L'ordine era sempre stato al centro della sua esistenza.
Entrando nella sua camera, nel palazzo della shinRa, una qualsiasi persona poteva notare la
particolarità di quell'arredamento, decisamente essenziale.
Aveva sempre pensato che andasse bene così: mai più del dovuto, mai più del necessario.
Ben presto aveva assunto quella filosofia di vita, poichè questo era quello che gli avevano sempre
chiesto loro.
Obbedienza cieca.
Nessuna domanda, solo ordini da eseguire.
In breve, brevissimo tempo, era diventato il soldier perfetto: la loro marionetta.
Ma ora era stanco.
Era stanco di essere la pedina inerme di quelle persone.
Non voleva più fare il soldato obbediente.
Per una volta da quando era nato, Sephiroth sentiva il desiderio di spezzare quell'ordine così
innaturale per un umano e porre domande.
Voleva sentirsi come gli altri. Assaporare la libertà, il gusto della trasgressione che faceva
sentire vivo ogni essere vivente del pianeta.
« Taglia i fili che per troppo tempo ti hanno legato a quella vita, figlio mio! »
« Ma era davvero vita, quella? »
« No, non lo era. »
E la rabbia e l'odio presero presto il sopravvento in lui, mentre una domanda continuava a riempirgli
la mente, attendendo la risposta da ormai troppo tempo: « Perchè loro sì e io no? »
E intanto la caduta continuava e lui stringeva ancor di più la testa di Jenova, sua madre, al petto.
Ma non si rendeva conto, Sephiroth, che i fili argentei cingevano ancora i suoi polsi.
Non era ancora libero.
« E' davvero vita, questa? »