Eccomi di ritorno!
Spero che
questo capitolo non vi deluda, ma non sono riuscita a cavare fuori niente di
meglio. Erano secoli che non prendevo più in mano questo scritto e ho dovuto
fare un attimo i conti con i personaggi che vi compaiono. Dovevo un attimo
richiamarli all’ordine!
Bien!
Ringrazio claws e mira kokoro per le loro splendide recensioni. Mi avete fatto davvero
commuovere! Grazie!
Ps: Ho
scritto questo capitolo usando come sottofondo questa (nelle scene non di
battaglia) e questa quando se le davano di santa ragione!
{ Capitolo 4
~Athena Promachos
Dicembre, 48 a.C.
-Atena
Glaucopide..1- mormorò Ammone.
Chinò il capo dinanzi alla statua della dea,
battendo fra loro i polsi2; c’era il silenzio, null’altro che il suo
respiro tremante, le sue parole pronunciate a mezza voce, un sussurro
strisciante solo per la divinità.
I sacerdoti si erano ritirati e a terra scintillava
ancora il sangue della vittima sacrificale; l’incenso tesseva volute odorose nel
buio del tempio, sfiorando il viso della statua e incuneandosi nella bocca
spalancata della Medusa3, nelle guance enfi che ancora parevano
vomitare tremende maledizioni.
-..E’ la mia gente contro cui combatto. Rivolgo la
spada contro me stesso- Ammone lasciò cadere le braccia e l’armatura scintillò
bronzea ad un guizzo delle torce alle pareti –Tu che sei Guerriera, tu che sei Saggezza,
consigliami!-
Non vi fu risposta.
Le labbra di Athena
non si mossero, sollevate nel loro misterioso sorriso; gli occhi non si
animarono, ma rimasero fissi e ciechi sotto l’elmo scarlatto; le dita, sottili
e flessuose sia che impugnassero la lancia o creassero splendide trame sul
telaio, non strinsero il bordo dello scudo.
Il giovane rimase in silenzio, aspettando qualcosa,
qualsiasi segnale potesse venire in suo soccorso.
-E’ ora, figlio mio. La battaglia attende-
Ammone si voltò e la figura della Madre emerse nera
e terribile in contrasto con la luce che proveniva fuori dal tempio.
-Madre..- mormorò Egitto avvicinandosi alla donna
–Non so che fare-
-Combatti, non puoi fare altro. Combatti per la tua
gente-
-Ma anche l’esercito è la mia gente, Madre!-
-Non quella che tu hai scelto- la voce di Madre
Egitto era freddo come il ferro –Tu hai designato Cleopatra come tua Regina. Se
essi la combattono, tu non puoi più proteggerli-
-E’ così, dunque..?- Ammone si guardò le mani e già
sentiva la dita viscide per il sangue che avrebbero versato –Combatterò contro
il mio stesso popolo..-
-Prendi questa-
Gli occhi d’Egitto si tinsero della luce della khepresh, la Corona Blu della Battaglia;
la sollevò alta sopra la testa, così che i raggi del sole brillassero sulle
scaglie ardenti d’azzurro.
-La indossai quando cacciamo i Signori dei Carri da
questa terra e Ahmosis guidava le Due
Terre alla battaglia- Madre Egitto chiuse gli occhi, inspirando a fondo l’aria
gelida del tempio –Ramses stesso la
pose sul mio capo, quando venne il tempo di liberare Qadesh- tese le mani verso il figlio e gli prese i polsi fra le
dita, invitandolo ad abbassare le braccia.
Ammone le rivolse uno sguardo confuso e quando vide
gli occhi della Madre brillare del fuoco di Sekhmet,
capì. Le riconsegnò la Corona Blu
e si inginocchiò davanti a lei, chinando il capo.
-La Potente,
potente nella sua esistenza, lei che l' impurità teme- le parole
risuonarono con clangore delle spade di bronzo -Colei il cui volto è bello, di aspetto straordinario, colei che scaccia
via la tristezza- Egitto rabbrividì nel mentre che le parole della Madre si
facevano buie e pesanti, e la voce le ribolliva nella gola, trasformandosi in
ruggito -Il femminino disco solare,
radiante, rinnovante,il quale illumina la campagna- cadde l’aria, cadde la
sabbia, il silenzio lacerato dagli artigli di una dea antica quanto il tempo -La Signora del cielo, che appare nel suo
santuario- un sibilare e luccicare di zanne. Ammone serrò le palpebre, ma
già sentiva il fiato caldo della Leonessa mordergli il collo -Sekhmet, potente contro i nemici, che ispiri
terrore ai ribelli. La Signora di Iunet, che entra nella sua cappella, roteando
e danzando nel suo tempio!4-
Egitto sentì la gola serrarsi e il respiro chiudersi
nel petto.
***
Romanus, con l’elmo tenuto sottobraccio,
si avvicinò ad Egitto, in piedi e in silenzio dinanzi l’entrata del tempio.
Gli si affiancò, gettando uno sguardo veloce alla
corona di scaglie azzurre che gli sormontava il capo; si soffermò a guardare la
linea scura del Canale che gorgogliava all’orizzonte, sulle case di Alessandria
scintillanti sotto i raggi polverosi del sole e infine sulla torba nera
ammassata oltre le mura.
L’esercito di Tolomeo XIII. L’esercito di Arsinoe.
Attendevano lo scontro, una battaglia non in campo
aperto, ma un incendio che sarebbe divampato in ogni angolo, in ogni strada,
dal Mercato fino al Porto, egiziano contro egiziano, una guerra fratricida di
cui Romanus stesso era stato in
qualche modo l’artefice.
-Ammone
Tolomeo-
Romanus scosse il capo, fissando
incuriosito il giovane.
-Ammone Tolomeo- ripeté Egitto e gli occhi si
tinsero d’ombra e di sangue sotto il riflesso della Corona –Questo è il nome
che gli dei scelsero per me. Puoi usarlo se è di tuo gusto-
Il ghigno di Roma.
-Sia così, allora-
***
Il gatto scivolò fra le ombre, gli occhi verdi
guizzanti tra le alte figure delle Sacerdotesse che tentavano in ogni modo di
acchiapparlo; il felino inarcò la schiena, la coda gonfia e ritta, poi,
ritraendo la testa e mostrando i denti, graffiò la mano di una giovane e scappò
via.
Attraversò il Tempio e uscì alla luce del sole, il
muso alzato verso la donna che lo
sovrastava: arretrò, miagolando piano, lo sguardo tra il diffidente e
l’impaurito; un paio di mani lo presero delicatamente da sotto le zampe
anteriori, e il gatto si acciambellò contro il petto di lei, sfiorandole il
mento con la testa e la punta delle orecchie.
-Sid-Hetepra5-
mormorò la donna con voce roca, e il gatto fece tranquillo le fusa quando sentì
le sue labbra posarsi sulla nuca –E’ tempo che Bastet dimori nell’ombra del
Tempio. Non più il suo miagolio deve risuonare tra le mura di Alessandria..ma
il ruggito della Potente-
Un dardo di luce e Sid-Hetepra soffiò, infastidito e iroso, sferzando l’aria con la
coda nera; i suoi occhi, d’un verde incandescente, si colorarono dell’oro
liquido del sole, tramutandosi nello sguardo affilato di Sekhmet.
***
Ammone si lanciò in avanti, l’ascia ben alta sopra
la testa.
Affondò l’arma nel petto di un soldato e, ignorando
il dolore che gli aveva appena attraversato il cuore, fece perno sul piede
sinistro compiendo una mezza rotazione, e tagliando la gola ad un altro
avversario.
Sentì il sangue gorgogliare in bocca, lo sputò e si
abbassò per evitare la lama di un fedele di Tolomeo, che poi colpì con la testa
dell’ascia; approfittò del fatto che questi si fosse piegato sullo stomaco per
colpirlo alla nuca con la base bronzea. Quando stramazzò al suolo, Ammone lo
colpì alla spina dorsale con un sibilare e scintillare dell’arma insanguinata.
Il cuore pulsava contro le orecchie d’Egitto, ogni
ferita che apriva sul corpo dei nemici era una stilettata che gli trapassava
l’animo da parte a parte: si dava la morte con la stessa crudeltà ed ebbrezza
con cui la donava ai suoi avversari.
Berciò qualche ordine in greco, affinché le truppe
mercenarie continuassero l’assalto, per rivolgersi in lingua natia ai soldati
della propria fazione; corse in avanti, affondando l’ascia nel viso di un
egiziano al servizio di Arsinoe, e staccò di netto il braccio al suo compagno.
Arrivato al carro cobalto e oro, vi si issò:
l’auriga afferrò saldamente le redini, nel mentre che Ammone sostituiva l’ascia
con l’arco e incoccava una freccia. Il dardo brillò d’argento tra le sue dita e
tempo un istante si era già macchiato di scarlatto, trafiggendo l’occhio di un
nemico.
Mentre prendeva una seconda freccia dalla faretra,
Egitto diede un’occhiata sbrigativa alla sua sinistra e vide la figura di Romanus mentre scivolava nero di sangue
tra gli avversari, il gladio splendente tra le dita vischiose e gli occhi che
brillavano da sotto il cimiero scarlatto. Si muoveva con la scioltezza di chi è
avvezzo da tempo alla guerra e ha forgiato il proprio corpo in battaglia, tra i
giavellotti e gli scudi; il suo sguardo, affilato e intessuto d’ombra, era
indurito dalle molte morti e altrettante uccisioni.
Un colpo improvviso sul fianco e Ammone rischiò di
essere sbalzato via dal carro; l’auriga accanto a lui emise un gemito strozzato
accasciandosi sulle redini, e i cavalli dagli alti pennacchi, senza più
controllo, nitrirono terrorizzati, scalpitando imbizzarriti.
Con un ringhio, Egitto abbandonò l’arco, afferrò la
daga che l’auriga portava alla cintola, recise le redini e saltò giù dal carro;
gli animali, ora liberi, si lanciarono nel viale, travolgendo al loro passaggio
avversari e alleati.
Rimanendo accanto al carro, Ammone afferrò l’ascia
con la mano libera e l’alzò sopra la testa, bloccando l’arma di un nemico; fece
leva su di essa, costringendo l’egiziano di Tolomeo ad arretrare, per poi
rompere l’incrocio di lame e affondare la daga nel ventre dell’altro, approfittando
della guardia scoperta.
Egitto, i capelli incollati alla fronte, la mente in
fiamme e il cuore a pezzi, sentì le ginocchia cedere. Sarebbe caduto se non
fosse stato per un paio di mani rudi che lo issarono di nuovo in piedi.
-Non ora, Ammone Tolomeo- gli soffiò nell’orecchio
la voce grave di Romanus –Non cadere
sotto i tuoi stessi colpi-
-..Hn- Ammone strizzò le palpebre e proruppe a
fatica in un grido di battaglia e di orrore.
Schiena contro schiena con Roma, si lanciò contro il
nuovo avversario.
***
Fu un istante.
Le fiamme gli avvilupparono il petto e da lì’
sfrigolarono nella gola, aggrappandosi ai polmoni e riempiendoli di cenere; il
lezzo della pergamena bruciata gli arrivò alle narici con forza tale da farlo
arretrare e cadere a terra.
Si portò una mano al petto, non riuscendo più a
respirare, ansimando e bevendo l’aria a grandi sorsi, la bocca che gli pareva
piena di sabbia incandescente, la lingua pesante e molle sui denti tremanti. Si
trascinò nella polvere, le vie di Alessandria che si liquefacevano ai lati
degli occhi, abbagliati da un incendio sviluppatosi molto, troppo lontano da
lui.
Tese il braccio in cerca di aiuto, qualsiasi aiuto,
senza pensare ai suoi nemici, a Tolomeo dagli occhi neri che non aspettava
altro se non di ridurlo in catene, o ad Arsinoe, scesa in campo abbigliata da
soldato e con la pretesa di sembrare una vera combattente.
Con le dita che si muovevano a scatti, artigliò
l’aria bruciante, alla ricerca di un appiglio reale cui aggrapparsi, ma tutto
quello che vedeva era cenere, era fumo, erano tomi antichi che ardevano e
bruciavano tra le fiamme. L’incendio stava divorando la Biblioteca e lui
sentiva i morsi del fuoco lacerargli la pelle, la carne, le ossa, l’anima..
A nulla serviva scrollare il capo o camminare
bocconi: non era più nel viale, nel mezzo della battaglia, ma nel Museo, coi riflessi delle braci che frantumavano
le acque della fontana; davanti a suoi occhi si srotolavano le figure urlanti
di chi aveva trovato il fuoco a bloccargli la fuga.
Sentiva la propria pelle accartocciarsi sulle ossa e
l’odore della carne bruciata sovrastare il lezzo metallico del sangue. Non
riusciva a camminare, non riusciva a parlare, non riusciva a pensare. Era come chiuso in gabbia e le
sbarre erano le colonne della Biblioteca che si sgretolavano su se stesse e il
cui posto veniva immediatamente preso dalle fiamme dell’incendio.
Si accasciò a terra, lo sguardo perso nell’abisso di
fuoco in cui era caduto il Cuore di Alessandria6.
***
Romanus gettò via l’elmo, prendendosi la
testa tra le mani.
-Non possiamo continuare così, Cesare!- gridò,
alzando uno sguardo furioso verso il console.
Questi non lo guardò in faccia, ma si passò una mano
sul volto ancora incrostato di sale: durante la battaglia che aveva visto le
sue truppe scontrarsi contro quelle di Tolomeo nei pressi del Porto, per non
finire catturato si era dovuto gettare in mare7.
-Ho già mandato dei messaggeri- Cesare si voltò e
fissò senza espressione lo sguardo accusatorio di Roma –Pergamo non ci rifiuterà aiuto-
Romanus lasciò cadere le braccia lungo i
fianchi e reclinò la testa all’indietro, un sorriso incredulo sulle labbra
livide
-Questo- disse, scuotendo il capo –Questo ad Ammone
non piacerà-
***
La luce dei bracieri gorgogliava nelle orbite vuote
di Bes, il Guardiano dei Sogni8.
Ammone fece scorrere le dita lungo il profilo
grottesco del dio, sulle labbra grosse e i denti deformi, sui ciuffi di pietra
che sbocciavano ai lati del cranio schiacciato, fino alle sopracciglia
cespugliose, aggrottate in una espressione che rendeva quella faccia un po’
meno arcigna.
Seduto sulla stuoia rialzata, Egitto teneva la khepresh in grembo; l’armatura era poco
distante, nascosta dal taglio d’ombra che copriva un angolo della stanza.
Ai suoi piedi, in una cesta, giacevano i resti
bruciati di alcune pergamene.
Alessandria. Distrutta. La Biblioteca. Distrutta. Il
suo popolo. Distrutto.
Ammone nascose il viso tra le mani, tra quelle dita
ancora viscide per il sangue della sua stessa gente.
Così dunque, era destinato a finire l’Egitto?
Annegando nel sangue degli egiziani?
Non ora, Ammone
Tolomeo. Non cadere sotto i tuoi stessi colpi.
Le parole di Roma scivolarono nella camera come la
cera che scorreva lungo il profilo della candela: lentamente, ma denso, sempre
più denso, un grumo bianco di voce che continuava a crescere su se stesso.
Egitto rivide il riflesso di Romanus sulle scaglie della Corona Blu, quei suoi occhi attenti e
scrutatori, che mutavano all’infrangersi della luce sul filo del gladio.
Annebbiati dal vino e dal riso un istante e quello immediatamente dopo schegge
d’ossidiana in cui era impossibile scovare una sola traccia di umanità.
Roma era volubile e Ammone non potè fare a meno di
chiedersi se avesse fatto la scelta giusta ad allearsi con lui.
-Egitto..-
La voce lo fece sobbalzare. Si voltò, stringendo al
ventre la khepresh.
-Cleopatra..- mormorò,
incontrandone gli occhi neri –Dovresti riposare-
-Non lascerò che mio fratello ti aggioghi al suo
carro- la figura della donna, disadorna di gioielli, non tremò un solo momento
nel pronunciare quelle parole –Tu non gli appartieni. Non sei mai stato
veramente suo, né lo sarai-
-Parli come se il Regno d’Egitto già t’appartenesse-
e la voce di Ammone era venata di disprezzo –E se l’Egitto decidesse di tornare
dalla parte di tuo fratello?-
A quelle parole, Cleopatra strinse le labbra, ma non
arretrò e nemmeno permise al suo viso di mostrare alcuna emozione.
-Se tale è la decisione del Regno d’Egitto, così
sia- un lampo sferzò lo sguardo della donna –Ma certo non pretendere così
facilmente la mia resa. Se Tolomeo vorrà il mio corpo, allora dovrà strapparlo
dai denti avvelenati di una vipera del deserto-
Ammone assottigliò lo sguardo.
E sorrise.
***
-Ancora con questi dei, Egitto? Non t’hanno insegnato nulla Apollonio e la sua
Afrodite che si pettina i lunghi capelli?9-
-Tu…!- Ammone si voltò di scatto, un rimasuglio di
preghiera ammonticchiato negli occhi e all’angolo della labbra –Che ci fai
qui?-
-La Tyche
ha così voluto- sghignazzò la ragazza, allargando le braccia e inarcando le
sopracciglia sottili e ben curate –Lei, ovviamente, e Roma-
Egitto strinse i denti e serrò la mascella.
L’avrebbe pagata, oh, se l’avrebbe pagata..
***
-Romanus!-
Roma sobbalzò sul triclinio e quando Ammone fece la
sua entrata -ovvero spalancò le porte
della stanza con una foga tale da fare invidia ad Eracle- pensò che persino
le Furie sarebbero fuggite nel vedere la sua faccia inferocita.
L’auletride con cui Romanus si stava piacevolmente intrattenendo si rassettò gli abiti
in fretta, raccogliendo la veste sul petto e coprendosi il seno. Egitto
l’afferrò per il polso e la fece uscire ringhiando qualcosa in egiziano, per
poi rivolgersi a Roma.
Questi si schiarì la gola e si sistemò meglio sul
triclinio
-Mi stavi cercando, Ammone?-
-C..come hai osato fare una cosa simile..?-
-Intendi la suonatrice di flauto?-
-No!- Egitto si coprì la bocca con le mani,
soffocando quella che Roma aveva tutta l’impressione essere una sonora
imprecazione –Non mi importa se il tuo massimo divertimento è circuire le mie
auletridi, cioè, sì, mi importa, ma non è questo il punto!-
Romanus piegò la testa di lato,
ridacchiando
-E allora qual è il problema, Ammone?-
Questi indicò la porta col braccio teso
-Lei! Lei, per Zeus, è il problema!-
-Lei, c..? Eumenide! Finalmente sei arrivata!-
Il Regno di Pergamo, appena entrata, gli sorrise e
chinò il capo, facendo scivolare in avanti una lunga ciocca di capelli ramati;
accanto a lei stava Cratete10,
la pecora che Eumenide non avrebbe mai lasciato indietro, nemmeno per una
guerra civile.
-Ammone non è contento, Romanus- spiegò la ragazza, fissando di sbieco il Regno d’Egitto
–Anche se non ne capisco il motivo-
-Tu e la tua puzza di capra infesterete tutta
Alessandria!- gridò il giovane, il volto paonazzo per l’ira.
-E’ una pecora,
Egitto, capito? Pecora, non capra!-
-Non mi importa! Vattene, ora!-
-Eumenide non se ne andrà- Romanus, che fino a quel momento era rimasto ad osservare divertito
la scena, si alzò dal triclinio –Le truppe di Pergamo ci sono indispensabili-
-Tu lo dici- ribattè Ammone –Non ho bisogno dei
soldati che hanno ucciso Seleuco. Che
hanno aiutato te a compiere tale
nefandezza-
-Sta a me decidere che alleati chiamare in mio soccorso- sottolineò Roma, con un
ghigno ad adombrargli il volto contratto per il fastidio –Dunque, taci-
***
Gennaio
47 a.C.
La battaglia si era spostata in campo aperto.
Le truppe di Ammone, insieme a quello di Roma e
quelle di Pergamo, avevano fatto retrocedere l’esercito di Tolomeo XIII fino
alle sponde del Nilo.
Lì infuriava il clangore delle lame e il sangue
bagnava la terra: rigagnoli scarlatti di egiziani, di greci, di romani, della
gente di Pergamo, si intrecciavano e cadevano come pioggia e con forza di
torrente nelle dimore dell’Ade.
Ammone sentiva la vittoria farsi più vicino ad ogni
nemico che sgozzava con l’ascia, ed ogni avversario sconfitto era un ostacolo
rimosso dal suo vero obiettivo: Tolomeo.
***
17
Gennaio 47 a.C.
-Siamo giunti alla fine, Egitto- sussurrò Tolomeo
con voce arrochita –Uno di noi due deve cadere-
Ammone strinse l’ascia, il pomo della daga che
scintillava nero sopra la guaina scura.
Accanto a loro scrosciavano le acque del Nilo e le
onde si schiantavano e si incrociavano in un turbine bianco di spuma e scaglie
di luce; il sole ardeva sopra il loro capo e l’esercito di Arsinoe era allo
sbando.
-Non mi avrai, Egitto-
-Che ti prenda l’Ade, allora- Ammone piegò le
ginocchia e si diede la spinta in avanti, i sandali che affondavano nella
sabbia del deserto e le ferite sanguinanti e gementi.
-Se io cado, tu cadrai con me- Tolomeo alzò la spada
e bloccò l’impeto del giovane, facendolo arretrare: roteò la lama e tentò un
fendente orizzontale, subito parato dall’ascia di Ammone.
Questi, con un colpo repentino del polso, allontanò
il braccio dell’avversario quel tanto che bastava perché lasciasse il ventre
scoperto; sguainò in fretta la daga e la puntò contro Tolomeo, nel tentativo di
affondarla nel suo stomaco.
Ma l’uomo era pronto e scivolò lateralmente, volendo
prendere Ammone alle spalle; Egitto si voltò abbastanza in fretta per bloccare
il fendente dell’avversario e fare pressione sulla spada per costringerlo a
piegarsi.
Quando vide che Tolomeo era oramai del tutto
sbilanciato, il giovane ruppe il contatto: l’avversario crollò con la schiena a
terra, alla sua completa mercé.
-L’Egitto non cadrà a causa tua- il Regno alzò
l’ascia –Né con la tua vita, né con la tua morte-
Egitto non colse il movimento di Tolomeo. Era troppo
tardi quando si accorse della sua mano piena di sabbia.
Ammone emise un gemito e l’ascia sfuggì dalle sue
dita; gli occhi bruciavano e a nulla serviva sfregarli per mandar via la sabbia
che Tolomeo vi aveva gettato in un ultimo gesto di pura vigliaccheria.
-Non mi hai sconfitto, Egitto!-
Fra le lacrime, il giovane vide la figura sfocata
dell’uomo gettarsi fra le onde del Nilo; tese il braccio in avanti, nel
patetico tentativo di fermarlo, ma il sovrano era già lontano.
Il cuore perse un battito e la frustrazione si
impadronì di lui.
Un falco fischiò sopra la sua testa e superò in volo
Tolomeo.
Poi la vide.
Un’ombra, sulla duna più alta, con le braccia
alzate.
E il nome di Hapi11
che ruggiva tra le onde.
Le stesse onde che sommersero come fauci il capo di
Tolomeo.
Ammone vide e rimase impietrito.
Udì solo l’urlo gorgogliante del sovrano che si
perdeva nelle acque de Nilo. E quando la vita del nemico si spense, Egitto
cadde in ginocchio.
Da lì, fu solo buio.
{~***~}
1Athena
“Favorevole alla Battaglia”. Era uno degli epiteti della Dea insieme a
Glaucopide “Dall’occhio ceruleo”
2Tale
doveva essere il modo di “pregare” degli antichi greci.
3
http://it.wikipedia.org/wiki/Medusa_%28mitologia%29
4Invocazione
a Sekhmet presa dal sito http://lavalledeire.forumfree.it/?t=51478393
5”Sid
che riposa nella Luce” Per un nostro amico felino che ci ha lasciato poche
settimane fa. Spero che la cosa non ti offenda, claws. Nel caso, cambierò subito il nome.
Spero si capisca che
la donna è Mamma Egitto.
6Durante
la guerra civile, la Biblioteca di Alessandria venne praticamente distrutta del
tutto.
7Fatto
che si dice realmente accaduto al nostro Giulio Cesare
8Divinità
egizia dei Sogni. Non era raro trovare la sua faccia sulle “testiere” delle
stuoie perché si credeva che questo dio proteggesse dagli incubi.
9In
questo periodo si assiste al venire meno della religione tradizionale e alla
diffusione dei culti misterici, ma, soprattutto, all’affermarsi della Tyche che diviene la nuova divinità
laica dell’Ellenismo.
il
proemio del III libro ( Lettura del testo, p.158 ) documenta assai bene il
nuovo modo di concepire la divinità, tipico dell’Ellenismo. Sparito ogni senso
di religioso timore, l’uomo ridimensiona la figure divine, inserendole in un
quadro di tranquilla quotidianità, in cui Afrodite ci appare come una qualunque
signora della buona società che riceve le amiche con le quali chiacchiera dei
più svariati argomenti, non escluso quello dell’educazione di Eros, un figlio
disobbediente e sfacciato che non riesce a controllare (Apollonio indugia nel descrivere la toilette di Afrodite: lasciando cadere da ambo le parti i capelli
sopra le candide spalle, li ravviava col pettine d’oro, e ne faceva lunghissime
trecce. Vedendole, smise e le chiamò dentro, e si levò dal suo trono, le fece
sedere e sedette di nuovo anche lei, raccogliendo con le mani le chiome non curate dal pettine.) [Dagli
appunti della mia prof di latino e greco]
10Cratete
di Mallo è il più importante filologo
che operò nella Biblioteca di Pergamo. Non è adorabile Eumenide, che gira
sempre con la pecora? XD
11Divinità
ermafrodita che rappresentava il Nilo.