Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: hellomelancholy    12/07/2011    3 recensioni
Il tempo non dorme per sempre. Quell'orologio che sembra essersi fermato, in realtà gira e scandisce i nostri respiri, calcola minuziosamente i minuti che mancano alla fine. Ed è così, che ci inganna, inevitabilmente, lasciandoci dentro soltanto pochi fiori, fiori sbocciati dentro di noi durante la nostra primavera.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Iniziava sempre allo stesso modo, il sabato sera. Un po' come tutte le sere dei giorni passati, ma con una nota di malinconia in più nell'aria. Prima di andare a dormire, avevo sempre un bicchiere di tè caldo in mano, che puntualmente finiva per essere buttato, lasciato troppo a lungo a freddare, tra un pensiero e l'altro. Il pensare per me, il pensare a cose particolari, in quel periodo era diventato una vera e propria distrazione. Un distaccamento da molte cose reali e che potessero tenermi con i piedi ben saldi a terra. Perciò iniziavano sempre allo stesso modo quelle sere, con l'immersione nel silenzio e tra un'occhiata e l'altra all'ambiente circostante. Prima alla finestra bagnata dalle gocce di pioggia ghiacciate che seguivano un percorso invisibile tutto loro sul vetro, poi alla sedia vuota accanto alla mia, vicino al piccolo tavolo di legno azzurro. La tovaglia che ricopriva il tavolo di cui la vernice azzurra si stava scrostando, ricordava tanto quelle da picnic dei film, delle famiglie allegre con i loro classici cestini per il pranzo, sul prato in una giornata di sole eterno. Tra una cosa e l'altra, non facevo altro che pensare che quella tovaglia stonasse troppo con l'aria cupa della cucina. Il rosso acceso dei quadratini tentava di risplendere nella stanza buia, la cui oscurità era dovuta al tempo cupo di quei giorni, e forse un po' anche dal mio umore. Ma più di ogni altra cosa, era impossibile non badare a tutto ciò che in quella casa, in precedenza, come me si era abituato alla presenza di un anima speciale tra le sue mura. Una presenza che aveva scaldato per poco tempo, ma con molta efficacia, ogni cosa toccasse; dalle pareti alle lenzuola, dai mobili alle fotografie attaccate ai muri. Tutto piangeva, intorno a me, congelato in attimi di tristezza, non facendo altro che contagiarmi.

C'erano stati, ovviamente, i giorni in cui la luce entrava nella cucina e rallegrava l'aria, nonostante fosse inverno. In quei giorni, le rose al centro del tavolo nel loro vaso cinese sgargiante, venivano baciate da un raggio di sole fioco e sembravano risplendere come fosse primavera. Sarebbe mancata soltanto qualche goccia di rugiada a rendere quel vaso e quei fiori un'opera perfetta, come un quadro. Durante quelle giornate, avrei potuto scindere e riconoscere ogni profumo nell'aria, da quello della neve e delle rose a quello del pane fresco e il suo. Il suo profumo si faceva strada dalla camera da letto, dove tra le lenzuola, la notte precedente erano sbocciati i fiori i più belli che potessero venire al mondo. Il profumo si muoveva sino al bancone della cucina ogni giorno, passando attraverso le porte e le scale, e mi abbracciava forte, mentre versavo il caffellatte nelle tazze natalizie e Jingle Bells si diffondeva nella stanza, cantata dalla mia voce che neanche lontanamente avrebbe potuto render giustizia a delle campanelle di Natale, che suonavano a festa e a volte raggiungevano la casa, dalla chiesa. Alla fine, poi, la sua presenza dentro casa mi sopraffaceva, mentre mi avviavo su per le scale a chiocciola e fortunatamente non mi spingeva, ma con mano ferma mi afferrava per portarmi a camminare più veloce, scalino in legno dopo scalino in legno. Era inutile resistere alle vibrazioni della sua vita appena sveglia in quella casa. Sarebbe stato come ignorare il miagolio di un gatto affamato, che chiede di poter essere ascoltato, insistentemente, sinché la sua richiesta non viene accolta. E proprio come un gatto, il mio sogno a occhi aperti riposava su quel letto che come tutta la casa, nei giorni d'assenza, sembrava troppo grande. Con i capelli sparsi sul cuscino e la pelle dorata a fare contrasto con le lenzuola candide, si rigirava mettendo disordine. Usava le mani per coprirsi il volto e sorrideva della mia presenza, senza imbarazzo. Un po' troppo senza imbarazzo, come se non si stesse mostrando a me con la pelle nuda, alla luce del sole. Come se non fossi altro che una parte del suo corpo, solo viva in modo indipendente. Dopotutto, sarebbe stato stupido avere imbarazzo davanti a sé stessi. Infine, quando arrivavo in quella stanza, non era più solo il suo profumo ad abbracciarmi, ma anche il suo corpo e tutta la sua anima, dopo una nottata che ci era parso non volesse finire tanto velocemente, convincendomi che il tempo stesse dormendo, mentre noi eravamo così svegli da ballargli attorno ma silenziosamente e in punta di piedi, per non farlo destare. Le tazze di caffellatte si raffreddavano insieme ai croissants che diffondevano un profumo confortante, mentre spendevamo altro tempo a condividere il calore che proveniva dal più profondo del nostro amore e la sua voce mi raggiungeva la mente, con un buongiorno sussurrato. Avevo sempre pensato che grazie a quel buongiorno si potesse finalmente svegliare il mondo, riaccendendo la vita fino a quel momento addormentata, come accadeva dentro me.

Ma il tempo non dormiva per sempre. Decideva di svegliarsi, a intervalli regolari, ci scuoteva e ci svegliava dal sonno. Noi che, come tante altre persone ci sentivamo lontani da guerre sanguinose, staccati dal mondo a vivere il nostro amore, pensando solo a noi stessi, eravamo talmente lontani dalla vita reale che, persino una piuma a carezzarci la pelle avrebbe potuto risvegliare il nostro sonno, per disperderci come fossimo pedine di una scacchiera lanciate in aria. Così, di tanto in tanto, la mancanza diventava nostra amica. Ci accompagnava a dormire ogni notte, fintanto che stavamo assieme e si accucciava nell'angolo della stanza a respirare la nostra aria, sentivamo i suoi occhi rossi e assetati puntati addosso durante ogni minuto insieme, mentre vegliavamo l'uno sull'altro, parlando di quelli che erano i segreti di due innamorati. Ci spingeva ogni giorno verso direzioni diverse, e conduceva il treno sui binari che portavano dritto dietro l'orizzonte.

E, in definitiva, ogni giorno era uguale al precedente. Ogni giorno si susseguiva identico agli altri, dal momento in cui la mia casa era diventata vuota, grigia e tetra e prometteva di continuare a esserlo fino a quando qualcuno non sarebbe tornato ad essere il centro vitale di tutto. In particolare in quel periodo, scoprii che la vita poteva essere crudele con chiunque prendesse in ostaggio a caso nel mondo. Noi non eravamo che gli sfortunati di un gioco cattivo, i sorteggiati per il divertimento sadico di un Dio sconosciuto. Il nostro amore, ormai logorato dalle distanze, era diverso da quello degli altri. Se per tutti quel sentimento era rosso, per noi era blu; profondo e infinito, avvolgente e pauroso, un po' come cielo e mare. Ma non sempre questo bastava a colmare i vuoti e rimarginare le ferite, a bere tutto il mare in un sol sorso e levigare i contorni delle montagne che ci dividevano. Continuamente il mio pensiero si incastrava a metà strada, tra la sua e la mia abitazione, bloccato tra le increspature delle onde del mare, a chilometri di distanza da me, ma mai troppo abbastanza vicino a lui.

Tu credi sia esistita veramente, quella persona, Muffin?” Il gatto color miele, strisciando contro le mie gambe, emise un miagolio sommesso per poi saltarmi in grembo richiedendo attenzioni facendo le fusa. Le stesse fusa che il piangere della casa, che ancora cercava di raccontarmi con la stessa voce tremante di sempre una triste storia di assenza, solitudine e lontananza.

E se.. se la sua presenza non fosse che un sogno? Se ci stessimo risvegliando solo ora? Muffin, hai mai veramente visto la sua presenza aggirarsi per queste camere e accarezzarti il pelo o giocare con la tua coda?” La mia voce rimbombò nella cucina, benché stessi a malapena sussurrando e Muffin mi fissò, interrogativo.

La sua presenza continuava ad aggirarsi come un fantasma per le stanze; ma ormai non ero più sicura di poter separare verità e ragione da invenzioni, sogni e mancanza. Con una mano, continuai ad accarezzare Muffin che respirava profondamente e quasi si addormentava. Che il mio sogno ad occhi aperti fosse un fantasma incastrato nella mia casa e null'altro o una vita che continuava a vivere in un modo diverso dal mio, non lo potevo sapere. Con la mano libera raccolsi con leggerezza la penna dal tavolo, spostai la mia tazza di tè ormai freddo ma dal profumo sempre confortante, e incisi sul foglio bianco che avevo davanti da tempo, le uniche parole che avrei voluto fargli trovare al suo ritorno, se avesse mai deciso di attraversare di nuovo la porta di quella casa.

Vorrei tu fossi esistito veramente ogni giorno della mia vita, come i fiori che ho visto sbocciare al tuo arrivo dentro me, alla fine dell'inverno, e che ancora vivono.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: hellomelancholy