E in faccia c’hai tutti
I pregi e i difetti
Che sono in parte condanna
E in parte un po’ compagnia
Never Say Never
-Vediamo
di risolvere il problema!-
Il
professor Kazumasa si era preso a cuore quella sua
avversione verso gli ideogrammi, troppo a cuore, tanto che aveva deciso di
ricorrere a metodi alternativi.
Il
perché Kei fosse così simpatico a quel professore ancora non lo sapeva, poiché
era rimasto sempre il solito scorbutico asociale e l’unica persona con cui
aveva cambiato leggermente questo atteggiamento era Hilary.
In
ogni caso si era ritrovato a dover assecondare il docente di giapponese e
andare alla lavagna, afferrare il gesso e attendere istruzioni.
-Allora.. prendiamo una frase da
un libro a caso- l’uomo, che nel frattempo si era seduto al banco di Kei, frugò
in una borsa di tela che si era portato con sé ed estrasse un grosso volume
–Rei scegli una pagina per piacere- disse con un sorriso, aspettando che
l’altro ubbidisse e gli indicasse una frase –Perfetto.. la frase è: “quelli volti al conseguimento dell’utile o allo sviluppo di una
maggiore efficienza dell’intero sistema”.. complicata.. bravo Kon!- aggiunse dando una pacca sulla spalla al vicino.
Kei
rigirò il gesso tra le mani e guardò perplesso l’adulto: che cosa ci doveva
fare con quella frase senza né capo né coda?
-Ora
la devi scrivere..- sembrò rispondere alla sua tacita domanda -..pensa al
significato e alle parole che la compongono, una volta che è ben focalizzata
nella tua mente scrivila-
Il
russo era sempre più scettico e la sua espressione non contribuiva a nascondere
quel suo stato d’animo, infatti alcuni ridacchiarono mentre Hilary lo incitava
con lo sguardo ad assecondare il professore.
-Dai,
facciamo così.. girati- rise il docente accompagnando le parole con un gesto
della mano –Girati!-
Kei
si girò sbuffando, trovandosi a pochi centimetri dall’ardesia.
-Ora
chiudi gli occhi..-
-Ma..-
tentò voltandosi, ma l’altro lo invitò a non fare storie.
-Ecco
dicevamo.. chiudi gli occhi e pensa a quello che ti ho detto- disse per poi
ripetere la frase in questione e invitarlo a trascriverla -vedrai che verrà
naturalmente-
Il
ragazzo, suo malgrado, obbedì e abbassò le palpebre, pensando al significato
delle parole, analizzandole; aveva detto che sarebbe stato naturale, che doveva
essere naturale e allora decise di seguire alla lettera quel consiglio, tanto
che iniziò a scrivere velocemente.
Riaprì
gli occhi a opera conclusa e si allontanò di pochi passi per osservare il
risultato: forse era venuta un po’ storta, ma le parole erano lì bianco su
nero, ben visibili e riconoscibili, o almeno per lui: era sicuro che in classe
non ci fosse nessun’altro a conoscenza del cirillico.
Le
lettere, in quella lingua a lui così familiare e così incomprensibile per gli
altri, rappresentavano esattamente la frase che il docente gli aveva dettato e
quello era stato il modo più naturale per scriverla.
Gli
alunni attesero col fiato sospeso la reazione del professore: era sempre stato
un uomo dalla battuta facile e cordiale, ma nessuno riusciva a immaginare come
avrebbe risposto a quel comportamento.
Kazumasa aveva gli occhi
spalancati e la bocca aperta per la sorpresa, ma quell’espressione durò solo
altri pochi secondi per tramutarsi in una fragorosa risata.
-Sei
forte, Kei! Sei forte!- gli disse tenendosi la pancia.
Quando
finalmente si riscambiarono i rispettivi posti, Kei si vide l’espressione
allibita di Rei scrutarlo profondamente.
-Ma
come ti è venuto in mente?- disse indeciso se ridere o piangere.
L’altro
di tutta risposta si limitò a fare spallucce.
-Buongiorno
Hilary!-
-Buongiorno
Nonno J!-
La
ragazza salutò l’uomo non appena attraversò il portone di legno.
-Sai
dov’è Kei?- gli chiese poi ottenendo le indicazioni sperate. L’anziano era
venuto a conoscenza della nuova relazione pochi giorni prima, dopo aver visto i
due scambiarsi attenzioni diverse dal solito, e non aveva perso l’occasione per
sottolineare quanto avrebbe voluto essere a conoscenza della situazione.
Ormai
potevano dire di non aver segreti con nessuno, persino Aiko
a scuola aveva capito di essere stata ignorata a causa di una ‘semplice
ragazzina’ e ovviamente si era premurata di smentire il fatto, nonostante la
verità avesse iniziato a trapelare.
Gli
unici ancora all’oscuro erano i suoi genitori ai quali aveva deciso di pensare
solo se ce ne fosse stata l’occasione, ovvero se si fosse ritrovata obbligata.
Non voleva rischiare di dover affrontare un dramma per quella relazione fino a
quel momento perfetta.
Circumnavigò
il dojo per arrivare nel giardino posteriore e
ritrovarsi davanti a Kei, seduto sull’erba a occhi chiusi e con le cuffie alle
orecchie.
Allungò
la mano e premette la punta del naso del ragazzo con il suo indice, facendogli
aprire gli occhi.
Il
ragazzo si sfilò le cuffie e spense l’mp3.
-Cosa
ascoltavi?-
-Canzoni
a random- rispose indifferente dandole un bacio.
-E
a che pensavi me lo dici?- insistette.
-Tutto
e niente-
Hilary
sbuffò divertita con le braccia incrociate dietro il collo del ragazzo.
-Io
invece pensavo che dovrei darti sinceramente delle ripetizioni..-
-Perché?-
-Perché
la scenetta di stamattina è stata divertente, ma non potrai andare avanti a
questo modo-
-Ah
no?- chiese afferrandola e cercando di zittirla con le sue labbra.
-Dai!-
si scostò a fatica –E a me serve la tua enorme sapienza matematica-
-Mh- continuò puntando al lobo dell’orecchio non potendo
arrivare alla bocca.
-L’altra
volta mi è andata bene solo perché me l’hai spiegata tu!- disse riferendosi
alla sua interrogazione avvenuta il giorno dopo quella di Kei.
-Ok-
accettò l’altro nonostante sembrava stesse pensando solo al collo dell’altra
piuttosto che alla matematica.
-Aah mi arrendo..- capitolò Hilary baciandolo a sua volta.
-Sai
cosa penso ora?- disse a sorpresa il russo.
-Cosa?-
-Che
dovresti accettare la proposta di Nonno J-
-Quale?-
chiese lei confusa non capendo a che cosa si riferisse.
-Di
fermarti a dormire qui qualche volta- rispose facendola arrossire.
-Ah
quella- erano passati esattamente 9 giorni da quella famosa giornata in cui
l’uomo le aveva ricordato la presenza della stanza degli ospiti e stesso giorno
in cui Kei si era fatto avanti con lei.
Il
ragazzo la fissò in attesa di una risposta con un sorrisetto di sfida.
Hilary
era assolutamente imbarazzata per quell’improvvisa proposta poiché non capiva,
o non voleva capire, cosa ci fosse dietro, ma allo stesso tempo dentro di lei
era sorta una voglia matta di seguire il consiglio e restare quella sera
stessa.
Respingeva
e agognava l’idea allo stesso tempo.
-Ci
penserò-
-Bene-
E
ci aveva pensato. Ci aveva pensato più di quanto non avrebbe voluto, per
diversi giorni, ma alla fine la trovò, la scusa per rimanere al dojo e non scomodare suo padre a fare il giro largo per
andare a prenderla.
In
verità era stato tutto molto improvvisato e annunciato per telefono, anche
perché se avesse chiesto il permesso a voce sicuramente il continuo arrossarsi
delle sue gote l’avrebbe tradita.
Sentiva
il costante impulso di stare vicino a Kei, anche se per lui non sembrava lo
stesso, o almeno per lui sembrava essere tutto semplicissimo, ogni sua azione
era ben calibrata e perfetta, la sua considerazione non troppo invasiva, ma
nemmeno assente. Rispettava i suoi spazi e i suoi limiti, ma Hilary sentiva che
forse non era abbastanza e desiderava ardentemente dividere il suo tempo e il
suo spazio con lui, per conoscerlo e capirlo finalmente in ogni suo aspetto.
-Allora
ti preparo il letto- aveva commentato semplicemente Nonno J, come a premurarsi
che lei avrebbe dormito nella solita stanza degli ospiti, quella a piano terra
con due corridoi e una rampa di scale a dividerla dal resto dei ragazzi.
L’unica
cosa che le mancava era un pigiama; tutte le volte che era rimasta a dormire
dai Kinomiya si era portata tutto il necessario, ma
non aveva mai pensato di lasciare lì qualcosa nonostante vi passasse più tempo
che a casa sua.
-Ti
presto qualcosa io- aveva annunciato Kei non appena esposto il problema.
Se
ne stava in piedi di fronte a lei, con la sua solita pacatezza e l’aveva
invitata a seguirlo con un semplice cenno.
Salirono
le scale diretti verso la stanza del ragazzo: Hilary si sentì improvvisamente a
disagio realizzando di non essere ancora entrata in camera sua, anzi proprio di
non essere mai stata da sola con lui in una stanza dall’aspetto così intimo.
Trattenne
il respiro senza rendersene conto quando la mano di Kei si poggiò sulla
maniglia e fece una leggera pressione per aprire la porta: davanti a lei si
presentava una semplice stanza ordinata e pulita, ma che sembrava nascondere
mille insidie.
Fece
pochi passi all’interno senza guardarsi realmente intorno e non si svegliò
dallo stato di confusione finchè il ragazzo non le
porse una maglia grigia.
-E’
parecchio grande.. vuoi anche i pantaloni?- chiese guardandola.
Hilary
dispiegò la maglia e la fece aderire al petto come per misurare la lunghezza.
-Direi
che va bene- commentò notando che le arrivava fino a poco sopra il ginocchio.
-Non
puoi dormire qui?- disse Kei improvvisamente, avvicinandosi e accarezzandole il
collo.
-Nonno
J credo non sarebbe d’accordo- balbettò lei baciandolo.
Si
sentiva come trasportata su un altro pianeta, come se quella stanza l’avesse
portata in completa balia del ragazzo, come se fosse stata vulnerabile e nuda
davanti al suo sguardo magnetico.
Un
colpo di tosse li fece staccare e Hilary intravide oltre la porta aperta Takao
con le mani sui fianchi che li guardava tra il disturbato e il divertito.
-Almeno
chiudete la porta- disse provocando nuovamente il rossore della ragazza che si
sbrigò a uscire dalla camera.
Kei
doveva aver fulminato con le sue ametiste Takao poiché sentì quest’ultimo
scusarsi.
Quel
giorno si sentiva iperemotiva e la vicinanza di Kei la rimbambiva ancora di
più: si era cacciata proprio in un bel guaio, ma la cosa che la sollevava e
allo stesso tempo la stordiva ancora di più era la realtà dei fatti: era il
russo che la prendeva per mano, che la cercava, che la baciava e che le
permetteva di stargli accanto.
Si
sentiva patetica da un certo punto di vista, ma quando poi lo vedeva si
dimenticava delle paturnie e dei dubbi: mentre si preparava per andare a
dormire si maledisse per non avergli augurato per bene la buonanotte come
avrebbe voluto e come avrebbe potuto.
Erano
stati insieme per tutta la sera, per non parlare dell’oretta tutta per loro sul
divano.
Annusò
la maglietta che Kei le aveva prestato e risentì il suo profumo e la sensazione
piacevole che aveva provato nel sentirsi stringere dalle sue braccia. La posò
aperta sul letto prima di rischiare di svenire sul momento.
Forse
avrebbe dovuto acconsentire alla sua proposta di andare in camera sua: perché
ora che era una possibilità lontano ne
vedeva tutti i lati positivi? Non poteva pensarci prima ad accettare? Almeno
avrebbero potuto studiare un piano di fuga.
Invece
da stupida si era lasciata sfuggire l’occasione e se ne stava pentendo
amaramente.
Si
sfilò la gonna e la maglia, afferrando il suo ‘pigiama’, pensando ancora al suo
possessore, e fu così che accadde una cosa strana: l’oggetto dei suoi pensieri
le apparve davanti.
Ebbe
pochi secondi per capire che Kei aveva appena aperto la porta senza bussare,
richiudendosela alle spalle, e capire di trovarsi mezza nuda in completo
imbarazzo
-Cosa
ci fai qui?- chiese balbettando e usando quel misero pezzo di stoffa come
scudo.
-Ti
sono venuto a trovare- rispose facendo spallucce e avvicinandosi alla ragazza
tanto da poggiarle le mani sui fianchi.
Hilary
divenne rossa come non era mai stata e si pentì di aver fantasticato così tanto
sull’altro. Ora che si trovava nella situazione che aveva sperato, era in
completo imbarazzo, soprattutto nel sentire il suo tocco sulla pelle nuda.
-Kei
mi stavo vestendo- sussurrò senza forze.
-Per
me puoi restare anche così-
La
giapponese riuscì ad alzare lo sguardo per fulminarlo e invitarlo a girarsi
senza ottenere i risultati sperati.
-Dai
per favore!- lo pregò.
-Ok,
ok- sbuffò l’altro voltandosi.
-E
poi da quand’è che fumi in casa?- chiese la ragazza infilandosi velocemente la
maglia, tirandone i lembi per tentare di coprire il più possibile.
-E’
spenta- evidenziò Kei riferendosi alla sigaretta che teneva tra le labbra.
-Perché
vai in giro con una sigaretta spenta in bocca?-
-Perché..-
sbirciò alle sue spalle per assicurarsi che avesse terminato di vestirsi -..ho
intenzione di fumarla- e si voltò definitivamente.
-Qui?-
-Era
l’idea- disse avvicinandosi e sovrastandola in altezza.
-Perché
non fuori o in camera tua?- disse deglutendo.
-Perché
qui ci sei tu..- soffiò facendola sorridere -..se non mi vuoi però esco-
-No,
no, no!- esclamò Hilary questa volta facendo spuntare un sorriso vittorioso al
ragazzo.
Il
russo le afferrò la nuca e la portò ad appoggiare il viso sul suo petto
sussurrandole –Non ho voglia di stare da solo-
L’ennesimo
istinto di toccarlo e stringerlo e baciarlo si fece largo nella testa di
Hilary, bloccato però dalla ragione e dal pudore. Perché riusciva a farle
quell’effetto? Come era riuscito a stregarla nel giro di quelle poche
settimane?
Lo
osservò dirigersi alla finestra e spalancarla, lasciando entrare un venticello
fresco che annunciava l’imminente arrivo di ottobre da lì a pochi giorni; erano
a piano terra, quindi non la preoccupò vederlo mettersi a cavalcioni per poi
sedersi sul davanzale.
La
piccola abatjour sul comodino bastava solo per illuminare fiocamente i contorni
della sua figura, ma la luna ormai piena, situata proprio davanti alla
finestra, completava il disegno perfetto del ragazzo.
Hilary
si sedette sul davanzale di fronte a lui, guardandolo azionare l’accendino e
perdersi nell’osservazione del cielo. Lo imitò, ma oltre la grande palla
argentata non riusciva a figurare nient’altro che il manto blu scuro, nessuna
traccia di stelle o pianeti, a causa dell’inquinamento luminoso della grande
città.
-E’
un peccato per le stelle..- iniziò, ma l’altro non sembrava averla sentita.
In
quei momenti in cui si focalizzava su qualcosa era arduo riuscire a
distoglierlo dall’obiettivo; non riusciva a comprendere come potesse essere
preso fino a quel punto da un dettaglio o da una visione, qualsiasi essa fosse,
così tanto da estraniarsi completamente dalle persone attorno a lui.
Aveva
affermato di voler stare con lei quella notte, ma per qualche motivo temette
che non fosse tutta la verità, che ci fosse qualcos’altro dietro: quando si
trattava del russo era paranoica e insicura, perennemente impaurita dalla
possibilità di non essere d’aiuto, di venire ignorata e buttata via per la
propria inutilità.
Le
parve di tornare indietro nel tempo, alla sera dei fuochi, quando si era
fermata a fissarlo per diversi minuti, mentre lui era completamente preso dal cielo,
da uno spettacolo contro il quale lei non poteva competere. In quell’istante,
come allora, non poteva fare a meno di sentirsi fortunata ad essere al suo
fianco, ma allo stesso tempo infinitamente lontana da lui, dai suoi occhi, dai
suoi magnifici occhi.
Li
osservò riflettere lo splendore della luna, anch’essa immersa in quelle
ametiste, in balia di quel colore, quasi inferiore a quella bellezza.
-Potrei
essere arrivata a una conclusione..- ritentò Hilary alzando la voce e attirando
l’attenzione dell’altro.
-Mh?-
-Dipende
dalla luce.. il colore dei tuoi occhi- iniziò mordendosi il labbro inferiore
–quando c’è tanta luce, al sole, diventano rossi.. al contrario, con poca
intensità, sono viola-
Kei
incurvò la testa verso destra, ma presto si riconcentrò sulla sua sigaretta e
sulla luna.
Hilary
non poteva sopportare il ripiombare del silenzio.
-Impazzirò..-
ridacchiò per poi continuare -..nessuno è mai impazzito per i tuoi occhi?-
-Solo
io- disse improvvisamente fissandola seriamente –Sono una maledizione- aggiunse
sospirando e chiudendo le palpebre.
-Dovresti
andarne fiero invece.. sono belli- cercò di consolarlo, non capendo il perché
di quello smarrimento.
Kei
scosse la testa e riaprì gli occhi –Sono molto più reali i tuoi-
-Vuoi
dire che tu non sei reale?- cercò di stemperare l’atmosfera con un sorriso
–Saresti frutto della mia fantasia?-
-Potrei-
disse aspirando il fumo –Non ti sembra mai che tutto quello che ti sta intorno
sia irreale?-
Rispose
immediatamente di sì, ma non gli confessò che era proprio quello che provava
quando stava con lui: che tutto era troppo bello per essere vero, ma che la sua
presenza glielo confermava, il trascorrere delle giornate sempre al suo fianco
la tranquillizzava –A te?-
-Da
mesi ormai.. è tutto così irreale-
-Cosa
intendi dire?-
-Questa
vita.. è così diversa, così strana che credo sempre di potermi svegliare da un
momento all’altro e scoprire di essermi immaginato tutto..- confessò a voce
bassa, ma con sincerità.
-Rispetto
a cosa?- si informò, intuendo la risposta.
-Alla
mia vita-
-Questa
è la tua vita!-
Kei
si massaggiò il collo, respirando lentamente –Meno male che almeno tu ne sei
convinta-
Hilary
resistette all’insensata voglia di approfondire il discorso, ma la paura di
scavare troppo a fondo nell’animo dell’altro la fece desistere. Era curiosa e
interessata a ogni aspetto del suo carattere, ma qualcosa nella sua testa le
consigliava di non indagare.
-Smetterai
mai di fumare?- cercò di cambiare discorso.
-No-
-Mai
dire mai- lo stuzzicò.
-Le
sigarette sono la mia medicina..-
-Una
medicina che ti uccide?- non resistette dal commentare la ragazza.
Kei
incontrò le sue iridi nocciola e la scrutò a fondo mettendola a disagio tanto
che dovette abbassare lo sguardo. Hilary non avrebbe voluto cedere, ma non
poteva competere con quello sguardo invalicabile, tanto che si ritrovò a
fissare la mano nivea appoggiata sul davanzale.
La
magia di quella notte sembrava essersi all’improvviso spenta, ma voleva
ritrovarla, tanto che afferrò le dita del ragazzo e le congiunse con le sue,
come tante volte avevano fatto in quelle due settimane. Le strinse e le osservò
in silenzio cercando una distrazione, ma ormai in quei minuti aveva intrapreso
la via tortuosa dei pensieri di Kei, confusa e complicata, e capì che non
sarebbe potuta scendere da quel treno in corsa che era la mente del ragazzo,
una volta salita poteva solo avventurarsi più in profondità.
Con
la mano sinistra gli fece spalancare le dita, mentre la destra gli afferrò e
accarezzò il palmo, per poi risalire sul polso, sull’avambraccio e finire
nell’incavo del braccio, disegnando con le dita un cerchio immaginario attorno
a quel punto colore della pece, ancora visibile a dimostrazione del passato del
russo. Indugiò sulla pelle che lo attorniava per diversi secondi prima di decidersi
a sfiorarlo, non senza timore e insicurezza.
Si
bloccò, alzando lo sguardo e incontrando quello di Kei che la scrutava in
attesa della mossa successiva, non arrabbiato o infastidito, ma calmo e
controllato.
-Da
quanto hai smesso?-
-Nove
mesi e tre settimane-
-Tieni
ancora il conto?-
Avevano
abbassato notevolmente il tono della voce, ma il silenzio della notte non
ostacolava la loro conversazione.
-Mi
aiuta-
-Senti..-
iniziò incerta se andare avanti, ma poi si convinse a buttare in tavola tutti i
suoi dubbi -..se ora ti offrissero una siringa con della.. della..-
-Eroina-
concluse per lei.
-Sì,
dell’eroina.. tu che faresti?-
-Probabilmente
me la caccerei in vena- rispose con il solito tono di voce che però a Hilary
sembrò glaciale e disperato allo stesso tempo, probabilmente per lo stato
d’animo che la pervadeva.
-Per
quale motivo?-
-Mi
farebbe sentire normale-
-Ora
come ti senti invece?-
-Come..
in un limbo.. non so..- disse scuotendo la testa.
-Ma..
ma tu non vuoi riprovarci..- aggiunse, cercando conferma.
-No..
ma è meglio se non ci penso troppo, cerco di distrarmi.. ho bisogno di
distrarmi-
-E
ci riesci?-
-A
volte.. con te sì..- soffiò cercando i suoi occhi.
Hilary
fece scorrere la mano, che era rimasta sul segno del buco, sulla spalla fino al
viso del ragazzo, afferrandolo anche con l’altra per avvicinarlo al suo petto
abbracciandolo e lasciandogli un bacio sulla fronte.
Il
contatto non durò più di un minuto: alla giapponese era già capitato di
stringerlo a quel modo, il pomeriggio dell’attacco di panico, e, ricordando,
una scarica elettrica le attraversò la spina dorsale convincendola a
staccarsene. Il suo corpo si comportava in maniera strana in presenza del russo
ed era ancora restia ad accettarlo.
-Come
mai stasera stai così?- gli chiese.
-Sto
sempre così- confessò lui tornando a guardare la luna.
-Io
ci sono- disse lei prima che il silenzio piombasse sui due.
Kei
fumò un’altra sigaretta prima di decidersi ad alzarsi e permettere alla ragazza
di chiudere la finestra.
-Buonanotte-
Hilary
si appese al suo collo stampandogli un bacio sulla guancia.
-Mi
mandi via?- chiese lui stringendola.
-Ma..
Nonno J se..-
-Quando
sono sceso dormivano tutti.. e domani mattina sarò uscito da qui prima che se
ne accorgano- propose.
-Il
letto è piccolo..- aggiunse riferendosi al materasso a una piazza, chiedendosi
mentalmente perché stesse ponendo così tanta resistenza.
Kei
la guardò scettico prima di vederla cedere al suo sguardo.
-Cosa
fai?- chiese la ragazza improvvisamente, mentre tirava giù le lenzuola.
-Fa
caldo a dormire coi pantaloni-
-Già
ci sono io senza pantaloni-
-Di
solito non ho nemmeno la canotta quindi..-
-Ok,
ok- capitolò Hilary facendosi forza.
Kei
era il suo ragazzo ed era normale che volesse dormire con lei e non era la fine
del mondo se stava solo in boxer, in costume l’aveva già visto, e lui era il
suo ragazzo.
Se
lo ripeté nella testa mentre si sistemavano sotto le coperte; si fissarono,
l’uno di fronte all’altra, entrambi su un fianco.
-La
luce- le ricordò Kei vedendola in difficoltà.
-Giusto-
allungò un braccio verso il comodino e spense l’abatjour perdendo la visuale
degli oggetti attorno a lei, scorgendo ora solo il contorno a causa di uno
spiraglio proveniente dalle tende.
Non
appena si risistemò sul fianco una miriade di pensieri si fecero largo nella
sua testa: che cosa si aspettava adesso Kei? Non è che tutta quella serata era
stata organizzata per convincerla a fare qualcosa con lui? Ma soprattutto, lei
era proprio sicura che non volesse che tutto ciò accadesse?
Quanta
confusione portava quel solo e unico essere umano.
Sentiva
la mancanza del suo contatto, nonostante fosse a soli pochi centimetri da lei,
da qualche parte nel buio; ne percepiva il calore, ma non distingueva la
figura.
-Buonanotte-
la sua voce profonda le ricordò quanto vicino fosse e la convinse che il
ragazzo volesse solo dormire: inspiegabilmente provò una specie di delusione
che non riuscì subito a identificare e della quale si scordò ben presto poiché
avvertì le braccia di Kei circondarla e stringerla.
Si
ritrovò le mani a contatto con la sua canotta e involontariamente la strinse,
assaporando nuovamente il suo profumo.
Un
insieme di emozioni le permisero di abbandonarsi completamente: sarebbe potuto
succedere di tutto nel mondo, qualsiasi cosa, una guerra, un terremoto, un
meteorite e lei non avrebbe voluto lasciare quella posizione, quelle braccia
che sembravano proteggerla dal mondo. Il silenzio assecondò i suoi processi
mentali e iniziò a divagare tra mille pensieri: quel mondo da cui si sentiva
protetta poteva essere quello da cui lui stesso era scappato, dal quale si
sentiva ancora oppresso, come aveva capito dai suoi discorsi di quella notte.
Kei presentava due facciate: una indifferente e impassibile, che sembrava non
poter essere scalfita da niente e nessuno, la stessa che la faceva sentire così
al sicuro, e un’altra fragile e instabile che la spingeva a voler invertire le
posizioni, ad essere lei a proteggerlo.
Voleva
mettere in pratica questo suo bisogno di tenerlo al sicuro, ma quando strinse
le braccia non trovò niente, solo aria; poi nel buio qualcosa dietro di lei la
spaventò e la costrinse a iniziare a correre in un corridoio scuro, un
corridoio senza pareti; doveva trovare qualcosa di cui non conosceva l’aspetto,
lo cercava, ma non lo trovava, poi..
-Ahi-
Improvvisamente
aprì gli occhi, ma non cambiò molto poiché il buio regnava nella stanza, che
però era immobile e calma al contrario di quella che aveva appena lasciato.
Cercò di riconoscere il profilo della mobilia e lentamente si ricordò di essere
a casa di Takao, di essersi fermata a dormire lì, quindi di trovarsi nella
stanza degli ospiti, e di Kei che era rimasto con lei.
Finalmente
la voce che aveva sentito acquistò un volto nella sua mente: doveva essersi
addormentata e quello che l’aveva turbata doveva essere stato un sogno che già
iniziava a dimenticare.
-Ehi-
Kei
la cinse da dietro.
-Ehi-
-Brutto
sogno?-
-Sì..
ti ho svegliato?-
-Non
dormivo.. anche se non ci sarei riuscito comunque con te che ti dimenavi-
Hilary
arrossì e ringraziò il buio poiché nascondeva il suo imbarazzo, per l’ennesima
volta.
-Scusa-
-Tranquilla..
non dormivo-
-Se
vuoi andare su ti capisco- disse lei sconfortata: doveva ammettere che la mano
sul suo ventre la rassicurava.
-Perché?-
-Così
magari riesci a prendere sonno-
-Sono
abituato alle notti in bianco-
-Ah-
La
ragazza afferrò il braccio che la attorniava e lo strinse ancora di più,
affondando la testa nel cuscino.
-Sogni
d’oro- le sussurrò il ragazzo.
-Magari-
Si
zittirono, ascoltando solo il rumore dei respiri che si sincronizzavano.
Trascorse
un tempo indefinito prima che Hilary riaprisse gli occhi.
-Non
ho più sonno- esclamò piano, così nel caso l’altro si fosse addormentato non lo
avrebbe svegliato.
-Potrebbe
essere un problema- le rispose invece.
-Decisamente..
che si fa?- chiese ingenuamente.
-Io
un’idea ce l’avrei- disse l’altro mordendole a tradimento il lobo
dell’orecchio.
La
ragazza si irrigidì improvvisamente.
-Tranquilla..-
la rassicurò avvertendo il disagio -..non farei mai nulla senza il tuo
permesso-
A
quelle parole si rasserenò senza volerlo: non voleva dargli l’impressione di
non avere fiducia in lui e nella sua capacità di tenere a bada gli istinti.
Senza contare che una parte di lei ancora lottava per far sì che acconsentisse.
Rimase
in silenzio qualche secondo prima di girarsi per essere fronte a fronte con
Kei, nonostante non riuscisse a vederlo –E se lo volessi?-
-Cosa?-
chiese confuso per il repentino cambio di tono di voce.
-Che
tu facessi.. noi facessimo qualcosa?- disse tutto d’un fiato, complice il buio
e la sua completa adorazione verso il russo.
-Cosa
ti frena?- chiese lentamente.
-Non
lo so.. io vorrei.. ma non voglio.. ho paura..- non riusciva a completare una
frase, anche perché nella sua testa c’era una confusione di elementi
discordanti. Si tranquillizzò immaginando il sorriso che spuntava a Kei ogni
qualvolta lei si lasciava andare a mezze frasi e si imbarazzava.
-Ti
fidi di me?- domandò il russo –Ti fidi davvero?-
Rimase
in silenzio qualche secondo, prendendosi più tempo di quella volta in terrazza,
prima di rispondere nuovamente –Sì, mi fido-
Si
aspettava una spiegazione per quella domanda, ma invece sentì le labbra di Kei
congiungersi con le sue e baciarla, dapprima dolcemente per poi approfondire il
contatto. Una mano del ragazzo era sul suo volto mentre l’altra sul fianco che,
con una leggera pressione, spinse verso di lui annullando la distanza tra i
loro corpi. Hilary, dopo la sorpresa iniziale, si appese alla sua canotta e ai
suoi capelli assecondandolo.
Avrebbe
voluto vedere il suo volto, in quel momento più che mai, e maledisse
mentalmente il buio che fino a poco tempo prima era stato suo amato
complice.
Improvvisamente
sentì Kei muoversi e fare leva sul materasso, tanto che si ritrovò sdraiata
supina con l’altro sopra di lei, con i corpi ancora come incollati, senza
sentire alcun peso gravarle addosso, ma esclusivamente il suo calore e il suo
profumo.
Si
accorse appena di fargli pressione con le mani in modo che non si staccasse da
lei e inconsapevolmente piegò la gamba su cui si era appropriata la mano di Kei
che in quel momento risaliva la coscia per infilarsi sotto la maglia e
accarezzarle la pelle nuda del ventre e del fianco.
Si
staccarono per prendere fiato, ma il russo non si fermò e si concentrò sul
collo della ragazza ricoprendolo di attenzioni.
Hilary
perse la cognizione del tempo e dello spazio: era consapevole solo della
presenza di Kei e, grazie a lui e alle sue mani e alla sua bocca, della
propria. Sentiva come parte integrante del suo corpo solo ciò che lui toccava o
assaporava; e allo stesso tempo cercava, attraverso i suoi sensi, di testare la
reale esistenza del corpo sopra di lei.
Kei
fece come aveva promesso tacitamente, la sua parola che avrebbe fatto bene a
fidarsi di lui: l’accarezzò, le spostò i vestiti, la ricoprì di baci, ma ogni
volta che il corpo della ragazza tradiva incertezza o timore o disagio, si
stoppava e cambiava rotta.
Si
fermarono ancora abbracciati, avanzando qualche casto bacio, e, solo dopo aver
condiviso qualche respiro e qualche carezza, si addormentarono.
-Mmh-
Hilary
mugugnò nel sonno, mentre Kei cercava di liberarsi dalla sua stretta per
alzarsi.
Fuori
il sole era già sorto e, dalle tende chiuse male, illuminava vagamente la
stanza.
Alla
fine avevano dormito poche ore, o almeno lei, poiché Kei aveva dovuto
combattere contro l’irrequietezza della giapponese.
Si
divertì dell’espressione imbronciata che aveva messo su e dei capelli arruffati
che si disperdevano sul cuscino.
Quando
finalmente riuscì a scavalcarla, la vide aprire gli occhi: tutta la fatica per
non svegliarla era andata a farsi benedire.
-Dove
vai?-
-Di
sopra.. ricordi Nonno J e le sue raccomandazioni?- disse recuperando i
pantaloni.
Hilary
si guardò intorno spaesata prima di annuire non del tutto convinta.
-Dormi
ancora un po’.. è presto- le raccomandò andando verso la porta.
-Bacio-
-Cosa?-
chiese divertito pensando di non aver sentito bene.
-Bacio-
ripeté la giapponese allungando una mano come per afferrarlo.
Kei
scosse la testa, ma si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte: sembrava
contrariata per non averlo ricevuto sulle labbra, ma il ragazzo essendo molto
più sveglio di lei riuscì a defilarsi.
Era
stata una nottata strana: la sera prima stava davvero a pezzi, era stato uno di
quei suoi momenti no, ma era davvero riuscito a distrarsi.
Con
Hilary provava delle sensazioni strane: era così buona e ingenua che aveva il
continuo timore di portarla realmente sulla cattiva strada e, nonostante avesse
assicurato a tutti il contrario, non era totalmente sicuro del suo impegno
‘niente sesso’: eppure quella notte si era contenuto
perfettamente, il solo pensiero di ferirla e di perdere la sua fiducia era
bastato per accontentarsi.
A
lui in fondo bastava stare bene e fare dei passi avanti. E quello poteva
esserlo. Magari non per il resto del mondo, ma per lui lo era eccome.
La
differenza tra loro era così ampia che lo confondeva: Hilary si interessava
sinceramente a lui, a quello che pensava, e concedeva sempre un sorriso ad ogni
suo comportamento. Lui non sapeva risponderle nel modo adeguato e riusciva a
malapena occuparsi di se stesso, figurarsi prendersi cura di un’altra persona e
trattarla opportunamente. Poche ore prima aveva tentato di donarle qualcosa di
sé, aprendo per poco tempo i suoi pensieri, ma si era immediatamente richiuso a
guscio e l’aveva nuovamente estraniata. Prima di aprirsi completamente a quella
relazione avrebbe dovuto chiudere col passato, poiché le due cose non potevano
convivere.
Ma
era tutto fuorché semplice, soprattutto
ammetterlo a se stesso e accettarlo.
Dormì
ancora un’oretta dopo che Kei era uscito.
Al
suo totale risveglio andò in bagno e si rivestì: provò un moto di avversione
verso i propri indumenti che non possedevano quell’odore che ormai si sentiva
addosso.
Solo
una volta pronta iniziò a realizzare il significato delle ore appena passate:
si era avvicinata a Kei come non aveva mai fatto con nessuno e si era sentita
bene come non mai.
Ringraziò
la parte di lei che le aveva fatto
cedere, ma anche quella che era rimasta ferma sulle sue convinzioni:
sempre in balia di quello strano dualismo che si impadroniva di lei una volta a
contatto con lui. Il russo continuava a ripeterle quanto fosse strana e dovette
dargli ragione solo considerando un altro fattore: si comportava stranamente
solo da quando lo conosceva.
Sentì
oltre la porta un vociare e si convinse a raggiungere la cucina nella quale si iniziava
a fare colazione: era più tardi di quanto immaginasse, ma essendo sabato mattina
si autoconvinse che non fosse poi così grave.
-Buongiorno!-
esclamò a un Max piuttosto assonnato, intento a spalmare della marmellata sul
pane.
Rei
entrò poco dopo trascinando Takao.
-Ma
ti ho detto che sto male!- stava cercando di divincolarsi il giapponese.
-E
cosa avresti?- si informò il cinese scettico.
-Pigrizia
acuta!- affermò convinto Nonno J.
Hilary
osservò il quadretto che solitamente la faceva penare, ma che quella mattina
riusciva a sopportare di buon grado.
-Di
buon umore stamattina?- le sussurrò Max dall’altro lato del tavolo.
La
ragazza annuì alzandosi per prendere il necessario per la colazione; scorse Kei
in giardino intento a finire la sua sigaretta e lo salutò facendo ondeggiare le
dita.
Il
russo entrò in cucina e si sedettero tutti composti al tavolo.
-Ma
quale sarebbe lo scopo di questa gita?- si informò Nonno J, bevendo il suo
caffè in piedi, appoggiato al piano cottura.
-Non
la chiamerei proprio una gita..- rispose in stato catatonico Takao -..due
miseri giorni, uno dei quali un sabato, quindi non saltiamo nemmeno le
lezioni!-
-L’altr’anno
non ne abbiamo fatto nemmeno di quelle da una giornata.. accontentati!- lo
sgridò Rei.
-Comunque
è per la festa dello sport..- disse Hilary stiracchiandosi.
La
ragazza vide Max che la fissava improvvisamente attento e pensò di aver detto
qualcosa di sbagliato, nonostante sapesse bene non fosse così.
Lo
guardò chiedendogli tacite spiegazione, ma l’altro si limitò a grattarsi il
collo.
-Ma
non inizia il lunedì?-
-Sì,
ma il prof vuole andare a vedere ‘sto museo in ‘sta città sconosciuta che però
da lunedì sarà assediata!- si lamentò Takao.
-Dai
che vi divertirete- concluse Nonno J sicuro che avrebbero trovato qualcosa da
fare anche nel deserto.
-Ma
è già tanto se in quel posto ci sono le case.. ho controllato su google!-
-Basta
lamentarti Takao e mangia!- sbuffò Rei osservando confuso lo scambio di
occhiatine tra il biondo e la ragazza.
Anche
l’uomo li scrutò perplesso prima di uscire dalla cucina.
-Si
può sapere che c’è?- chiese finalmente Hilary all’amico che aveva iniziato a
ridere.
-Credo
si riferisca al succhiotto- disse Kei calmo, dondolandosi sulla sedia con aria
tranquilla.
-Succhiotto?
Quale succhiotto?- soffiò incredula la ragazza, tastandosi il collo per
coprirlo.
Il
russo le si avvicinò e toccò con l’indice il punto incriminato.
-Scusa..
non l’ho fatto apposta- affermò il ragazzo non troppo dispiaciuto.
-Ieri
sono stato l’ultimo a vederti e non ce l’avevi!- l’accusò Takao con la bocca
spalancata.
-A
quanto pare non sei stato l’ultimo come pensavi- rise Max prendendo in giro
l’amico, mentre Hilary scuoteva la testa sconsolata nella speranza che almeno
Nonno J non se ne fosse accorto.
>///<
ebbene non ne sono capace.. ho tentato, ma ho rinunciato.. io e le lemon non andiamo propriamente d’accordo.. meglio lasciarle
fare a chi le sa davvero scrivere!!! Guardate il lato positivo.. lascio ampio
spazio alla vostra immaginazione!
Vabbè.. passiamo
oltre.. pensavate alla gita eh come prima notte passata insieme anche solo a
coccolarsi? :3 e invece no u.u c’è stata prima
questa! Voi (eh sì sapete che mi sto riferendo proprio a voi) lo so che partirà
il Castello Time (che probabilmente userò come prossima rubrichetta inutile
XD), ma ve lo lascio fare.. intanto ormai chi vi ferma più -.-
Comunque grazie
come sempre a tutti quanti :O non so se è la stagione estiva che vi ispira, ma
state aumentando ogni giorno ^^ che bella cosa!
Nel frattempo,
visto che è periodo di esami e dovrei studiare invece che stare al computer, mi
sono messa a sistemare l’html dei primi capitoli che
era tremendo (della serie: si farebbe di tutto pur di non studiare) e sono
diventata un geniaccio XD cioè sono ai fondamentali, ma è già qualcosa
considerando il mio livello precedente u.u
La smetto? La
smetto!
Alla prossima
settimana ragazzuole (non credo ci sia qualche ragazzuolo, nel caso mi scuso O_o
ok basta ciarlare!)
Un bacione :)
Ps: nelle ultime
24 ore il Grande Demone Celeste mi ha dato del grande filo da torcere.. vediamo
se metterà lo zampino anche nelle vostre opinioni è___é
XD
Ps 2: un bacione
a tutte le maturate xD soprattutto a Lily che ci teneva
a un bel regalino u.u dai un pezzo di questo capitolo
lo puoi prendere come omaggio a te XD