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Autore: Amrita    15/07/2011    1 recensioni
"L'oggetto dei suoi sguardi era un altro uomo: alto, magro, naso importante e occhi grigi come la nebbia londinese, suo amico da una vita o quasi. Egli se ne stava in piedi, appoggiato allo stipite della porta, fumando una pipa con lo sguardo apparentemente perso nel vuoto.
All'improvviso si girò verso il compagno.
« Vuole chiedemi qualcosa, Watson? »"
Sarete immersi in un viaggio a ritroso nei ricordi del detective più famoso dell'800: Sherlock Holmes.
[Ideato con il prezioso aiuto e la collaborazione di Vahala]
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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« I signori Mycroft e Sherlock Holmes? » domandò una voce. Apparteneva ad una piccola donna sulla cinquantina, grassottella, ma dallo sguardo severo. I lunghi capelli castani erano tenuti stretti in uno chignon elegante e i suoi abiti profumavano di ciclamino.
« Siamo noi. » rispose prontamente Mycroft.
« Bene, seguitemi: c'è una carrozza che ci attende appena fuori dal porto. » disse la donna accennando un sorriso.
Il piccolo Sherlock si guardò intorno, conscio che non avrebbe rivisto tanto presto quel luogo per il viaggio di ritorno, perciò ne volle catturare ogni dettaglio.
Il fratello gli diede una leggera spinta per incoraggiarlo ad avanzare e così lui fece. Il suo sguardo venne catturato da una figura poco lontana: era una ragazzina poco più piccola di lui. Aveva il piccolo naso aquilino ma grazioso costellato di lentiggini, che facevano risaltare il verde dei suoi occhi, bordati da ciglia scure. Boccoli ramati le inconriciavano il volto.
Sua madre gli aveva detto tante volte che fissare con ostentazione la gente non era di buon gusto.
Nonostante ciò, era estremamente interessato a lei, ne era attratto, forse, per la scintilla di furbizia che brillava nei suoi occhi o, più probabilmente, per la velocita con la quale aveva sfilato via il portafoglio dalla tasca del nobiluomo davanti a lei.
« Sherlock? Muoviti, o faremo spazientire la Signora Churchill. » comunicò Mycroft impaziente.
« Perdonami. » rispose il piccolo Holmes spostando a malincuore lo sguardo, e salendo sulla carrozza.

***

Il veicolo sobbalzava ininterrottamente percorrendo le strade di Parigi facendo sbuffare Mycroft, il qual aveva ancora il suo libro tra le mani. La signora Churchill era seduta tranquillamente, mentre il giovane Sherlock era intento a scrutare la città. Non faceva caso alla scomodità del viaggio, troppo intento a catturare e memorizzare ogni particolare delle strade che percorreva nella traballante vettura.
Mycroft sembrò decidere che leggere era impossibile in quella occasione, ed iniziò a conversare con la donna che avrebbe ospitato lui e il suo frenetico fratellino per parecchio tempo.
« Allora, Mrs. Churchill, mi aggraderebbe avere qualche delucidazione sulla sua parentela con Mr. Churchill. Sa, dal momento in cui ci hanno dato la notizia del viaggio, non abbiamo avuto tempo per conversare a proposito di questi particolari. »
La donna annuì quasi impercettibilmente e con un sorriso garbato sulle labbra rispose a tutte le domande del giovane uomo.
La signora non era parente diretta del maggiordomo di casa Holmes, in quanto era con suo marito, Edgar Churchill, che l'uomo condivideva legami di sangue, essendo cugini.
Lei e suo marito avevano deviso di lasciare l'Inghilterra molti anni addietro per motivi economici, e, essendosi ambientati molto bene nella realtà parigina, erano rimasti nella suddetta città.
Iniziarono poi a divagare su argomenti più futili, conversando amabilmente con sorrisi cortesi.
La carrozza si fermò davanti a casa Churchill: una graziosa villetta, con un fazzoletto di terra sul retro.
Il signor Edgar Churchill uscì immediatamente dalla villa, accompagnato da una graziosa fanciulla, circa dell'età di Mycroft, il quale le riservò un lungo sguardo.
La ragazza sorrise. « Benvenuti, signori. Spero che il viaggio non vi abbia spossato troppo. In caso voleste riposare, le vostre camere sono pronte. » enunciò in un inglese grammaticalmente corretto, ma con un'evidente accento francese.
Il signor Churchill strinse la mano a Mycroft sorridendo garbatamente. Poi si avvicinò al ragazzino che si guardava attorno curioso.
« Lei dovrebbe essere il signor Sherlock Holmes, se non vado errando. »
« Esatto, sono io! » rispose Sherlock senza smettere di guardarsi attorno. « Ci sono molti teppisti da queste parti. » chiese infine, guardando il vecchio.
L'uomo guardò il ragazzo, stupito. « Come fa a saperlo? »
« E la prendono anche di mira, vedo. »
« Sì, ma cosa glielo fa dire? » chiese l'uomo.
« Semplicemente il fatto che molte delle sua finestre anno i vetri incrinati. La maggior parte sono quelle dei primi piani, perciò i suoi disturbatori devono avere circa la mia età. Il resto della casa è molto curato, perciò le finestre possono solo essere state rovinate da qualcuno. In più, anche altre case di questa zona presentano vetri incrinati, ma non sono tanto numerosi quanto i vetri della sua villa. Qual'è il motivo che li spinge ad attuare questi vandalismi?  »
Il vecchio fissò incredulo il geniale ragazzino, con la bocca leggermente aperta dallo stupore. Poi si ricompose. « E' perché sono Inglese, signor Holmes. Quei ragazzini provengono dai quartieri poveri di Parigi e li hanno strane idee sul nostro conto. »
« Capisco. » disse il piccolo Sherlock.
« Entriamo dentro, sarete stanchi. » osservò la giovane Churchill, e tutti assentirono, trascinandosi dietro le pesanti valigie.
   
 
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