Non chiudere gli occhi
Questa
è la vita vera, o è solo fantasia?
Travolto
da una frana, senza scampo dalla realtà.
Apri
gli occhi, alza lo sguardo al cielo e guarda.
Sono
solo un povero ragazzo, non ho bisogno di essere capito.
Perché
mi lascio trasportare, sono un indolente.
Un
po' su, un po' giù.
Comunque
soffi il vento, a me non importa.
_______
Is
this the real life, is this just fantasy ?
Caught
in a landslide, no escape from reality.
Open
your eyes, look up to the skies and see.
I'm
just a poor boy, I need no sympathy.
Because
I'm easy come, easy go.
A
little high, little low.
Anyway
the wind blows, doesn't really matter to me, to me.
La
pioggia colava sul suo viso, scivolava sulle punte dei suoi capelli,
lungo l'incarnato pallido, consumato. Leniva le ferite che lo
squarciavano, penetrando nella carne – rimedio
tanto doloroso
quanto inefficace.
Strinse
i pugni, conficcando le unghie nella pelle, e alzò il capo
al cielo
notturno, lasciando che l'acqua investisse, graffiasse, i lineamenti
che non aveva più il coraggio di guardare allo specchio.
Lentamente,
portò alle labbra la fiala e avvertì quel sapore
amaro pervadergli
la bocca, intossicare il suo corpo come veleno.
E
poi fu inferno, fu dolore.
Ansimava
a terra, come un animale, sudava, e l'acqua lavava le gocce che
imperlavano la sua fronte bollente.
Però
andava bene così.
Solo quando il fuoco bruciava, e percepiva la realtà artefatta in cui avrebbe voluto vivere, poteva finalmente respirare.
Si
svegliava nei vicoli della Londra Babbana ai primi albori della
mattina, e rimaneva in attesa della notte. A volte andava a trovare
sua madre, dandole l'illusione di star bene. Altre volte spariva per
mesi, troppo egoista, troppo codardo, per poter affrontare gli
sguardi di quelli che, una volta, erano stati i suoi amici.
Andava
in cerca di Ebrios, e aspettava. Aspettava che il sole tramontasse,
aspettava che quel vicolo divenisse deserto arido, e che l'asfalto
sotto i suoi piedi assumesse la consistenza della sabbia calda. Forse
quella era la notte giusta, forse si sarebbe potuto dissetare con
l'acqua fresca dell'oasi.
Le
gente gli stava lontano, lo squadrava con un cipiglio carico di
commiserazione, e lui si alzava, e urlava fino a che non stramazzava
al suolo, e solamente rantoli grattavano la sua gola.
Sono qualcuno, io! Sono un Malfoy! Non sono come voi.
Il pazzo di Sunset Road, lo chiamavano. Se avessero saputo, da quella notte, l'avrebbe soprannominato l'assassino di Sunset Road.
La
prima volta che la rivide, fu quando le sue mani erano imbrattate di
sangue, ed il corpo, ancora caldo – come la sabbia
nel deserto
–, era a pochi passi da lui.
«H-ho
provato a...» balbettò, prima di rendersi conto
che, ormai, era
fatta.
Era
sporco; sporco di sangue, sporco di terra, sporco di rifiuti. Sporcato
dalla sua stessa anima, dal suo stesso sangue –
sicuro che sia
puro come dici?
Lei
aveva sfilato la bacchetta dalla borsa, in un gesto meccanico che lui
non rammentava più – l'aveva persa, la sua
bacchetta. Oppure
l'aveva venduta? -; si era avvicinata, e aveva provato a salvare
l'uomo – a salvare il fantasma di Draco Malfoy da
un baratro in
cui era già sprofondato –, ma il suo
cuore già non batteva
più.
E
col suo, per un momento, aveva smesso di battere anche quello
dell'assassino.
Hermione
chiuse delicatamente gli occhi – sbarrati dal
terrore,
spalancati dalla morte improvvisa – del cadavere,
e nel vedere
la sua figura minuta scossa da singhiozzi, Draco immaginò
che stesse
piangendo.
Come
si faceva a piangere? Non te lo ricordi più, vero?
«Andiamocene
di qui» mormorò appena, prendendolo per il
braccio. Tirò fuori la
bacchetta, ed allungò la mano verso di lui. «Dammi
la tua.»
«Non
ce l'ho» soffiò, e la sua voce
riecheggiò stridula.
Non ce l'ho, non ce l'ho, non ce l'ho. Non ho la mia bacchetta, non più.
«Mentimi, e sarò più che felice di portarti ad Azkaban di persona, Malfoy.»
Forse
un giorno sarò un uomo onesto, ma per ora faccio del mio
meglio.
Lunghe
strade, lunghi giorni, dall'alba al tramonto, dall'alba al tramonto.
Tutte
le nostre vite, coperte rapidamente dalle sabbie del tempo
Trascorri
i tuoi giorni pieni di vuotezza, trascorri i tuoi anni pieni di
solitudine.
Amore
sprecato in una carezza disperata, ombre rotolanti della notte.
Nei
tuoi occhi vedo il desiderio, ed il pianto disperato che lacera la
notte.
_______
Maybe
one day I'll be an honest man, but up till now I'm doing the best I
can.
Long
roads, long days, of sunrise, to sunset, sunrise to sunset.
All
of our lives, covered up quickly, by the tides of time.
Spend
your days full of emptiness, spend your years full of loneliness.
Wasting
love in a desperate caress, rolling shadows of nights.
In
your eyes I see the hunger, and the desperate cry that tears the
night.
«Hermione,
possibile che non capisci che è pericoloso? Potrebbe
impazzire,
andare in astinenza. Dovresti affidarlo a qualcuno di
più...»
«Competente,
Ron?» Una risata secca, dura. «Oh, sì! E
sentiamo l'opinione
dell'esperto, del laureato in Medimagia! Perché sei tu
quello con la
laurea in Medimagia, vero? Sì, certamente. E io sono quella
che non
ha nemmeno iniziato il settimo anno!»
«Maledizione,
non capisco perché te lo tieni in casa! Non pensi che possa
darmi
fastidio?»
Silenzio.
«Non stiamo più insieme Ron. Io posso tenermi in casa chi voglio, e non è un tuo problema. Ora... Ora è meglio che te ne vada, si è fatto tardi.»
Si accasciò contro il muro, con le mani tra i capelli, a coprire le orecchie. Ebrios. Le voci rimbombavano nella sua testa, spilli appuntiti conficcati nel cranio. Ebrios. La lingua ardeva, lo reclamava. Ebrios. Le mani tremavano, le gambe non riuscivano a sostenerlo. Ebrios. Si accasciò a terra, soffocando i gemiti. Ebrios.
«Basta!»
Socchiuse
gli occhi, sospirando. La mano di lei era posata sul suo petto, che
si alzava ed abbassava al ritmo irregolare del suo respiro; l'altra
tamponava la fronte madida, e scostava – accarezzava
–
ciocche di capelli biondi.
«Quanto
manca?»
Hermione
strinse le spalle ed inclinò leggermente la testa, prendendo
a
rinfrescargli il collo.
«Settimane,
mesi... Dipende tutto da te, lo sai.»
«Weasley,
Potter... Loro... Sanno?»
Lei
si lasciò scivolare sulla sedia, portando le mani alle
tempie,
massaggiandole. «Non gli ho detto nulla»
mormorò, e i suoi occhi
scuri si immersero in quelli di lui. «E non intendo farlo.
Lavorano
al Ministero, e non... Reagirebbero male.»
«E
perché tu non hai reagito male?»
Sorrise
debolmente, e gli si avvicinò, riprendendo a passare la
stoffa sulla
sua pelle.
«Non lo so.»
«Perché
hai iniziato?»
«Per
smettere di vedere i morti. Mi perseguitavano ancora, a distanza di
anni, sai?»
La
sentì singhiozzare, il giorno in cui le dissero che sua
madre era
morta, ma non la vide. Non la vide mai piangere, mai.
Quando
entrò nella sua camera, Hermione era rannicchiata sul letto,
con le
mani serrate a pugno vicino al viso, come i bambini, e gli occhi
rossi e gonfi, ma le sue guance non erano graffiate dalle lacrime.
Le
si sdraiò a fianco, senza nemmeno sfiorarla, incastrando il
braccio
sotto al cuscino e coprendola con la trapunta. Solo nel sonno le si
avvicinò, abbracciandola.
«Mi
insegni come si piange?»
«Non
ne sono capace.»
La
vita è più grande, è più
grande di te.
E
tu non sei me, le lunghezze che percorrerò, la distanza dai
tuoi
occhi.
Oh
no, ho detto fin troppo. L'ho voluto io.
Sono
io quello nell'angolo, sono io quello alla ribalta, che perde la mia
pazienza.
E
non so se posso farlo...
Oh
no, ho detto fin troppo. Non ho detto abbastanza.
Pensavo
di averti sentito ridere, pensavo di averti sentito cantare.
Ma
quello era solo un sogno.
_______
Life
is bigger, it’s bigger than you.
And
you are not me, the lengths that I will go to, the distance in your
eyes.
Oh
no, I’ve said too much. I set it up.
That’s
me in the corner, that’s me in the spotlight, Losing my
religion.
And
I don’t know if I can do it...
Oh
no, I’ve said too much. I haven’t said enough.
I
thought that I heard you laughing, I thought that I heard you sing.
But
that was just a dream.
Non
era mai stato ad un funerale, ma aveva visto tante persone morire. Ne
aveva anche uccisa una. Mentre camminava tra le tombe
bianche, si
chiedeva se, una di quelle, era di quell'uomo. Quella sensazione
sopita, repressa dal dolore fisico che gli aveva provocato
l'astinenza, si svegliò con l'impeto di un uragano, e Draco
si
dovette appoggiare ad una delle lastre di pietra.
«Stai
bene?» Hermione gli posò una mano sulla spalla,
facendolo
delicatamente voltare. «Sei pallido.»
«Sono
anche magro ed emaciato, se è per questo. Non preoccuparti,
sto
decisamente meglio ora che qualche mese fa» sbottò
Draco,
allentandosi la cravatta.
Lei
annuì, e ritrasse la mano, infilandola nella tasca della
giacca. Ne
tirò fuori una piccola ampolla, e gliela porse.
«È
un tranquillante babbano. Cinque gocce ogni otto ore per tre
settimane, poi all'occorrenza.»
Non l'aveva ascoltata, aveva insistito per accompagnarla, dicendole che avrebbe potuto aiutarla. Ancora una volta, era il contrario.
Rimase
immobile, seduto a terra, con le ginocchia strette al petto, avvolto
dall'oscurità. L'anima, intrappolata in un angolo recondito
del suo
corpo, inutile involucro di carne fredda ed inerte, congelata in
quella realtà parallela, era destinata a tingersi del colore
del
carbone.
La
consapevolezza di quello che aveva fatto gli opprimeva dolorosamente
il petto.
Gocce
di sudore imperlavano la sua fronte, e scendevano giù, lungo
gli
zigomi, lungo le guance, a rigargli il viso; le mani tremanti
tastavano il pavimento in marmo – il marmo delle
lapidi –,
in cerca di quella cosa babbana.
Non
appena percepì la plastica sotto alla dita,
afferrò l'oggetto, e
digitò frettolosamente i tasti.
Uno squillo.
Lo sguardo saettava da una parte all'altra del bagno, immerso nel buio, come quello di un animale braccato. Un serpente tra gli artigli di un rapace, un uomo invischiato tra i fantasmi del passato.
Due squilli.
Il suo pugno urtò violentemente la parete, accompagnato da un ringhio soffocato. «Rispondi, per favore!»
Tre squilli.
«Pronto?»
Trattenne il fiato, prima di fremere qualcosa. Dall'altro capo del ricevitore, Hermione tacque qualche secondo.
«Dammi il tempo di trovare un posto per Materializzarmi.»
Poi attaccò.
«Trovarti
casa così presto non è stata una grande
idea» sospirò
Hermione, girando la chiave nella serratura e aprendo la porta
dell'appartamento che avevano condiviso negli ultimi quattro mesi.
Draco
entrò velocemente, inspirando l'odore di amarognolo della
libreria
in legno dell'ingresso. Gli era mancata, quella casa.
«Non
potrai rimanere qui per sempre. Forse... Forse sarebbe stato meglio
portarti in una clinica specializzata. Io ho solo nozioni generali
riguardo alla disintossicazione, e...»
Lui
si voltò, ed aggrottò le sopracciglia.
«Io sono disintossicato,
Granger. Non è più quello il mio
problema.»
«Non
sono uno psicologo, non...»
Attraversò
la stanza, e l'afferrò per le braccia, scuotendola.
«Mi basti tu,
va bene? Nient'altro. Niente psicologi o medimaghi di altra sorta.
Intesi?»
Hermione
rimase paralizzata, incatenata a quelle parole incriminanti.
Oh, sì, sarebbe decisamente più semplice portarlo al San Mungo. Ma ora non poteva più farlo.
«Sai già dov'è la tua stanza. Buona notte, Draco.»
Non voleva.
«...
Lo so, Harry... »
«...
Ti posso assicurare che è innocuo...»
«...
Ron dovrebbe imparare a... No! Non sto calma!»
Un
sospiro.
«Anche
io, Harry. Anche io ve ne voglio. Ma dovete fidarvi di me, per
favore.»
«Stai
meglio?»
Hermione
si puntellò sui gomiti, e si sfregò gli occhi con
la manica del
pigiama. «Prima che mi svegliassi, mica stavo male»
borbottò, con
la voce impastata dal sonno.
Draco
si sedette sul bordo del letto e le porse un bicchiere. «Sei
rientrata tardi ieri sera, e so che eri a trovare tua madre,
così...
Ho pensato che non avessi passato una giornata propriamente
idilliaca, ecco.»
Hermione
gli prese il succo di zucca dalle mani, e lo appoggiò sul
comodino.
«Resta
qui.»
Lui
dischiuse le labbra. «Dove posso trovare una
brandi...»
«No,
no» l'interruppe subito lei, scostandosi le coperte di dosso,
aprendo un varco per quel letto caldo – come la
sabbia del
deserto? «Resta qui... Con me.»
«Oh...»
Hermione
abbassò lo sguardo, e scosse la testa. «Se non
vuoi, non...»
La zittì, chinandosi su di lei, stringendola con forza, smorzandole il fiato.
La
mano premuta sulla guancia, le labbra avvinghiate alle sue, il
ricordo del suo sapore gelosamente custodito.
«Non
chiudere gli occhi» ansimò, lambendole lo zigomo
con le labbra.
«Non dimenticarti chi sono, non dimenticarti cosa ho fatto.
Non
farlo mai, Granger. Mai.»
«Non l'ho mai fatto, nemmeno per un istante.»
Sprofondavano in quell'abisso senza fine, consapevoli che non sarebbero più riusciti a risalire a galla, sommersi dall'oceano. Forse era meglio così: annegare assaporando l'aroma dello sbaglio, piuttosto che vivere senza averlo mai assaggiato.
Così
pensi di potermi lapidare e sputarmi negli occhi.
Così
credi di potermi amare e lasciarmi morire.
Oh
baby, non puoi farmi questo, baby.
Devo
solo andarmene, devo solo andarmene di qui.
Niente
ha alcuna importanza, chiunque lo può capire.
Niente
importa veramente, niente mi importa veramente.
In
qualsiasi direzione soffi il vento.
_______
So
you think you can stone me and spit in my eye.
So
you think you can love me and leave me to die.
Oh
baby, you can’t do this to me baby.
Just
gotta get out, just gotta get right outta here.
Ooh
yeah, ooh yeah.
Nothing
really matters, anyone can see.
Nothing
really matters, nothing really matters to me.
Anyway
the wind blows.
L'osservava
dormire, immersa in una quiete ovattata, che le prometteva cose che
lui non avrebbe mai potuto offrirle. Fu per colpa di quel pensiero
che se ne andò, complice del buio di Londra, o quella era
solo una
scusa per contraffare la sua codardia che, miserabile, s'impossessava
del suo corpo, e muoveva i suoi passi malfermi verso King's Cross.
L'aveva
protetto senza che la implorasse, risanando le ferite che l'Ebrios
non era riuscito a rimarginare con una dedizione che non meritava,
infiltrandosi nella sua anima con la delicatezza dei baci che gli
lasciava alla mattina, prima di andare a lavorare.
E Draco si riscoprì assassino, colpevole di aver logorato l'unica persona disposta a pulire le sue mani macchiate di sangue.
Si
trascinò stancamente alla porta, strascicando i piedi sul
pavimento.
Socchiuse la porta e portò una mano a coprirsi gli occhi,
infastidito dal fascio di luce che squarciò la stanza,
immersa nella
penombra.
«Potter?»
gracchiò, con la voce arrochita.
Harry
lo prese per il colletto della camicia, sporca e madida, e lo
sbatté
contro al muro. «Non uso la bacchetta, perché so
che non ce l'hai»
ringhiò, scuotendolo. «Altrimenti avrei fatto un
favore a molte
persone, Malfoy.»
Ricevere
quel pugno fu, per Draco, liberatorio; la giusta punizione, che lei
non gli avrebbe mai inflitto. O forse, alla luce del suo ritorno in
città, l'avrebbe cercato – pregava tutte
le notti un Dio in cui
non credeva perché lei lo trovasse – per
Cruciarlo. Non glielo
avrebbe impedito. Nessuno avrebbe potuto fermarla.
«Non sono qui per rimanere» tossì Draco, divincolandosi. «Ma per fare la cosa giusta.»
Stringeva
la bacchetta tra le mani sudate, mentre attraversava il vialetto in
terra battuta.
«Alohomora»
scandì, e percepì i polpastrelli pizzicare.
Avrebbe voluto ripetere
all'infinito quelle formule, riappropriarsi della magia che, giorno
dopo giorno, l'aveva abbandonato. Non lo fece, non c'era
tempo.
Avrebbe
avuto decenni di solitudine per forzare serrature, ma solo pochi
minuti per restituirle una vita – quella che lui le aveva
egoisticamente rubato, sottraendole il nutrimento, attaccandosi a lei
nella disperata ricerca di qualcuno con cui entrare in simbiosi.
Scivolò
in casa, e la trovò sul divano, con una coperta in lana
sulle gambe
ed un cuscino stretto tra le braccia.
Stai bene? Sei pallido.
Sfiorò col dorso della mano la sua guancia, e puntò la bacchetta contro la sua tempia.
Oblivion. Dillo, non è così difficile.
La mano tremò, la volontà vacillò.
Oblivion. È la cosa giusta, fallo per lei.
Lasciò cadere mollemente il braccio lungo il fianco, e, prima che potesse darsi il tempo di realizzare quello che stava per fare, incontrò il castano degli occhi che credeva non avrebbe più rivisto guardarlo come avevano fatto quando condividevano lo stesso respiro.
Hermione
spalancò gli occhi, bloccandogli la mano, sospesa a
mezz'aria.
«Draco»
mormorò, scattando in piedi, saltandogli contro, di slancio.
«Tu...
Sei qui» sospirò sul suo viso, scostandosi appena,
portando le mani
tra i suoi capelli, sulle sue palpebre, sulle sue labbra.
Era
vero, era lì, ma dov'era stato in quei mesi?
«Tu
sei qui» sibilò, affondando le unghie nelle sue
spalle magre. «Tu
sei qui» ripeté, spingendolo sul pavimento,
mettendosi a cavalcioni
su di lui, strappandogli la bacchetta di mano e gettandola contro la
parete.
«Vattene.»
Uno
schiaffo in viso, la testa che si voltava, la guancia premuta contro
il pavimento.
«Vattene.»
Le
mani di lei, ovunque, stringevano, graffiavano, percuotevano; la
carne arrossata doleva, e lui, ad ogni colpo sussultava,
boccheggiando.
«Vattene.»
Percorse
l'incavo del collo, toccò la pelle tirata sulle ossa,
così sottile
da dar l'illusione che si sarebbe potuta lacerare.
«Vattene.»
Si
stese al suo fianco, coprendolo col proprio corpo, gravandogli
addosso.
Rimani.
«Perché
non l'hai fatto? Perché non sei arrivato fino
in fondo?»
«Fare
la cosa giusta, non è mai stato da me.»
Hai violato il suo cuore, non fare altrettanto con la sua mente.
Fissava
la strada affollata, lo sguardo perso tra i bambini che indicavano le
vetrine dei negozi con aria trasognata, e i genitori che reprimevano
sorrisi fugaci, complici di attimi che non sarebbero più
ritornati.
«Il
silenzio non è l'arma migliore con me.»
Hermione
si strinse nel maglione, continuando a fissare fuori dalla finestra.
«Sai
che non sono capace di fare dichiarazioni in grande stile. Non sono
quel genere di ragazzo.»
Lei
rise, acida. «E che genere di ragazzo sei? Quello che ti
lascia
senza un motivo? Sei del genere dei codardi, egoisti
e
deboli?»
Le prese le mani, e lei fece finta di ritrarsi, sottraendosi a quella stretta senza convinzione.
«Sono il genere di ragazzo che non ti ha mai abbandonata, il genere di ragazzo che, tutte le mattine, ti aspettava davanti al San Mungo solo per poterti vedere.» Le fermò un ciuffo di capelli castani, sfuggiti dallo chignon, dietro l'orecchio. «Sono il genere di ragazzo che non ti è mai stato troppo lontano. Se solo avessi osservato, mi avresti visto, perché io ero lì, a pochi passi da te. Non me ne sono mai andato davvero, non ci sono riuscito.»
«Mi
perdonerai?»
Hermione
sorrise.
«Forse.»