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Autore: L_Fy    12/07/2011    2 recensioni
....Per me, le vacanze estive erano semplicemente Cresta del Gallo, con le sue terrazze ripide, con l’odore di bosco che filtrava dalle finestre la mattina, con il blu del lago a salutare in lontananza… e perché no, con la torretta di Villa Lazzari che svettava vicina, complice della mia solitudine poiché solo io potevo vederla e condividerne la solitaria bellezza.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hic sunt leones
(Nelle cartine geografiche)

Saverio tacque di nuovo, cogitabondo, fissandomi ferocemente negli occhi. Io sostenni il suo sguardo anche se la sua abbagliante bellezza mi metteva in difficoltà e mi bloccava il respiro. Sembrava quasi che mi incoraggiasse a parlare, quindi partii in quarta per la tangente.
“Cosa ha a che fare mia prozia Margherita con la tua famiglia?” sparai fuori con un tono da inquisizione spagnola di cui mi pentii immediatamente.
Uno scintillio dorato attraversò lo sguardo cupo di Saverio.
“Salti troppo avanti, mocciosa” rispose con blando scherno “Non ho nessuna intenzione di cedere ai tuoi puerili ricatti.”
“Allora io continuerò a indagare.” risposi decisa incrociando le braccia sul petto e alzando il mento altezzosa.
Saverio mi si parò davanti, di nuovo esasperato e furibondo: arretrai involontariamente di un passo, più per sfuggire al suo profumo che mi mandava in confusione che al suo sguardo di brace.
“Sei una piccola, stupida aspirante suicida!” grugnì feroce, il naso a un millimetro dal mio.
Aprii la bocca per vomitargli addosso qualche centinaio di saporiti improperi.
“Zitta!” sibilò, sgridandomi e pregandomi insieme; gli occhi mi caddero sulla sua bocca  e le parole che volevo dirgli scivolarono via dalla mia mente, come fine sabbia sopra a un setaccio dalle maglie enormi. Di nuovo, nel giro di pochi minuti, caddi completamente alla mercè del suo sguardo che mi catturò e mi avvinse come un laccio al collo, lasciandomi senza respiro. Saverio non disse niente, non esultò della sua seconda vittoria, anzi, sembrava stranamente spaventato. E vicino. Il richiamo di quella bocca era davvero irresistibile, meditai vagamente meravigliata.
“Perché…” ringhiò Saverio quasi a se stesso, corrucciato.
“Perché cosa?” domandai senza reale interesse.
Saverio rimase a lungo a respirarmi addosso, stordendomi completamente.
“Perché faccio così fatica a pensare, se ti ho vicina.” ruggì alla fine, frustrato ed esausto.
Io rimasi senza respiro.
“N-non l’hai già g-giocata la carta del t-tentativo di s-seduzione?” mi costrinsi a dire pescando la domanda nei meandri ovattati della mia mente senza tuttavia riuscire a dare un tono sferzante alla voce. Avrei voluto dirgli “Sappi che non funzionerà”, ma nemmeno io ero capace di dire una bugia tanto grossa. Saverio taceva e mi guardava le ciglia, il mento, le guance: studiava il mio viso con una intensità così rovente da farmi sentire caldo in tutto il corpo.
“Sarebbe un’ottima scusa.” mormorò infine distratto quando ormai mi ero convinta che avrebbe ignorato la domanda.
“U-Una scusa per cosa?” soffiai fuori mentre le gambe cominciavano a tremarmi.
Il suo sguardo si fece duro mentre il mio diventava sempre più fragile: il cuore mi batteva così forte nel petto che avevo paura che mi sarebbe schizzato fuori da un momento all’altro.
“Per baciarti.” rispose Saverio dopo un breve silenzio e la sua voce era come una lingua di fuoco che mi devastava il petto.
Fallo, pensai tra me, esterrefatta, scandalizzata e assolutamente convinta di quello che stavo pensando;  fallo, baciami, per favore…
La sua mano salì a sfiorarmi la guancia, pigra e leggera come un volo di farfalla.
“Che faresti se ti baciassi, mocciosa?” domandò col respiro che inciampava sul mio a singhiozzo.
“Ah… i-o… mi-mi opporrei…” gracidai così poco convincente che un piccolo sorriso malizioso e triste illuminò gli occhi cangianti di Saverio fissi nei miei.
“Eh, già” mi canzonò, accarezzandomi la punta del naso con il suo, arrogante e patrizio “Vedo le tue rocciose difese ben schierate e pronte alla controffensiva.”
“… offensiva?” biascicai, alla deriva.
Il suo dito mi solleticò il mento, pigro e sensuale tanto da farmi vibrare come un diapason al tocco.
“Hai gli occhi così maledettamente trasparenti…” sussurrò sottovoce.
Io socchiusi la bocca e alzai il viso verso il suo: poteva ridere di me finché voleva, poteva strapazzarmi di nuovo, prendermi in giro, persino prendermi a sberle… il desiderio di avere le sue labbra sulle mie era così potente da sovrastare tutto, persino me stessa.
“Dovrei baciarti, così la faremmo entrambi finita” mormorò rauco Saverio con le labbra così vicine alle mie che ne avvertivo il calore “Dovrei farlo, così la pianterei di chiedermi perché il suo profumo mi stordisce così e saprei finalmente se il tuo sapore è altrettanto buono…”
“Do-dovresti farlo.” sospirai, così in estasi da farmi dimenticare dov’ero e chi ero.
“Ma la smetteresti di fare domande pericolose?” continuò Saverio mentre cominciavo ad intuire con un brivido caldo la sua vicinanza lungo tutto il corpo.
“La… smetterei?”
Un sospiro e invece di baciarmi Saverio si allontanò.
Ci misi un po’ ad assimilare la sua lontananza: i miei circuiti vibravano ancora impazziti come in mezzo ad una tempesta magnetica. Rimasi immobile, sentendo l’eccitazione e il benessere defluire lentamente dal mio petto, lasciandolo stranamente vuoto e debole come un patetico guscio d’uovo. Saverio mi guardava ostile e corrucciato, ma più che arrabbiato sembrava esausto. Il pensiero che non mi avrebbe baciata nemmeno stavolta non mi riempì di vergogna, come sarebbe stato d’uopo, ma di pura, squassante agonia.
“Non mi baci più?” belai prima ancora di poter mordermi la lingua e subito dopo arrossii fino a diventare incandescente.
Saverio, stranamente, non raccolse l’opportunità di demolirmi completamente: aveva ancora quello sguardo frustrato e debole, così accattivante da spezzare il cuore.
“Te ne devi andare mocciosa” disse solo con voce triste “Non sai quanto ci sei andata vicina.”
“Vicina a cosa?” sbottai scaricando di colpo la tensione “Cosa sono tutti questi misteri, queste pagliacciate assurde? Credi davvero che così facendo io mi tiri indietro?”
Saverio mi lanciò una lunga occhiata stranamente arrendevole.
“Non hai proprio nessuna intenzione di mollare la presa, eh?” domandò quasi rassegnato.
Ancora tremante, ma determinata, annuii con foga.
“Non potrai stare qui sempre a piantonare l’ingresso di Villa Lazzari” berciai con più convinzione di quella che avevo realmente “Prima o poi riuscirò a sapere qualcosa.”
Saverio mi lanciò uno sguardo vagamente assente e cogitabondo.
“Potrei farti del male sul serio.” commentò con voce neutra e fredda.
Gli credetti immediatamente e rabbrividii, ma non cedetti di un millimetro.
“Oppure, potresti rispondere a qualche domanda.” buttai lì come controproposta.
Saverio non rispose e chissà perché considerai la cosa incoraggiante così continuai a spron battuto.
“Io potrei desistere dall’intento di ficcanasare fino a domani sera, se sapessi che possiamo fare uno scambio.”
Lo scettico sopracciglio alzato di Saverio parlò per lui, ma io non desistetti.
“Potrei decidere di starmene buona buona fino a domani, e magari accetterei di passare di qui, sapendo che non farei un giro a vuoto… insomma, potremmo raggiungere un compromesso. Tu risponderesti a qualche domanda e io avrei salva la vita per un giorno intero. Che ne dici?”
Lo sguardo di Saverio era inflessibile, ma gli angoli della sua bocca tremavano di riso represso come le vibrisse di un gatto.
“Pazza furiosa.” disse con nonchalance e il suo sorriso riottoso quasi mi ammazzò di emozione.
“Sante parole.” gracidai incerta, sbattendo forte le ciglia.
“Tre giorni.” mi prese in contropiede Saverio alla fine, insindacabile.
Inspirai a fondo, esultante.
“Due giorni. E questa è l’ultima offerta, signor Lazzari: prendere o lasciare.”
I suoi occhi verdi erano così grandi e così magnetici che non potevo guardarli senza perdere il contatto con la ragione. Mi sforzai di fissargli solo il colletto, aspettando il suo responso.
“Due giorni” sentenziò alla fine lugubremente “Per due giorni interi non voglio sentire nemmeno uno sbuffo del tuo profumo qui introno. Sono stato chiaro?”
Un largo sorriso vittorioso mi scoppiò in faccia, anche se cercavo il più possibile di trattenermi.
“Ok” risposi e la mia voce cantava “Ci vediamo qui dopodomani.”
Saverio era già sparito nel buio prima ancora che terminassi la frase, lasciandomi sola, fiduciosa ma, lontano dai suoi occhi di fuoco,  anche stranamente malinconica.
*    *       *
 Passai due giorni interi in stato di trance. Non potevo nemmeno chiudere gli occhi che risentivo tutte le sensazioni che mi avevano avvolto in quegli incredibili momenti di vicinanza con Saverio, come se mi aleggiassero intorno pronte ad attaccarmi in un momento di debolezza. Non mi era mai successa una cosa simile, ammisi controvoglia. Per quanto la situazione fosse inquietante e avessi chiarissima in testa la consapevolezza che avrei dovuto mollare subito tutto come una patata bollente,  il pensare agli occhi di Saverio posati su di me mi mandava a fuoco l’intero apparato tegumentario. Mi sforzavo di mangiare e a malapena rivolgevo la parola ai miei familiari. Vivevo in una nube ovattata dai sensi dove esistevano solo due parole: “Domani. Saverio.”.
Dopo quasi dodici ore di clausura forzata nella mia stanza, vidi Rossella fare capolino dalla porta, a metà tra il titubante e l’arrogante.
“Bè?” esordì entrando con indolenza nella stanza quando vide che stavo semplicemente vegetando sdraiata sul letto “Che di fai chiusa qui a meditare? Hai intenzione di farti buddista?”
Girai il viso a guardarla, un mesto sorriso rarefatto sulle labbra.
“Potrebbe anche essere” risposi con calma “Che sei venuta a fare? Mamma ti  ha mandato in avanscoperta per sapere se sto meditando il suicidio?”
Rossella fece una smorfia, sedendosi sul bordo del letto: ormai, conoscevamo entrambe troppo bene i metodi subdoli di mamma per controllare la salute della sua prole.
“Giù parlano parecchio di te” rispose Rossella sbrigativa “Siamo tutti più o meno d’accordo che tu abbia preso una botta in testa, ieri.”
“Botta in testa?” domandai allarmata: non potevo certo permettermi di suscitare sospetti nella mia famiglia!
“Bè, sai… sei strana in questi giorni.”
“Strana?” buttai lì controllando la voce “E’ una vita che mi dicono che sono strana. In che senso stavolta sarei strana?”
Rossella mi lanciò un lungo sguardo scaltro.
“In senso molto femminile” ribatté mandandomi in panico “Per la prima volta nella tua vita, dimostri palesemente di avere le ovaie, sorella mia.”
“Che vuol dire…?” mormorai disorientata.
Rossella agitò una mano, sbrigativa.
“Dai che lo sai… sguardo perso oltre l’orizzonte, pupilla immobile, bocca semiaperta modello carpa presa all’amo…”
“Potrebbe essere un colpetto di Alzheimer precoce.” suggerii incoraggiante.
“Non rispondi quando ti parlano; gironzoli per la casa cozzando contro tutte le superfici solide come se non vedessi dove metti i piedi; sospiri sempre…”
“Parla quella dall’efisema polmonare cronico” ribattei corrucciata e sempre più spaventata “Guarda che non è niente! Magari sono solo un po’… stanca…”
Rossella fece un verso disgustato inarcando altezzosa le sopraciglia.
“Questa puoi darla a bere a mamma, ma non a me, ciccia.”
“Ecco la miss Marple del Tremosine” sbuffai gonfiando le guance “Guarda che ti stai facendo solo dei castelli in aria. Io non ho niente che non vada.”
“Lena, cocca bella, è ovvio che ti è successo qualcosa.”
Annuì allusiva e mi sorrise: io cominciai a sentirmi vagamente confusa.
“Che vuoi dire?” domandai guardinga e Rossella si avvicinò con fare circospetto.
“Ti è successo qualcosa che… magari… riguarda il tuo… lato femminile.”
Ammiccò di nuovo e, per un tremendo attimo di imbarazzo, pensai che alludesse alle mie prime mestruazioni.
“Credo che tu sia fuori strada, Ross.” annunciai prudentemente .
“La tua è la tipica reazione da post maschio” continuò imperterrita mia sorella, esultante “Scommetto che le cose tra te e Filippo si stanno mettendo bene.”
Per poco non scoppiai a riderle in faccia: mi trattenni e cercai il più possibile di mantenere un’aria soave.
“Credimi, Rossella, tra me e Filippo c’è una simpatia esclusivamente platonica.” dissi, molto convincente.
A dire il vero non c’era neanche quella, ma non potevo spegnere del tutto le velleità amorose di Filippo senza insospettire Rossella. Entrambi mi servivano ignari dai miei maccheggi coi Lazzari…
“Platonica, sì” ghignò Rossella con aria saputa “Fai come vuoi, sorellina. Ma se avessi bisogno di aiuto, sai dove trovarmi: sull’argomento ragazzi ne so abbastanza da consigliarti per il meglio.”
Di nuovo mi trattenni a stento dal sorridere e le rivolsi un sorriso grato.
“Ehm, grazie Rossella. Lo terrò presente.”
Soddisfatta, lei si alzò dal letto e fece per uscire dalla stanza.
“Oh, ho un pensierino per te.” cinguettò poi girandosi a guardarmi con aria maliziosa.
Di nuovo mi allarmai e rimasi con un sorriso di circostanza ad aspettare il seguito. Come in un numero di magia, Rossella tirò fuori da dietro la schiena un pacchettino avvolto in carta velina color pastello e me lo gettò teatralmente sullo stomaco.
“Per le tue nuove necessità.” disse strizzandomi l’occhio per l’ennesima volta.
Trattenendo un sospiro esasperato, scartai il pacchetto che conteneva un paio di fazzoletti di stoffa microscopici.
“Cos’è?” chiesi sinceramente incuriosita.
“E’ il mio completo intimo di Cavalli” rispose lei con un tono così magnanimo che sembrava mi avesse regalato nientemeno che lo scettro d’Inghilterra “Non puoi pensare di uscire con un ragazzo con quella roba da corazzata Brancaleone che hai per biancheria. Le tue Sloggi ammazzerebbero la libido di un mandrillo in calore.”
Rimasi per un bel po’ a fissare quel complicato intrico di fili e pizzi e rouches mentre cercavo in tutti i modi di non arrossire e di non ridere.
“Oh, grazie.” dissi alla fine simulando il più possibile gratitudine “Sono, ehm… lusingata.”
“Promettimi che lo metterai la prossima volta che devi vedere lui” sospirò ispirata Rossella “Anche se poi non concludi niente, ti farà comunque sentire più sexy e più bella. Credimi!”
“Sulla parola.” annuii convinta, stampandomi un’espressione grata sul viso.
Soddisfatta, Rossella uscì dalla mia camera ed io potei sfogare i miei sogghigni isterici contro il cuscino.
Rossella pensava che io e Filippo… ah, roba da matti. Però era stata davvero carina a darmi il suo completo intimo: so che era stato un prezioso cimelio per lei, sempre così attenta all’estetica. Presi i due pezzi di stoffa impalpabile studiandoli dubbiosa e cercai di immaginarmi come sarebbe stato averli addosso: pizzicore, un filo che tira, uno che cede… li conoscevo quegli affari lì, peggio delle tagliole dei boscaioli!
Poi…
Nel bel mezzo dei miei sogghigni di superiorità, mi apparve come un flash la visione di me coperta solo dal completino di Rossella davanti a Saverio che mi guardava. Di colpo, smisi di ridere: la palla di fuoco che solitamente aleggiava intorno al mio stomaco mi colpì l’inguine con una tale potenza da lasciarmi senza fiato.
Diamine, pensai esterrefatta mentre mi rannicchiavo su me stressa, piena fino all’orlo di vergogna,  questi dovevano essere per forza gli ormoni. Partiti tutti in un colpo dopo un letargo esagerato, pronti a trascinarmi al largo in balia di un ragazzo bellissimo, pericoloso e assolutamente  irraggiungibile.
Aveva ragione Saverio” pensai allarmata “Che guaio”.
Costernata, mi accorsi che la cosa davvero allarmante era che persino la voce dei miei pensieri, in quel momento, aveva preso il tono ruvido e vibrante di Saverio Lazzari.
*    *       *
Avevo cominciato a iperventilare già subito dopo pranzo, spiluccando appena un delizioso pollo arrosto che mi sembrava di cartone. Avevo risposto a monosillabi alle noiose domande della famiglia, sentendo le mani ghiacciate e le guance febbricitanti. Mamma mi annunciò che secondo lei covavo di nuovo l’influenza; Sabrina mi chiese come mai quel giorno i miei capelli sembrassero normali invece che il solito covone di fieno sulla testa (la risposta era che avevo passato tutta la mattina a curarli con shampoo e impacchi al midollo di bue, ma non potevo ammettere con nessuno quella mia vergognosa debolezza); Rossella sorrideva sorniona ma non diceva niente; al primo colpo d’occhio di era accorta che sotto il normalissimo vestito estivo avevo indossato il suo completino di Cavalli, alias nuova ed esaltante tortura cinese seconda solo al cilicio chiodato, e tanto le bastava per farsi tutti i suoi castelli romantici. Diamine, pensai piena di rimorsi, non avrei dovuto, certo, così avrei insospettito tutti… ma il pensiero che di lì a poco avrei rivisto Saverio mi bruciava dentro come un fuoco, inculcandomi sottopelle una frenesia sconosciuta che faticavo a gestire. Le prime ore del pomeriggio furono un’autentica tortura: quando mi decisi a prendere il sentiero per il bosco, ero in netto anticipo ma non ce la facevo proprio più a sopportare quella logorante attesa. Ogni passo che facevo mi sentivo più spaventata, più agitata e più ansiosa. Non vedevo l’ora di vedere Saverio: avevo bisogno della sua immagine, dovevo assolutamente respirare quel suo profumo celestiale perché erano due giorni che mi sembrava di essere in apnea. Nemmeno per un attimo mi chiesi il perchè di quel mio assurdo comportamento: temevo la risposta, temevo me stessa e temevo lui. Niente domande, grazie, almeno per il momento. Arrivai alla fonte con il respiro corto e la faccia rovente.
Ma non c’era nessuno.
Il venticello estivo agitava pigro le foglie in previsione della sera e i grilli cantavano assordanti e soporiferi. Intorno, nient’altro che silenzio e la pigra vita del bosco che frusciava. Scoraggiata, mi sedetti con precauzione sul bordo della vasca piena di raganelle oltraggiate e fissai il mio riflesso: era quello di una ragazza graziosa, con bei capelli che fluttuavano leggeri introno al viso che aveva un’espressione corrucciata di attesa.
Attesi, infatti: a un certo punto mi alzai in piedi, bighellonai un pò in giro e tornai a sedere, affranta. Ero già stufa di aspettare e non erano passati nemmeno venti minuti! Aspettai ancora, mi rialzai e mi tornai a sedere; a quel punto cominciai a pensare che Saverio non sarebbe nemmeno venuto. A me non era nemmeno passato per l’anticamera del cervello di non stare ai patti (la ferrea istruzione cattolica di nonna Rosa qualche frutto lo aveva pur dato, no?), ma a lui? Saverio si era più volte dimostrato insofferente alle mie richieste e poteva benissimo avermi mentito, per l’ennesima volta. Magari in quel momento stava proprio ridendo di me, insieme a quel debosciato del fratello, seduti in veranda con in loro svolazzanti vestiti di lino e la loro avvolgente, onnipresente superpuzza sotto il naso. D’un tratto ebbi la nausea, ma non per il probabile bidone; stavo davvero male se pensavo di non poter più rivedere Saverio. Ok, inutile negarlo, aveva ragione Rossella: qualcosa era successo. Cosa, di preciso, non avrei saputo dirlo, ma di certo…
“Hei.”
La sua voce.
Mi arrivò così improvvisa addosso che per poco non mi ribaltai dentro alla fonte, e tanti saluti alle due ore di maschera per capelli al midollo di bue.
“Saverio!” quasi strillai schizzando in piedi come se mi avessero sparato col cannone.
Lui era di fronte a me, rilassato e sorridente come se non sospettasse minimamente che rischiavo di spezzarmi il cuore con un solo cenno del suo capo. Eppure, oltre all’apparente rilassatezza del corpo, c’era quella leggera patina di malinconia che lo faceva sembrare vagamente fragile e ancora più irresistibile. Dovetti fare forza su me stessa per rimanere apparentemente immobile mentre bruciavo dentro come una maledetta torcia.
“Sei in anticipo.” mi rimproverò Saverio stemperando il tono burbero della voce con un affascinante sorrisetto storto.
Cercai affannosamente una scusa plausibile per il mio deprecabile anticipo, rimproverandomi di non averci pensato prima.
“Ero troppo agitata per aspettare” confessai alla fine: non avevo più nemmeno la forza di mentire “E tu? Non ti sei annoiato a morte con tutto quel tempo libero a disposizione?”
Saverio sorrise, suo malgrado: un lento sorriso che saliva dal basso a scoprire i denti perfetti e a illuminare gli occhi di sottobosco.
“In effetti, un po’ mi sono annoiato senza te fra i piedi.” mormorò ironico.
Risposi al suo sorriso, incantata dalla sua accecante bellezza: Saverio distolse subito lo sguardo, si ficcò le mani in tasca e fissò gli alberi alla sua destra con cipiglio corrucciato.
“Devo dedurre che in questi due giorni tu non sia rinsavita abbastanza da prestarmi ascolto, dico bene?”
Mi avvicinai a lui lentamente, col cuore che mi pulsava dolorosamente in gola.
“Effettivamente, mi sento più decisa che mai” risposi quasi in tono di scusa “Io ho rispettato i patti e per due giorni non mi sono fatta viva. Ora tocca a te rispondere a tutte le mie domande.”
“Ad alcune tue domande” precisò Saverio di nuovo ostile “E comunque sto ancora aspettando che tu cambi idea.”
Ci pensai su, seriamente.
“Non posso.” ammisi alla fine con sufficiente sincerità da farlo corrucciare ancora di più.
“Quanto vorrei poter essere bugiardo.” mormorò alla fine con amarezza, quasi a se stesso.  
Io mi avvicinai ancora di un passo, respirando il debole profumo che lui emanava e sentendomi per quello assurdamente bene.
“Ma non lo sei, vero?” sorrisi incoraggiante mentre lui rimaneva serio a fissare gli alberi. Passò un lungo lasso di tempo dove quasi potevo vederlo lottare contro se stesso. Aspettai tranquilla e fiduciosa che di decidesse a cedere, accontentandomi di godere della sua perfetta e arrogante bellezza.
“E va bene” capitolò alla fine “Risponderò alle tue domande, ma ti avverto… a tuo rischio e pericolo.”
Mi lanciò un’occhiata ostile e spaventata e io inspirai a fondo mentre le gambe cominciavano a tremarmi mio malgrado.
“Ve bene.” mormorai, ma Saverio non aveva ancora finito.
“Sia chiaro, Lena, quando dico rischio, intendo rischio grosso. Accetta un ultimo consiglio, mocciosa: se davvero vuoi ammazzarti con le tue mani, è più rapida e indolore una bella revolverata in fronte.”
Ignorai le sue minacce e per un attimo rimasi muta mentre le domande si accavallavano dietro le mie labbra: benché mi aspettassi che Saverio rispettasse i patti, non avevo seriamente preparato nessuna domanda, benché ne avessi da fare almeno un migliaio.
“Prima domanda: cosa ha avuto a che fare mia prozia Margherita con la tua famiglia?” buttai fuori scrutandolo sospettosa.
Saverio mi si avvicinò e mi piantò gli occhi in viso, lucidi e quasi tristi.
“Margherita è morta a Villa Lazzari.” rispose alla fine scandendo bene le parole con voce neutra.
Una sensazione di freddo gelido mi attraversò la schiena alla sua semplice risposta.
Morta.
Margherita era morta a Villa Lazzari.
Morta! Perché non ero sorpresa? Perché era come se l’avessi sempre saputo? E soprattutto, perché non scappavo via a gambe levate?
“Come è morta?” sussurrai invece, anche se non ero affatto certa di volerlo sapere.
Saverio sembrò cogitare attentamente la risposta.
“Dissanguata.” rispose infine sempre con lo stesso tono monocorde e lo stesso sguardo tra il triste e il furioso.
Il respiro mi si bloccò nel petto, rovente e doloroso come un maglio di fuoco.
“Uccisa?” sussurrai così sottovoce che sperai non mi sentisse.
“Sì.” rispose invece lui, implacabile.
L’immobilità del suo sguardo era terribile.
“Perché?” alitai senza voce, il cuore sempre più gonfio e dolorante nel petto.
Saverio sollevò millimetricamente le spalle, senza cambiare espressione: benché fosse immobile, ogni centimetro del suo viso urlava di rabbia e sofferenza.
“Sopravvivenza.” rispose piano.
“Chi l’ha uccisa?” mormorai disperata strizzando gli occhi dalla pena: cosa sarebbe successo, cosa avrei fatto  se mi avesse risposto che erano stati i Lazzari a uccidere Margherita…?
“Siamo stati noi.” rispose Saverio determinato, facendomi crollare il mondo addosso.
E io ancora non riuscivo a scappare via.
Un pensiero assurdo e tremendo mi attraversò la mente come una meteora incendiaria.
“Come fai a sapere queste cose?” domandai anche se l’ultima cosa che volevo era sapere la risposta “Chi… qualcuno te le ha raccontate?”
Saverio continuò a guardarmi con occhi freddi e calmi, insondabili come quelli di una statua di marmo.
“Non me le ha raccontate nessuno” rispose con estrema calma “Io c’ero.”
Deglutii a vuoto, dolorosamente, mentre un oceano di cupa incertezza mi invadeva le viscere.
“Non è possibile.” mormorai sbiancando completamente.
Saverio, con estrema e pericolosa leggerezza, si era avvicinato di due passi e mi sovrastava incombente prima ancora che intuissi che si era mosso.
“Lo è” disse con forza e nei suoi occhi vicinissimi c’era di tutto: tristezza, rabbia, determinazione, rimpianto… il suo sguardo mi prosciugò ogni forza, ogni ribellione.
“Ora basta domande e basta risposte” sentenziò Saverio bruscamente alzando il mento “Hai saputo anche troppo. Vattene via e stai lontana, se vuoi sopravvivere.”
“Non hai paura che vada a denunciarvi alla polizia?” gracidai quasi soprappensiero.
“Se sospettassi questo, ti ucciderei.” rispose Saverio con semplicità.
Non mentiva: la cosa veramente terribile era che ora nei suoi occhi verdi c’era solo disarmante verità.
“Quindi non vuoi più rivedermi?” uscì dalla mia bocca senza nessuna logica mentre il cuore era quasi fermo in petto tanto era diventato pesante.
Saverio non sembrò sorpreso dalla mia domanda: mi guardò ancora con quel misto di emozioni negli occhi, sulle quali in quel momento prevaleva il rimpianto.
“Lena, forse non hai capito che in questa storia non ha nessuna importanza quello che io voglio” disse con voce dura “Io non ho nessun diritto di volere qualcosa. Io devo: è questo il mio scopo. Il fatto che non mi spieghi perché con te sia così diverso, rende le cose più difficili ma non le cambia.”
Si interruppe un attimo e la sua espressione si addolcì un poco, come se in quel momento stesse permettendo a se stesso di lasciar trapelare qualcosa di inconfessabile. La sua mano si sollevò e tornò a sfiorarmi i capelli, stavolta con titubanza, quasi con timore.
“Non continuare a cercarci… non costringermi a farti del male” mormorò piano ma con decisione “Te ne farei, anche se con te vicino dimentico di essere quello che sono.”
Sull’ultima parola la sua voce si era incrinata mentre si allontanava di un passo, incerto. Il calore del suo corpo rimase ad aleggiare intorno per poi scemare lentamente, lasciandomi fredda, confusa e spaventata. Saverio si passò una mano sulla fronte senza guardarmi: sembrava esausto e stranamente rigido, come se non fosse molto presente. Con gambe tremanti e incerte, indietreggiai, riprendendo solo in quel momento a respirare rapidamente. Lui non accennò un movimento: rimase di mezzo profilo, con le ciglia abbassate e il capo chino, come in attesa di un immaginario boia che gli tagliasse la testa. Io gli girai le spalle e corsi via, ancora incapace di formulare un qualsiasi pensiero razionale ma solo desiderosa di ritornare a casa.
*             *             *
Corsi e corsi più forte, sperando di correre abbastanza velocemente da lasciare indietro i miei pensieri. Corsi facendomi sferzare le gambe dai cespugli, corsi senza piangere e senza parlare… ma quando giunsi davanti a casa, mi bloccai sul posto a pochi metri dalla porta. Ansimavo e i polmoni bruciavano come fuoco: la testa vorticava così velocemente che per un attimo temetti di svenire. Continuavano a saettarmi nella mente alcuni brani della mia assurda e surreale conversazione con Saverio e speravo, anzi, quasi supplicavo me stessa di sentire paura, schifo e orrore. Invece con gli occhi della mente riuscivo solo a rivedere gli occhi di Saverio, quelle pozze verdi e dolenti che mi tenevano incatenata con chissà quale potente alchimia. Per quanto mi sforzassi di considerare le implicazioni assurde e pericolose della situazione, per quanto mi aggrappassi con le unghie e con i denti alla realtà, capii con devastante semplicità che non ci sarei riuscita. Qualcosa di più grande invadeva la mia mente e il mio cuore, qualcosa di così enorme da rendere futile e senza importanza qualsiasi altro argomento, dalla fame nel mondo alla mia stessa sopravvivenza: quel qualcosa era Saverio. Non sapevo in che modo lui potesse aver cambiato così radicalmente la mia vita, ma era indubbio che la sua esistenza, ignorata fino all’anno prima, era diventata la cosa più importante per me. Ne ero forse innamorata? Non avrei saputo dirlo. Non ero mai stata innamorata prima, ma trovavo sospetto il fatto che nonostante lui avesse appena minacciato di uccidermi, io non riuscissi nemmeno a respirare a causa della sua assenza. In tutta sincerità, non pensavo che potesse succedermi una cosa così devastante, che tutte le mie solide basi morali diventassero inconsistenti confronto al ricordo del profumo irresistibile di Saverio. Forse era ossessione. O schizofrenia. O forse era davvero amore, nel qual caso nemmeno Dio mi avrebbe potuta salvare.
Mentre ancora ero ritta davanti alla porta di casa, il respiro tornò quasi normale e anche il tumulto di pensieri si quietò un poco. Invece di buttarmi a terra e cominciare a piangere per la mia tragica sorte, provai a vedere la mia situazione sotto un punto di vista diverso, ma con mia grande sorpresa mi accorsi che non c’era un altro punto di vista: dentro di me sapevo che la strada imboccata era quella che avrei seguito, indipendentemente dal fatto che fosse la cosa eticamente più giusta o sbagliata da fare.
Ovviamente, ero nei guai.
Guai così grossi che se solo la mia famiglia avesse sospettato quanto, mi avrebbe rinchiusa in una cella imbottita e avrebbe buttato via la chiave. Avevo deciso di stare dalla parte di un ragazzo bellissimo che dichiarava di aver ucciso mia prozia cinquant’anni prima e che minacciava di uccidermi se mi fossi avvicinata a casa sua. Chiunque al mio posto si sarebbe quanto meno disperato… come mai invece io mi sentivo così bene?
“Lena?” mi chiamò nonna Rosa comparendo sulla soglia: aveva un’espressione sospettosa e un mestolo di legno in mano.
La guardai allarmata, sperando che il terremoto di emozioni che avevo appena vissuto non trasparisse dalla mia faccia angosciata: cercai di darmi un contegno normale e le sorrisi rassicurante.
“Ciao nonna” dissi con voce sorprendentemente normale “Preparata la cena? Muoio di fame!”
Non era vero, naturalmente: avevo lo stomaco così chiuso che non ci sarebbe passato nemmeno uno spillo, ma l’apparenza in quel frangente era diventata di importanza fondamentale. Nonna Rosa era diventata il nemico: era lei a frapporsi tra me e Saverio e benché capissi che l’unica cosa sensata da fare sarebbe stato parlare con lei, decisi su due piedi che avrei smesso di essere sensata.
“Quasi” rispose nonna Rosa con un lungo sguardo indagatore “Stai bene? Sembri un po’ strana…”
Sostenni la durezza dei suoi occhi con una faccia tosta incredibile.
“Certo che sto bene” cinguettai avvicinandomi e prendendola amichevolmente sottobraccio “Mamma e papà sono tornati?”
Mentre nonna rispondeva, i miei pensieri erano già altrove: ero la prima a essere sbalordita dal mio comportamento, ma lo stesso non riuscivo ad agire diversamente, come una stupida falena attratta dalla lampadina rovente. Entrando in casa, a braccetto con nonna Rosa, compresi che da quel momento sarei stata sola: nessuno mi avrebbe appoggiata, nessuno mi avrebbe capita o aiutata. Ero sola. Con Saverio.
Quel pensiero, bellissimo e orribile, riuscì a darmi i brividi più di ogni altra cosa.
  
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