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Autore: Blaze    15/03/2006    4 recensioni
Una notte in una foresta......
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non capitava da anni ormai, che qualche animale ferito urlasse alla luna il suo dolore nella foresta che circondava la baracca

Non capitava da anni ormai, che qualche animale ferito urlasse alla luna il suo dolore nella foresta che circondava la baracca di Bill.

Stava cenando, un piatto di fagioli caldi e grossi, come piacevano a lui, e tutto d'un tratto un grido. Un urlo stridulo che lo fece sobbalzare sulla squallida sedia di legno su cui era seduto. Con il cucchiaio a mezz'aria, la bocca aperta in un ghigno di disapprovazione, mormorò:

"Accidenti e ora mi tocca uscire con sto tempaccio a vedere che cazzo succede!"

Posò il cucchiaio, e si alzò con passo lento e stanco, diavolo, aveva quasi 60 anni ormai! Non era più un ragazzino. Brontolando come la pentola su cui aveva cotto i fagioli poco prima, inziò a vestirsi, la sua calda giacca invernale da cacciatore, prima una manica, poi l'altra. Prese anche il cappello foderato di piume d'oca e se lo calcò sui capelli brizzolati. Stava per dirigersi verso la porta, mentre le assi di legno del pavimento scricchiolavano sotto di lui, poi gettò un'occhiata verso la parete alla sua sinistra e al caminetto che ardeva calmo e scoppiettante. 'Mi piacerebbe stendermi ora, davanti a quel fuoco, e invece porco cazzo devo uscire in quella tormenta!' - pensò. Poi alzò lo sguardo sopra il caminetto, e vide il suo fedele calibro 12 che aspettava solo che lui lo prendesse in mano, freddo e rassicurante del suo peso mortale. Lo sganciò dai supporti sulla mensola sopra il camino, poi se l'accollò a mò di zaino dietro la schiena.

Finalmente uscì alla luce della luna, luce molto fioca, anzi, quasi inesistente. La neve turbinava vorticosamente tutto intorno, e poteva sentire l'urlo del vento che gli mulinava nelle orecchie la solita storia, una storia che conosceva da anni e credeva di conoscere perfettamente. Intanto gli urli erano cessati. "Chissà che razza di animale è" - pensò incamminandosi. Riflettendoci sopra un istante, gli sembrava potesse essere stato un grido umano; ma no, non era possibile. Era di sicuro un cervo, o una volpe incappata in qualche sua trappola. Al limite un lupo, volendo essere fantasiosi. Ma di lupi ce n'erano sempre di meno in quella regione, col passare degli anni. E poi, se fosse un uomo, con quale cervello avrebbe avuto il coraggio di inoltrarsi nella foresta con sto tempaccio? No, si disse, doveva per forza essere un animale, ferito e probabilmente morente.

Sull'onda di questi pensieri, si accorse di essere già entrato nel fitto della foresta di abeti che circondavano la sua baracca. Anche il vento pareva calmarsi, quasi si fosse perso anche lui nel corso dei pensieri dell'uomo. D'un tratto gli si incastrò il piede in qualcosa nel terreno, e, spaventato, si lasciò scappare un grido che lo colse alla sprovvista.

Una maledetta tanta di volpe, dannazione! Era inciampato con la gamba malata, oltretutto. Rise nervosamente alla sua goffaggine, e pensò che stava invecchiando. Riprese il cammino, e arrivò alla radura di Yharman. Quella radura si chiamava così in nome dell'antico capo indiano che si diceva fosse stato seppellito li, centinaia di anni addietro, quando il tempo si contava a passo di lune e di tramonti. Su quel piccolo spazio aperto, coperto di erba verdeggiante e incolta, delimitato circolarmente tutt'intorno dal bosco, si accorse che c'era qualcosa disteso tra gli steli al centro della radura. Ma era grosso... Un alce? Non diciamo cazzate Bill, lo sai benissimo che le alci non arrivano fino a qua. Il primo e ultimo alce che William Perham incontrò in quella foresta risaliva alla lontana estate del 1965, e quell'anno l'estate era stata davvero molto calda, e l'alce era venuto fin lì alla ricerca di un posto in cui potesse trovare riparo dalla calura estiva.

"Non è un alce, cristo santo" - pensò, mentre apriva la bocca e si sforzava di scrutare meglio il terreno dinanzi con i suoi poveri occhi stanchi.

"C'è qualcuno là? Hey!" - gridò, e si spaventò per il suono della sua voce. Cazzo, sono diventato anche un cagasotto, pensò malinconicamente. Era vero. Bill ormai si spaventava per nulla, e trasaliva anche solo a guardare una scena cruenta di un film horror di serie B.

Ma nonostante ciò, in uno slancio di coraggio, avanzò verso la figura stesa a terra. Nel mentre, sembrava quasi che la tormenta stesse calando di intensità. Beh almeno questo, si disse. Arrivò a due metri dalla figura sul terreno, e quando capì cosa stava fissando, sentì le gambe cedere sotto il peso di quel corpo non più giovane ed elastico.

"Oh mio Dio, no..."

Equipaggiò il fucile e lo tenne spianato. Ma non riusciva a distogliere gli occhi da quell'ammasso di carne e sangue che giaceva apparentemente senza vita nell'erba.

"Ma che cazzo è successo qui, porca..."

Fortunatamente (o sfortunatamente), grazie alla provvidenziale migliorìa del tempo, Bill poteva scorgere il corpo straziato di un uomo, vestito da cacciatore, anche se intrisi di sangue. Era in una posizione innaturale, e... Non aveva braccia. Probabilmente gli erano state strappate o... morsicate. Poteva vedere la carne dilaniata e il bianco dell'osso che spuntava in mezzo a quel rosso scuro. L'uomo era riverso sulla schiena, e sul viso - doveva essere un viso un tempo, pensò terrorizzato - aveva una specie di apertura, come un grosso cratere che gli aveva asportato mezza testa.

"Oh no...Dio no...Che cazzo sta succedendo...!" gridò tremolante nella notte, e nella sua voce si sentiva una punta di disperazione e panico puro. "Ok, devo stare calmo, niente panico, col panico non si risolve nien...".

Non riuscì a finire di mormorare quella frase tra sè e sè che il suo stomaco gli si ribellò, e respinse al mittente tutti quei bei fagioli che aveva mangiato fino a poca fa. Si girò rapidamente, e cadde carponi mentre il primo conato gli squassava il ventre. Vomitò tutto, e nel chiarore della notte gli sembrò pure che iniziasse pure ad espellere bile. Gli sembrava dovesse vomitare anche l'anima. Poi finì, e, sfinito, si rimise in ginocchio e riprese fiato. Si girò a guardare il morto, era ancora là, orrido e sventrato, con la faccia scavata e terribilmente straziata, no, non era un brutto sogno. Sentì il panico percorrergli nuovamente il corpo, e si rimise in piedi mentre teneva il fucile spianato per proteggersi da eventuali sorprese. Qualsiasi cosa avesse attaccato quell'uomo, poteva essere ancora lì intorno, poteva anche stare a osservarlo anche in questo momento, famelica e assetata di sangue.

"CHI CAZZO C'E' QUA? EH?! ESCI FUORI FIGLIO DI PUTTANA! CHI TI HA DATO IL PERMESSO DI VENIRE A SCASSARE IL CAZZO A ME, FIGLIO DI PUTTANA! ESCI FUORI!" - ma si rendeva conto di essere patetico. La sua presa sul fucile tremava, ed aveva iniziato pure a sudare, nonostante i 2 gradi di quella notte. Si girava di continuo, compiva rapidi spostamenti circolari su sè stesso cercando di sforzarsi di tenere sotto controllo la situazione, guardando a 360° intorno nella radura. Lentamente, si era riavvicinato al margine della foresta da cui era arrivato allo spiazzo... Si girò di nuovo verso il corpo, da lontano sembrava ancora una massa informe e immobile... Represse un altro conato, mentre cercava di non ricordare quel volto sfigurato...Ma sapeva che l'avrebbe sognato fino alla sua morte. La paura era ancora a livelli estremi, si appoggiò ad un albero con la spalla, e adesso gli doleva la gamba malata, quella destra, che anni prima aveva subito un delicato intervento chirurgico, e che con l'età non era mai andata completamente apposto.

"Oh no, non ora, porca puttana! Non ora cazzo!"

Il dolore divenne insopportabile, e nel giro di due secondi cadde riverso sul terreno, mentre cercava con le mani di lenire quella fitta al ginocchio. Cerco di rimettersi in piedi, ci provò, ma la gamba era bloccata. Niente da fare vecchio mio.

Sentì dietro di lui qualcosa muoversi nel sottobosco.

Si immobilizzò. Fermo, come una statua, pronto a cogliere il minimo rumore. Gettò sguardi alla sua destra e alla sua sinistra, poi lentamente cercò di recuperare il suo calibro 12, che l'aveva lasciato cadere quando si era presentata la fitta. Mentre stava per raggiungerlo, ecco, era li, prima con un dito, poi avvicinandolo gli mise sopra l'intera mano... E poi sentì uno sbuffo caldo sulla sua guancia. Paralizzato dal terrore, si accorse della presenza di un.. qualcosa di fianco a lui, terribilmente troppo vicino. Con una lentezza onirica, William girò la testa. E fu così che vide quello che sembrava una specie di cane, ma non lo era propriamente... Era molto più grosso, con una testa nera senza occhi nè orecchie. Solo una grossa mascella aperta munita di denti lunghissimi e dai quali pendevano ancora brandelli di carne, il fiato caldo che quella bestia emetteva odorava di sangue, e di paura... Un terrore si impadronì di Bill, che temette di essere sul punto di svenire, poi la bestia grugnì di soddisfazione, mentre fulminea si accingeva a mordere la testa di Bill. In un gesto disperato, l'anziano cacciatore cercò di ripararsi il viso con il braccio e il fucile che teneva in mano, ma invano. Il cane-bestia affondò le sue grosse fauci nella testa di William Perham, il quale si sorprese di sentire lo scricchiolio scomposto delle sue stesse ossa facciali che si frantumavano sotto il morso potente della Cosa. Non ebbe nemmeno il tempo di urlare, che dopo un lampo acceccante tutto divenne nero, nero come il cielo che stava sopra di lui, nero come il pelo del cane-bestia che intanto continuava a "sgranocchiare" la testa di William, ... Nero come la morte che s'impose sulla sua vita, senza speranza, una morte annullatrice e violenta, sotto turbini di neve e chiarore fioco di luna, e tutto continuava, la neve cadeva, e il vento fischiava e portava lento, ululando, presagi oscuri.

  
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