Capitolo 2
Nel mese a seguire, aveva provato in tutti i modi a stare
lontano da quel Pureblood che non riusciva a sopportare, ma non c’era stato
niente da fare: ovunque si trovasse era tanto “fortunato” da incontrare anche
l’altro, come se questi lo stesse seguendo. Per distrarsi era andato spesso a
caccia, sperando che magari la sua mente si sarebbe liberata dalla fastidiosa
presenza di quel Vampiro; ma così non era stato purtroppo. In più ci si era
messo il fatto che Takuma si fosse in qualche modo allontanato, senza dargli il
tempo di capirci niente: aveva fatto tutto lui, si era avvicinato a Zero,
facendogli crescere la speranza che forse qualcosa ci poteva essere, per poi,
non appena quel Nobile aveva fatto il suo ingresso, allontanarsi senza neanche
una spiegazione. Era da quella sera in cui avevano parlato loro due da soli che
il biondo non gli rivolgeva la parola, a mala pena riceveva il saluto quando si
incontravano fuori dal cortile, durante gli spostamenti della Night Class. Non
riusciva a capire niente, visto e considerato che la sua mente era sempre
impegnata a pensare qualcosa…e stava iniziando anche ad essere una specie di
cadavere ambulante, dato i sogni sempre più strani e reali che continuava a
fare. L’ultimo soprattutto gli aveva dato parecchio da pensare, poiché aveva
riconosciuto nel ragazzo dai capelli d’ebano Kaname Kuran, e la cosa proprio
non riusciva a spiegarsela; perché il Pureblood per eccellenza doveva anche
essere nei suoi sogni? Non lo sopportava, non lo poteva vedere eppure lo
sognava; un’altra cosa strana era il fatto che aveva iniziato a riconoscerne i
tratti a poco a poco, segno che quel Vampiro avesse qualcosa a che fare con i
propri sogni. Ma perché? Era forse dato da quello il fatto che non lo potesse
soffrire?
«Zero» lo chiamò Kaien alle sue spalle.
Si trovava per l’ennesima volta disteso sul divano con il
libro di famiglia in mano, sicuro che almeno lui non lo avrebbe fatto pensare
per un po’.
«Dovresti uscire un po’, pensare a qualcos’altro» disse
preoccupato il Preside.
Gli occhi non lasciarono trasparire più preoccupazione di
quanta in realtà ne provasse. Doveva assolutamente parlare con Tohga e vedere
come provare a risolvere la cosa…non sopportava di vedere il ragazzo ridotto in
quello stato, soprattutto perché non era sicuro che fosse quello che volesse.
Ma quello si sarebbe visto alla fine di tutta la storia.
«Non mi va molto ora» rispose sfiancato il Silver-head,
guardando l’uomo con occhi appannati dal sonno. Da quanto tempo era che non
dormiva come si deve? Troppo; quella notte avrà dormito bene o male per
mezz’ora, prima che le immagine del sogno prendessero il sopravvento.
«Perché non vai a fare compagnia a Yuuki? O magari un bagno
rilassante?» sentiva di star perdendo il ragazzo, Kaien, e non lo avrebbe mai
permesso.
«Mmm…penso che il bagno possa andare bene» sussurrò appena.
Kaien osservò il ragazzo dirigersi verso il bagno, prima di
prendere la strada opposta e andare verso le aule della Night Class; in quel
momento Tohga stava facendo lezione.
«Scusatemi l’interruzione» disse una volta aperta la porta,
il sorriso affabile sempre sulle labbra.
Yagari si preoccupò nel vederlo lì; oltre al fatto che era
la prima volta che interrompeva una lezione, l’Hunter si era anche accorto che
quel sorriso era in realtà tirato e finto. Uscì dall’aula con la massima calma,
conscio del fatto che il Preside volesse parlare con lui.
«Cos’è successo?» chiese senza indugi.
«Sono preoccupato per Zero, Tohga. Sono giorni che non
dorme…sta diventando l’ombra di se stesso con questa storia dei sogni»
«Tuttavia sei stato tu a voler mandare avanti questa storia,
Kaien; lo sai che non sono mai stato d’accordo» lo riprese, non celando
l’irritazione, ma senza comunque incolpare così l’altro.
«Io…lo so» ammise con rammarico. «Forse non avrei dovuto
permettergli questa cosa, ma magari Zero ne sarà..»
«Non lo dire Kaien» lo interruppe subito Tohga, spostando lo
sguardo. «Le cose avrebbe dovuto avere il loro corso naturale, non essere
forzate in questo modo. È stato quel Vampiro –sputò con rabbia– a volere che
fosse così; noi cosa possiamo fare se non rimanere ad osservare?»
«Il professor Yagari ha ragione» disse il suddetto Vampiro
alle loro spalle.
Li aveva sentiti parlottare, dopo tutto il suo udito fine
non andava sottovalutato, e se discutevano di Zero non poteva fare a meno di
intromettersi.
«Sono io che ho voluto così; e sebbene in questo momento non
sia al massimo della sua forma e lo stia sottoponendo ad un’estenuante prova,
non me ne pento affatto» concluse, posando il suo sguardo profondo nell’occhio
blu elettrico del professore.
«Eppure ora come ora ti odia, non sopporta la tua vicinanza,
e prova in ogni modo di evitarti sebbene tu cerchi sempre di stargli il più
vicino possibile…Kuran» gli fece notare Yagari.
«Mi odia solamente perché non capisce le sensazioni che lo
prendono quando mi è affianco o mi vede» spiegò il Pureblood. «Il fatto che io
stia stuzzicando la sua mente anche con i miei poteri è solo per accelerare un
po’ il processo»
«Non ce la fa’ più, Kaname» sbottò Kaien, mostrando tutta la
preoccupazione che aveva per il figlioccio. «Non può resistere ancora per
molto» la voce che si spense, gli occhi chiusi ed un braccio di Tohga a
proteggerlo.
«Abbi solo un altro po’ di pazienza» disse solo il Principe
dei Vampiri, prima di rientrare in classe.
Yagari gettò uno sguardo carico di odio alle spalle del
ragazzo, mentre Kaien si rifugiava tra le sue braccia senza tanto preoccuparsi
del luogo nel quale si trovavano: aveva solo bisogno di un po’ di calore.
«Sono preoccupato» ribadì per l’ennesima volta il Direttore.
«Andrà tutto a posto, vedrai» lo rassicurò Tohga, sebbene
non credesse fino in fondo a quelle parole.
Non ce la faceva…era veramente troppo stanco per anche uno
solo passo in più. Era stanco morto, e non era di certo un modo di dire!
Sentiva di avere un piede nella fossa, se le cose avessero continuato così
ancora per molto tempo. Per non avere più quei sogni si era anche impedito di
addormentarsi, sebbene dovesse ammettere che non era una delle più grandi idee
che avesse avuto: ma non sapeva proprio che altro fare. Aveva chiesto a Yuuki
di potersi occupare della ronda per tutta la notte, senza stare a guardare i
turni, proprio voleva evitare di dormire; la ragazza aveva accettato, dietro
profonde insistenze del Silver-head, ma continuava ad osservare l’amico
preoccupata come non mai. Era la prima volta che lo vedeva così sconvolto,
nemmeno quando lo aveva conosciuto lo aveva visto così male; voleva fare qualcosa,
distruggere quel libro che per lui era come una droga, tenerlo vicino e fare in
modo che i suoi sogni fossero il più tranquilli possibile, che non avesse
quella sorta di “incubi”, se così li poteva definire, che aveva in
continuazione! Voleva proteggere il suo migliore amico da qualcosa di cui non
sapeva bene si trattasse.
Era appena passata la mezzanotte, quando Zero si rese conto
che la vista gli si stava annebbiando. Doveva sedersi un attimo ed aspettare
che quel capogiro gli passasse, per poter continuare con la sua ronda. Si
appoggiò al tronco di un albero, e si lasciò scivolare fino ai piedi di questo
prima di chiudere gli occhi ed attendere che tutto il mondo smettesse di
vorticargli intorno. Quando pensò che il momento fosse passato, aprì gli occhi,
rendendosi conto che qualcosa non andava: la testa continuava a girargli,
vedeva come se si trovasse estrapolato dal proprio corpo, si sentiva come si
trovasse su un comodo materasso fatto di piume ed l’intero corpo non avesse
alcun peso ma fosse leggero come una foglia. Il campo visivo iniziò ad
oscurarsi man mano che cercava di capire cosa gli stesse succedendo, fino a
quando tutto non divenne una macchia nera indefinita e si sentì completamente
sospeso nel tempo e nello spazio; vedeva l’universo nel suo complesso, tutto
era nero con piccole luci bianche che ogni tanto facevano capolino nella sua
mente. Non sentiva niente, non provava niente; era diventato un’entità
completamente separata da ogni altra cosa vivente o meno.
«Sono qui» mugugnò il
ragazzo vicino. Allungò un braccio, che strinse attorno la sua vita, ed
avvicinò quel corpo al proprio, tuffandosi poi con il viso tra quei capelli
chiari. Respirò il suo profumo di lavanda selvatica, miagolando poi soddisfatto.
Non l’aveva lasciato andare quella notte, ma l’aveva tenuto con sé preoccupandosi
solo marginalmente di avvertire la sua famiglia; non gli avrebbero rifiutato un
no, quindi erano rimasti nella propria camera fino a tarda mattina. Non ce la
faceva a staccarsi da quel corpo morbido e caldo.
«Forse dovremmo
alzarci» biascicò, senza però alcuna intenzione di muovere un solo muscolo per
allontanarsi da quel corpo marmoreo; lo voleva vicino sempre e comunque, senza
pensare troppo ai suoi doveri nei confronti della famiglia.
«Possiamo stare così
per molto tempo ancora senza preoccuparci di quello che avviene fuori da questa
stanza» avvisò Kaname, stringendo la presa e iniziando una danza di baci
partendo dalla fronte per scendere alla mandibola, al collo, alla clavicola…il
petto morbido, con un accenno non eccessivo di muscoli; le mani dalle dita
affusolate e forti…
«Mmm…Kaname» sussurrò
con voce fievole e compiaciuta. «Se questo è il tuo modo per non pensare a
quello che avviene fuori di qui, mi piace»
Sorrise, il Nobile,
mentre le carezze non smettevano di stuzzicare luoghi che risvegliavano il
proprio corpo. Andò a sbottonare l’inutile camicia che indossava, baciando poi
ogni singolo lembo di pelle che le sue labbra incontravano; si soffermò sui
capezzoli leccandoli, mordendoli dolcemente e succhiando, producendo soffi e
gemiti che lusingavano le proprie orecchie. Continuò la sua discesa fino
all’ombelico, dove leccò e morse, facendo capire le proprie intenzioni non
propriamente caste. Erano mesi che si conoscevano, e da mesi non vedeva l’ora
di assaggiare quel corpo e quella persona che era capace di farlo eccitare
anche con un solo sguardo. Ne amava ogni singola sfaccettatura, ogni aspetto ed
ogni difetto o pregio; adesso lo voleva anche dimostrare!
Non voleva che le cose
finissero subito, ma doveva essere la cosa più soddisfacente e più perfetta che
l’altro avesse mai sperimentato. Voleva essere dolce, per quella persona che
era diventata come cristallo tra le sue mani; voleva essere passionale, per far
capire tutto lo stravolgente sentimento che lo permeava ogni volta che erano
anche solo vicini; voleva essere lento, per far assaporare ogni singolo
movimento di quei tocchi, voleva che sentisse ogni piccolo brivido percorrergli
le membra subito seguito dal successivo.
Assaggiò la
consistenza dei fianchi con solo la punta delle dita, sentendo quei sospiri di
piacere leccargli lascivi il padiglione auricolare per poi scivolare serpentini
nel suo cervello, senza possibilità di scampo. Leccò quelle porzioni di pelle,
gli occhi chiusi concentrato solo sul gusto; le mani che carezzavano le cosce
ancora coperte di quel corpo fantastico, lasciandosi trasportare solo dal
tatto; il naso che apprezzava ogni profumo che incontrava, che fosse la propria
saliva mista al sapore della pelle, sia che fosse il suo eccitante profumo,
percependo con l’olfatto ogni minimo cambiamento; quei gemiti che perforavano
il proprio orecchio…peccaminosi come solo bere il sangue umano potrebbe essere,
come uno dei Sette Peccati ai quali si stava lasciando andare, eppure il
proprio udito catturava ogni singola nota di quei suoni; e la vista!quando aprì
gli occhi per tornare a baciare quelle labbra rosee che lo attendevano sole…in
quel momento vide un angelo, il suo angelo personale che era arrivato per
salvarlo da una vita che non sarebbe mai stata completa: quegli occhi chiari
che lo supplicavano di continuare e di amarlo come mai aveva fatto prima; quei
capelli lisci come seta che gli contornavano il volto, talmente chiari da
sembrare
«Kaname…»
Non lo lasciò
continuare. Non ce n’era bisogno.
Lo baciò con tutto il
fuoco che aveva in corpo; si esplorarono a vicenda, si impararono a conoscere a
fondo. Kaname che non aveva mai assaggiato labbra più morbide delle sue, ma lui
non aveva mai assaggiato altre labbra in generale! Era sconvolgente sentire la
morbidezza di quelle labbra, il serpeggiare di quella lingua dentro la propria
cavità, in un combattimento con la propria che non voleva sentirne di avere
vincitori o vinti, ma che lasciò entrambi senza fiato, quando si separarono.
Lì…lì cedette alle carezze morbide, pressanti e costanti con le quali il Nobile
lo stava corteggiando; si abbandonò alla bolla di piacere che aveva isolato il
proprio cervello, senza lasciargli la possibilità di pensare niente. Si lasciò
semplicemente alle cure di quelle mani morbide, che sprigionavano calore in
ogni punto su cui passavano; che gli abbassavano pantaloni e mutande per
carezzare le cosce; che saggiavano la morbidezza della pelle, passavano sui
fianchi, lasciandogli brividi lungo tutta la spina dorsale.
«Cosa vuoi che ti
faccia?» chiese sfacciato il Nobile, la lingua che serpentina tracciava scie
lungo il torace.
«Tutto quello che vuoi
Kaname» mormorò prendendogli una mano, iniziando a succhiare lascivo una ad una
tutte le dita.
Kaname rimane
folgorato da quella scena, della sua sfacciataggine e dell’intraprendenza che
stava dimostrando. Dovette sforzarsi a non immaginarsi il proprio membro tra quelle
labbra, altrimenti sarebbe venuto prima del previsto; quegli occhi accesi dalla
lussuria, quelle labbra vogliose che impiastricciavano di saliva le proprie
dita, i capelli che si appiccicavano sulla fronte e sulla pelle lucida…doveva
concentrarsi, o sarebbe durato veramente poco!
Il Nobile iniziò a
toccare ed eccitare la sua parte intima con le mani, prima di assaporarla anche
con la lingua, risalendo l’interno coscia. Non riusciva a trattenere i gemiti,
ed anche se si sentiva in imbarazzo nel produrre un suono così indefinito,
Kaname non sembrava voler sentire altro, sforzandosi di sorprenderlo ogni volta
in modo da lasciare che quei suoni riempissero l’aria.
Con le dita bagnate di
saliva, si adoperò a non fargli troppo male nel prepararlo, aspettando paziente
che si abituasse all’intrusione.
«Kan-Kaname…sto per
venire» gemette, cercando di trattenersi dal venire stringendo forte i capelli
ebano tra le proprie mani. Dio! Era fantastico sentirlo sulla propria pelle e
dentro il proprio corpo, anche solo con due dita!
«Nessuno ti trattiene.
Puoi venire ogni volta che senti l’orgasmo montare» e sentire quelle parole
sparate nel proprio orecchio furono la goccia che fece traboccare il vaso:
venne così intensamente, che alla fine quasi credette di aver scordato il
proprio nome. Eppure quello era solo l’inizio.
Quando Kaname lo
penetrò, con una spinta decisa, sentì un dolore che quasi lo stordì tanto era
intenso; fortuna che l’altro si fermò per abituare il corpo a quell’intrusione,
altrimenti sarebbe svenuto come una donnicciola davanti un po’ di sangue! Dopo quel
primo attimo di dolore però, l’unica cosa che riusciva a ricordare era l’estremo
piacere che traeva dalle spinte decide e cadenzate di Kaname, che sembrava
cullare il suo corpo invece che perdersi nell’atto sessuale.
Quando vennero, Kaname
si stese di fianco il suo corpo, ancora possedendolo; era forse una posa
imbarazzante, ma così di sentiva di appartenere pienamente all’altro. Si strinsero
in un abbraccio dolce, prima di addormentarsi soddisfatti.
Era arrabbiato Kaname, con se stesso e con Zero, con Takuma
e con Kaien che sembrava non avere per niente fiducia in lui! In realtà sapeva
benissimo che l’unica cosa a preoccupare seriamente il Direttore era la salute,
in quel momento precaria, del Silver-head; non poteva certo dargli torto, ma
tutte quella situazione, l’ansia e lo stress che accumulava lo stavano mandando
fuori di testa. Avrebbe fatto volentieri altro, invece che scatenare tutto quel
casino! Non era poi così difficile capirlo, se solo lo si conosceva bene…
Non riusciva a stare fermo in camera; già l’aveva percorsa
in lungo e largo una ventina di volte. Inoltre le mura gli sembravano
inclinarsi, restringersi, crollare l’una sull’altra. Non aveva mai sofferto di
claustrofobia (anche perché i Vampiri non potevano ammalarsi od avere fobie
varie), ma tutta quella situazione lo faceva sentire prigioniero di se stesso:
sentiva le braccia costrette da una morsa gelida che non gli dava alcuna
possibilità di movimento; non poteva fare un passo in nessuna direzione che
sentiva come la presenza di un qualcosa che lo faceva desistere da ogni movimento.
Sapere che in quel preciso istante le pareti della sua stanza concretizzavano
quella sensazione di soffocamento, gli rendeva ancora più necessaria la ricerca
di aria fresca: spazi aperti e qualsiasi cosa che non avesse pareti od ostacoli
che potessero soffocarlo.
Uscì dalla stanza e percorse i corridoi e le scale che lo
portarono di fronte il portone principale, senza prestare molta attenzione alle
parole che Rika gli rivolse o allo sguardo tra il preoccupato e l’indifferente
di Takuma: doveva anche risolvere la situazione con quel Vampiro!
Anche solo aprire il portone lo aiutò ad inspirare una bella
boccata d’aria che diradò (sebbene di poco) l’ansia che quella situazione gli
aveva messo addosso. Percorse a passo tranquillo tutto il perimetro del Moon Dorm
cercando in ogni modo di alleggerire il carico emozionale che gli premeva
dentro. Vedere
«Kaname?»
Una voce femminile interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Si voltò e vide Yuuki,
«Ciao Yuuki» la salutò cordialmente; nonostante non la trovasse
particolarmente intelligente, era comunque gentile e simpatica. Senza contare
che insieme a lei poteva vedere sempre Zero, nonostante l’altro lo continuasse
ad odiare. Peccato che in quel momento non vedesse il Silver-head accanto la
ragazza.
«Non pensavo fossi veramente tu» rivelò la ragazza con un
sospiro. «Con questo buio non riesco bene a distinguere i contorni delle cose»
«Stai facendo il tuo turno di ronda?» le chiese il Vampiro,
avvicinandosi a lei; vide le sue gote arrossarsi, ma non ci volle fare caso:
non erano cose che gli interessavano. Era normale per lui sapere di avere una
certa influenza sul sesso femminile, come in alcuni casi anche su quello
maschile; ora voleva fare colpo solo su una persona, e di sicuro non era quella
ragazza.
«No. Zero mi aveva chiesto di poter coprire anche il mio
turno di ronda, ma non mi sono fidata a lasciarlo da solo, e sono venuta a
cercarlo per fargli un po’ di compagnia. In questi giorni non è perfettamente
se stesso. Però non lo riesco a trovare da nessuna parte…» fece pensierosa
Yuuki.
«Non hai provato a cercarlo in camera? Forse è rientrato un
attimo» fece Kaname, cercando di dimostrarsi più neutro possibile. In realtà
vibrava dalla voglia irrefrenabile di lasciare lì la ragazza e fiondarsi a
cercarlo, con tutto che sarebbe potuto passare per pazzo visto che cercava in
tutti i modi di essere scostante ed indifferente, senza mai staccarsi veramente
da lui.
Il dubbio che poteva essergli successo qualcosa non lo
lasciava quasi respirare, sebbene cercasse di pensare positivo e non lasciarsi
scoraggiare dalle paranoie.
«Ho provato a fare un salto, ma non c’era nessuno; e a parte
te non ho incontrato nessuno»
«Magari non ti sei accorta di averlo incrociato» provò a
supporre il Pureblood, vedendo gli occhi castani della ragazza impensierirsi.
«Può anche essere, ma lui si accorgerebbe della mia presenza
anche a metri di distanza!» esclamò quasi esasperata.
Yuuki non notò minimamente il sopracciglio sollevato del
Vampiro né tantomeno il tono quasi glaciale con il quale le si rivolse.
«Cosa intendi con questo?»
«Beh…Zero è uno dei migliori Hunter in circolazione; anche
quando è sovrappensiero capta sempre tutto ciò che lo circonda. Mi sembra
strano che non si sia fermato un attimo. Però hai ragione: è strano da un po’
di tempo, ed è tutta colpa di quel diario e dei sogni!» ringhiò la ragazza.
L’allusione ad un diario lasciò il Vampiro quasi perplesso,
ma sapere che il proprio potere stava facendo effetto sul Silver-head gli fece
tirare un invisibile sospiro di sollievo.
«Anche Takuma è strano in questi ultimi giorni» aggiunse la
ragazza.
«In che senso?»
«Prima era aperto e solare…quando era Capodormitorio.
All’improvviso non ha più scambiato una parola con Zero; mi sembra poco dopo il
tuo arrivo»
Un forte sentimento di possesso prese Kaname alla bocca
della stomaco. Perché Takuma si era avvicinato tanto a Zero? E perché
d’improvviso aveva smesso di parlargli? Di nuovo quella sensazione di pareti
che gli crollavano addosso lo prese; doveva allontanarsi dalla ragazza o non avrebbe
trattenuto ancora per molto il proprio potere: almeno quel poco che avrebbe
trasformato il proprio aspetto.
«Sarà meglio che ti lasci continuare a cercarlo, Yuuki»
disse Kaname un po’ brusco.
«Sì. Non volevo rubarti tanto tempo. Faccio ancora un giro e
vedo di cercare Zero. Buona notte Kaname» salutò con un piccolo sorriso.
Yuuki aveva compreso l’urgenza nella voce del Vampiro, e
sebbene le piacesse la sua compagnia, voleva cercare Zero e capire bene che
cose gli stava succedendo. Avrebbe tanto voluto gettare nella spazzatura quel
cavolo di libro! Chissà che così il ragazzo non si sarebbe sentito un po’
meglio...
«Sul…serio…Kaname»
provò a dire tra un bacio e l’altro, ma il Nobile non ne voleva sapere niente!
«Insomma!» urlò,
riuscendosi a scansare dal corpo pressante dell’altro. «Non voglio che i miei
ci separino, dovresti saperlo! Se scoprissero una cosa del genere finiremmo
entrambi in cella, ed io non voglio che ti capiti niente!»
«Ovviamente non pensi
a te…» lo prese in giro il Nobile, con un piccolo sorriso sulle labbra. «Non
voglio lasciarti andare via; non ora che possiamo stare un po’ insieme…»
«Sono due settimane
che stiamo insieme Kaname. I miei genitori staranno iniziando a sospettare
qualcosa…»
«E allora lasciali
sospettare! Proprio non vuoi stare qui?» non sapeva quello che stava dicendo,
ma soprattutto non voleva ragionare. Desiderava solamente stringere il suo
corpo tra le proprie braccia e non lasciarlo mai. La sua mano sulla guancia lo
fece tornare un po’ in sé; per lo meno lo rese abbastanza lucido da poter
ragionare.
«E va bene» concesse
il Nobile. «Ma solo per qualche giorno. Verrò a riprenderti il più presto
possibile!» e lasciò un piccolo bacio a lato della bocca, prima di lasciarlo
rivestire.
«Staremo di nuovo
insieme prima di quanto tu possa pensare» disse con un sorriso talmente felice,
da lasciar credere a Kaname che fosse vero.
Li vennero a prendere
che entrambi stavano dormendo. Non sentirono nessun rumore, non ebbero nessun
sospetto. Solo quando furono fuori dalla stanza di Kaname entrarono come una
furia, fucili alla mano: li puntarono immediatamente contro Kaname, senza dargli
il tempo di comprendere alcunché.
«Che diavolo state
facendo?!» urlò Kaname, cercando di mettersi tra i fucili e il suo corpo.
«Non cercare di
fuggire o fare il furbo Kaname Kuran» strepitò un signore appena entrato nella
stanza. «Sappiamo della tua vera identità, sappiamo che sei un Vampiro. Adesso tu
e il tuo compagno verrete scortati fino al Palazzo di Giustizia dovere verrete
giustiziati, se non lasciati morire in cella»
«Non è possibile!»
disse, guardando Kaname lanciare sguardi di fiamme verso quel signore.
Beh…in fondo avrebbe
dovuto sapere che non sarebbe durata ancora a lungo. Strinse addolorato gli
occhi, come a voler scacciare ogni momento passato con l’altro.
«Ascoltami» gli disse
Kaname, prendendogli il viso tra le mani. «Qualsiasi cosa ti dicano, sappi che
io ti amo, che non ho mai bevuto il tuo sangue e che non ti avrei mai fatto del
male»
La limpidezza e
fierezza che vedeva nei suoi occhi amaranto, gli dicevano che quella era una
verità che non poteva mettere in discussione, e il suo cuore l’aveva accettata,
quella verità. Così come la sua mente gli aveva assemblato tutti quegli
atteggiamenti che aveva trovato strani e misteriosi, che in un certo qual modo
avevano fatto ribollire il suo sangue di paura.
Prima che potesse dire
qualsiasi cosa, uno dei signori con il fucile fece partire un colpo, che andò a
perforare la spalla sinistra di Kaname. Lo vide orripilato digrignare i denti
dal dolore, prima di portarsi una mano sulla ferita.
«I Vampiri non possono
amare. Avete solo sete di sangue e sesso; impuro sesso» aggiunse l’uomo
stempiato senza fucile, dopo un’occhiata ai loro corpi ancora nudi.
«Portateli via. Non si
meritano altro tempo»
Con l’orrore in volto
cercò di divincolarsi per poter avvicinarsi a Kaname, ma le braccia che lo
trattenevano erano forti, più forti del suo corpo non abituato a sforzi fisici.
Si divincolò in tutti i modi, provocandosi anche tagli profondi, ma poco gli
importava: in quel momento voleva solo raggiungere Kaname e baciarlo,
rassicurarlo, coccolarlo…
Con uno strattone
riuscì a liberarsi da quella presa ferrea e accasciarsi vicino il Vampiro; gli
accarezzò una guancia, prima di passare la mano sporca del proprio sangue sulle
labbra di Kaname: voleva che almeno il sapore del suo sangue gli rimanesse come
ricordo.
«Ti amo Kaname…non
dimenticarlo mai» riuscì a sussurrare, prima di essere trascinato fuori dalla
sua portata.
«Portate questi esseri
al Palazzo, e lasciate che venga deciso di loro»
Si scambiarono un
ultimo sguardo carico d’amore e d’amarezza, prima di essere completamente
oscurati l’uno alla vista dell’altro.
D’improvviso un odore familiare lo colse, forte come la
prima volta che lo aveva sentito in mezzo quella folla, o quando lo aveva
sentito di nuovo dopo tanto tempo neanche un mese prima. Vi corse praticamente
incontro, non pensando minimamente che forse il ragazzo si sarebbe spaventato
nel vederselo catapultarsi così; non pensando che forse avrebbe trovato l’altro
in posizione, pronto per difendersi. Non gli importava niente di tutto quello
che sarebbe potuto succedere, sentiva solo quel sentimento di possesso che
cresceva e chiedeva di essere preso in considerazione, lasciandogli libero
sfogo.
Tutto si era aspettato, tranne trovare il Silver-head steso
ai piedi di un albero, dolcemente addormentato…no, non sembrava propriamente
addormentato: era come se un camion o migliaia di Vampiri gli fossero saliti
sopra lasciandolo completamente spossato. Aveva il volto più pallido del
solito, i capelli madidi di sudore, gli occhi che sotto le palpebre si
muovevano velocemente e le sopracciglia che si aggrottavano come se si stesse
concentrando, e le labbra…oh! Quelle labbra che aveva potuto vedere solo di
nascosto, che non baciava da troppo tempo, ma di cui non aveva dimenticato
comunque il sapore! Erano piegate in una dolcissima espressione di disappunto,
come se quello che vedeva non gli piacesse per niente. Gli venne
l’irrefrenabile voglia di prenderlo e portarlo lontano da tutto quel dolore…ma
questo avrebbe significato essere ipocrita, visto che quel dolore glielo stava
causando proprio lui. Ma avrebbe potuto fare altrimenti? Voleva quella persona,
voleva poterla stringere di nuovo a sé senza dover pensare a ciò che la gente
avrebbe pensato di loro. Ed era giunto il momento che le cose tornassero
nuovamente al loro posto!
Il Vampiro si avvicinò a Zero, inginocchiandosi a fianco;
accarezzò leggero la guancia dell’altro, sorridendo di quel nuovo contatto.
Erano anni…era passato troppo tempo da che le proprie mani si erano posate sul
Silver-head o da che aveva sorriso senza nascondersi al ragazzo.
Non potevano stare così, e di sicuro non poteva lasciare
Zero in quelle condizioni; poteva apparire ipocrita da parte sua un simile
comportamento, ma non c’era altro modo per riportare le cose come sarebbero
dovute essere. Lo prese dolcemente in braccio, intenzionato a portarlo nella
propria camera invece che in quella del ragazzo; non voleva vedere Kaien
preoccupato o il viso dell’umana troppo vicino al ragazzo. Così almeno poteva
avere una scusa per poterci parlare tranquillamente, se mai le cose non
sarebbero dovute andare come sperava!
All’interno del Moon Dorm c’era un silenzio surreale; tutti
gli studenti erano sicuramente a lezione, senza contare che era strano il fatto
che il professor Yagari non lo avesse mandato a cercare; sebbene potesse
sperare che forse Takuma ci avesse messo una buona parola…
«Cos’è successo a Zero?»
La voce di Takuma, alle proprie spalle, fece sussultare
Kaname; si voltò verso il biondo che si trovava dall’altra parte dell’enorme
salone d’ingresso e gli si avvicinava a passo di marcia, con sguardo
indecifrabile.
«Cosa ci fai qui? Ti pensavo a lezione» chiese Kaname, come
se l’altro non avesse parlato.
«Cosa è successo a Zero, Kaname!» digrignò i denti,
scandendo bene la domanda.
Quando gli fu ad un palmo dal naso, Takuma osservò l’amico
dritto negli occhi, producendo il basso brontolio tipico del predatori.
«L’ho trovato svenuto in cortile. Non mi sembrava carino
lasciarlo lì» rispose calmo il moro, cercando di capire la reazione dell’altro.
«Cosa gli stai facendo, Kaname? Lo dovresti lasciare in
pace»
«Cosa? Ti rendi conto di quello che stai dicendo?» domandò
sconcertato il Pureblood; non capiva se l’altro avesse semplicemente perso la
testa, ma di sicuro lo avrebbe preso a pugni se avesse continuato con quel
tono!
«E tu ti rendi conto di come lo stai riducendo solo per un
capriccio?» gli urlò di rimando il biondo.
Non doveva parlargli a quel modo, Takuma lo sapeva bene; ma
vedere Zero ridotto in quello stato lo aveva mandato fuori di testa!
«Sai quello che ho passato Takuma» replicò duro Kaname, gli
occhi che, gelidi, mandavano lampi. «Proprio tu mi parli di “capriccio” quando
sei stato il primo ad appoggiarmi. Perché questo cambio di opinione tutto d’un
tratto?»
«Sono mesi che non si da’ pace con i continui sogni che fa’!
Già quel libro non fa’ che stuzzicare pesantemente la sua memoria, adesso ci
sei anche tu con i tuoi poteri. Gli stai facendo solamente del male, non te ne
rendi conto Kaname?» sibilò stizzito il biondo; le mani strette a pugno, gli
occhi verdi fissi in quelli amaranto dell’altro
«È vero, sin dall’inizio ti ho appoggiato perché so quello
che hai passato…anzi, quello che avete passato. Ma Kaname, Zero sta soffrendo
da troppo tempo e non sappiamo neanche se ricordare è quello che realmente
vuole! Lascialo vivere questa vita, non ti intromettere»
Le ultime parole suonarono come una supplica, mentre gli
occhi di Takuma si spostarono dolci sul volto diafano di Zero.
«Posso capire il motivo di questa preoccupazione, Takuma: ti
sei innamorato di Zero»
«Cosa?» sussurrò incredulo il biondo, gli occhi sgranati di
chi non crede a quello che gli si dice. «Esatto. Ti sei innamorato di Zero.
Durante il periodo in cui sei stato vicino a lui hai sviluppato un sentimento
sempre più profondo nei suoi riguardi»
Dentro di sé Kaname si sentiva bruciare. Non voleva perdere
Zero, non voleva vedere quegli occhi lilla guardare con amore un’altra persona.
La gelosia lo stava accecando, soprattutto pensando che Takuma sarebbe stato un
ragazzo migliore di lui.
«Immaghino tu abbia ragione, Kaname, ma ciò che ti ho detto
non è stato dettato dal sentimento che provo per lui. Ho imparato a conoscerlo,
in questo tempo; non proverei mai a rubartelo, dovresti saperlo bene. Solamente
penso che tu lo stia torturando troppo, Kaname. Stai attento a quello che fai»
Detto questo, Takuma si diresse verso il portone principale per
uscire. Sapeva che nel cuore del Silver-head non ci sarebbe stato posto per
lui; e comunque era giusto che quei due tornassero ad essere una cosa sola,
dopotutto si appartenevano.
Quando arrivò in classe si sedette pesantemente sulla sedia,
lasciando andare un sospiro frustato.
«Tutto bene, Takuma?» chiese Shiki, un sorriso leggero sulla
labbra sottili.
Takuma lo guardò, felice di averlo sempre avuto vicino nei
momenti critici.
«D’ora in poi andrà meglio» sorrise il biondo.
Kaname rimase per qualche attimo fermo al centro del salone,
non sapendo bene che pensare. Aveva visto negli occhi dell’amico lo stesso
sguardo che aveva quando incontrò per la prima volta Zero; invece Takuma non
aveva fatto una piega, ma anzi lo aveva lasciato così, avvertendolo solo di
stare attento.
Andò nella propria stanza, adagiò dolcemente Zero sul letto
e rimane ad osservarlo come non faceva da molto tempo.
Ci avevano lasciato
marcire in quelle celle per non so quanto tempo. Non so se anche lui si
trovasse ancora in quel posto maleodorante e privo di finestre, sperai solo che
non si fosse arreso alla morte. La ferita che gli avevano inferto era
irrilevante per uno come lui (se veramente era un Pureblood), ma sicuramente
non lo avevano nutrito. Dio solo sapeva come stava in quel momento.
Mia madre ebbe un po’
pietà di me, e riuscì ad ottenere un permesso speciale: potevo avere carta e
calamaio a mia disposizione; quindi eccomi qui a scrivere questa storia e la
sua patetica fine. Io qui, in questa sudicia cella; solo l’ombra di me stesso a
farmi compagnia, e solo un ricordo dell’essere umano che sono stato. Lui qualche
cella più in là forse…o forse diventato cenere al vento.
Ovunque sei…è futile
esprimere di nuovo quanto forte sia il mio sentimento nei tuoi confronti. Spero
solo che questi scritti non vadano completamente persi e che qualcuno possa
imparare da questa storia.
Il mio cuore, spaccato
in pezzi, anela di vederti ancora una volta; e ancora una volta sono sicuro che
ti vedrà. Vorrei poterti baciare, toccare la tua pelle, accarezzare i tuoi
capelli, sussurrarti dolci parole che non sarebbero da me e che tu troveresti smielato
ascoltare. Vorrei tornare alla prima volta che ci siamo incontrati e baciarti
subito, bruciare le tappe ed essere posseduto da te; vorrei tornare a quella
notte in camera dei miei genitori e cercare di essere più attivo mentre mi
impalo implorante su di te; vorrei salutare il nostro amico meglio, rispetto al
caloroso sorriso che gli ho regalato l’ultima volta che l’ho visto.
Vorrei tante cose,
sai? Ma per adesso mi accontento di sentire il mio respiro che si affievolisce
sempre di più…sembra che sia giunta…
Era tutto vero? Tutto quello che aveva visto, tutto quello
che aveva sognato era tutto vero? Non si era mai soffermato troppo a pensare a
chi potesse essere la persona che stava sempre con Kaname Kuran; ma mai si era
aspettato di vedere se stesso che piangeva per la perdita del Vampiro. Come
poteva essere? Come poteva aver vissuto veramente tutto quello?
No! Non era vero! Niente di tutto quello che aveva visto
aveva alcun fondamento reale!
Lui aveva conosciuto Kaname solo da poco tempo e non
riusciva neanche ad immaginare una vita con quel Vampiro; lo aveva odiato non
appena lo aveva visto la prima volta: chissà, magari proprio perché lui aveva
fatto in modo che Zero potesse vedere quelle immagini. Ma certo! Doveva essere
stato quel Vampiro con qualche suo potere; Zero in realtà non aveva vissuto
quella vita, solo che Kaname Kuran voleva lo pensasse!
Ma perché? Lui non ricordava di aver mai incontrato il
Pureblood, e allora perché doveva subire una tortura simile? E come spiegare
quel sentimento contrastante che aveva provato quando i loro occhi si erano
incontrati la prima volta?
No! Lui provava un forte sentimento nei confronti di Takuma,
non di Kaname Kuran, uscito da chissà dove…ma anche quello non aveva senso.
Aveva più volte visto Takuma nei suoi sogni, sempre vicino al Nobile e di
conseguenza vicino a lui; ridevano e scherzavano, nei suoi sogni, ma il biondo
non aveva mai detto niente nel momento in cui si erano incontrati alla Cross
Academy. Era possibile che Zero si fosse “infatuato” di Takuma perché persona più vicina a Kaname!
Perché già pensava a quei sogni come veri? Perché pensava
veramente di aver vissuto quella vita? Niente di tutto quello poteva essere
vero; eppure una parte di sé era già consapevole che ogni cosa vista, lui l’aveva
vissuta davvero. Però lui era Zero Kiryuu, non la persona che aveva compiuto
quelle azioni; non era lui che era stato vicino a Kaname e da cui era stato
separato. Lui era una semplice immagine riflessa del ragazzo di cui Kaname si
era innamorato. E allora che senso aveva ricordare? E perché quella strana
sensazione allo stomaco, come se lo torcessero e te lo strappassero?
Ad ogni modo doveva risolvere quella situazione: voleva
dormire tre giorni di file! Senza contare he ne aveva bisogno.
Quando aprì gli occhi non capì immediatamente dove si
trovava. Sì, era una stanza, ma si trovava nel Sun Dorm o nel Moon Dorm? Non desiderava
trovarsi circondato da Vampiri proprio in quel momento di debolezza!
Si mosse lentamente, giusto per vedere se ogni cosa era a
posto. La testa iniziò a pulsare come un martello pneumatico; ogni arto gli
doleva come se ogni cosa vissuta nel sogno fosse stata reale. Si rilassò con un
gemito contro i morbidi cuscini che lo avevano sostenuto fino a quel momento. Anche
quel mal di testa non era normale: l’ultima cosa che ricordava era di essersi
addormentato sotto un albero, quindi come cavolo faceva la testa a dolergli in
quel modo assurdo?
Sbuffò, irritato per quell’assurda situazione. Voleva essere
lasciato in pace, chiedeva forse troppo?
Aprì nuovamente gli occhi. Non si era reso conto di averli
chiusi. Si guardò intorno, cercando di capire in quale stanza potesse trovarsi;
i pesanti tendaggi non lasciavano passare neanche un po’ di luce, sebbene ci
fosse uno spiraglio dal quale i raggi solari riuscivano a passare. Il letto era
enorme, comodo e con fantastiche lenzuola di seta che lo carezzavano come se
fosse prezioso e fragile. Fantastico…si trovava proprio tra i Vampiri! I ragazzi
della Day Class non potevano certo permettersi lenzuola del genere.
Sbuffò di nuovo, cercando nuovamente di alzarsi da quel
letto.
«Proprio non ce la fai a stare fermo?» lo prese in giro una
voce non troppo distante.
Zero gelò; non mosse un muscolo, smise addirittura di
respirare, non osando voltare gli occhi verso quella persona.
«Dovresti stenderti e riposare ancora un po’» aggiunse
dolce.
Il Silver-head si stese lentamente, sempre senza dire una
parola o fare un gesto di troppo.
Kaname Kuran si alzò dalla poltrona sulla quale si era
lasciato cadere per vegliare Zero; gli si avvicinò cauto, non sapendo bene come
interpretare quel silenzio. Lo Zero che conosceva sarebbe rimasto tranquillo,
ma quello che aveva davanti aveva vissuto una vita diversa e quindi non
immaginava come avrebbe reagito.
«Come ti senti?» chiese piano il Pureblood, rimanendo in
piedi vicino il letto.
Zero guardò l’altro negli occhi, non riuscendo a sbrogliare
la marea di sentimenti che gli vorticavano dentro. Si sentiva strano ad avere
Kaname di fronte, in quel momento; non sapeva come affrontarlo, così su due
piedi.
«Zero…tutto bene?» domandò preoccupato Kaname; le
sopracciglia aggrottate.
Non capiva: aveva pensato che il ragazzo gli sarebbe saltato
al collo nell’istante in cui lo avesse visto; invece era fin troppo calmo per i
suoi gusti. Si comportava come se non lo conoscesse per niente.
«Zero…?» si avvicinò ulteriormente, allungando una mano con l’intento
di assicurarsi che l’altro stesse bene.
«Perché sono qui?» lo anticipò Zero, non permettendogli di
toccarlo: ancora non si sentiva pronto.
«Ti ho trovato svenuto sotto un albero» rispose mesto il
Vampiro.
«Potevi svegliarmi lì. Non mi sembra una cosa impossibile da
fare» ribatté Zero, guardando penetrante gli occhi dell’altro.
«Non sono il tipo. E la cosa non mi pesava»
«Non sei il tipo…» ripeté piano il Silver-head, come per
convincersi della cosa.
«Lo dovresti sapere…» non riuscì a finire la frase, che Zero
lo interruppe; o per meglio dire cominciò ad urlargli contro, gli occhi che
lampeggiavano d’ira.
«Lo dovrei sapere? LO DOVREI SAPERE?! Cosa ne sai tu di cosa
dovrei sapere io? Sei arrivato da un giorno all’altro, ti sei comportato come
se fossi il capo, hai usato i tuoi poteri su di me, e dopo avermi reso questi
ultimi mesi un inferno, pensi di sapere chi sono! Sei solo un’ipocrita
bastardo!»
Nella foga Zero si era alzato in piedi, fronteggiando un
Kaname che cercava di non mostrarsi stupito di quell’esplosione; non si
aspettava tutta quella rabbia da parte del Silver-head, soprattutto dal momento
che aveva rivisto tutta la loro vita insieme. Aveva sperato in un qualche
scontro, più nel senso di scambio civile che non il tentato omicidio da parte
dell’altro!
«Adesso che ti sei divertito con me, cosa dovrei fare?» si
vedeva che Zero tremava, cercando di tenersi in piedi, mentre il corpo urlava
per lo sforzo; ma non poteva cedere! Non voleva mostrarsi debole proprio in
quel momento cruciale.
«Dovresti sdraiarti e cercare di riposare» provò a dire
calmo Kaname. «Non dovresti agitarti così; sei troppo debole ora»
«E chi dovrei ringraziare, secondo te?» esclamò aggressivo
il Silver-head, gli occhi ridotti a due fessure.
Provava una gran rabbia; quella frase detta con tanta
leggerezza lo aveva fatto esplodere. Come si aspettava che reagisse dopo una
frase del genere? La confusione che vorticava nella sua testa non gli dava
spazio per pensare a nient’altro: come si sarebbe comportato lo Zero dell’altra
vita, come si sarebbe comportato egli stesso se non si fosse trovato in quella
ridicola situazione…cosa si aspettava Kaname da lui. Era strano da dire, ma
quasi si sentiva ferito da quello che l’altro aveva detto; sicuramente il
Pureblood si aspettava di incontrare lo Zero che aveva conosciuto in un’altra
vita, quando aveva aperto gli occhi. Ma così non era stato: era ancora Zero
Kiryuu, figliastro del Direttore Kaien Cross, Hunter del Congresso, adolescente
che cercava in ogni modo di arrivare al giorno dopo con nuove speranze. Non era
figlio di una famiglia nobile, non aveva conosciuto Kaname Kuran ad una festa,
non si era innamorato di lui, non aveva fatto l’amore con lui (e qui arrossì al
pensiero) ogni istante possibile, non era stato macchiato come traditore e
lasciato marcire nel castello senza la possibilità di uscire. Lui era
semplicemente Zero Kiryuu con i ricordi di un’altra persona.
Kaname abbassò la testa, incassando la frecciata del
Silver-head senza rispondere. Chiuse gli
lasciando andare un sospiro.
«So di aver usato metodi poco ortodossi, Zero, ma non avevo
altra scelta. Ti amo troppo per non volerti di nuovo al mio fianco»
«Ma tu non ami me» spiegò il Silver-head, gli occhi scuri e
corrucciati. «Tu ami lo Zero di un’altra vita, non me. Siamo due identità
diverse, sebbene potremmo avere lo stesso aspetto»
«Non siete due identità diverse…» sospirò Kaname, sedendosi
sul bordo del letto. Doveva raccontare ancora un’ultima cosa a Zero.
«Quando siamo stati separati, hanno tentato di uccidermi, ma
fortunatamente Takuma era riuscito a portarmi in salvo. Per quanto volessi
venire a salvarti, il mio corpo era troppo debole e debilitato, e comunque
Takuma mi aveva già portato via da quella città. Tuttavia non mi arresi e
quando mesi dopo tornai, seppi che ti avevano lasciato marcire dentro quelle
celle e che ti rimanevano solo pochi giorni. Con Takuma abbiamo trovato una
specie di incantesimo che permetteva alla tua anima di rimanere integra e
reincarnarsi. Sei tu lo Zero che amo, su questo non ho dubbi» asserì serio
Kaname, puntando i proprio occhi amaranto in quelli ametista dell’altro.
Lo vide confuso, come a cercare una via di fuga da quelle
parole.
«Io sono solo un’imitazione della persona di cui ti sei
innamorato. Non ho vissuto io quei momenti con te, ma un altro me stesso; non
hai fatto con me l’amore, ma con un altro…»
«Credimi Zero» disse determinato Kaname. Si era alzato per
prendere le mani dell’altro e stringerle tra le sue, mentre continuava a
guardarlo. «Sei tu la persona di cui mi sono innamorato; l’anima è la stessa,
solo il cammino che avete percorso è stato diverso, ma il carattere e l’indole
non sono cambiate» Gli sorrise dolce, baciando i palmi di entrambe le mani.
Zero lo guardò implorante. Non poteva cedere ad una cosa del
genere, era totalmente assurda! Perché il suo cuore aveva accettato tutte
quelle parole senza esitazione, mentre la sua mente non riusciva a fare
altrettanto?
«Non posso…non so cosa fare…non…» impacciato, confuso, Zero non riusciva
formulare una sola frase di senso compiuto; semplicemente continuava ad
osservare gli occhi amaranto dell’altro con fare implorante: sebbene non
sapesse per cosa implorare.
«Datti tempo, Zero. È vero –ammise Kaname- quasi speravo che
la persona che si sarebbe svegliata fosse la stessa da cui mi avevano separato.
Ma io so di amare anche quella che ho davanti a me; ti ho visto in questi mesi,
e mi sono reso conto che quello che provavo non è cambiato di una virgola, ma
anzi è un sentimento che si è rafforzato. Datti il tempo di conoscermi, se
questo ti fa’ stare meglio» sussurrò il Pureblood sulle labbra di Zero. Aveva appena
detto di lasciargli de tempo, ma voleva poter assaggiare di nuovo quelle labbra
dopo così tanto tempo!
Saggiò lentamente la consistenza delle labbra del
Silver-head con la punta della lingua, prima di cercare un accesso a quell’antro.
Zero non sapeva cosa fare: le movenze di Kaname; il suo tono morbido e
suadente, caloroso e antico; le mani che tenevano determinate le proprie; quei
penetranti occhi amaranto, con leggere pagliuzze vermiglie…e quelle labbra! Oh,
quelle labbra lo stavano mandando fuori di testa! Perché giocava così, invece
che baciarlo seriamente? Si sporse un po’ in avanti, in modo da far entrare in
un contatto maggiore le labbra con quelle di Kaname; sentì sulle proprie un
piccolo sorriso che nacque su quelle del Pureblood, e per un attimo la cosa lo
irritò (era caduto in una specie di trappola?). Ma quando Kaname approfondì
quel tocco leggero, ogni cosa intorno perse di consistenza, mentre rimanevano
solo loro due. La sensazione che provò Zero fu indescrivibile, gli tornarono
alla mente episodi della sua vita precedente: forse era un modo per paragonare
quel bacio. Ma poco importava, questo se lo stava godendo lo Zero del presente,
e sentire la lingua dell’altro giocare con la proprie ed eccitarlo in ogni modo
possibile lo stava mandando fuori di testa. Possibile che un solo bacio
riusciva a lasciarlo disarmato in questo modo?
Per Kaname la cosa era pressoché uguale. Si accaniva su quelle
labbra come un viandante con l’acqua del deserto; non credeva di poter baciare
nuovamente Zero dopo anni ed anni che aveva passato senza di lui. Non ne aveva
mai dimenticato la morbidezza, o la dolcezza con la quale ricambiava il bacio,
ed era felice di vedere come anche il presente Zero fosse timido e delicato. Finalmente
non avrebbe più dovuto fare affidamento sulla propria memoria per ricordare un
bacio, un tratto di pelle, un espressione o il dolce suono della sua voce:
adesso che lo aveva di nuovo tra le proprie braccia sarebbe stato difficile
lasciarlo andare.
Quando si separarono, Kaname osservò il volto dell’altro
ancora assorto e con gli occhi chiusi. Le labbra erano leggermente dischiuse,
lucide e rosse…amava quelle labbra, quella pelle, quel corpo…quel ragazzo! Sorrise
compiaciuto nel vederlo assorto così, e quando Zero socchiuse gli occhi a
Kaname quasi gli divenne completamente duro: aveva gli stessi occhi offuscati dall’eccitazione
post-orgasmo. Beh…non voleva venire nei pantaloni come un’adolescente che non
sa trattenersi! Lo baciò a fior di labbra, prima di lasciargli un altro bacio
sulla fronte.
«Credo ci saranno molte cose di cui parlare» asserì roco
Zero. Si schiarì la voce imbarazzato, le guance imporporate, mentre Kaname
sghignazzava piano.
«Pensavo ti piacesse stretto, Kaname» sogghignò ansimante il
Silver-head, la mani poggiate sul petto del Pureblood. «Adesso zitto e godi»
annaspò, andando velocemente incontro i fianchi dell’altro, sebbene cercasse di
tenerlo fermo.
Aveva voluto quella posizione proprio per dare maggiore
piacere all’altro, oltre che trarne di più per se stesso. Scese a baciarlo,
mentre piccoli e profonde spinte lo impalavano di più sul membro di Kaname.
«Kaname…vienimi dentro» ansò Zero, stringendo gli occhi…e
qualcos’altro.
«Zero…» Kaname si crogiolò in quel caldo e stretto canale
ancora per qualche secondo, prima di lasciar andare il proprio orgasmo. Zero si
dondolò ancora un po’ su e giù per quel membro duro e pulsante, ma Kaname gli
venne incontro con una spinta particolarmente forte che, toccando la prostata
dell’altro, lo fece venire all’istante: la schiena inarcata al massimo, gli
occhi e la bocca spalancati in un muto grido.
Improvvisamente senza forze si accasciò vicino Kaname, gli
occhi chiusi e qualche ciocca di capelli argentati a coprirli. Con dolcezza e
premura, Kaname li scostò scoprendo due meravigliose ametiste liquide che lo
fissavano ansimanti. Si chinò sul Silver-head per un bacio caldo e tranquillo
che gli fece recuperare un po’ di fiato. Zero si poggiò sulla spalle di Kaname,
mentre una mano tracciava disegni immaginari su quel petto glabro e scolpito.
«Tra un po’ torneranno Kaien e Tohga. Meglio non farsi
sorprendere così, andiamo a farci una doccia» suggerì il Pureblood, lasciandogli
un bacio sulla tempia.
«Hai paura che possano batterci?» lo stuzzicò il
Silver-head, dirigendosi per primo verso il bagno. «Dovremmo averli raggiunti…se
pensiamo alle ipotetiche volte in cui sono stati a letto insieme»
«Sei un pervertito Zero» si limitò a dire Kaname, aspettando
beato gli strepitii che lo avrebbero raggiunto a poco…
«KANAME, PEZZO D’IDIOTA! Quante volte ti ho detto di non
lasciarmi segni evidenti? E chi se le sente quelle oche ora?! PERVERTITO SEME
MANIACO! La prossima volta te la faccio pagare!»
Non era esattamente lo Zero che si aspettava di ritrovare,
ma di certo non mancava la noia!
Bene Fans! Finalmente sono riuscita a pubblicarlo, e devo dire che ne sono abbastanza orgogliosa, perchè l'ho rivisto milione di volte per cercare di migliorarlo e penso che alla fine sia venuta una bella storia. Per ci avesse capito poco, o se comunque si nota a mala pena, la parte in corsivo è vista dal punto di vista del "vecchio" Zero e non la narrazione del libro, mentre l'ultima parte più essere vista in entrambi i casi: come punto di vista e come estrapolazione del libro.
Vi ringrazio per essere state pazienti e spero che questo finali vi piaccia...c'ho messo veramente tutta me stessa^^ Dedico l'intera storia (oltre a chi ho citato nel primo capitolo) in particolare alla mia piccola Skadi, che forse non leggerà questa FF, ma non smetto di sperare! Vi mando un bacione enorme, scusatemi ancora per l'attesa lunga e spero che il prossimo "parto" sia meno lungo!