assurda collaborazione col nemico.
«Non ti perdonerò finché non avrò mangiato il mio filetto con crema di tartufo.», rispondo, cercando di appiattire quelli che dovrebbero essere, in teoria, i miei capelli.
E che in pratica sono demoni dotati di anima propria che non vogliono obbedire al richiamo di quell’oggetto magico chiamato pettine.
Afferro distrattamente un cappello bianco, lo incollo a forza sui miei capelli ed esco dalla stanza.
In ritardo di un quarto d’ora, ovviamente.
«Prova a ridere e ti costringo anche a portarmi sul London Eye.», sibilo un secondo prima che Raffaele possa aprire bocca.
La minaccia non fa effetto, perché quello che dovrebbe essere il mio migliore amico mi ride bellamente in faccia.
«Perfetto, allora mi porti anche a teatro.», borbotto, offesa.
«Diamine, Ju, sei un investimento!», esclama lui, continuando a ridere.
Per tutta risposta gli do un pugno sul petto ma, in qualche modo, pochi secondi dopo usciamo di casa a braccetto.

Il ristorante in cui mi ha portato è grande e spazioso, pieno di vetrate dipinte di tinte calde.
Sui tavolini circolari di legno scuro brillano candele colorate, ed attorno ad essi, al posto delle sedie, morbide poltroncine con fantasie etniche.
Ordiniamo subito dello champagne, ed il primo brindisi va a lui.
«Al tuo nuovo lavoro!», esclamo, alzando il calice.
Lui ride, e ride un sacco.
Sarà il fotografo della prossima sfilata di moda a Milano, e non sta più nella pelle.
Questa mattina, quando ha ricevuto la notizia, ha iniziato a saltare come un idiota in giro per la cucina, facendo cadere tre bicchieri, il mio caffè ed il tostapane.
Un disastro assoluto, in pratica.
Gli ho persino concesso una tregua, togliendomi per dieci minuti il broncio dal volto e saltandogli al collo. Indossando un enorme cappello per coprire quelli che dovrebbero essere i miei capelli, ovviamente.
Partirà domani.
So già che mi sentirò sola e che per colpa sua ingurgiterò quantità industriali di gelato, ingrassando in maniera assurda, ma per ora ho deciso di essere felice.
Perché, al contrario di ciò che si possa pensare, la felicità è una scelta.
Non è questione di situazioni, di compagnia; non è merito del caso né della fortuna.
La felicità è una predisposizione mentale.
Se tu decidi di essere felice, lo sei.
E’ semplice.
Oddio, semplice no, ma non impossibile.
Ed io oggi ho deciso di essere felice.
Il secondo brindisi infatti va a me.
«A te, che sei una donna in rinascita!», sussurra Raffaele guardandomi negli occhi.
Rido al suo sguardo serio, ma in fondo sento che ha ragione.
E’come se pian piano stessi rinascendo, al pari di una Fenice che risorge dalla sue ceneri.
«Ora manca il terzo brindisi, giusto?», mi domanda lui.
Facciamo sempre tre brindisi, sin da quando i nostri bicchieri erano di carta e contenevano semplice Coca-Cola.
Forse perché la prima volta che brindammo era un giorno importante per tre cose.
La prima era che la Juventus aveva vinto.
Si, Raffaele è juventino.
La seconda era che Marco, la mia cotta dell’epoca, mi aveva chiesto di uscire.
Il ragazzo più carino della mia classe. Un idiota colossale.
La terza era che, finalmente, Raffaele era riuscito a svelare alla madre di essere gay.
Fu un trauma per tutte le ragazze del paese. Lutto cittadino per quasi una settimana.
Da quel momento, brindiamo sempre tre volte.
«ll terzo brindisi è per…», dico, iniziando a pensare a qualcosa di intelligente da festeggiare.
«Richard! »
Mi giro lentamente verso Raffaele. «Fammi capire, perché mai dovremmo dedicare il nostro terzo brindisi a quell’arrogante?!»
Nega, e con tutta la tranquillità del mondo alza la mano, indicando dietro le mie spalle.

Richard è in piedi accanto alla porta scorrevole che porta sul balcone del locale, e chiacchiera amabilmente con un ragazzo biondo ed eccessivamente palestrato.
Lo osservo di sottecchi, fingendo di guardarmi intorno, ma sono costretta a girarmi di scatto quando il biondino si volta verso di me.
Lascio passare alcuni secondi, per dare il tempo alle mie guance di tornare al loro colore naturale.
Ovviamente non sono arrossita perché quel ragazzo, dopo avermi visto, ha tranquillamente messo la mano sul sedere di Richard.
Assolutamente no.
Raffaele ha ancora il bicchiere alzato, e guarda assorto quei due idioti.
Improvvisamente, con un paio di colpi di tosse, distoglie lo sguardo, concentrando scrupolosamente a piegare e ripiegare il tovagliolo.
Ovviamente non mi interessa cosa sta succedendo alle mie spalle, ma mi giro ugualmente.
«Oh mio Dio..», borbotto.
Sento Raffaele ridacchiare serenamente.
«Allora avevo ragione …», dice, infilando in bocca un pezzo di pane.
Mi volto verso di lui, allucinata.
«Cosa sapevitu?», domando, rendendomi conto di sapere già la risposta.
«Che Richard fosse gay.», risponde semplicemente.
Che stronzata!
Il fatto che Richard ed il biondino tutto muscoli siano avvinghiati e si palpino il sedere non vuol dire necessariamente che quell’idiota è…
«Gay?!», urlo quasi, strozzandomi con la saliva.
Il silenzio cala improvvisamente sul locale.
Per un paio di secondi tutti gli occhi dei presenti sono puntati su di me, e mi sento come se avessi due pomodori scarlatti al posto delle guance.
Balbetto un misero “scusate” tra un colpo di tosse e l’altro, lanciando sguardi omicida a Raffaele, che ha iniziato a ridere senza alcun ritegno.
Quando alza lo sguardo, però, si blocca di nuovo, e cerca velocemente di ricomporsi.
«Dovevo immaginare che fossi tu a fare tutto questo casino, microbo.», scandisce lentamente una voce a pochi centimetri dal mio orecchio.
Per lo spavento quasi cado dalla sedia, causando un’altra serie di risatine a quel bastardo di Raffaele.
«Ciao, idiota.», rispondo, senza degnarlo di uno sguardo.
Richard si guarda intorno, prende una sedia libera e si siede accanto a me.
«Allora, di cosa parlavate di tanto interessante? Penso di non essere riuscito ad interpretare il tuo grugnito di poco fa.», sussurra verso di me, dopo aver sorriso a Raffaele.
«Non sono affari tuoi, ovviamente.», rispondo, fingendo un sorriso tirato.
«Che carino questo cappello, posso provarlo?», esclama, e non faccio in tempo a rispondere di no che me l’ha già sfilato dalla testa.
Vedo i due ragazzi guardarmi in silenzio.
«Ti sei ancora tagliata i capelli da sola, Ju?», domanda Raffaele, alzando un sopracciglio e cercando di non ridere.
Il caro, educato, galante Richard, invece, mi sta letteralmente ridendo in faccia.
Cerco con difficoltà di prendergli in cappello, finendo quasi per cadergli addosso.
Lo vedo guardarmi il collo, insistentemente. «Che bel tatuaggio, cosa significa?», mi domanda, sfiorandolo con un dito.
Approfitto della sua distrazione per strappargli il cappello di mano ed appiattirmelo in testa.
Borbotto un paio di parole incomprensibili, scansandogli la mano e allontanandomi velocemente da lui.
«Eh? Puoi ripetere?», domanda Richard.
Tiro un mezzo sospiro. «Vado un attimo in bagno.», ripeto lentamente, scandendo le parole.
«Di solito quando una donna dice apertamente che va in bagno è perché vuole essere seguita, giusto?», chiede lui, con un sorriso idiota sulla faccia, alzandosi.
«Direi di no, vuol dire che havisite..», replico, prendendo la borsetta.
«Eh?», chiede lui, e non capisco se mi prende in giro o parla seriamente.
«Il marchese, sai… », aggiungo.
Lo vedo portarsi la mano al mento con fare pensieroso, per poi scuotere la testa come se io fossi pazza.
«L’ospite mensile…», tento, quasi con tono interrogativo.
«Non riesco a seguirti.», replica, fissandomi con i suoi occhioni da cane bastonato.
«Problemi femminili!», borbotto spazientita, vedendo che Raffaele continua beatamente a ridere di me.
«Ah, scusa. Avevo saltato il piccolo passaggio che fossi una femmina. Pardonne-moi.»
«Vedi di non farti trovare quando sarò di ritorno.», gli sussurro all’orecchio, e corro in bagno prima di cedere all’immensa voglia di fargli ingoiare la mia borsetta. Intera. In un boccone. Con tutto ciò che contiene.

Quando torno al tavolo, con mia immensa gioia, trovo Raffaele da solo intento a giocare con il cellulare.
Non sa guidare e spera che i giochini con le macchinine lo aiutino ad allenare i riflessi.
Penso che non abbia ancora capito chebisognerebbe studiare i segnali, prima di guidare.
Alzo le spalle. Fatti suoi, penso, sedendomi.
Lui alza lo sguardo su di me.
«Che c’è?», domando, dopo due minuti durante i quali ha continuato a fissarmi.
«E’ umanamente impossibile resistergli. Capisco il tuo trauma.», esclama, annuendo con fare serio e cerimonioso, come se mi stesse consolando.
Sbuffo sonoramente, alzando gli occhi al cielo.
Davvero pensa che io ci sia rimasta male perché quell’idiota è gay? Come se mi piacesse!
«Non ho mai detto di essere umana.», replico, finendo in un solo sorso l’intero bicchiere di champagne.
Ridacchia, come se avessi appena detto una cosa estremamente divertente.
Quasi quasi la borsetta la faccio ingoiare a lui.


NOTE: Ormai non studio il francese da una vita, quindi spero di aver azzeccato il verbo. Se ho sbagliato, non esitate a dirmelo e modificherò : )
Quasi dimenticavo: il telefilm di cui si parla all'inizio è Dawson's creek. 


A presto,
SweetTaiga


   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SweetTaiga