Gli occhi neri e profondi del professore di Pozioni della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts si aprirono di scatto. Attorno a lui era tutto completamente buio, in quanto la sua stanza era situata nei sotterranei del Castello. Si alzò dal suo letto e dopo aver acceso la bacchetta guardò l’orario dal suo orologio da taschino. Doveva sbrigarsi. Ripose l’orologio dove l’aveva poggiato la sera precedente e si passò una mano fra i capelli neri e untuosi. Si diede una bella rinfrescata e si vestì. A quell’ora tutti gli studenti della scuola dovevano essere in Sala Grande per la colazione, ma lui di primo mattino non mangiava mai. Era un’abitudine che aveva acquisito da quando era piccolo e i suoi genitori gli davano da mangiare solo a pranzo e qualche volta anche a cena. Per di più i suoi genitori passavano le giornate litigando. Dopo ch’ebbe finito di vestirsi, l’uomo si avvicinò ad un tavolo in legno poggiato contro al muro e prese un fazzoletto bianco dai merletti ricamati a mano. Lo strinse forte e lo annusò. Aveva ancora il suo profumo. Sull’angoletto destro del pezzo di stoffa, due lettere ricamate anch’esse a mano “P.E.”. Subito lo ripose in tasca e si avvicinò all’altra parte del tavolo, chiuse a chiave un cassetto contenente un unico frammento di lettera e uscì. Arrivò a lezione poco tempo dopo e notò che i ragazzi del quinto anno che avevano lezione con lui in quell’ora erano già ai loro posti. Una fastidiosa Grifondoro del quarto banco mostrava ai suoi compagni un incantesimo che aveva fatto comparire un paio di uccellini fischiettanti. «Questa non è lezione di Incantesimi signorina Crofford. Dieci punti in meno a Grifondoro» disse l’uomo mentre passava accanto a lei per dirigersi alla cattedra. Una volta giunto lì fece sparire gli uccellini con un gesto della bacchetta. La ragazza rimase allibita ma non protestò. Si sedette al suo posto e fissò il suo calderone pieno d’acqua fino a poco meno della metà. Ormai sapeva com’era il professor Piton ed era assolutamente cosciente del fatto che era totalmente inutile ribattere. Anzi, più che inutile era molto poco saggio. Si poteva finire in punizione e col togliere alla propria Casata anche cinquecento punti. Questo era forse il motivo per cui a scuola tutti erano terrorizzati da Severus Piton. O forse era il fatto che egli un tempo era stato un Mangiamorte…
Quella notte la Torre di Astronomia non era desolata. Una figura vestita in nero era poggiata al parapetto e guardava l’orizzonte. Quand’era ancora uno studente passava tanto tempo lì. Ma non come ora, solo e afflitto. Era in compagnia della bella Lily. Da quando lei non c’era più ci veniva più spesso e mai con qualcuno. Quel posto era per lui davvero speciale e non ne avrebbe infangato la memoria portando con sé qualcuno che non fosse degno di accompagnarlo nel luogo per lui più importante. Solo una persona probabilmente avrebbe mai ricevuto il permesso di accompagnare Severus lì: Albus Silente. L’uomo prese dalla tasca il fazzoletto bianco e lo fissò a lungo. Quanti anni l’aveva tenuto con sé? Per quanto tempo lo portava in tasca come il più importante oggetto in suo possesso? Più prezioso della sua bacchetta, più prezioso di qualsiasi tesoro. Si lasciò andare ad un sospiro pieno di dolore e ripose in tasca il fazzoletto. Subito dopo si alzò la manica della veste nera e guardò sul suo avambraccio quel maledetto tatuaggio nero. Quel teschio dalla cui bocca fuoriusciva viscido e malvagio un serpente. Quanto aveva rimpianto quella sua scelta? Quanto avrebbe voluto cancellare ciò che era stato? Ma sapeva che sarebbe stato sbagliato. Se non fosse stato quello ch’era non avrebbe mai potuto aiutare Silente come stava facendo in quel momento. Tuttavia questo non cambiava il disprezzo che provava per sé stesso. Aveva dato fedeltà a colui che aveva ucciso senza pietà e ripensamenti la donna che lui aveva a lungo amato. L’unica. Una sola lacrima scese da un’occhio nero e scuro cadendo per terra. Nello stesso momento una mano bianca e vecchia si posò delicata sulla spalla di Severus. «Non devi disprezzarti per ciò che sei stato, Severus. Dovresti invece essere fiero di ciò che sei. Sei riuscito a voltargli le spalle senza che neppure se ne accorgesse, senza che lui abbia un qualche dubbio su di te. Sei stato attirato dalle Arti Oscure e dal Mago Nero più potente mai esistito e ti sei ravveduto. Non vergognartene, e fanne stendardo» gli disse Silente con tono solenne. La sua lunga barba argentata sembrava quasi illuminarsi al gentile tocco di quella grande luna bianca. «Come puoi chiedermi di non disprezzarmi? Anche tu sei stato attratto dalla Magia Oscura ma non ti sei arruolato nel suo esercito. Non eri con lui quando l’ha uccisa…» disse l’insegnante portandosi le mani al viso. Silente lo guardò e lo vide devastato dal dolore. «Beh Severus ti ricordo che quando sono stato attratto dalle Arti Oscure lui ancora non era nato. Se l’avessi conosciuto al tempo non nego che forse avrei ceduto com’è accaduto a te.» gli disse togliendogli la mano dalla spalla e intrecciandola all’altra. Severus si tolse le mani dal viso e tornò a guardare lontano verso l’orizzonte. Non disse nulla e si calmò. Poi il Preside lo guardo con i suoi occhi azzurri da sopra gli occhiali a mezzaluna e gli sorrise dolcemente. «Probabilmente non dovrei essere qui, Severus. Ci vediamo domani. Buonanotte.» gli disse e con la sua flemma se ne andò. Piton rimase stupito del fatto che Silente sapesse che quel luogo era per lui speciale, ma non si stupì più del dovuto. Era abituato alle sorprese che quell’uomo poteva tirar fuori. Dopo un ultimo sguardo alla luna si voltò e tornò anche lui alla propria stanza.