∆eltharus
a
N. e R.,
per
la pazienza con cui seguirono le sgraziate mosse di uno scribacchiatore
alle primissime e spuntatissime armi, e lo assecondarono per il semplice fatto
che gli erano amici; non dimenticherò.
a
D.,
che
non trovò pace, e per questo capì il mio non trovar pace meglio di chiunque
altro; e mai sentimmo il bisogno di chiederne perdono; non dimenticherò.
a
E.,
per
il suo dolore, da cui cercò rifugio, prima nei cucchiaini, e quando uno d’essi
la tradì, allora sulle vie del purgatorio; laddove non posso seguirla, non avrò
mai il cuore di dirle di non andare, poiché forse capisco da cosa sta fuggendo;
e non c’è vero rifugio; non dimenticherò.
Introduzione: Alcune note più o meno
(in)utili
Questo racconto ha
una sua storia particolare. È nato molti anni fa, più di dieci in effetti, ma ha
avuto bisogno di molto tempo per essere preso, costruito, abbandonato e
recuperato a più riprese, aggiunto di innesti e ritoccato e così via, e
talvolta persino messo in discussione proprio nelle sue basi profonde. Le sue
radici però sono rimaste intatte, e non hanno smesso di alimentarlo negli anni.
Dopo tanta convivenza
con esso, ha irrimediabilmente acquisito alcune caratteristiche particolari. Ad esempio i personaggi
hanno avuto molto tempo per crescere, evolversi e farsi meglio comprendere
prima di tutto da me. Forse ciò sembrerà assurdo, ma già da come ne parlo, da
come li penso, è evidente che hanno acquisito una dimensione tale da essere
incredibilmente (per me almeno) autonomi e quasi tangibili come persone reali.
Questo nonostante non prendano ispirazione da nessuna persona reale a me
conosciuta. Ma nella loro dimensione letteraria hanno uno spessore d’eccezione,
tant’è che relazionarsi con essi è particolarmente complesso per me. Sono,
insomma, personaggi dannatamente autodidatti, nulla da dire.
Troverete che
l’argomento principale, il nucleo della storia, non è esattamente una trovata originale.
Sono ben consapevole che esistono diverse storie con un motivo conduttore del
genere. Tuttavia questa idea mi è venuta prima che venissi a conoscenza di
qualsiasi altra storia che ne avesse una simile, perciò non ho particolari disclaimer da fare, anche perché non ho mai letto alcun
libro o storia che contenesse questo argomento, anche se, da alcune notizie, so
di alcuni titoli che ne parlano.
Quella sorta di
triangolo che sta all’inizio del titolo è una lettera dell’alfabeto greco, una delta
per la precisione, che veniva pronunciata come ‘d’ nel greco antico (e con
questo spero di non dire baggianate eccessive perché la mia conoscenza
dell’alfabeto greco è ridotta a minimi termini). Quindi il titolo propriamente
è ‘Deltharus’. Se qualcuno sta già pensando che abbia
sostituito una lettera che esiste tranquillamente nella lingua italiana con una
greca per puro virtuosismo devo contraddirlo/a. C’è un particolare motivo per
cui ho piazzato una lettera greca, non che abbia tutta questa importanza immensa,
ma si spiega all’interno della storia, quando verrà spiegato il significato
della parola ‘deltharus’ naturalmente (che è una
parola che ho inventato. Almeno, per quanto ne so non esiste altrove).
Riguardo alla
“struttura” della storia, che spero sia comunque abbastanza immediatamente
intuibile, chiarisco che il tutto si divide in ‘parti’, ognuna con un suo
titolo, e ogni parte è suddivisa in capitoli che hanno come titolo le prime
parole del loro contenuto. Dopotutto, probabilmente era già - e forse più -
chiaro se non provavo malamente a spiegarlo.
Ribadisco che come
sempre ogni commento,
domanda, nota, osservazione e checchesia di altro che
può venire in mente di scrivere a proposito della storia o dei suoi contenuti
in senso ampio è ben gradito. Direi di aver detto tutto…
perciò mi faccio da parte e inizio a raccontare. Grazie per aver avuto la
pazienza di leggere queste note.