Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: LauFleur    07/07/2011    20 recensioni
Edward Cullen: un ragazzo, un figlio, un fratello. Un figlio costretto a rimettere insieme i pezzi di ciò che i suoi genitori hanno frantumato. Un fratello tormentato dal pensiero che la felicità di sua sorella sia minacciata dalla tristezza delle loro vite. Un ragazzo ossessionato da Isabella Swan, la donna che riesce a calmare quel mare in tempesta che è diventata la sua vita.
[Rating rosso per il primo extra.]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eccomi, con il “regalo” che vi avevo promesso. Non so se può essere chiamato così: è soltanto un piccolo anticipo, un capitolo pubblicato un po’ prima, per dimostrarvi quanto tengo a tutto l’affetto che mi dimostrate. I commenti e le visite continuano ad aumentare e non posso far altro che ringraziarvi!

Vi ricordo che manca ancora un capitolo (il numero nove) e l’epilogo. Spero non vi deludano!

Grazie fin da ora. A lunedì.

__________________

 

 

Capitolo 8 – Inizio e fine

 

Quella notte Edward non chiuse occhio. Era stanco morto, la testa pulsava e gli occhi bruciavano, ma non riuscì a prendere sonno. La sera prima era tornato a casa con lo stomaco che gli ribolliva di rabbia, aveva osservato Rosalie preparare la cartella per il giorno dopo e le aveva rimboccato le coperte prima di vederla addormentarsi. Aveva chiamato Bella, mosso dal disperato bisogno di sentire la sua voce. Ma nemmeno questo era andato per il verso giusto: lei aveva lasciato squillare il telefono a vuoto e poco dopo gli aveva mandato un messaggio, dicendogli che era stata trattenuta a scuola e che sarebbe tornata tardi. Ed eccolo lì, il rompicapo sentimentale che aveva sempre evitato come la peste.

All’alba si era alzato, ormai arreso all’insonnia, ed aveva approfittato della levataccia per sbrigare qualche faccenda di casa. Qualche ora più tardi, aveva sopportato a denti stretti il turno di mattina alla tavola calda. Aveva lavorato con gli occhi bassi e doloranti, la testa stordita chiusa in una campana di vetro. Ogni movimento richiedeva il doppio della fatica.

Quel giorno Rosalie pranzò da una sua compagna di classe e il pomeriggio rimase a casa sua per fare i compiti insieme. Edward benedì quelle ore di riposo e, appena tornato da lavoro, si buttò sul letto, sentendo il sonno che lentamente si inghiottiva tutte le preoccupazioni. Finalmente, si addormentò.

Scese al pianoterra nel tardo pomeriggio e trovò sua madre in cucina. Sul tavolo, di fronte a lei, c’era un mucchio di fogli sparpagliati. Edward era troppo assonnato per provare a leggerli, allora si limitò a guardarla con aria interrogativa.

“Non siamo più sposati, ufficialmente.” affermò Esme, con la voce spenta.

Lui, senza dire una parola, alzò un braccio e le mostrò le carte che stringeva nella mano. Le aveva stampate quella mattina, e potevano racchiudere la soluzione ad uno dei tanti problemi che gli toglievano il sonno. Lasciò cadere i fogli sul tavolo, sopra le pratiche del divorzio. Sua madre li ignorò.

“Come è andata ieri sera con vostro padre?” cercò di cambiare argomento.

“Male, ovviamente.” Riempì una tazza di caffè e, sorseggiandola, si sedette accanto ad Esme.

Lei com’è?”

“Non lo so, non la conosciamo. Ma sembra gentile.”

“Bene, meglio così. Cosa vi hanno detto?”

Edward la guardò: la pelle bianca animata da qualche piccola ruga, la curva morbida delle spalle, le braccia magre prosciugate dallo sfinimento. Sentì una stretta al cuore e decise che l’avrebbe protetta fino alla fine. Con un sospiro, disse: “Niente… niente di importante.”

La risposta sembrò bastarle e, finalmente, prestò attenzione ai fogli che suo figlio aveva stampato.

“Cosa sono?” gli chiese, quasi controvoglia.

“Mi sono informato, è quello che fa per noi. Non è una clinica, non verrai ricoverata, non comparirai in nessun registro. Niente di ufficiale, solo una serie di incontri. Parlerai con alcuni volontari che hanno provato le stesse cose che stai provando tu, sapranno come aiutarti. E deciderai tu quando presentarti, quante volte e per quanto tempo. Carlisle non ne saprà mai nulla. Va bene?”

Mentre lo guardava, Esme sentì il cuore gonfiarsi di preoccupazione. Ma, ancora più forte della paura di non farcela e di deluderli, era la gratitudine che provava per suo figlio e la determinazione che le trasmetteva.

Se lo promise, e lo promise a Edward e Rosalie: quello era un inizio.

“Va bene.” E si asciugò la lacrima che le rigava la guancia.

 

Pedalava come un pazzo con le chiavi di Bella in tasca. Gliele aveva date quella sera, la sera della sorpresa, degli spaghetti, dei baci. Al ricordo di quanto la desiderasse, mentre erano sdraiati sul divano a guardare distrattamente un film, sentì una piacevole fitta attaccargli l’inguine. Voleva fare le cose con calma, voleva farle per bene, e non avrebbe mai permesso alla fretta e alle voglie di rovinare tutto. Non ricordava quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva avuto così tante premure prima di andare a letto con una ragazza, ma aveva la sensazione di stringere tra le mani qualcosa di troppo delicato e non voleva rischiare di scheggiarlo, romperlo, perderlo.

Si chiese se fosse giusto avvertirla del suo arrivo, ma quei pochi giorni insieme una cosa gliel’avevano insegnata: Bella amava le sorprese. E allora perché non viziarla?

Entrò, salutò il portiere e salì di corsa le scale. Suonò il campanello ma Bella non c’era. Usò la chiave che gli aveva dato e, per la seconda volta, aprì la porta di casa sua e si godè la magnifica sensazione di avere il permesso di entrare nella sua vita. La prima volta se l’era preso di nascosto, ora invece se l’era guadagnato. Le stanze erano piene del profumo di Bella, ed ebbe la tentazione di cercare il suo armadio, riconoscere i suoi vestiti, sbirciare la sua camera da letto. Una tentazione che, però, riuscì a controllare facilmente. Non si mise a cucinare perché decise che quella sera l’avrebbe portata a cena fuori, si limitò ad accomodarsi sulla poltrona ed accendere la televisione.

 

“Sei sicura che non sia un problema?” le chiese Jasper che, sicuro della risposta, stava già salendo in macchina.

“Figurati! Seguimi, ti faccio strada.” gli rispose Bella, con un sorriso imbarazzato. Aprì la portiera, lasciò cadere la borsa sul sedile del passeggero e si mise al volante. Controllò nello specchietto retrovisore se anche Jasper era pronto a partire e mise in moto.

Il giorno seguente, durante il pomeriggio, ci sarebbe stata una riunione dell’intero gruppo dei docenti. Bella aveva iniziato a familiarizzare con il metodo di lavoro del nuovo preside, ed era sollevata dalla sua precisione e bravura nell’organizzare le cose. Seguiva gli insegnanti nel preparare le lezioni, aveva a cuore gli studenti, teneva d’occhio i loro progressi, ed era gentile. Qualità che in un collega di lavoro non si finisce mai di apprezzare. Jasper aveva richiesto ad ogni insegnante una scheda dettagliata, che conteneva programmi, voti, progressi, valutazioni. E Bella, tradendo la sua solita precisione e diligenza nel rispettare le consegne, aveva dimenticato la sua scheda a casa.

Parcheggiò proprio davanti al portone. Si aspettava che Jasper si fermasse in doppia fila, pronto a ripartire, ed invece cercò un posto libero qualche metro più avanti.

“Salgo a prendere il materiale e torno subito.” gli disse mentre lui la raggiungeva sul marciapiede. “Farò in un attimo!”

“Non dire sciocchezze, Isabella!” sulle labbra aveva un sorriso più sfacciato di tutti quelli che finora le aveva rivolto. “Ti accompagno, così non sarai costretta a scendere di nuovo.”

Bella annuì mentre cercava le chiavi. “Va bene, come vuoi. Ma non ti assicuro niente sull’ordine della casa!”

“Fidati, è l’unica cosa di cui non mi importa.” Si chiuse il portone alle spalle e, sistemandosi il colletto della camicia, incrociò lo sguardo del portiere. Lo salutò con un educato salve, l’anziano rispose con un cenno del capo e nei suoi occhi Jasper scorse qualcosa che assomigliava alla sorpresa.

Raggiunse Bella per le scale, accompagnato dal ticchettio dei suoi tacchi sui gradini. E, con la visione della gonna aderente che le fasciava le gambe sottili e il fondoschiena, non gli rimase che sperare che quelle scale non avessero fine. Ma comparve il pianerottolo ed il preside fu costretto a tornare a guardarla negli occhi, non che anche quella visione non lo entusiasmasse.

“Sembri stanca.” sussurrò, mentre lei infilava le chiavi nella serratura. “Va tutto bene?”

Bella lo guardò stringendo gli occhi, come se volesse studiare cosa ci fosse al di là di quelle parole e di quello sguardo. Poi tornò a sorridere e disse: “Certo che va tutto bene, solo una lunga giornata di lav-“

Le parole si spezzarono quando aprì la porta, mosse il primo passo e vide Edward.

Bella lo guardò, in un modo che per tutti i presenti fu qualcosa di diverso: per lei stupore, per Edward colpa, per Jasper speranza.

Il preside approfittò di quell’attimo immobile di sorpresa ed entrò in casa a grandi passi, superando Bella. Con le mani nelle tasche, puntò il ragazzo seduto sulla poltrona, e non riusciva a pensare ad altro che: eccolo il mio momento, è arrivato. Qualche parola messa insieme nella maniera giusta e Bella si renderà conto di quanto poco convenga frequentare chi è appena uscito da un’aula di liceo.

Sentì spuntare sulle labbra il sorriso, quello stronzo, e gli occhi gli brillarono quando incrociarono quelli verdi scuri di Edward.

“Sei venuto per le ripetizioni, ragazzino? Hai bisogno di una mano con i compiti?”

Così, oltre a dimostrargli che era riuscito a farsi portare a casa da Bella per fare Dio solo sa cosa, gli dimostrò che poteva prenderlo per il culo tutte le volte che voleva. Anche di fronte a lei.

Bella rimase immobile, senza avere neanche il tempo di chiedersi da dove nascesse la confidenza racchiusa in quella frase, e tutto il resto successe in pochi secondi.

Edward saltò come una molla dalla poltrona e si mangiò i metri che lo dividevano da Jasper, con la stessa ferocia e velocità con cui un leone si scatena sulla preda. Con la mascella tesa, gli occhi rabbiosi e le vene del collo che minacciavano di scoppiare, lo afferrò con una mano per il nodo della cravatta e, trascinandolo con sé, lo fece sbattere contro il muro. L’espressione di derisione sul volto del preside ancora non se n’era andata, anzi sembrava ancora più soddisfatto, e Edward decise di cancellarla con un pugno. Partì dritto, veloce, sicuro, accompagnato dalle urla sconvolte di Bella. Sentendo la voce della ragazza che desiderava che lo implorava di smetterla si sarebbe potuto fermare, ed invece ci trovò ancora più gusto.

Dopo il primo colpo, Jasper cadde a terra, con una mano insanguinata premuta sul labbro spaccato. Edward si inginocchiò, bloccando le gambe del preside tra le sue ginocchia. Sollevò un braccio, preparò il pugno e riprese a picchiarlo.

Un pugno per i suoi ridicoli tentativi di prenderlo per il culo.

Un pugno per i suoi sorrisini stronzi.

Un pugno per la sua voglia di scoparsi Bella.

Un pugno per Carlisle, che ancora non aveva smesso di distruggere la sua famiglia.

Un pugno per Esme, che non aveva la forza.

Un ultimo pugno per se stesso, e per la sua vita che andava a puttane.

Si alzò con il fiato corto e la fronte umida di sudore. Si allontanò da quel corpo e da quel viso sfigurato che si dimenava e tossiva sul pavimento. Per istinto, si guardò le mani. Quelle dita che gli avevano fatto compagnia per tutta la vita, che avevano fatto magie sui tasti del pianoforte e sui fianchi delle ragazze, ma che mai prima d’ora avevano fatto sanguinare un uomo.

Le nocche erano spaccate, il suo sangue si mescolava con quello di Jasper. Sentì Bella che arrancava a respirare alle sue spalle e si ricordò di quella volta che gli aveva detto quanto le piacessero le mani del “suo pianista”: il dorso coperto di vene sporgenti, le dita spigolose, affusolate, maschili. Eleganti, le aveva descritte.

Si voltò lentamente e l’espressione che trovò sul volto di Bella gli ruppe qualcosa dentro. Avrebbe voluto urlare, incazzarsi, chiederle cosa ci faceva quell’uomo in casa sua. Avrebbe voluto stringere il suo bel volto tra le mani distrutte, sussurrare il suo nome, spiegarle le sue ragioni, raccontarle quanto lo aveva provocato quel preside di merda, descriverle l’espressione che aveva suo padre mentre gli proponeva di abbandonare Esme. Sarebbe voluto crollare ai suoi piedi e pregarla di salvarlo. Ed invece non si mosse e non parlò.

Fu Bella a farlo. Spostò il disgusto dagli occhi al palmo della mano, che finì dritto sulla guancia di Edward. Lo schiaffo fischiava nelle orecchie e la pelle bruciava, ma era una carezza in confronto al dolore che gli provocava la delusione stampata sul volto di Bella.

“Hai rovinato tutto,” gli rovesciò addosso parole e lacrime. “Sei solo un ragazzino.”

“Non dire così.” voleva dirlo gentilmente, ed invece uscì fuori un ruggito.

“Cosa dovrei dire allora? COSA?” adesso urlava. Gli occhi abbandonarono Edward e fissarono Jasper, che intanto si era messo seduto con la schiena appoggiata alla parete. Gemeva e si lamentava con fare teatrale, come se fosse sul punto di morte.

“Non sono così, lo sai che non sono così.” Era disperato. La guardava e vedeva tutto le cose che non avrebbe più avuto. Lei, già lontana, continuava ad evitare il suo sguardo.

“Vattene.” sibilò. “E restituiscimi le chiavi.”

“Bella, ascolt-

“Vattene. Ora.”

Una sentenza, la sua sentenza. Non restava altro che sopportare la condanna. Edward se ne andò, correndo giù per le scale, allontanandosi da lei. Perdendosi.

Quella sera per la prima volta aveva picchiato un uomo e quella sera, qualche ora più tardi, per la prima volta si ubriacò. Fino a perdere il senso del tempo, delle parole, del corpo.

Si lasciò rotolare sul marciapiede e vomitò. Vomitò la rabbia, lo schifo, l’anima. Fino a non far rimanere niente nello stomaco e nella testa. Una testa inutile, svuotata di tutto e di tutti, riempita solo da una parola e dalla sua eco: fine.

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 20 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: LauFleur