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Autore: Nadine_Rose    08/07/2011    1 recensioni
15 settembre 1939: un giovane tedesco non passa la visita militare. È deluso e affranto ma, quello stesso giorno, un incontro molto particolare sconvolgerà la sua vita.
“Quando la guerra sarà finita, ci trasferiremo a Berlino e andremo ad abitare in una casetta dal tetto rosso con fuori un grande giardino. Ci sposeremo e tu entrerai in chiesa vestita di bianco accompagnata dalle note dell’Ave Maria di Schubert. Quello sarà il giorno più felice della nostra vita”.
[Ultimo capitolo: Sangue e lacrime]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo più piccolo, spero vi piaccia.

 

Capitolo 6

 

Pazzia d’amore

 

Kurt si chiuse in camera e, messosi davanti allo specchio, provò per la seconda volta e con soddisfazione la sua divisa da SS-Unterscharführer. Franka aveva fatto davvero un bel lavoro. Per ultimo, indossò il berretto mentre la radio trasmetteva la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia e alla Gran Bretagna. Un’altra nazione si apprestava a fare il suo ingresso sullo spietato palcoscenico della guerra. Era trascorsa più di una settimana dalla sua folle trovata ma Kurt non ne aveva ancora parlato con Nadine, volendo farle una sorpresa e si domandava in che modo l’avrebbe presa, se con apprensione o contentezza. D’altra parte, lui stesso cominciava a preoccuparsi: entrato nel campo di concentramento, sarebbe bastato un gesto, una parola sbagliata rivolta a un soldato per essere scoperto e arrestato o peggio ucciso. Spense la radio sulla notizia della traversata dell’esercito tedesco nella Senna e, in gran fretta, si cambiò, mise la divisa nello zaino e uscì di casa, diretto verso Ravensbrück.

“ Nadine, ho una sorpresa per te! ” fece Kurt entusiasta, aprendo lentamente la cerniera dello zaino marrone. “ Fammi vedere, fammi vedere! ” esclamò Nadine come una bambina. Il giovane portò lo zaino verso di lei, tenendolo aperto ed esibì un largo sorriso mentre quello di Nadine si spense. Nello zaino c’era un berretto nero con l’aquila e il teschio, una fascia da braccio rossa con la svastica, una divisa delle Schutzstaffeln. La ragazza impallidì e gli domandò: “ Cos’è questa, Kurt? ” “ Una divisa da sergente delle SS. ” rispose con tono estremamente calmo e Nadine preoccupatissima continuò a domandare: “ Dove l’hai presa? Cosa vuoi farci? ” “ L’ho fatta cucire da Franka, la fidanzata di Hans e con questa domani sera entrerò nel campo … ” il tono di Kurt divenne sicuro “ … durante il vostro rientro dal laghetto. ” Nadine, sconvolta, disse di no con la testa e poi con le parole: “ No, tu non lo farai. ” “ Perché? Non vuoi che io venga da te, che ti abbracci?! ” fece Kurt concitato e lei, scoppiando in lacrime, rispose con lo stesso tono: “ Non voglio che ti ammazzino, Kurt! ” “ Ehi, Nadine … ” il giovane tese la mano attraverso il filo spinato e le accarezzò la guancia, asciugandole le lacrime “ … Nadine, ascoltami: non mi succederà nulla di male. Te lo prometto, Nadine. Devi solo fidarti di me, va bene? ” Questa volta, Nadine con la testa annuì.

Oramai mancavano poche ore al tanto desiderato abbraccio dei due innamorati. Kurt si stava occupando delle ultime cose per completare il suo travestimento da SS, acquistando un fucile e una pistola, entrambi senza munizioni mentre Nadine, trascinando a fatica la carriola stracolma di sabbia, stava tentando di allontanare la paura per il rischio che a breve il suo amato avrebbe corso entrando nell’inferno di Ravensbrück. Si fidava di lui e lo amava con tutta se stessa, per questo temeva per la sua incolumità. Anche Kurt aveva paura ma era sicuro che valesse la pena rischiare la propria vita pur solo per un bacio di Nadine.

Il giovane lasciò cadere lo zaino con dentro i suoi indumenti vicino all’albero e, nell’attesa che passassero le prigioniere e gli aguzzini per confondersi tra loro ed entrare così nel campo, incominciò ad aggiustarsi nervosamente il cinturone, la pistola, i bottoni della giacca, il berretto e il fucile dietro le spalle. Pensava che, se qualcuno gli avesse domandato il perché del suo zoppicare, lui avrebbe risposto “ infortunio in guerra ”. Ma per adesso tra i suoi pensieri doveva prevalere il come non farsi notare nel suo accodarsi al gruppetto di SS. Nascosto dietro il grosso albero, Kurt iniziò a sudare udendo l’avvicinarsi delle prigioniere che poco dopo passarono seguite dalle SS e, con un lieve sospiro, si accodò.

Adesso, i piedi di Kurt incedevano sul suolo fangoso del campo di Ravensbrück e i suoi occhi potevano assistere da vicino all’umanità mortificata e resa schiava, al degrado e a tutto ciò che di crudele l’uomo era stato capace di fare nei confronti del proprio simile. Era qualcosa di peggiore dei racconti di Nadine, qualcosa che faceva velare gli occhi di lacrime e sentire impotente e colpevole. Nell’attesa che passasse un’ora dalla distribuzione della cena per incontrare Nadine al filo spinato come d’accordo, Kurt girò per le baracche del campo: sgomento, ne vide l’interno e ne sentì l’odore. Fuori a una di esse, sostavano alcuni bambini dell’età compresa tra i due e i dieci anni dall’aspetto emaciato, l’espressione assente, sporchi e immobili. Uno di loro, il più piccolo, seduto a terra, piangeva disperato e chiamava la mamma. Bambini a cui avevano strappato violentemente l’infanzia con i suoi affetti, i suoi giochi e il suo entusiasmo e finanche l’aspetto stesso di bambini. Allora Kurt considerò la sua infanzia felice e, di colpo, l’incidente avuto da bambino e l’inaffettività di suo padre persero la loro gravità. All’età di quei bambini, lui aveva una madre che – soprattutto dopo l’incidente – accorreva a ogni suo minimo lamento e accontentava i suoi capricci e un padre che, nonostante tutto, gli permetteva una vita serena e agiata. In quel momento, Kurt ringraziò il cielo per tutto ciò che aveva avuto, affetti e cose, e che da sempre aveva dato per scontato. Per le baracche del campo, si aggiravano donne con le gambe sporche di fango, anch’esse dall’aspetto emaciato e l’espressione stravolta, che si scansavano impaurite al passaggio di Kurt. Intanto, il sole calò su Ravensbrück e il giovane la vide: Nadine era ferma al solito posto e guardava al di là del filo spinato; poi si volse e gli sorrise. “ Kurt. ” sussurrò mentre egli ricambiò il sorriso e le andò velocemente incontro. Non la paura, non il filo spinato, ma adesso solo un passo lo divideva da Nadine. Quest’ultima gli si gettò al collo e rimasero a lungo stretti nell’abbraccio che era stato negato loro in amicizia. Poi le mani di Kurt salirono pian piano sul viso di Nadine e le loro labbra si unirono in un bacio appassionato. In quel momento, tutto ciò che li circondava sparì, le baracche, le torrette di controllo, il filo spinato, le guardie e le prigioniere che avrebbero potuto scoprirli, il campo stesso. In quel momento, rimasero soli circondati dal loro grande amore finalmente esprimibile. Il berretto di Kurt cadde, spinto dalle carezze di Nadine che in un sospiro gli disse: “ Ti amo. ” “ Nadine. ” sussurrò il giovane e la baciò con delicatezza. Ma, di colpo, i due innamorati tornarono nella realtà e la paura di essere scoperti li assalì. “ Nell’infermeria non c’è nessuno: andiamo lì. ” propose Nadine indicandogli una baracca poco lontana e Kurt, annuendo con la testa, la seguì.  L’infermeria era una baracca più piccola e buia rispetto alle altre, con al centro due brandine e alla parete destra un mobiletto dalle porte di vetro dietro le quali s’intravedevano una cassetta di pronto soccorso e pochi medicinali sparpagliati. Kurt si chiuse la porta alle spalle mentre Nadine si strinse fortemente ai suoi fianchi. Si baciarono di nuovo con passione, finendo così su uno di quei letti, Kurt sopra Nadine. La ragazza perse il fazzoletto a righe che le copriva i capelli, adesso non più cortissimi, mentre l’altro continuava a baciarla e ad accarezzarle il viso. Poi le mani di Nadine cominciarono a stringere più forte i fianchi di Kurt che si sbottonò velocemente i pantaloni.

“ No! ” fece di colpo Nadine e si guardarono entrambi con aria confusa. “ Kurt, io non sono ancora pronta. È successo tutto così in fretta. ” Le sue mani caddero pesanti sul letto mentre il giovane rimase per un po’ immobile in ginocchio su di lei. “ Va bene. ” le disse poi sdraiandosi accanto e, abbracciandola, aggiunse: “ Almeno possiamo restare qui? … Abbracciati? ” “ Sì. ” rispose Nadine, poggiando delicatamente la testa sul suo petto. Kurt si accontentò di quell’abbraccio: avrebbe aspettato i tempi della sua amata.    

 

 

 

   
 
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